ANTONELLA E MARCO PANNELLA

Stamani la nostra giornalista Antonella Manna, come fa ogni giorno, ha accompagnato i suoi due figli all’asilo nido prima di venire in redazione. Li ha portati dentro e quando è uscita, pochi minuti dopo, ha trovato la sorpresa: le avevano rubato la borsa lasciata in macchina. Dentro aveva del contante, appena prelevato per pagare l’affitto, la carta di credito, i documenti, le chiavi di casa.
Ha fatto denuncia, inevitabile quando ti rubano i documenti anche se inutile quanto a risultati, e, oltre al danno subito, deve anche spendere per cambiare le serrature dell’abitazione. Era così depressa e traumatizzata che non ha nemmeno condotto Rosso & Nero, come fa ogni Mercoledì a ora di pranzo.
Parlo di Antonella perchè ce lo ha raccontato. Ma quante sono state, sempre oggi, le donne che in Veneto hanno subito un uguale trattamento? Quanti gli appartamenti derubati? Ogni tanto i media ne parlano: è una notiziola di cronaca quotidiana , a meno che il derubato non vanga anche pestato o ucciso. Ne parlano ogni giorno i cittadini al bar e nei luoghi di ritrovo. Lo Stato invece tace, sembra che il fenomeno non esista, che non sia un problema.
Veniamo a Marco Pannella. Condivido fino in fondo la sua battaglia: la situazione delle nostre carceri è vergognosa. Dirò di più: è una barbarie indegna di un Paese civile anche il 41 bis ai mafiosi. Se le carceri devono diventare un luogo di tortura, tanto vale scioglierli nell’acido che facciamo prima e ci costa meno…
Ma quella di Pannella è una battaglia di nicchia, lontanissima dal comune sentire: come fai a proporre l’amnistia a cittadini in balia delle bande di predoni? Vorrebbero anzitutto vederli in carcere, vorrebbero essere tutelati. E, solo dopo, arriveranno a porsi il problema del trattamento riservato ai detenuti.
Nessun reato, nemmeno quelli sicuramente più gravi, crea un allarme sociale così capillare come gli scippi, i furti, le rapine. C’è una Procura della repubblica che metta questi delitti tra le priorità da perseguire? Se vi risulta, segnalatemela.
In compenso sento certi discorsi che sembrano giustificare i predatori: “non hanno lavoro, devono mangiare, c’è la crisi…”. Come se la crisi non ci fosse anche per Antonella, che adesso l’affitto dovrà comunque pagarlo anche se le hanno rubato i soldi…
Tornando a Pannella, il modello civile da imitare è certamente quello della Norvegia dove Breivik, il pazzo fanatico autore della strage costata la vita ad oltre 90 ragazzi, è detenuto in una cella che è un vero e proprio mini appartamento di lusso. Ma la Norvegia prima ha tutelato la sicurezza ed i beni dei suoi cittadini, e dopo si fatta cura del trattamento carcerario dei delinquenti.
L’idea che da noi possa avvenire il contrario è un’idea…tutta italiana.

