LA RIVOLUZIONE CULTURALE DI MONTI

“Avanti con o senza il sindacato”. Romano Prodi, da saggio democristiano prudente, avrebbe evitato perfino di pensarlo; fosse scappato detto a Berlusconi, ne sarebbe scaturito un mese di sciopero generale con dieci milioni di manifestanti ai Fori Imperiali. Mario Monti può affermalo (e forse perfino farlo) senza che succeda nulla o quasi.
Questo dimostra che il primo risultato certamente già conseguito dal premier è una rivoluzione culturale; sono cioè caduti i tabù, almeno quelli linguistici. E così anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia può dichiarare a ruota: “Sì al licenziamento dei fannulloni. Invito i sindacati a non proteggere ladri e assenteisti cronici”.
Chi prima avrebbe osato dire pubblicamente che esistono fannulloni, ladri, assenteisti cronici! E per giunta protetti dai sindcati?
Grazie a Monti oggi si può quantomeno discutere con un minimo di serenità – sui grandi quotidiani, nei talk show televisivi – evitando l’accusa di blasfemia che fino a ieri scattava come un riflesso pavloviano. Si comincia a comprendere la differenza tra la consultazione, che è corretto praticare con ogni rappresentanza sociale, e la concertazione che va invece respinta se significa subire veti e diktat a difesa di un interesse particolare che contrasta con quello generale.
Intendiamoci: la posizione dei sindacati, di tutti i sindacati, è comunque e sempre legittima. E’ vergognosa, è un autentica abdicazione, la posizione di quei governi (direi tutti fin’ora quelli repubblicani) che rinunciano a rappresentare gli interessi generali, a fare sintesi, subendo l’imposizione del tornaconto corporativo.
Vale ad ogni livello. Ci sono le istanze dei magistrati, ma ci sono anche sei milioni di cittadini in attesa di giudizio. Ci sono quelle dei giornalisti, ma c’è anche un’opinione pubblica cui andrebbe garantita un’informazione almena un minimo corretta. Ci sono le istanze dei medici o dei professori che vanno però contemperate col diritto alla salute e alla pubblica istruzione.
Nessuno discute il diritto-dovere dei sindacati di difendere il posto di lavoro dei loro iscritti. Ma può Monti ignorare che siamo l’unico paese europeo ad avere il triplo di disoccupati tra i giovani, 29%, rispetto al 9% della disoccupazione totale? Questa è la dimostrazione incontestabile (per chiunque non sia in malafede) che esiste una diparità di tutele tra chi è già entrato nel mondo del lavoro e chi cerca di entrarci.
Ed un governo, che si faccia carico dell’interesse generale, non può che porsi l’obiettivo di spalmare in modo più equo le tutele oggi possibili. Se il sindacato lo accetta, meglio; altrimenti si procede anche senza il suo benestare.
Gli economisti liberali Alesina e Giavazzi ricordano che andrebbe introdotta un’ulteriore equità, nel nome dell’uguaglianza tra dipendenti privati e pubblici. Bisognerebbe cioè che anche lo Stato potesse ridurre i propri organici tramite l’erogazione di un sussidio di disoccupazione, come potrà fare (a quanto pare) il datore di lavoro privato.
Ma per questo passo ulteriore, per equiparare dipendenti pubblici e privati, non basta una rivoluzione culturale: bisognerebbe che Mario Monti diventasse Mandrake…

