PONTI D’ORO (E CASE) AGLI STRANIERI

Ponti d’oro e, soprattutto case pubbliche agli stranieri. Questa la direttiva dell’Unione europea, ribadita anche nella polemica delle ultime ore col comune di Verona il quale ha voluto creare una corsia preferenziale nell’assegnazione degli alloggi in base all’anzianità di residenza: chi è residente a Verona da dieci o venti anni ha qualche punto in graduatoria. Secondo l’Ue però tuttoquesto è vietatissimo perchè discriminerebbe gli immigrati.

Obiezione, questa della Ue, comunque infondata dato che se mai si “discrimina” per anzianità di residenza e non per nazionalità ( il marocchino residente da dieci anni ha gli stessi diritti del veronese). Ma la cosa interessante è notare come l’applicazione cieca del principio di uguaglianza non genera giustizia bensì l’esatto opposto: cioè l’ingiustizia.

Non c’è dubbio infatti che gli immigrati hanno redditi più bassi dei nostri e nuclei famigliari molto più numerosi quindi, se non si intervenisse con qualche correttivo, il risultato sarebbe scontato: cento per cento delle case pubbliche assegnate a loro. Un risultato che però sarebbe palesemente ingiusto, perchè non si può ignorare il contributo che una persona ha dato negli anni alla sua comunità attraverso il lavoro, le tasse, la vita quotidiana. Non si può ignorarlo ed equipararlo nei diritti all’ultimo venuto. Senza aggiungere che questo risultato oltre che ingiusto sarebbe anche foriero di scatenare la guerra tra poveri, l’ostilità verso lo straniero.

Per altro va notato che questo esito teorico (cento per cento di case pubbliche assegnate agli stranieri) non si verifica in nessun comune. Il che significa che tutti di fatto applicano dei correttivi (confessati o meno) per aggirare il principio cieco dell’uguaglianza ed evitare così di produrre il massimo dell’ingiustizia nell’assegnazione delle case.

 

COSA CAMBIA DA BENITO A FIDEL

 


Cosa cambia da Benito a Fidel? Anzitutto la durata: noi ce la siamo cavata in un Ventennio, loro invece, i cubani, ci sono ancora dentro dopo cinquant’anni. Cambia che di Castro si può dire che è “una figura controversa” o “comunque lo si voglia giudicare – afferma Bertinotti – resta un grande protagonista della storia”. E Mussolini, comunque lo si voglia giudicare, resta un grande protagonista della storia? No, di Benito è vietato dirlo. Lo ha vietato lo stesso Gianfranco Fini con la sua definizione tombale: “Il fascismo è male assoluto”. Una condanna così netta che nessuno a sinistra a mai pronunciato nei confronti del comunismo.

Cambia che su Fidel si può dare un giudizio a luci e ombre, mentre per Benito devono esserci solo le ombre ( perchè è chiaro che il “male assoluto” non poteva nemmeno far arrivare i treni in orario…). La vera differenza è che una cultura ancora dominante nel nostro Paese non ha dubbi nel condannare, senza se e senza ma, le dittature di destra mentre tende a giustificare quelle di sinistra. Magari alla luce dei buoni propositi. Della serie: il comunismo sì, è vero che poi è degenerato, ma si proponeva di liberare gli oppressi e instaurare la giustizia sociale…Senza rendersi conto che i buoni propositi, se mai, sono un’aggravante delle dittature di sinistra rispetto a quelle di destra: nel senso che entrambe hanno ridotto il popolo in miseria e schiavitù; ma le prime, le dittature di sinistra, lo hanno anche preso in giro promettendogli di liberarlo…

Gli storici anglosassoni non hanno mai fatto differenze tra nazifascismo e comunismo, accomunandoli nell’unica definizione di “totalitarismi”.

Tornando a Fidel c’è ancora chi esibisce in sua difesa i risultati ottenuti dalla dittatura castrista sul fronte dell’istruzione e della sanità. Come se tutte le dittature (comprese quelle di Stalin e di Hitler) non puntino sempre su un programma sociale. Come se Mussolini non abbia anche lui promosso l’istruzione (con la grande riforma scolastica di Gentile) o istituito le pensioni o bonificato l’Agro Pontino. O fatto la guerra in Eritrea ed Etiopia esattamente come l’ha fatta Fidel in Angola e Mozambico!