LITIZZETTO LAVORA PER SILVIO

Non sto nemmeno a chiedere cosa sarebbe successo se, su una rete delle Tivù pubblica (o anche privata) un ospiti fisso (in questo pagato dai soldi del canone) avesse esclamato:” Monti, Bersani avete rotto il c…!”. Di Monti, in particolare, sono molti a pensarlo, e pronti ad applaudire l’esclamazione, ma eravamo in Rai e non sul blog di Grillo…
Mi preme invece notare che in questo modo la Litizzetto ha fatto il gioco di quello che tanto gli ha rotto il c…
L’unico modo per pensionare definitivamente Berlusconi è infatti quello di sottrargli i consensi del suo popolo, del popolo di destra che quello di sinistra, ovviamente, mai lo ha votato. E secondo voi quale può essere stata la reazione degli elettori di destra di fronte al grido della Litizzetto che loro giudicano una delle tante stelline da sempre schierate a sinistra? Non credo gli abbia convinti a non votare più per lui, se mai il contrario…
Discorso analogo, anche se il tono è stato serioso e non certo volgare, vale per tutti quei mondi che sono insorti alla notizia del ritorno del Cavaliere. Parlo di Bagnasco o dei giornaloni (Repubblica e Corriere) o dello stesso presidente del Parlamento europeo il tedesco Schulz: tutti a dire che è un disastro, una sciagura per il nostro Paese, che l’Europa non lo permetterà.
Perfino uno zombie della politica come Gianfranco Fini (il suo Fli è dato attorno al 2%) si è affrettato a puntualizzare che “Berlusconi ha già perso”. Vero. Purchè Fini & c. non gli diano una mano a resuscitare ponendolo al centro del dibattito politico.
Lo scenario migliore per il Cavaliere è infatti la riproposizione dell’ennesimo referendum sulla sua persona. Dell’ennesimo scontro pro o contro Berlusconi. Lo scenario peggiore è invece il silenzio. Il silenzio composto che accompagna il funerale, anche quello degli ex leader politici.
Vi immaginate la delusione di Silvio se l’annuncio della sua ennesima ridiscesa in campo fosse stata accolta dal disinteresse generale, riservato alle scelte di un Fini o di un Rutelli? Sarebbe stato il segno tangibile della sua morte politica…La Litizzetto in modo sguaiato, gli altri seriosi e composti, ma ho l’impressione che tutti stiano invece lavorando alla resurrezione del Cavaliere.

SCOCCA L’ORA DEL DOROTEO ROSSO

Scocca l’ora del doroteo rosso

Dopo la netta vittoria su Renzi, e di fronte allo sfaldamento in atto nel centrodestra, oggi non si vede chi se non Pierluigi Bersani possa essere il prossimo premier che governerà il Paese dopo il 10 Marzo.
Scocca l’ora del doroteo rosso. Bersani è una garanzia anche perchè viene da questa tradizione di serietà e buongoverno: quella dei comunisti emiliani, i cosiddetti “dorotei rossi”, che erano l’interfaccia perfetta di quei dorotei del Biancofiore che per tanti anni hanno assicurato prosperità al nostro Veneto.
Stesso radicamento territoriale: qui con le cooperative bianche e la Coldiretti, là con la Lega e la Cia e la Cna; stesso controllo sul sistema bancario locale; stesso modello di sviluppo puntato sulle piccole e medie imprese. Uguale alla fine la cultura del lavoro e dell’impegno, che l’Emilia ha dimostrato anche con il terremoto rimboccandosi le maniche ed evitando inutili lamentazioni.
Il doroteo rosso si è subito qualificato dichiarando, in vista della battaglia per le politiche: “Non si può vincere ad ogni costo, non si può vincere raccontando favole, perchè poi non si governa!”
Più chiaro di così: non si può vincere con la demagogia di Renzi che prometteva 100 euro subito a tutti, ma nemmeno con il populismo della sinistra vendoliana che interpreta la ricetta keynesiana come una ripresa di spesa pubblica a 360 gradi.
Bersani ha fatto capire che si potranno fare passi concreti ma piccoli; che ci aspettano anni di cinghia da tirare; che non puoi rottamare l’agenda Monti né i vincoli europei; che potrai solo essere un po’ meno “ragionieristico” dei tecnici nel gestire i conti pubblici; che non esistono soluzioni miracolistiche per uscire dalla crisi.
Breve considerazione sullo sconfitto. Col senno di poi Renzi è stato il miglior alleato di Bersani: gli ha infatti consentito di rottamare tutta quella oligarchia soffocante che fin qui gli aveva impedito di essere il vero leader del Pd. Da qui in avanti D’Alema, Marini, la Bindi, Franceschini, Veltroni contano come il due di picche.
Nel bene o nel male, con successo o meno, a decidere tutto sarà il doroteo rosso. E potrà farlo grazie al sindaco di Firenze.

CHE LE PRIMARIE NON LE ABBIA VINTE…GRILLO!