BOBO E BOSSI LADRI DI PISA IN VENETO

La sostanza di mosse e mossette con cui Bossi e il cosiddetto “Cerchio Magico”, tentano di fare lo sgambetto alla riconferma di Flavio Tosi a sindaco di Verona – non posso impedire di ricondidarti, ma almeno cerco di vietarti la presentazione della tua lista civica – sono riconducibili ad un obiettivo evidente a chiunque capisca l’abc dei giochi politici: mantenere la colonizzazione della Lega Lombarda sulla Lega Veneta; garantisi che i leghisti veneti restino ciò che sono diventati dopo l’eliminazione di Franco Rocchetta e Fabrizio Comencini (con la conseguente ascesa di Paolo Gobbo): ascari silenti dei lumbard.
Rispetto a questo obiettivo è fondamentale che i leghisti veneti non abbiano un loro leader degno di tale nome. Quindi si cerca di ostacolare la riconferma di Tosi a sindaco di Verona e – soprattutto – si impedisce con ogni mezzo (e stuolo di commissari) la celebrazione del congresso “nazionale” della Lega del Veneto. Spazio, credito ed investitura invece a chi ha consensi risibili nella base del partito e tra gli elettori veneti, ma può vantare un pedigree da “Lumbard Servant”: la Martini, i Bricolo, i Gobbo.
A conferma del teorema il fatto che l’unico altro legista veneto di razza (Piave) che gode di un consenso autentico, nonno Giancarlo Gentilini, ha anche lui le palle piene della colonizzazione lombarda, ed ha già annunciato una “Lista Gentilini” a Treviso sull’esempio della “Lista Tosi” a Verona.
La questione interessa i leghisti e non solo, perchè mai prima si era visto realizzare nella politica italiana un simile progetto di riduzione ad ascari dei veneti o di un grande partito di una qualsiasi altra regione italiana. Pensiamo a quanto era autenticamente federalista la vecchia Dc: Bisaglia, Rumor e Fracanzani comandavano in Veneto, Marcora e Mazzotta il Lombardia, Andreotti in Lazio, De Mita e Gava e Pomicino in Campania…
Poi c’era la direzione nazionale dove si componevano gli equilibri. Ma serebbe stato impensabile che Mazzotta andasse da Bisaglia e dirgli e imporgli chi in Veneto andava candidato al Parlamento o in Regione. Cosa che invece, tramite il Gobbo compiacente, Bossi e i lombardi hanno fatto e vogliono continuare a fare.
Penso alla Dc, ma con il Pci era la stessa cosa. E perfino i comunisti veneti, che poco contavano nel loro partito, mai avrebbero accettato di farsi “ascarizzare”. Pensiamo oggi agli equilibri interni al Pd, e alle due regioni chiave Emilia e Toscana, paragonabili per peso partitico alla Lombardia e al Veneto della Lega. Ve lo vedete l’emiliano Bersani che va a spiegare a Renzi che non può presentare una sua lista civica? Otterebbe solo un tso firmato dal sindaco di Firenze…
Tornando alla Lega oggi il vero nodo da sciogliere si chiama Roberto Maroni che, sulla carta, guida l’alternativa al “Cerchio Magico”, pur continuando a proclamare che Bossi non si tocca. Non si tocca perchè, per quanto in disarmo, potrebbe sempre servire? Magari servire a liberare il campo dai rivali in vista della sucessione…
Maroni non è un cuor di leone, questo è certo. Però è navigato, ed è anche lui un lombardo. E’ certo anche che non sta spendendosi per difendere a spada tratta quel Tosi che – tra l’altro – ha anche una ventina d’anni meno di lui…Il sospetto è che Bobo e Bossi facciano come i ladri di Pisa: di giorno fingono di litigare, ma di notte vanno assieme a rubare lo spazio politico autonomo della Lega del Veneto.
Sempre viva il federalismo! Purchè i leghisti veneti non osino rivendicarlo nei confronti dei lombardi…

IMMIGRATI E CITTADINANZA

Sono favorevole allo jus soli, cioè a conferire la cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia. Tutti i problemi di ordine pubblico e governo dell’immigrazione sono reali e drammatici, ma non c’entrano: tant’è che gli indicibili casini di questi anni li abbiamo patiti non ostante sia in vigore lo jus sanguinis…
Ben venga la cittadinaza se serve a integrare e stabilizzare tutti quelli stranieri (larga maggioranza) che per noi sono una risorsa irrinunciabile.
Ciò detto leggo che la Provincia di Pesaro ed Urbino ha concesso la cittadinana onoraria ai figli degli stranieri. Capirai! Quella “onoraria”, cioè il nulla. A meno di non voler considerare qualcosa le pugnette e la demagogia…
Dopo di che Napolitano plaude all’iniziativa della Provincia di Pesaro ed Urbino. Cioè fa da sponsor alla cittadinanza (e alla demagogia sulla cittadinanza), che però può essere introdotta solo con una legge che solo il parlamento può approvare, non certo con decreto presidenziale.
Dopo di che anche Fini si schiera per la cittadinanza, ed anzi la considera una priorità. Così ho il sospetto di essermi sbagliato…ed anche la certezza che Fini voglia tagliare tutti i ponti col suo elettorato d’un tempo.
Intanto Giovanni Sartori fa una proposta alternativa: invece della cittadinanza dare agli immigrai la residenza permanente, trasferibile ai figli, ma pur sempre revocabile in caso di reati.
Evitare così le inutili burocrazie dei rinnovi, garantire tutte le opportunità di vita lavoro e inserimento, escludendo solo quel diritto di voto che potrebbe essere il preludio alla nascita di un partito islamico.
Alternativa pragmatica ed interessante. Voi cosa dite?

