VERONA IL VESCOVO E LO PSICHIATRA

 

Verona sotto processo. Il (nuovo) processo di Verona. Stefano Lorenzetto scrive di “corvi razzisti sulla città di Giulietta” e aggiunge: “non date retta a quelli che parlano male di Verona. Sono i professionisti del pregiudizio etnico e quindi, loro sì, razzisti della peggior specie”

Tra i primi a parlar male di Verona ci sono anche veronesi illustri, come lo psichiatra Vittorino Andreoli che, interrogato dal Corriere della sera, non fa tanti distinguo e sentenzia: “In città come Verona tra i giovani esiste un solo tipo di cultura: quella della forza, dell’eliminazione, della violenza”. Rileggete bene. Andreoli non dice esiste ANCHE una cultura della violenza, dice esiste SOLO quella cultura. Lui vede cioè una città tutta popolata di naziskin pronti a colpire con le spranghe. Un po’ come quelli che vedono tutti gay o tutti comunisti o tutti violentatori con le bave alla bocca. Non vorrei rubare il mestiere allo psichiatra, ma mi pare che queste siano visioni un tantino paranoiche.

D’altronde al tempo del delitto Maso, fu Vittorino Andreoli a rubare il mestiere ai sociologi. E, come perito del tribunale, spiegò che l’assassinio dei genitori per entrare in possesso dell’eredità ben si inquadrava in quella cultura contadina veneta dove l’uomo sempre dedicava maggiori cure al maiale rispetto alla moglie…Vi sembra uno che ama la sua città e le sue radici culturali o uno che vuole distruggere entrambe con furia naziskin?

Molto più cauto nei giudizi un altro veronese doc, il vescovo Giuseppe Zenti, che non possiede certezze né verità, ma umilmente si interroga e cerca di capire. Esclude che sia questo del massacro di Nicola Tommasoli il vero volto di Verona.

Perchè Verona, spiega, “resta comunque una città più che mai vivibile”. Parla il vescovo Zenti di una “cultura della notte” dove alcol e droga rischiano di sprigionare la violenza interiore. Violenza che si dovrebbe invece cercare di arginare con l’impegno congiunto delle famiglie, della scuola, degli educatori.

Quale è l’analisi che vi convince di più, quale la rappresentazione più realistica di Verona, quella del vescovo o quella dello psichiatra?

LA VIOLENZA DEI “NORMALI” E’ LA PEGGIORE

 

Per i media nazionali l’aggressione subita da Nicola Tommasoli è la rivincita del caso Luis Ignacio Marsiglia. Allora i naziskin e l’aggressione razzista esistevano solo nella fantasia mitomane del professore ebreo, e i media che l’avevano avallata dovettero scusarsi con la città. Oggi invece è tutto vero, provato e confessato. E così si può sparare a zero su Verona senza tema di smentite. Tanto più che oggi Verona è la Verona di Tosi (che colpe specifiche non ne ha, ma la presenza alle sfilate della destra estrema poteva senz’altro risparmiarsela). E così traspare la voluttà di poter sbattere in prima pagina la “Verona nazista”

Chi parla di naziskin o di “pestaggio fascista” però non si rende conto di fornire a questi delinquenti l’alibi della motivazione politica. Mentre i giovani aggressori non sono né nazisti, ne fascisti né brigatisti; sono qualcosa di peggio ancora: sono nichilisti. Non si tratta di negare la loro appartenenza al Fronte Skinheads né il look e i simboli riconducibili alla destra estrema. Ma, come hanno rilevato gli inquirenti, nella fattispecie dell’aggressione a Tommasoli non c’è nulla di politico: perchè la vittima non è né un immigrato né un avversario di schieramento, è il primo che passa per la strada; e il casus belli non è uno scontro ideologico ma la banale richiesta di una sigaretta. E’ il gusto della violenza per la violenza, siamo ad Arancia Meccanica

In questo senso la violenza “normale” o dei “normali” è la peggiore di tutte. Perché gli squadristi al pari dei brigatisti, al pari di tutti i terroristi, una motivazione per quanto perversa e inaccettabile ce l’avevano e ce l’hanno: la rivoluzione fascista, colpire al cuore dello Stato, punire l’Occidente imperialista. Gli aggressori di Tommasoli no

Anche gli episodi di violenza che vedono protagonisti gli stranieri immigrati hanno una spiegazione, che non significa assolutamente giustificazione. Ma spiegazione si: sono allo sbando in un Paese straniero, hanno esigenze primarie da soddisfare, sono abbagliati dal nostro benessere. Gli aggressori di Tommasoli no.