Non vorrei che la primarie, alla fine, le avesse vinte…Grillo! Cioè l’antipolitica, o l’antipartitica (che per me sono la stessa cosa). Il dato più preoccupante è infatti quello della partecipazione: 3 milioni e 100 mila elettori – dopo tutto lo spazio mediatico e l’interesse che sembravano aver suscitato – non mi sembrano granchè. Anche tenendo conto che le primarie del solo Pd, per scegliere il segretario tra Bersani e Franceschini, nell’indifferenza o quasi dei media, avevano portato ai seggi 3 milioni e 300 mila cittadini.
Certo i tempi da allora (era l’Ottobre 2009) sono cambiati. Ma sono, appunto, cambiati: oggi il vento dell’antipolitica soffia impetuoso. Ed è il dato più preoccupante per chi creda che il Paese deve comunque essere governato. E per chi creda che non possono riuscirci dei politici improvvisati, che vantano un’onesta dovuta…alla mancanza di occasioni (Ricordate che in Tangentopoli non vi fu un solo esponente del Msi coinvolto? Per forza: erano tutti fuori dalla stanze dei bottini. Ma, una volta entrati, molti sono…Fioriti).
Il popolo del Pd può consolarsi col confronto ipotetico: fossero così folli da andare a primarie quelli del Pdl, porterebbero ai seggi più candidati che elettori!
Tuttavia resta profonda la sfiducia dei cittadini verso i partiti e verso la politica. Tale da temere che il 10 Marzo trionferanno Grillo e il non voto.
Il risultato di Bersani non è trascendentale. Resta però il probabile vincitore del ballottaggio (Vendola non può che appoggiarlo) e l’unico in grado di riunire poi una maggioranza (magari taroccata con i premi) che dia un governo politico al Paese, chiudendo la parentesi dei tecnici.
Chi creda a questa soluzione non ha la scelta tra un candidato premier del centrodestra, uno del centrosinistra e uno del centrocentro: può scegliere solo tra Bersani e Bersani.
Ciò detto Renzi ha ottenuto un risultato strepitoso: perchè tutto l’apparato del partito e tutta la Cgil erano con Bersani e lui, Renzi, che doveva intercettare i voti dei reazionari orfani di Berlusca, ha vinto invece proprio nelle Regioni Rosse!
Il che fa pensare (o sperare) che sia in atto un cambiamento epocale anche tra gli elettori della sinistra italiana.

SE LO CHEF BACCHETTA IL GIP

Lo chef in questione è Giorgio Chiesa, titolare di un noto ristorante di Cuneo, che ha criticato la decisione del gip di Roma di rilasciare, due giorni dopo, il figlio Cristopher, matricole a Scienze Politiche, fermato dopo gli scontri no global-polizia di mercoledì scorso.
Intervistato dal Giornale lo chef ha detto:”Altro che semplice firma, dovevano tenerlo dentro più a lungo. Se restano impuniti li glorifichiamo. Senza una punizione gli togliamo perfino il senso di colpa”.
Non che papà Giorgio sia stato un modello di educazione (mantiene il figlio, tutt’altro che studente modello già bocciato due volte a liceo, con tanto di appartamento a Monte Mario…) ma certo le istituzioni non aiutano i genitori nel difficile compito di educare.
Non sarà colpa del gip, quanto del legislatore, ma non c’è dubbio che i no global ne escono comunque e sempre impuniti. E ne deriva qualla certezza di impunità che diventa una vera e propria istigazione a ripetere i reati.
Emblematico il caso dell’allora leader dei centri sociali del Nordest, Luca Casarini, che ricevette il foglio di via dal questore di Padova e lui venne tranquillamente a Padova per bruciare in piazza lo stesso foglio di via: pubblica dimostrazione della totale impunità di cui godeva e gode.
Non si può poi non pensare a Pierpaolo Pasolini che, fin dal ’68, si schierò dalla parte dei poliziotti sostenendo che i veri proletari erano loro. Cristopher Chiesa lo conferma in pieno: lascia il suo lussuoso appartamento a Monte Mario per andare allo scontro con agenti modestamente retribuiti che certe abitazioni le vedono solo al cinema…
Il padre Giorgio, in fine, dimostra di conoscere la storia politica del nostro Paese quando aggiunge:” Comunista mio figlio? Ma nemmeno quello! I comunisti sono legalitari, lui è iscritto ad un centro sociale.” Verissimo: i comunisti erano e restano legalitari; ed infatti il vecchio Pci non aveva alcuna simpatia per ’68, sessantottini e derivati vari.