Con la differenza che Benito era sincero e diceva di voler conquistare l’impero per gli italiani, mentre Fidel si travestiva da pia dama della San Vincenzo e raccontava che l’esercito cubano andava a “liberare” quelle popolazioni…

L’ultima differenza è che Castro ha vissuto abbastanza per assistere all’implosione del suo mito, per vedere il crollo di una rivoluzione cubana ridotta ad elargire stipendi da 18 dollari al mese; che oggi con il passaggio delle consegne a Raul ha come primo obiettivo quello di riuscire a “dar da mangiare alle masse” (vedi titolo di oggi su Repubblica).

Mussolini, come conseguenza della scelta di gettarci nella tragedia immane della guerra, è morto prima dell’implosione altrettanto inevitabile della sua rivoluzione. Dico inevitabile perchè abbiamo l’esempio del franchismo che non è entrato in guerra ed è durato impoverendo sempre di più la Spagna ed emarginandola dal mondo occidentale. Una Spagna che solo dopo l’abdicazione di Franco, con la democrazia e il libero mercato, ha imboccato la via della crescita economica e della modernità.

 

 

 

DALLA PARTE DI FIORELLO

Sto dalla parte di Fiorello. Capisco benissimo il suo appello sconsolato: se questa classe politica – ha detto – non riesce nemmeno a togliere i rifiuti dalle strade di Napoli prima del 13 aprile, allora stracciamo la scheda elettorale, non andiamo a votare, perchè vogliamo vedere dei fatti e non possiamo accontentarsi solo delle promesse.

Subito hanno crocefisso il povero Fiorello con l’accusa di cavalcare l’antipolitica come Grillo, di fare del facile qualunquismo, di usare in modo improprio la Rai “che è il luogo del servizio pubblico, sacrario della politica se c’è ne uno”

Partiamo da quest’ultima accusa virgolettata di Edmondo Berselli, che è la più esilarante. Basta cambiare l’ordine degli addendi: la Rai non è servizio pubblico ma pubblico servizio, cioè wc dove ognuno – da Celentano a Luttazzi – ha potuto esibire i propri escrementi. Ma improvvisamente diventa scandaloso se Rosario Fiorello lancia da VivaRadio2 il suo appello sconsolato e scherzoso.

Lui che ha sempre usato toni leggeri, che non ha mai fatto il giullare di nessuna parte politica, che non ha mai assunto l’aria ispirata, arrabbiata ed engagée del moralizzatore che pretende di avere la ricetta per redimere il mondo (e in questo senso è agli antipodi di Beppe Grillo). Ma di fronte alla totale dimostrazione di impotenza di una classe politica (quella locale responsabile diretta, quella nazionale non meno responsabile nella sua cieca acquescienza nazionale) che in 15 anni non è riuscita a risolvere ciò che tutti i Paesi civili hanno risolto, cioè lo smaltimento dei rifiuti a Napoli e in parte della Campania, di fronte a questo a Fiorello sono cadute le braccia come ad ogni altra persona di buon senso.

Diventa spontaneo domandarsi: ma se questa classe politica non riesce nemmeno a togliere i rifiuti dalle strade di Napoli, come facciamo a crederle quando ci promette di riformare il pubblico impiego, di attuare la riforma federalista, di ridare un senso alla scuola e all’università, di creare serie prospettive per i giovani? Non è riuscita a partorire il topolino di un termovalorizzatore, dovremmo ritenerla capace di far da levatrice alla montagna delle grandi riforme? Dobbiamo dargliene il mandato sulla fiducia col voto del 13 aprile o domandare prima una minima verifica nei fatti?

Quanto al qualunquismo bisogna intenderci su cosa sia, e se non sia invece cosa ben diversa l’aprire gli occhi sulla realtà. Porto un solo esempio: se leggo (Corriere della sera di lunedì) che la prossima udienza di certe cause civili viene fissata al 2020, mi cadono le braccia e concludo che l’amministrazione della giustizia è ormai allo sfascio. Sto facendo della demagogia, indulgo alla “antigiustizia” o sto fotografando la realtà?

Per concludere direi che Fiorello ha solo fotografato la realtà.



IL TERRITORIO TI TIENE SVEGLIO

 

La campagna elettorale è iniziata da pochi giorni e siamo già al torpore. Grazie anche alla novelle vague buonista, Veltroni e Berlusconi non ci tengono svegli nemmeno col vecchio scontro ideologico (comunisti/ cavaliere nero) e pacatamente ripetono promesse che sembrano fotocopiate l’uno dall’altro: tagli alle tasse, contenimento della spesa, aiuti alle famiglie, rilancio dell’economia.