Perfino la violenza più simile alla loro, quella degli ultras del calcio, per esplodere ha bisogno di inventarsi uno straccio motivazione: la rivalità con la tifoseria avversaria, oppure le forze dell’ordine che hanno appunto la pretesa di far rispettare l’ordine. Ma il povero Tommasoli non è un poliziotto né un tifoso avversario, è solo il primo che ti capita sottomano.

Riesco solo a fare una considerazione molto generica: quando viene meno la funzione civilizzatrice della religione, della scuola, della famiglia, allora la belva primordiale che si annida in ciascuno di noi si sente libera di scatenarsi sul primo che capita senza alcuna motivazione che non sia il piacere della violenza per la violenza. E la belva si sente tanto più libera in uno Stato dove la repressione è al bando e la giustizia allo sbando.


FURBO IL GRILLO, INGENUI I GRILLINI

 Il colpo di coda di Vincenzo Visco, che prima di lasciare la guida del fisco ha reso pubblico il reddito degli italiani, oltre alle mille polemiche innescate ha avuto anche l’effetto secondario di mettere in crisi il rapporto tra Beppe Grillo e i suoi fans: grillini di mezza Italia sdegnati e delusi nel constatare che il loro guru guadagna più di 4 milioni di euro all’anno. Beata ingenuità: ma cosa pensano che lo facesse gratis? Che fosse un volontario dello sdegno moralistico? Che riempisse i teatri , distribuisse video, organizzasse vaffa days per spirito di servizio incurante dell’incasso?

Il fatto che Beppe Grillo guadagni di più del principe degli attori e dei comici italiani, Roberto Benigni, ci fa capire quale è stata la furbizia del comico genovese: aver fatto la vittima dura e pura del sistema, quello che non va in televisione, quello che non si fa intervistare dai giornalisti tutti servi, quello costretto a rivolgersi alla piazza di internet. Ben studiato, se così guadagni di più di chi va in televisione, fa film di successo, vince Oscar, si fa intervistare a raffica e prende perfino in braccio i politici… Senza aggiungere che Grillo ha avuto la genialità di inventarsi il filone più remunerativo di tutti: quello delle prediche, dei comizi, a pagamento. Filone che ovviamente funziona solo se dall’altro lato ci sono gli ingenui pronti a pagare il biglietto per inebriarsi di fronte alla pugnetta moralistica.

La chiamo pugnetta in quanto del tutto inconcludente per i risultati pratici. E qui apro una beve parentesi sulla cosiddetta antipolitica che rischia di essere un’attività puramente onanista. Prendiamo l’esempio per eccellenza, quello dei costi della casta. La questione si affronta davvero solo con un progetto politico che indichi dettagliatamente l’obiettivo finale e il percorso praticabile per arrivare sul serio a tagliare i costi della casta. Mentre l’invettiva antipolitica (quella praticata da Grillo per il trasporto dei sui fans) cioè il vaffa day, lo sdegno vibrante per lo stipendio dei parlamentari, lo scandalo inaudito per il numero dei politicanti, l’unico effetto pratico che produce è appunto quello di una pugnetta liberatoria per i fans. Il solo risultato pratico è il documentato aumento dei redditi del guru.

Il quale Beppe Grillo, va ribadito, è un furbo di tre cotte. Provate a pensarci: la predica per antonomasia, quella dal pulpito della Chiesa, è ad offerta libera, se vuoi lasci qualcosa nella cassetta altrimenti te ne vai. Nessuno si è mai sognato di poter far pagare un comizio, da quelli storici di un Pajetta o di un Almirante fino agli attuali di Veltroni e Berlusconi. Solo a lui, al guru genovese, è riuscita la realizzazione della predica-comizio a denaro sonante.