ALLUVIONE E CASTA DEGLI AGRICOLTORI

La paura per l’alluvione, tornata a farsi sentire in queste ore, ci ha fatto scoprire l’esistenza dell’ennesima casta: quella degli agricoltori. Anche loro, come tutte le altre corporazioni, intenti a perseguire i propri interessi in barba a quelli più generali. Nella fattispecie in barba al pericolo che Vicenza e Padova finiscano sott’acqua.
Un pericolo che per Verona, dove gli allagamenti erano abituali, non esiste più da quando è stata realizzata la grande galleria che consente di travasare nel Garda l’acqua dell’Adige in piena.
la soluzione è sempre quella: bisogna dirottare fuori a monte le acque del Bachiglione e del Brenta evitando che vadano a invadere le città. La soluzione sono i grandi bacini di laminazione, vaste aree agricole contigue ai corsi dei fiumi che possono, appunto, essere utilizzate in caso di necessità come scolmatoi. Come mai non sono state realizzate in questi due anni successivi all’alluvione del Novembre 2010?
Si potrebbe pensare che mancano i fondi o che siamo di fronte all’abituale lentezza di tutte le opere pubbliche. La ragione invece è un’altra: la casta degli agricoltori, dei proprietari dei terreni interessati che hanno messo in atto un braccio di ferro per lucrare quanto più possibile.
I danni alle culture dei terreni, se e quando vengono adoperati per contenere le acque, sono relativi. In ogni caso è stato offerto ai proprietari un robusto indennizo a prescindere, cioè versato in anticipo anche se il bacino non viene utilizzato: ben il 70% del valore dei terreni stessi! E – attenzione – non si tratta di un esproprio, bensì solo di un permesso d’uso lasciando loro la piena proprietà! Ma agli agricoltori non basta; sfruttando lo stato di necessità vorrebbero lucrare ancora di più. E la Regione è costretta a trattare. Perchè l’alternativa sarebbe l’esproprio dei terreni stessi con costi e tempi esorbitanti.
Così anche la casta degli agricoltori conferma l’assunto di tutte le altre caste: del bene comune me ne frego, penso solo ad ottimizzare il mio interesse personale.
L’ennesima dimostrazione che i privati, noi cittadini, sempre pronti a mettere i politici sul banco degli imputato, se appena ci si presenta l’occasione non siamo affatto migliori di loro. Si può obiettare, a ragione, che l’esempio, l’educazione al senso civico, è compito di chi ci governa.
Prendiamo atto che i politici hanno invece raggiunto in pieno l’obiettivo opposto: diseducare al massimo i cittadini. C’è qualcuno che riuscirà ora a rieducarli? Contiamo su Sant’Antonio e sulla Madonna di Medjugorje…