IL BICCHIERE DI MARIO MONTI

 Nel giudizio sull’operato del governo Monti è l’eterna storia del bicchiere. Sulle liberalizzazioni, volendo, è fin troppo facile vederlo mezzo vuoto; vien da dire che la montagna ha partorito il topolino.

Emblematico il caso dei notai che contiene l’equivoco di fondo, identico per altro a quello dei farmacisti: il problema non è liberalizzare il numero, cioè nella fattispecie notarile creare altri 500 privilegiati, ma liberalizzare la funzione, cioè sancire che tanti altri soggetti – dagli avvocati, ai commercialisti, ai consulenti del lavoro, ai segretari comunali – possono svolgere le stesse mansioni, facendo così crollare le tariffe. In America, terra della libertà, non ci sono tanti notai: semplicemente non esistono.( E i farmaci li compri in qualunque bottega).

Ma se invece guardiamo ai precedenti governi degli ultimi vent’anni, dobbiamo dire che il bicchiere è mezzo pieno. Perchè Mario Monti in due mesi ha fatto quello che né Prodi né soprattutto Silvio Berlusconi – il liberale, liberalizzatore per definizione – avevano nemmeno iniziato a fare.

Senza dimenticare il messaggio politico, che sottolineava ieri sul Corriere Francesco Giavazzi. Monti ha dimostrato che “non è vero che in Italia non si può fare; non è vero che l’Italia è bloccata dalle corporazioni”. Che le corporazioni si ribellino a tutela dei loro privilegi è comprensibile ed anche legittimo. L’importante è che il governo non ceda loro, dando priorità all’interesse generale.

Nel nostro Paese c’èra un comandamento non scritto, ma ben impresso nella mente di ogni politico: chi tocca le pensioni muore. Mario Monti le ha toccate, anzi ha reso operativa una riforma poderosa, con pesantissimi costi sociali (come tutte le riforme vere), e non è morto pur avendo infranto uno dei due massimi tabù italiani.

Rimane da infrangere l’altro tabù, quello dell’articolo18. Da rimuovere per due motivi fondamentali. Una questione di equità tra generazioni, tra padri iper protetti contrapposti a figli totalmente precarizzati. E poi perchè è la sola via per rilanciare sul serio la produttività, andando a colpire i tanti evasori dal lavoro totali e parziali; cioè ristabilendo il principio che lo stipendio bisogna guadagnarselo ogni mese, pena il “bastone” del licenziamento.

L’obbiettivo vero, serio, è quello di sancire la totale libertà di divorzio anche nei rapporti di lavoro, così come è stata sancita nei rapporti sentimentali (misura che ha comportato la moltiplicazione dei rapporti di coppia, non il loro crollo…); eliminando così pure l’incomprensibile distinzione tra aziende sopra e sotto i 15 dipendenti. Ma, anche in questo caso, consapevoli che non siamo la terra della libertà, possiamo accontentarci di un bicchiere mezzo pieno, ossia di iniziare a rimuovere il tabù.

E Mario Monti può farlo anche perchè – dettaglio non secondario – tutta la grande informazione, stampata e televisiva, è con lui. Come confermato ieri da Lucia Annunziata. Con Berlusconi ospite fu l’incarnazione del giornalista cane da guardia del potere: abbaiò al punto di farlo scappare. Ieri invece sembrava un pechinese che scodinzola e lecca il premier in loden.