 


NERI A DESTRA, BIANCHI A SINISTRA

 Dopo tante vittorie e tante sconfitte che hanno caratterizzato il doppio turno elettorale, restano ancora da sconfiggere quei commenti razzisti del dopo voto che, puntualmente, sono ricomparsi anche all’indomani della larga vittoria di Alemanno a Roma. Commenti razzisti nel senso che trattano i cittadini che scelgono la destra o la Lega come elettori di serie B: i negri delle urne, una sorta di subnormali che votano “di pancia” o “per paura”, che esprimono una semplice “protesta” o sono stati facili prede del tema della sicurezza “strumentalizzato”. Tutti giudizi che mai vengono usati quando invece vince la sinistra e il centrosinistra, quasi si trattasse di un elettorato etnicamente superiore, i super normali bianchi ed ariani, che non scelgono con la pancia o in preda alla paura, ma sempre con la testa e l’utilizzo della fredda valutazione razionale.

Nessun commentatore si è permesso di farlo, e nemmeno avrebbe senso accusare Veltroni di aver strumentalizzato il tema della sicurezza sul lavoro candidando al parlamento l’operaio sopravvissuto alla tragedia della Thyssen. Non avrebbe senso perchè le morti bianche esistono e non sono un’invenzione di Veltroni. Così come gli stupri, le violenze e gli omicidi a Roma (e non solo qui) esistono, non sono un’invenzione di Alemanno, eppure appena il neo sindaco della Capitale li ha sottolineati e cavalcati, subito è stato accusato di “strumentalizzare il tema della sicurezza” per “soffiare sul fuoco della paura”.

Da un certo punto di vista tutto nell’azione politica viene strumentalizzato. Pero le forzature le fanno sia i leader della destra che della sinistra. Cosi come gli elettori non sempre scelgono dopo una lucida analisi dei programmi e dell’offerta politica; a volte prevale l’istinto, la reazione, l’emotività. Ma questo vale a prescindere da dove indirizzano il loro consenso: non sono negri se votano a destra, salvo trasformarsi in ariani se invece tornano o vanno a sinistra.

Come si fa a non capire questa ovvietà? Come può prevalere ancora l’approccio razzista che porta a demonizzare una scelta di campo e santificare l’altra?

Quando Berlusconi perdeva le elezioni il motivo era chiaro ai commentatori di sinistra: ha governato male, ha fatto le leggi ad personam invece delle riforme. Adesso, di fronte al tracollo di Roma, gli stessi commentatori restano senza parole e si domandano, spaesati, come possa aver perso Rutelli non ostante l’ottimo governo della Capitale prima suo e poi di Vetroni…Sono spaesati perchè hanno gli occhi foderati di preconcetti razzisti.


 

LA ROMENA NATALIA INSEGNA

 

 

Natalia, una signora romena di cinquant’anni, che da diverso tempo vive e lavora a Milano, intervistata mercoledì scorso dal Giornale sui campi rom, dichiara: “ Quelli non dovrebbero proprio esistere. Bisogna raderli al suolo tutti. E’ da li che partono per svaligiare gli appartamenti, rubare i portafogli e chiedere l’elemosina sfruttando i bambini. Invece il comune di Milano paga roulotte e bollette. Pure i preti li difendono, ma di ospitarli nei loro palazzi non se ne parla”.

Lasciamo pure cadere la proposta truculenta di raderli al suolo (puro sfogo verbale, comunque inutile e pericoloso). Ma anche senza mobilitare le ruspe, ha senso continuare a mobilitare risorse pubbliche per mantenere un brodo di coltura della criminalità? La proposta di legge regionale avanzata in Veneto dal consigliere Raffaele Zanon sembra l’uovo di Colombo: campi attrezzati solo per quei rom che si registrano e pagano (in anticipo) le spese. Uovo di Colombo perchè è esattamente quello che già fanno gli italiani quando vogliono darsi al nomadismo dei campeggi. Ma come mai nessuno ha pensato prima, e preteso che avvenga, questa che sembra un’ovvietà? E quei settori della Chiesa che predicano diritti e accoglienza non è il caso, come sottolinea Natalia, che inizino a dare l’esempio in concreto partendo dalle loro risorse materiali?

Molto interessante è anche quello che ci racconta questa signora romena riguardo alla sua esperienza di immigrata che, prima dell’apertura delle frontiere, volendo essere in regola tornava ogni sei mesi al suo Paese per rinnovare il visto turistico. Ma erano i nostri agenti della dogana a dirle: “Ma è scema? Non vede che restano tutti in Italia da clandestini?”…Una lezione esemplare che ci ricorda come noi italiani siamo i primi responsabili delle nostre disgrazie. Perchè noi per primi insegniamo agli stranieri, non il rispetto della legge, ma al contrario i sotterfugi per aggirare le legge. Noi per primo spieghiamo loro che il nostro è un Paese slabbrato, dove non si impone il rispetto delle regole, dove tutto è lecito e in qualche modo la si sfanga sempre.