INNO OBBLIGATORIO, PREGHIERE ANCHE

E’ un provvedimento parziale questo varato dal governo Monti con l’obbligo di recitare l’Inno di Mameli all’inizio delle lezioni. Per completarlo, in nome del Concordato, l’obbligo andrebbe esteso alla recita delle preghiere: si entra in classe e, dopo aver ricordato per quanti secoli siamo stati “calpesti e derisi”, si prosegue recitando tre Pater, Ave e Gloria…
Chiaro che le preghiere obbligatorie non bastono per affollare le chiese, per tornare ad essere cattolici praticanti. E così non basta cantare l’inno nazionale per diventare “italiani praticanti”. Proprio come non serve intonare “Dio salvi la mia casta!” perchè questa sia nei fatti l’unica appartenenza, l’unica “Patria” che riconosciamo e per cui ci battiamo: per preservare i piccoli o grandi privilegi della casta dei politici, dei giornalisti, dei magistrati, dei geometri, dei pubblici dipendenti, dei sindacalisti con distacco, di medici e avvocati, dei bancari etc., etc.
Queste imposizioni ridicole, da Totò a Palazzo Chigi, nessuno si sognerebbe di attuarle coi francesci, gli inglesi, gli americani o gli svizzeri: il loro inno lo cantano già perchè ci credono, perchè hanno l’orgoglio di appartenere alla propria Patria o Nazione che dir si voglia.
Noi no. Solo l’Italia post unitaria ha cercato in tutti i modi di radicare questo sentimento: con la celebrazione del Risorgimento, con l’insegnamento nelle scuole, con i monumenti nelle piazze di ogni città, con poeti come Carducci e Pascoli. Già col fascimo è tornata la frammentazione: con il varo, appunto, delle corporazioni – lascito perpetuo del Regime alla repubblica italiana – col fatto che non contava essere cittadini italiani ma i diritti derivavano anzitutto dall’iscrizione al Partito nazionale fascista.
Poi – coerentemente – è seguita la stagione dell’inno alle ideologie: eravamo prima democristiani o comunisti o socialisti; la nostra patria sono stati i partiti non l’Italia.
L’amministratore delegato dell’Eni Scaroni raccontava di un sindaco francese che aveva accettato di ospitare nella sua città un rigasifficatore, non ostante fossero modesti i benefici occupazionali e tante le critiche per l’impatto ambientale. Alla domanda sul chi glielo avesse fatto fare ad accogliere ugualmente l’impianto, quale sindaco rispose: perchè me lo ha chiesto il mio Paese.
Se e quando saremo disposti a fare qualcosa per l’Italia, contro il nostro interesse personale e di casta, allora sì che avremo cantato – nei fatti – l’inno di Mameli. Senza bisogno di aprire la bocca e di imporre pagliacciate ai nostri ragazzi (che magari canteranno anche ma poi, i più bravi, scapperanno via da questo paese senza Patria e senza futuro).

RAUTI, FINI E ALTRI FUNERALI

Dovevano essere solo i funerali di Pino Rauti, quelli celebrati in piazza Venezia a Roma: sono diventati anche i funerali politici di Gianfranco Fini. Il popolo di destra lo ha infatti accolto con sputi, schiaffi e grida “Traditore! Sei come Badoglio!”. Si può pensare che fossero solo i nostalgici della destra neofascista che fu, gente che non capisce come ci sia l’esigenza di rifondare una moderna destra europea anche in Italia.
Peccato che Fini abbia abiurato il passato (“fascismo, male assoluto”) senza però riuscire a far nascere questa nuova destra europa. Ed è quindi tempo di esequie anche per lui.
D’altra parte qual è il leader della Prima o della Seconda Repubblica che non stia per diventare cliente delle pompe funebri? Berlusconi è già inumato ad Arcore. Casini vi sembra in buona salute? Di Pietro è sepolto dal crollo dell’Italia dei Valori Immobiliari. Per Vendola è pronto un posto nell’ala di sinistra del Vittoriale. Bersani forse sopravviverà, magari perchè leader davvero non lo è mai stato…
Intanto Libero scrive che Flavio Tosi potrebbe essere il Renzi del centrodestra. Di certo il sindaco di Verona è l’uomo nuovo che ha rifondato la Lega. E non è una questione anagrafica: lo stesso dicasi dell’altro Flavio, il sindaco di Padova Zanonato.
Stringendo l’orizzonte al nostro Veneto solo i due Flavi sembrano avere la capacità di guardare al futuro, ai nuovi assetti di governo del territorio: dar vita alle due grandi aree metropolitane Orientale e Occidentale.
Un progetto che non solo porterebbe alla cancellazione completa di tutte e sette le vecchie province venete, ma allo svuotamento della stessa Regione. Innovazione politica autentica.
Concludendo con una battuta (ma non troppo) potremmo dire che oggi i due Flavi sono vivi e uniti nella lotta…per rottamare Luca Zaia!