MONTI DA DEL CORNUTO ALL’ASINO

 Quando dice che gli evasori fiscali mettono le mani in tasca ai cittadini Mario Monti sta dando del cornuto all’asino.

Chi infatti mette per primo le mani in tasca ai cittadini è lo Stato, sono i governi come il suo che continuano ad aumentare le tasse; che, come calcola oggi il Corriere economia, ci costringeranno nel 2012 a lavorare una settimana di più dell’anno scorso per pagare tasse e contributi, spostando il Tax Freedom Day dal 14 al 19 Giugno.

Lo Stato riesce a mettere le mani in tasca perfino agli evasori fiscali; i quali evasori totali non lo sono mai perchè, se vogliono fare il pieno, comprarsi la Nutella piuttosto che un felpa, le imposte indirette le pagano pure loro. Quando poi lo Stato non fornisce un equo controvalore di servizi rispetto ai soldi che preleva dalle tasche dei contribuenti – ed è il caso italiano – allora si comporta da delinquente più colpevole ancora di chi svicola le tasse.

Dopo di che l’evasione fiscale è un grave problema. Diamo anzi per scontato che sia il più grave di tutti. Domanda: chi deve risolverlo? Siamo forse noi cittadini contribuenti? Non mi sembra. Ma allora perchè Mario Monti viene in televisione a dirci che l’evasore mette le mani in tasca ai cittadini? Pensa forse di risolvere il problema con le prediche? Perchè – invece di perder tempo a predicare – non riforma l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza che così pochi frutti concreti hanno prodotto? Perchè non impone al Parlamento di varare leggi antievasione più severe? (Ergastolo agli evasori! Altrochè solo le manette)

Personalmente credo che il primo strumento per combattere l’evasione sia la riduzione della pressione fiscale, ma è indubbio che ci vuole anche una deterrenza efficace. Se – ad esempio – la deterrenza lo Stato è incapace di esprimerla nei confronti dei ladri, non andrà mica a prendersela con i derubati per l’aumento dei furti?…Qui sembra quasi che l’evasione fiscale sia colpa di chi paga le tasse. Quando invece è responsabilità prima dei governanti, passati e presenti, che consentono agli evasori di evadere. Ai ladri di rubare, agli stupratori di stuprare, agli scansafatiche di prendere lo stipendio senza lavorare.

Personalmente credo che l’evasione da lavoro faccia danni incommensurabili, più gravi ancora di quella fiscale. Facciamo anche qui un esempio con il mondo da cui proviene il prof. Mario Monti. Oggi l’attestato di laurea è carta straccia, dimostrata dal fatto che non garantisce occupazione alla larga maggioranza dei neolaureati. Carta straccia mascherata dal valore legale del titolo di studio, che giustifica la soppravvivenza del 95% dei nostri atenei che andrebbero invece rasi al suolo.

Docenti universitari che, una volta entrarti in ruolo, tali restano fino alla pensione: sia che insegnino per tre ore alla settimana, sia che eludano un compito tanto gravoso; sia che ricerchino sia che non pubblichino alcunchè; sia che evitino anche la fatica degli esami orali, ormai sostituiti in molte facoltà dai test scritti che vengono corretti automaticamente dal computer. Questa vergognosa evasione dal lavoro è forse colpa dei docenti universitari? No. Fossi uno di loro, farei anch’io una beata minchia come molti di loro.

La colpa è di un sistema, è di uno Stato che non sa o non vuole combattere l’evasione da lavoro esattamente come non ha mai combattuto quella fiscale.

Ecco perchè Mario Monti e i tanti buoi che prima di lui hanno pascolato a Palazzo Chigi (e, oso dire perfino, sono saliti al Quirinale) fanno ridere quando danno dal cornuto all’asino.


I CONSUMI, LA LEGNA E L’EREMITA

 

 

Natale non era ancora terminato che già ieri, nel giorno di Santo Stefano, prima i siti e poi i telegiornali della sera ci garantivano che era stato a luci spente. Crollo venticale dei consumi: meno 18% per il cenone e l’abbigliamento, meno 24% per l’arredamento, penalizzati perfino i giocattoli dei nostri bimbi con un meno 3%.