Ci meravigliamo se siamo diventati la terra d’elezione della criminalità straniera? Basta ascoltare cosa ci racconta una seria signora romena…

PRO O CONTRO LE RONDE

 

Di certo le ronde- di cui tanto si discute in questi giorni – non sono né un pericolo né una minaccia per la democrazia.Quando perfino il leader dei no global, Luca Casarini, sostiene che è una follia evocare il Ku-Klus-Klan perchè “mai le ronde leghiste si sono messe a dare la caccia agli immigrati per accopparli”, dovrebbe essere chiaro a tutti che non ha senso demonizzarle evocando le squadracce fasciste ne paventare, come ha fatto Di Pietro, che i cittadini vogliano “imbracciare il fucile”.

L’ipotesi di un corpo paramilitare poteva starci, se mai, con le Guardie Padane di metà anni Novanta, ai tempi della Lega secessionista. Mentre oggi le ronde non hanno alcuna divisa, imbracciano solo il telefonino per segnalare alle forze dell’ordine le azioni criminali, sono gradite ai cittadini in attesa di interventi sul tema tanto sentito della sicurezza.

Fatta questa premessa, ha tuttavia senso aprire una discussione e chiedersi se le ronde siano un segnale politico che esiste un problema enorme o anche un contributo concreto alla soluzione di questo problema.

Personalmente ho dei dubbi sul fatto che le ronde possano contribuire a rendere più sicure le nostre città. Anzitutto perchè sono composta da volontari che, come dice il nome, tali sono: e quindi da loro non possiamo pretendere nulla ma solo ringraziarli per quel poco o tanto che decidono, di volta in volta, di darci. Da un tutore dell’ordine, assunto con questo compito preciso e pagato di conseguenza, posso pretendere che ogni giorno, con orario e ferie contrattuali, d’estate e d’inverno, sia presente a vigilare sul territorio. Mentre da una ronda di volontari non posso pretendere alcuna continuità d’impegno.

Tamponando con i volontari e aggiungendoli sul territorio, rischiamo inoltre di trascurare l’esigenza di fondo che è quella di riorganizzare la schiera spropositata di tutori dell’ordine che già abbiamo. Spropositata cioè nettamente superiore per numero e percentuale di addetti rispetto agli altri Paesi europei. Faccio un solo esempio: come abbiamo razionalizzato il servizio sanitario, chiudendo tanti ospedali sparsi nelle province venete, così dobbiamo chiudere tante stazioni dei carabinieri, che occupano troppi militi solo per restare aperte, sottraendoli al pattugliamento del territorio. Se mai mandiamo i volontari a rispondere al telefono e far da usceri nelle caserme, e liberiamo così tanti carabinieri da impiegare sulle strade.

Anche perche uno Stato, qualunque esso sia, unitario o federale, italiano o veneto, ha comunque il compito di garantire la qualità dei servizi fondamentali: sanità, istruzione, sicurezza. Ci vogliono dei professionisti, possono essere dipendenti pubblici o anche privati, ma la garanzia di professionalità, del livello di qualità, non può che darla lo Stato.

In questo senso è positiva anche l’intenzione di Maroni di andare ad una regolamentazione delle ronde: piuttosto delle ronde libere e spontanee, meglio ronde che abbiamo almeno compiti limitati e definiti dallo Stato. In modo tale da sapere cosa possono fare e non nutrire soverchie illusioni.. .







GALAN A SCUOLA DA TOSI

 

 

Se il presidente Giancarlo Galan vuole capire come mai in Veneto il suo Pdl ha perso una valanga di voti (l’11% abbondante) a tutto vantaggio della Lega Nord, basta che guardi come lavora e si muove Flavio Tosi che – viceversa – ha trasformato Verona nella città più leghista d’Italia, cioè con la più alta percentuali di voti al Carroccio.

Tosi, appunto, lavora e si muove: quotidianamente è a contatto con i cittadini, li incontra, li ascolta, è impegnato a dar loro risposte. Non solo ha dimostrato di saper risolvere alcuni problemi della città ma, soprattutto, fa vedere il suo impegno costante anche sulle tante questioni che non sono di facile soluzione. Nessuno può rimproverargli che non ci provi e che non si dedichi.