Luca Ricolfi, su La Stampa, osserva che la domanda, su dove verranno trovate le risorse per mantenere le promesse elettorali,viene ogni volta elusa con risposte vaghe e non compromettenti: con la lotta all’evasione fiscale, con la riduzione degli sprechi nella pubblica amministrazione… Giuseppe De Rita, sul Corriere, ironizza che oramai i politici potrebbero anche risparmiarsi la fatica di presentare programmi così generici, scontati, fotocopiati.

Berlusconi e Veltroni fanno promesse tanto simili. Dal territorio invece emergono realtà così diverse e contrastanti: il Sole 24 Ore ci mostra quanto costi di più la vita a Venezia rispetto a Napoli o a Bari; lo stesso Corriere racconta che la Regione Lazio ha il doppio dei dipendenti della Lombardia e il numero più alto di assenze per malattia tra le regioni italiane. ( Il Lazio, prima governato da Storace ora da Marrazzo: a dimostrazione che la differenza non la fa destra o sinistra, ma la fa il territorio)

Se muovesse da queste precise diversità che ci mostra il territorio la campagna elettorale risulterebbe, credo, meno soporifera.Se Veltroni e Berlusconi poi volessero spiegarci come in concreto si possa uscirne, allora ci sveglieremo del tutto…

 

C’E’ DI PEGGIO DEL FINTO CIECO

 


Comprensibile lo stupore per il finto cieco scoperto a La Spezia che fruiva della sua bella pensione di invalidità totale, e totalmente fasulla, tant’è che l’hanno beccato a guidare l’Ape. Stupore e preoccupazione magari perché stiamo parlando della Liguria: ed è naturale chiedersi, se dilagano anche al Nord le pensioni di invalidità fasulle, quante mai saranno in altre zone del nostro Paese?…

Ma c’è di peggio dei finti ciechi. Sono le centinaia di migliaia di pubblici dipendenti che nemmeno guidano l’Ape, che non fanno assolutamente nulla e neppure corrono il rischio di essere scoperti. Sono quelli che continua a denunciare Flavio Tosi quando osserva che la regione Veneto ha 2.500 dipendenti mentre le regioni Campania e Sicilia, con un numero di abitanti analogo al Veneto, ne hanno rispettivamente 7.500 e 15.000.

Come dire che in regione Campania peggio dei finti ciechi ne abbiamo 5.000 e in Sicilia 12.500. E moltiplichiamo pure i numeri pensando ai dipendenti comunali o ai primari ospedalieri: uno ogni tre posti letto al Federico II di Napoli, un primario ogni venti posti letto al policlinico di Padova.

Questa è la voragine che fagocita fiumi di denaro pubblico. Il falso cieco per cui oggi ci scandalizziamo è solo un rivolo.

Flavio Tosi propone una soluzione che, almeno sulla carta, è inoppugnabile: stabilire la regola che allo stesso numero di abitanti (di comuni, regioni, provincie, Usl, comunità montane, etc.) deve corrispondere lo stesso numero di pubblici dipendenti. Ma arriveremo mai ad imporre questa soluzione? Cosa pensate?

 

VELTRONI METTE L’ORBACE

 

 

In attesa di creare “Un’Italia moderna” (come recita il suo slogan elettorale) Veltroni ha pensato bene di indossare l’Orbace.

Sarà l’assonanza con la canzoncina del Ventennio che faceva “Se potessi avere mille lire al mese”…ma questi mille euro al mese, promessi da Veltroni come stipendio minimo garantito, tutto sembrano fuorchè una soluzione moderna al problema – che indiscutibilmente esiste e va risolto – dei salari bassi a livelli insostenibili.

La soluzione ope legis resta infatti un mito dei totalitarismi del Novecento (sia di destra che di sinistra).Non può certo funzionare nella moderna economia di mercato del ventunesimo secolo.

Tutti i Paesi europei che negli ultimi tempi hanno incrementato il loro pil e, di conseguenza, il reddito pro capite dei loro cittadini hanno conseguito questo risultato modernizzando il sistema economico: grandi infrastrutture viarie (si pensi al sistema autostradale e aeroportuale della Spagna) leva fiscale per attirare investimenti esteri (Irlanda), sburocratizzazione della pubblica amministrazione (Grecia). Nessuno ha pensato che bastasse aumentare per legge i salari.

Lo ripeto a scanso di equivoci: il livello attuale delle retribuzioni è un autentica emergenza e va sicuramente affrontata. Mi pare però che Veltroni, invece che affrontarla seriamente, con soluzioni efficaci e praticabili, si limiti ad indossare l’Orbace della propaganda elettorale. ( un po’ come fece Berlusconi nel 2001 promettendo pensioni minime più alte per tutti, salvo poi darle solo agli ultrasettantenni).