Giustamente il Tg di Mentana osservava che sono cifre buttate là a caso, perchè qualunque serio rilevamento ricchiederebbe giorni e giorni di raccolta dati. Ma lo sgangherato giornalismo all’italiana ha fretta e deve dare in pasto quei dati che sono imposti dall’approccio catastrofista dei tempi correnti.

Probabile che i consumi siano calati rispetto al Natale 2010. Certo l’effetto prodotto dai dati diffusi ora: li faranno crollare ulteriormente. Perchè chi ha speso senza pensarci troppo, sentendo che l’andamento generale è (sarebbe) al risparmio, è indotto a fare altrettanto cioè a chiudere i cordoni anche della sua borsa.

Ovvio che, se i consumi calano, non può aumentare la produzione. Calerà anche lei facendo aumentare la cassa integrzione e/o la perdita di posti di lavoro. In ogni caso riducendo la disponibilità economica delle famiglie e quindi facendo ulteriormente crollare i consumi. E avanti sempre più in questa perversa spirale che ci risucchia dentro al baratro.

Non distingui più tra causa ed effetto. Sembra proprio la storiella della legna e dell’eremita che ricordava Adriano Sofri.

Un distaccamento di soldati viene mandato in autunno ad accamparsi in montagna a metà costa. Il comandante, in vista dell’inverno, ordina di accatastare un po’ di legna. Poi si ricorda che, in cima al monte, c’è un eremita famoso per saggezza e conoscenza, e manda un messaggero ad interrogarlo su come sarà l’inverno. “Feddo”, risponde l’eremita. Al che il comandante ordina di accatastare altra legna e poi interroga nuovamente l’eremita che risponde: “L’inverno sarà molto freddo”. Ulteriore raccolta di legna, nuova ambasciata su dall’eremita che sentenzia: “Sarà di un freddo eccezionale!”. I poveri soldati continuano così a ramazzare più legna possibile, finchè al comandante viene in mente di domandare al vecchio saggio da dove venga la sua certezza sul freddo eccezionale. E l’eremita riponde: “Perchè mai ho visto accatastare così tanta legna come stanno facendo laggiù all’accampamento”.

Ditemi voi se non sta succedendo lo stesso: più lanci allarmi sulla crisi, più si riducono i consumi, più si va in recessione, più la crisi si aggrava.

Certo, all’orgine ci sono gli sprechi e gli sperperi di uno Stato irresponsabile, di uno Stato omertoso che non ha mai spiegato come spende i soldi incassati dai cittadini, che ha distribuito privilegi a raffica alle mille caste della società italiana. Eppure – a giudizio comune – i fondamentali dell’economia italiana restano migliori di quelli spagnoli. Eppure la Spagna ha uno spread sotto i 350 punti e noi invece sopra i 500.

Come si spiega? Vien da pensare alla legna e all’eremita: noi abbiamo accatastato ben cinque manovre, confermando così all’eremita-speculatore che l’inverno dell’economia italiana fosse di un freddo mai visto prima. Mentre la Spagna ha scelto di tenere quelle elezioni che, secondo in nostro eremita del Colle, sarebbero la madre di tutte le catastrofi e hanno invece prodotto la primavera iberica…

COLPIRE LO STATO NON EQUITALIA

 I brigatisti degli anni di piombo avevano le idee molto più chiare degli (pseudo) anarchici odierni: i primi infatti colpivano “al cuore dello stato”, mentre i secondi sono ridotti a colpire un povero funzionario di Equitalia.

Siamo a livello dell’automobilista che litiga col vigile urbano che ha piazzato l’autovelox, ignorando che il vigile obbedisce solo al sindaco che gli ordina da fare cassa. Allo stesso modo Equitalia è solo il braccio armato di uno stato affamato di imposte. Tanto più affamato in quanto non sa debellare il verme solitario (delle dimensioni di un drago) che divora risorse senza mai saziarsi.

Equitalia applica tassi da usuraio e tratta i cittadini con metodi da Bravi di don Rodrigo. Ma obbedisce solo agli ordini.

La soluzione sarebbe quella di colpire al cuore, con le riforme liberali, uno stato elefantiaco, costoso, oppressivo. Ma il condizionale è d’obbligo perchè nessuno lo farà. C’è poco da illudersi che lo stesso Mario Monti inizi un percorso davvero virtuoso.