Il lunedì dei risultati elettorali, così deludenti per il Pdl, Galan li ha spiegati al microfono di Telenuovo accusando i governi nazionali, compreso quello presieduto da Berlusconi, di averlo lasciato solo; cioè di non aver varato quelle riforme che la nostra regione attendeva. Giusto. Ma le riforme non sono arrivate nemmeno per Tosi, benchè al governo ci fosse anche la Lega… Per questo bisogna aggiungere che il primo ad aver lasciato solo il Veneto è lo stesso Galan: perchè, se Tosi lavora venti ore al giorno per Verona, Galan lavora venti ore al mese per il Veneto. Quanto tempo ha dedicato il presidente per incontrare i veneti, per ascoltarli, per cercar di dare loro risposte concrete?

L’equivoco è quello di pensare che il talento possa sopperire al lavoro e all’impegno quotidiano, ma non è così: il talento da solo non basta. Non è sufficiente che Galan abbia un notevole talento politico, che gli va riconosciuto. Se Michelangelo avesse dedicato venti ore al mese alla scultura, sarebbe rimasto uno scalpellino non ostante tutto il suo straordinario talento.

Anche Silvio Berlusconi ha un talento straordinario, sia imprenditoriale che politico. Eppure ha sempre lavorato venti ore al giorno. Proprio come Tosi. Al contrario di Galan. Poi i risultati si vedono e si contano, anche dentro le urne.

 

LEGA NORD O LEGA VENETA?

 

Lega Nord o Lega Veneta? All’indomani del trionfo leghista questo è il problema: se si debba puntare a raggiungere il traguardo del federalismo restando legati a filo doppio con i leghisti lombardi o se i leghisti veneti debbano recuperare, a tutto campo e in tutti i sensi, la loro autonomia.

Questo legame a doppio filo con i lombardi ha visto per anni ed anni i veneti in posizione subordinata. Nel senso che sono stati i lumbard a decidere di tutto e di più: non solo la linea politica, cioè l’esistenza di una “patria padana” che si è annessa la “patria veneta”, ma anche le candidature e la segreteria “nazionale” della Lega Veneta. Con un proconsole, scelto dai lombardi, che comandava in Veneto a nome loro. Un risultato che però era anche giustificato dalla ben diversa qualità del personale politico della Lega in Lombardia e in Veneto…

Oggi non è più così. Oggi le Lega in Veneto ha dimostrato di avere ottimi amministratori locali, molto apprezzati dai cittadini. Ha cominciato nella Treviso di Luca Zaia e di Giancarlo Gentilini (il Gentilini del concreto lavoro di sindaco, non quello delle parole in libertà…) poi nella Vicenza di Manuela Dal Lago, nella Verona di Flavio Tosi, nella Cittadella di Massimo Bitonci e in tanti altri comuni minori. Oggi ha anche un leader politico (che è cosa diversa dal bravo amministratore), non a caso temutissimo dai lumbard: Flavio Tosi, al quale Milano impedisce di tenere il congresso della Lega Veneta perchè non vuole che venga sancita la sua leadership.

Oggi la Lega in Veneto ha ottenuto più consensi che in Lombardia (26% contro il 22%). E’ di fatto il primo partito del Veneto, cosa che non si può dire della Lega in Lombardia. Il picco del 34% raggiunto a Verona vale dieci volte il 38% di Sondrio.

Tutti elementi che possono far pensare che sia scattata l’ora della Lega Veneta autonoma, in grado di ottenere per la nostra regione una soluzione catalana o scozzese. Ma senza lasciarsi andare sulle ali dell’entusiasmo: cioè senza ignorare il pericolo che può derivare da una divisione della Lega. Pericolo di indebolire il fronte al punto da non riuscire a varare neppure quel federalismo – più o meno all’acqua di rose – che, forse, resta l’unico traguardo realistico…Voi cosa pensate?

ARRIVA L’INDULTO BIS

 

 

Cosa ci aspetta dopo il voto? L’aumento degli stipendi e delle pensioni? Il taglio delle tasse? ueste sono solo promesse. Le certezze, purtroppo, sono diverse: è certo, è inevitabile, che arrivi l’indulto bis. Ce lo spiega l’editorialista de La Stampa Luca Ricolfi il quale ricorda che, nell’indifferenza generale, le carceri sono tornate ad essere strapiene proprio come nell’estate 2006, una situazione ingestibile che in qualche modo “costrinse” la classe politica a varare l’indulto. Dopo di che non si è fatto nulla. Non sono state costruite nuove carceri, non si è proceduto (ammesso che sia la via giusta) a depenalizzare i reati minori e così siamo daccapo: quest’estate o scoppia la rivolta nelle carceri o bisogna nuovamente svuotarle con l’indulto bis.