 

SE LO STRANIERO TI FA PAURA

Hai un bel dire che non bisogna aver paura del diverso, dello straniero, che bisogna invece imparare a conoscerlo e a capirlo.
Ma se è lo straniero che non vuole farsi conoscere, se è lui che ti fa paura col suo comportamento aggressivo, tu come devi regolarti? Me lo domando, e ve lo domando, a fronte di un episodio accaduto a noi di Telenuovo. Episodio che potere rivedere andando a cliccare sul Tg Padova del 13 febbraio. Eravamo andati a documentare l’ennesimo accampamento abusivo di romeni sotto un cavalcavia. Potevamo aspettarci di trovare la baraccopoli deserta, con i romeni scappati via per non farsi identificare e non mostrare le donne e i bambini costretti a vivere in quelle condizioni, senza servizi igienici, preticamente all’adiaccio. Invece è accaduto l’esatto contrario: a scappare cioè è stata la nostra troupe, minacciata, impedita di avvicinarsi, di fare le riprese, di mostrare quella realtà ai nostri telespettatori. Insomma sono stati i romeni a dettare legge, a porre limiti alla libertà di informazione, a decidere cosa potevamo mostrare e cosa no. E noi, impauriti dai loro veti, abbiamo subito e obbedito. Non è che avessimo, a priori, paura dello straniero: la paura ce l’hanno fatta venire loro. E non solo a noi: lo stesso servizio del Tg mostra delle signore padovane che portano ai romeni generi di conforto, ma non hanno nemmeno il coraggio di metterglieli in mano: lasciano i pacchi per terra e salutano da lontano…Che considerazioni vi ispira questo episodio?

 

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CHI PAGA IL CONTO DEI DIRITTI

Non ha senso parlare di diritti, dimenticando che i diritti comportano dei costi e che il conto, alla fine, qualcuno deve pagarlo. L’ultimo esempio ci arriva da MIlano dove un magistrato ha imposto al sindaco Moratti di accogliere i figli dei clandestini negli asili comunali, perchè un minore ha sempre diritto all’assistenza scolastica a prescindere dal fatto che i genitori siano regolari o irregolari. Perfetto. Ma chi paga per questo diritto? Cioè chi paga la retta per il figlio del clandestino? E perchè dovrebbero continuare a pagarla anche i genitori stranieri regolari o i genitori milanesi? Anche i loro figli sono minori e dunque hanno dei diritti a prescindere dai loro genitori (cioè dal fatto che pagino o meno la retta). Peccato solo che così saltino i conti del Comune di Milano che sarà costretto a chiudere tutti gli asili. A dimostrazione appunto che non esistono diritti se non chiariamo prima ci paga il conto. O no?  

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IL CERCATORE VOLTA LE SPALLE ALL’ORO

Cosa diremmo del cercatore d’oro che, quando lo trova, gli volta le spalle? Che avendo individuato un bel filone lo lascia perdere e si mette a setacciare il fiume da un’altra parte? Diremmo che è impazzito. Eppure è esattamente quello che fanno gli ispettori del lavoro e degli enti previdenziali rispetto al  lavoro nero: cercano le "pagliuzze" in Veneto e in Lombardia, mentre trascurano il "filone" che si trova in Puglia o in Campania. La metafora del cercatore d’oro è di Giuseppe Bortolussi che ne ha scritto su Libero Mercercato. Ma i dati e le cifre citati da Bortolussi sono cifre e dati ufficiali che vengono dall’Istat, l’Istituto nazionale di statistica. Perchè continuamo a chiudere gi occhi su questa realtà? Perchè lasciamo che il cercatore continui a voltare le spalle all’oro? 

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ATTENTI A WALTER E SILVIO

Veltroni e Berlusconi sono i due innovatori della politica italiana. Il primo – e scusate se è poco – ha messo definitivamente fuori gioco la sinistra comunista che fino a dieci giorni fa era ancora al governo nel nostro Paese (colmando così un ritardo storico di oltre 50 anni rispetto al resto dell’Occidente). Il secondo ha capito che, se restava fermo, finiva, non a Palazzo Chigi, ma al Museo Egizio di Torino..E così ha innovato anche lui lanciando il Popolo delle Libertà. E se i due innovatori si mettessero assieme? Se avessero già un accordo per affrontare gli eterni nodi irrisolti: dalla riforma del pubblico impiego alla questione meridionale? Credete o no che potrebbe essere la volta buona? Magari grazie anche ad una Lega col vento elettorale in poppa…