Anche perchè, a farci perdere di vista la realtà, c’è l’altro mito: che basti colpire al cuore l’evasore. Dopo di che tutto potrebbe continuare come sempre, con lo stesso stato colabrodo che assume per clientelismo, che non controlla la produttività, che manda in pensione a qualunque età, che se ne frega di garantire le condizioni per gli investimenti limitandosi a berciare contro “la fuga dei capitali all’estero”.

La lotta all’evasione è questione complessa e certamente lunga. Tant’è che, se vuoi far cassa subito, devi aumentare le accise sui carburanti. Complessa perchè c’è tutto l’ampio capitolo di un sommmerso che, con la brusca riemersione, schiattarebbe solo d’embolia aggravando i problemi sociali invece che garantire gettito fiscale. Ma, anche ammesso di recuperare tutti i 275 miliardi di evasione presunta, cosa ne facciamo?

Cosa facciamo con questi soldi? Continuiamo a sprecare con una spesa pubblica sempre più fuori controllo? Oppure riduciamo le aliquote ai milioni di contribuenti onesti che pagano tasse tanto più spropositate in rapporto alla qualità scadente dei servizi ottenuti in contropartita? Se vogliamo smettere di sodomizzare i contribuenti dobbiamo, dovremmo, riformare lo stato.

Chi blatera di manette agli evasori, su modello americano, ogni volta dimentica di aggiungere che negli States l’aliquota fiscale più alta è fissata al 25% del reddito! Dimentica soprattutto che lo strumento più efficace di lotta all’evasione consiste nell’abbassare le aliquote: pagare meno per pagare tutti, non viceversa.

Purtroppo, con un minimo di retrospettiva storica, vediamo che l’obiettivo si allontana invece di avvicinarsi: nel senso che era più liberale l’Italia degli anni Cinquanta, mentre quella del nuovo millennio è sempre più statalista. E così, per non prendere atto del fallimento, c’è chi cerca una soluzione amputando la mano al funzionario di Equitalia e chi vagheggia di colpire al cuore l’evasore.

 

LA GIUNTA CIVILE DI MARIO MONTI

 Alla fine il SuperMonti ha partorito il topolino: patrimonialina, ritorno dell’Ici, innalzamento dell’Iva. Sarebbero queste le riforme “sorprendenti” che hanno lasciano a bocca aperta la Merkel cui (doverosamente) erano state anticipate? Direi che per un parto settimino del genere bastava perfino il Governo della Patonza. Di certo non era necessario arrivarci con un colpo di stato.

Ops…Mi è scappata la parola impronunciabile, assolutamente vietata; almeno per la nostra grande stampa. La stampa inglese invece, tutta indistintamente, dalla destra alla sinistra, sostiene e scrive che in Italia (e in Grecia) i tecnocrati europei hanno compiuto un golpe, mettendo qualcuno dei loro al posto dei governi legittimi. L’Inghilterra è la patria della democrazia e non conosce bizzantinismi: o un governo è scelto dai cittadini elettori, ed ha fondamento democratico, oppure va al potere con un colpo di stato. Con un golpe, che possono attuare tanto i militari quanto i civili.

Scrive il Daily Mail: “Giunte civili hanno preso il potere a Roma e ad Atene. L’Unione europea è più subdola dei colonnelli. Non c’è stato bisogno di arresti o carri armati nelle strade”. Osservazione folgorante: fossero tutti in divisa i nuovi ministri, anche un cieco capirebbe che hanno attuato un golpe; Monti e Napolitano invece hanno lasciato loro gli abiti civili… e così tutti beoti e contenti ad applaudire il governo tecnico che salverà la Patria!

Scrive Standpoint, settimanale liberalconservatore: “Gli eurocrati disprezzano la democrazia. Berlusconi ha detto che da quando è stato adottato l’euro gran parte degli italiani sono diventati più poveri. Non appena ha pronunciato queste parole era già finito. Se pensate che stiamo esagerando, considerate il modo in cui l’Unione europea ha reagito ai refrendum che sono andati nella direzione “sbagliata”. Considerate come Bruxelles ha liquidato i verdetti popolari delle urne in Francia, Olanda e Irlanda”.