PERCHE’ IL VENETO NON E’ LA SCOZIA

Gli amici venetisti si sono sdegnati ed offesi per una mia opinione dove osservavo che il Veneto non è la Scozia. Mi hanno scritto diverse mail piene, oltre che di rimostranze, di dati storici sulla Serenissima.
Iniziamo col dire che i sogni non sono la realtà e, guardando alla realtà, mi sembra indiscutibile che il nostro Veneto sia oggi assai poco scozzese. Nel senso che l’idea indipendentista è portata avanti da un gruppo di filologi della storia e cultura veneta ma è ben lungi dall’essere un’istanza di massa.
Lo diverrà quando vedremo qualcosa di simile al Camp Nou dove centomila tifosi hanno smesso di tifare Barcellona contro il Real, hanno composto la bandiera catalana e si sono mesi a gridare all’unisono “indipendenza, indipendenza!”. Lo diverrà quando la maggioranza dei veneti voteranno per un partito indipendentista, come hanno fatto gli scozzesi con lo Scottish National Party.
Nell’attesa siamo, appunto, fermi ai sogni. Magari suadenti, ma sogni. Se mi domandano cosa penso di un Veneto indipendente, rispondo “magari”! E aggiungo che mi piacerebbe ancora di più un Veneto che scelga l’annessione all’Austria…Però sono solo sogni, non realtà.
D’altra parte quanto manchi di presupposti consistenti la battaglia per l’indipendenza lo dimostrano proprio le vicende dei movimenti venetisti: sono un pulviscolo che aveva generato quello che sembrava un partito (nome esatto, un partitino) ,Veneto Stato, che immediatmente si è spaccato in due: da una parte Indipendenza veneta, dall’altro ciò che resta di Veneto Stato. Una spaccatura netta, impensabile tra gli indipendentisti scozzesi, catalani o baschi.
Volendo si può spiegarla con le piccole miserie umane, cioè col desiderio di essere comunque il segretario o il portavoce o il presidente onorario non importa se del nulla o quasi. Penso però che la ragione sia più profonda: scozzesi e catalani non si dividono perchè hanno una consapevolezza culturale e storica della loro unità e, di conseguenza, della comune battaglia per l’indipendenza. Mancando la quale i venetisti son qui a testimoniare, non l’indipendenza del Veneto, ma l’eterno ritorno dei capponi di Renzo.
Avessino l’esempio di un partito piccolo ma compatto, potremmo credere che i veneti – con tempo – si convincano a vortarlo facendolo diventare una forza politica decisiva. Ma, al momento, i venetisti non si arrabbino se guardo la realtà: il Veneto è lontanissimo dal diventare la Scozia. E, se non nasce nemmeno il presupposto, dipende anche (non solo) dalle loro baruffe chiozzotte. Non certo da chi le osserva.

LA SOFFERENZA DI UN BAMBINO

A Cittadella un bambino di 10 anni è stato prelevato all’uscita da scuola e caricato a forza dal padre e da alcuni agenti sull’auto, per sottrarlo alla madre cui il tribunale dei minori aveva tolto l’affidamento. Lo stesso ragazzino, per otto anni, aveva assistito ai litigi tra i due genitori (allargati anche ad altri famigliari), litigi degenerati pure nelle lunghe dispute giudiziarie.
Secondo voi qual’è la causa della sua indiscutibile sofferenza: alcuni attimi di prelievo forzato o la guerra continua tra le due figure di riferimento? Uno scontro lungo anni tra quei genitori che per i figli piccoli sono le divinità; e risulta loro dunque inconcepibile, traumatico, assistere alla guerra tra gli dei.
Eppure gran parte dell’opinione pubblica (oltre ai media e alle istituzioni) ha messo sotto accusa la “violenza della polizia”.
Una giustizia tesa alla tutela dei minori dovrebbe togliere la patria potestà ad entrambi i genitori che coinvolgano i figli nelle battaglie che spesso accompagnano le separazioni. Varrebbe come deterrente sapere che questo può essere il risultato finale, veder sottratto il figlio ad entrambi? Se non valesse avremmo la riprova che l’affidamento del figlio è solo un alibi: cioè che interessa di più usarlo come arma impropria nelle rancorose dispute tra patner che non vederselo affidato per accudirlo con amore.
Come sappiamo il cosiddetto “video choc” è stato ripreso da una zia materna del bambino. Auguriamoci che qualcuno riesca a riprendere anche uno de tanti pedofili che quotidianamente sodomizzano i ragazzini. E che mandi il video a “Chi la visto”. Finalmente le istituzioni, i presidenti di Senato e Camera, il parlamento e la stessa opinione pubblica sarebbero mobilitati contro la vera violenza che tanti bambini subiscono.
E non per un semplice “placaggio”, sgradevole fin che si vuole da vedere; ma che è, comunque, solo l’esito finale della Guerra dei Roses tra mamma e papà.