PRONTI, PARTENZA, VIA

Sono le 8.45 precise quando il nuovo allenatore del Padova, Pierpaolo Bisoli, varca la soglia della sala stampa dell’Euganeo per l’ultima conferenza stampa prima della partenza della squadra per il ritiro di Masen di Giovo. “La puntualità prima di tutto – sono le sue prime parole, visto che l’appuntamento era proprio per quell’ora – ho notato con piacere che i giocatori sono già qui tutti e sono arrivati in anticipo rispetto all’orario stabilito. La cosa non può che farmi piacere. Nelle prossime due settimane lavoreremo sodo e voglio da tutti fino all’ultima goccia di sudore”.

Be’, direi che come inizio non c’è proprio malaccio. Puntualità, professionalità, possibilità per tutti di dimostrare all’allenatore che potranno far parte del progetto se solo si impegneranno come lui chiede, possibilità per chi proprio non si troverà col suo metodo di lavoro di chiedere di essere ceduto anche subito. L’incipit della nuova avventura biancoscudata, la terza di fila in Lega Pro, lascia ben sperare. Certo manca ancora qualcosa sul mercato ma il direttore generale Giorgio Zamuner ha già garantito gran parte della rosa all’allenatore per farlo lavorare bene fin da subito sul nuovo 4-3-1-2. Modulo che peraltro sarà tutt’altro che unico e immobile. “Ho letto i vostri articoli l’anno scorso e criticavate chi c’era prima di me perché non cambiava mai la disposizione in campo dei giocatori – ha sorriso Bisoli – ecco quest’anno mi criticherete perché cambierò troppo! Ma io esigo mentalità aperta da parte dei miei giocatori e quindi avanti così”.

Silenzio, parla Bisoli. E dopo Bisoli parla il nuovo presidente, Roberto Bonetto. “Difficile parlare di un miglioramento della posizione dell’anno scorso senza dire che puntiamo alla promozione diretta”. Anche in questo caso le dichiarazioni sono dirette. Non ci girano intorno insomma. Gli investimenti sono stati importanti e lo saranno fino al 31 di agosto, data di chiusura del calciomercato. Ovvio che chi quest’estate si è assunto la responsabilità di diventare azionista di maggioranza con il 70 per cento delle quote si aspetti risultati positivi immediati.

Sono queste le prime impressioni ricavate dal giorno della partenza. Impressioni positive. Di una squadra che tutto vuole fuorché fare brutta figura l’anno prossimo. Sotto tutti gli aspetti. Anche quello del modo di porsi alla gente. Perché in realtà c’è ancora una pessima figura da cancellare dalla memoria dei tifosi, ovvero la tremenda eliminazione per mano dell’AlbinoLeffe al primo turno dei playoff lo scorso maggio. In pochi l’hanno digerita e dimenticata. L’unico modo per spianarla dai ricordi è quella di sostituirla con un bellissimo inizio di stagione 2017-2018. Magari già in Coppa Italia il 30 luglio, giusto?

FINALMENTE LA PRIMA PIETRA

Habemus allenatore.

Finalmente l’attesissima prima fondamentale decisione per il campionato 2017-2018 è arrivata. Il prossimo condottiero biancoscudato sarà Pierpaolo Bisoli. Il suo nome è venuto fuori solo nelle ultime ore, dopo che il tifoso si era fatto la bocca buona con Gaetano Auteri e poi si era sbizzarrito a pensare a chi tra Padalino, Toscano e Foscarini poteva esserne il sostituto, una volta che lo “Special One” di Floridia si era fatto convincere a rimanere a Matera dal suo presidente Saverio Columella.

Lo dico francamente: se al posto del tanto decantato Auteri fosse arrivato un tecnico con addosso l’alone della seconda scelta, come fu purtroppo (non per colpa sua) per Oscar Brevi l’anno scorso dopo la lunga rincorsa a Bruno Tedino, avrei ribadito che si sarebbe trattato di un errore imperdonabile da parte della società, soprattutto perché commesso, uguale uguale, per il secondo anno di fila, senza aver imparato la lezione dell’annata precedente.