E l’Indipendent, storico quotidiano della sinistra inglese, fa un’analisi pressochè identica: ”Il potere politico in Europa è passato in mano ad una esigua èlite di tecnocrati. Ma la democrazia non è un lusso, è il fondamento di un autogoverno che rispetti i diritti e i desideri dei cittadini”.

Chiudiamo con lo Spectator: “Se la primavera araba è guidata da sollevazioni popolari, l’Europa ha fatto l’inverso: una sollevazione di élite europee non elette che hanno deposto governi democratici”.

Perchè i giornali inglesi scrivono ed usano termini per noi vietati? Le ragioni sono remote.

Il liberalismo e la democrazia nascono con la rivoluzione protestante: con Lutero che fa saltare la mediazione dei tecnocrati-teocrati , annulla il loro potere, traducendo la Bibbia in tedesco e mettendola direttamente in mano ai cittadini; i quali non hanno più bisogno di sacerdoti né per conoscere la parola di Dio né per farsi perdonare i peccati né per conquistare la salvezza.

Noi siamo e restiamo un paese cattolico, con i sacerdoti-tecnocrati incaricati di spiegare al popolo bue come arrivare alla salvezza, perchè lui è troppo bue per trovarla da solo. La nostra cultura politica, se non è cattolica, è comunista: la minoranza leninista, la scuola di partito, il centralimo democratico, per istruire e servire il popolo; cioè sempre per indicargli quella strada verso il progresso, il benessere e la giustizia sociale, che mai saprebbe trovare da solo.

E così per noi la giunta civile di Mario Monti è il golpe perfetto, l’esito conseguente delle due culture politiche dominanti.

 

NON SI VIVE DI SOLE TASSE

 Non si vive di sole tasse. Questo è l’equivoco di fondo del governo Monti. Non c’è dubbio che la funzione essenziale del nuovo esecutivo sia appunto questa: ramazzare risorse in ogni modo possibile, reintroducendo l’Ici o con la patrimoniale o con l’Iva o qualunque altro intervento utile ad aumentare il gettito fiscale.

Ma è un puro tampone, che avrà il solo effetto di prolungare l’agonia del Paese. Non solo perchè servono tagli strutturali di spesa, senza i quali qualunque nuovo introito viene fagocitato nello spazio di un mattino. Anche, e soprattutto, perchè ogni settore si tiene: è molto riduttivo infatti pensare unicamente al governo dell’economia, a risistemare i conti pubblici, ignorando altre cause remote eppure determinanti nel dissesto.

Da decenni, ad esempio, si invoca la riforma della giustizia civile che, a causa dei suoi tempi bibblici, tutti sanno essere la ragione determinante dei mancati investimenti stranieri nel nostro Paese. Vi risulta che Mario Monti abbia dedicato una sola parola allo stato della giustizia?

Più clamoroso ancora è che il Professore che guida, come molti hanno scritto, il Governo dei Professori non abbia detto una sola parola sullo stato della scuola. Almeno lui e i suoi colleghi bocconiani non possono infatti ignorare che questo è il tema cruciale per il futuro del Paese.

Non possiamo infatti competere sul mercato globale grazie al costo della manodopera generica, dove l’offerta di altri Paesi è insostenibile. Possiamo e dobbiamo competere solamente con l’istruzione, la preparazione professionale, la cultura in senso lato, dove oggi siamo invece allo sbando. Allo sbando al punto che i laureati italiani trovano meno lavoro ancora dei non laureati. E nulla più di questo dato certifica il fallimento della scuola italiana: quando la laurea, il titolo di studio, diventano, appunto, un handicap invece che un vantaggio per trovare lavoro.

Eppure la scuola e l’università sono completamente assenti dal programma di governo di SuperMario.

Guardando all’esito delle elezioni spagnole, vien da pensare che qui – se ci avessero fatto votare – sarebbe successo esattamente lo stesso: trionfo dell’opposizione e Bersani premier con una solida maggioranza alla Rajoy, Berlusconi e il Pdl distrutti proprio come i socialisti di Zapatero.