In barba ad un tema così stringente e sentito come quello della sicurezza. Tema che in campagna elettorale sia Berlusconi che Veltroni hanno pensato di poter accantonare per dedicarsi a questioni ben più sentite dai cittadini: i brogli, il giuramento di fedeltà alla Repubblica, i fucili e la salute di Bossi…

E dire che proprio dal nostro Veneto è appena arrivata una lezione elettorale memorabile, quella delle comunali dello scorso anno quando Flavio Tosi diventa sindaco di Verona con un risultato di ampiezza tale da lasciare a bocca aperta tutti quanti.

Vi pare che Tosi sia diventato sindaco con quel clamoroso risultato perchè aveva giurato fedeltà al Tricolore o perchè aveva denunciato i brogli elettorali della sinistra?…Come tutti sanno lo è diventato perchè ritenuto in grado di garantire più sicurezza alla città; cioè a riprova di quanto questo tema sia cruciale nelle scelte dei cittadini elettori.

Mi permetto di aggiungere che non stiamo parlando di un qualche “natio borgo selvaggio” della Val Brembana…ma di una delle grandi città venete, di una delle città italiane più ricche di cultura e di storia: di quella Verona che è stata sede del Papato e capitale dell’Impero, e che è terra di relazioni e scambi internazionali.

Insomma è la dimostrazione che oggi la sicurezza è la priorità per le persone civili. Veltroni e Berlusconi invece hanno pensato di scopar via questo tema sotto il tappeto della campagna elettorale, con un primo risultato: dopo il voto arriverà l’indulto bis.

 

SE SEI POVERO PUOI RUBARE

 


Se sei povero puoi rubare. Ne è convinto il giudice del tribunale di Verona che ha mandati assolti i due rumeni, sorpresi in flagrante a rubare alla Caritas, perchè ha riconosciuto loro lo “stato di necessità”, cioè appunto il fatto che sono poveri.

E magari anche con l’ulteriore attenuante di essere stranieri. Resta infatti l’impressione che, se veneti, non basti essere poveri per poter rubare impunemente. O dobbiamo pensare che i nostri pensionati, nella quarta settimana, possano andare tranquillamente a far man bassa nei supermercati certi di trovare un giudice comprensivo?

Lo “stato di necessità” potrà garantire un intervento assistenziale, ma non la cancellazione del reato. Altrimenti – come ha osservato il sindaco di Verona Flavio Tosi – si arriva ad un codice penale per fasce di reddito…E fino a quale reato esentiamo i più poveri? E facciamo ancora finta che esista una giustizia?

Intanto, sempre se sei povero (e straniero), puoi contare anche sulla benevolenza di certe Curie, come quella ambrosiana guidata dal cardinale Dionigi Tettamanzi. La quale Curia ha denunciata la violazione dei diritti umani dei rom avvenuta in seguito allo sgombero del mega campo nomadi di via Bovisasca. Sacrosanto che la Chiesa si schieri a fianco degli ultimi, ma un po’ sorprendente che trascuri i penultimi: cioè tutti quei cittadini milanesi che per anni hanno subiti furti, scippi, violenze ed intimidazioni da questi stessi rom. Come mai la Curia ambrosiana non ha deprecato la violazione anche dei loro diritti?

Perchè non sono abbastanza poveri? Perchè hanno il torto di non vivere da zingari ma del proprio lavoro? Perchè fa più chic (ovvero più politicamente corretto) atteggiarsi a paladini dei rom che dei cittadini comuni?

Quasi tutti i veneti hanno nei loro cromosomi, cioè nel vissuto famigliare, un passato di povertà dignitosa. Una miseria che ha rappresentato il primo stimolo a migliorare le proprie condizioni di vita e mai una giustificazione per rubare (anche perchè sul “settimo non rubare” la Chiesa non si sognava di fare sconti). Oggi invece sempre più spesso ci si trova di fronte ad un mondo alla rovescia: dove l’onestà è da stupidi, la povertà un’attenuante, ti difendono se vivi di espedienti, e hai più diritti se sei straniero.