Che il governo Monti sia servito a salvare il culo del Cavaliere? Più probabile, come scrive Panebinco, che serva ad avere il tempo di ricostituire un grande polo di centro; per cui il berlusconismo alla fine sarà stato solo una lunga parentesi tra la morte della Dc e la sua rinascita…

A CORONAMENTO DEI 150 ANNI…

 A conclusione dell’anno di celebrazioni per il 150simo dell’Unità d’Italia ci sarebbe un bel discorso, un annuncio da dare agli italiani. Ci vorrebbe, é vero, un Capo dello Stato un po’ più frizzante, sbarazzino, e magari propenso a raccontala giusta. Me lo vedo un Matteo Renzi che si affaccia sul Colle e dice qualcosa del genere:

"Cari cittadini, 150 anni fa abbiamo riunificato il paese e liberato il sacro suolo della Patria dallo straniero. Ma ora, a coronamento e compimento, abbiamo fatto un balzo all’indietro nella storia. Ho pertanto il piacere di annunciarvi che l’occupazione straniera è tornata! L’Italia – per dirla alla Metternich – è nuovamente un’espressione goegrafica! (cioè priva di sovranità propria)”.

Naturalmente il Capo dello Stato sbarazzino aggiungerebbe che adesso le conquiste non si fanno più col metodo barbaro e crudele delle Panzer Divisionen, grazie alle quali Hitler si illudeva di impadronirsi dell’Europa. Oggi la conquista, almeno nell’Occidente civile, è economica, commerciale, finanziaria: in sintesi la moneta ha sostituito i carriarmati.

D’altra parte come si spiega che, dal 1945 in poi, gli Stati Uniti siano rimasti i padroni del mondo pur avendo perso tutte le guerre che hanno combattuto? Si spiega col fatto che il dollaro resta la moneta di riferimento per gli scambi dell’economia mondiale. Lo si spiega col fatto che i Paesi terzi non possono che indebitarsi in dollari, cioè nella moneta dello straniero che poi di conseguenza comanda a casa loro.

I tedeschi sono tenaci, più li bastoni più imparano. Hanno imparato dagli americani. Con l’aggiunta di una (sorprendente) creatività: non hanno cioè detto in Europa comandiamo noi e quindi gli scambi si fanno in Marchi. No, hanno finto di inventarsi una nuova moneta comune chiamata Euro. Ci hanno spiegato che era un affare perchè i giovani, ad esempio, avrebbero potuto comprare casa col mutuo senza più l’incubo dell’inflazione che fa salire i tassi. Ed in effetti l’incubo inflazione non c’è più perchè le banche, semplicemente, non erogano più mutui né prestiti a nessuno…

Ma che fosse rimasto il Marco lo si è capito fin dalla follia di accettare quel cambio (un Euro=1.937 Lire) che in un colpo solo dimezzò la ricchezza degli italiani, trasformando un benestante da due milioni al mese in un annaspante da mille Euro…

Per il resto basta ricordare la lezione degli Asburgo che, nel Lombardo-Veneto dominato, non avevano la pretesa di metterci anche governanti locali austriaci, lasciavano pure che fossero italiani. E così a Palazzo Chigi può tranquillamente andarci il SuperMario, l’italiano “Europa servant”…

Il quale, consapevole o meno, rischia di diventare servant anche di disegni partici di bassa bottega. Il primo: fino al 2013 sei il presidente del governo del Presidente, il salvatore dell’Italia; poi nella rimavera dello stesso anno (ammesso che ci lascino votare) magari diventi il candidato presidente del centrosinista: il novello Prodi o una sorta di Dini bis (che da tecnico che era si fece Lista Dini).

Secondo disegno: finchè non si vota il gruppo parlamentare del Pd resta grasso e grosso, molto sovradimensionato rispetto alla divisioni reale dei consensi nella sinistra. Perchè Di Pietro ha ancora parlamentari per il 2,5% che conquistò nel 2008, mentre oggi i sondaggi lo danno al 7%; e Vendola con suo 8% abbondante di parlamentari non ha nemmeno uno. E questo spiega il sincero, caloroso, ed interessato sostegno del Pd al governo di SuperMario che rinvia la resa dei conti con le urne.