La scelta di Bisoli ha invece tutto sommato spezzato questo pericoloso legame con l’inizio della scorsa stagione perché si tratta, piaccia o no, di un allenatore di grande personalità ed esperienza (sulla qualità del gioco e sulla corrispondenza di molti elementi della rosa che rimarranno a Padova al suo modo di vedere il calcio mi riservo di esprimermi tra un po’ di tempo, quando vedremo la squadra all’opera nelle prime uscite stagionali). E’ un tecnico che negli ultimi anni ha allenato in B, che ha conquistato tre promozioni, che non si fa problemi a mandarle a dire al suo interlocutore, sia esso un giocatore, un dirigente societario o un giornalista.

Le premesse sono dunque buone, nonostante Bisoli venga da una stagione a dir poco travagliata a Vicenza.

Ha firmato un contratto di due anni. Sintomo che la società crede molto in lui e vuole affidargli un progetto serio e duraturo. Speriamo che inizi bene di modo da essere già a metà dell’opera e che riesca ad instaurare con i tifosi un rapporto diretto e genuino. Elemento che l’anno scorso è sempre mancato e che è fondamentale per ricreare attaccamento alla squadra da parte dei tifosi che si sono allontanati. Senza il ritorno di fiamma del pubblico andremmo incontro ad un’altra annata da dimenticare.

 

30 MAGGIO 2017

La data odierna rimarrà scritta nella storia del nuovo calcio Padova purtroppo non come una ricorrenza felice. Dopo aver contribuito con passione e impegno economico alla rinascita del Biancoscudo nel 2014 infatti Giuseppe Bergamin ha deciso di rassegnare, non senza difficoltà emotive, le dimissioni da presidente della spa biancoscudata. L’ormai ex numero uno rimane socio di minoranza col 20 per cento e la maggioranza ora passa all’attuale amministratore delegato Roberto Bonetto che diventa così titolare del 70 per cento delle quote azionarie.

I motivi di questa scelta? Li ha spiegati lo stesso Bergamin durante una conferenza stampa fiume nella sede della sua azienda, commuovendosi più volte. Sicuramente ci sono alla base ragioni economiche: Bergamin voleva ridimensionare il proprio impegno investendo molto sul settore giovanile, Bonetto invece ha rilanciato con rinnovate ambizioni, promettendo di mettere cifre importanti sulla prima squadra per tentare il salto di categoria con più convinzione. Doveva restarne solo uno al comando a quel punto (e qui entriamo nell’altro ordine di motivi della scelta di Bergamin: l’impossibilità di proseguire d’amore e d’accordo col socio storico) e quell’uno è diventato appunto Roberto Bonetto. Che domattina spiegherà, anche lui in un’apposita conferenza stampa, che progetto ha intenzione di mettere in piedi per il campionato di Lega Pro 2017-2018.

Lo stato d’animo di tutti oggi è provato. Non c’è un tifoso che in questi anni non abbia riconosciuto in “Bepi” il suo vero e autentico punto di riferimento all’interno della società, soprattutto dal punto di vista umano, visto che Bergamin è innanzitutto un vero Tifoso, scritto volutamente con la T maiuscola. Bepi è quello che guardava le partite lontano da tutti, fumando mille sigarette, ma che poi era sempre disponibile a mescolarsi ai sostenitori, per confrontarsi continuamente con loro e per condividere con loro la sua immensa passione per il Biancoscudo. Bepi è quello che veniva ospite in trasmissione da me al lunedì e, mezz’ora o addirittura un’ora dopo la fine della puntata, era ancora giù in parcheggio a dialogare con gli ospiti, a chiedere, a rispondere, a chiacchierare e, perché no, a ridere e scherzare. Bepi però oggi ha detto che con Bonetto non poteva più andare avanti così. Che già l’anno scorso aveva dovuto digerire decisioni non completamente condivise per amore di una convivenza pacifica. C’è di più: la moglie dell’ex presidente, Giovanna, ha sottolineato oggi come l’idillio tra i due soci fondatori del nuovo Padova in realtà sia durato senza incrinature solo fino a gennaio del primo anno, quello della serie D, quello in cui la squadra vinceva praticamente tutte le domeniche. Sei mesi, in pratica, non di più. Davvero pochi.

Siamo dunque arrivati alla frattura e al ridimensionamento “consensuale” di Bergamin per il bene del calcio Padova. Situazione che a me onestamente qualche preoccupazione la fa salire. Per tanti motivi che qui provo ad esemplificare:

1) Bonetto, prendendosi il 70 per cento, dovrà investire molto più di quanto abbia fatto in questi primi 3 anni, quando aveva solo il 30. Bergamin, da gran signore qual è, ha detto che è sicuro della capacità di Bonetto di mantenere fede alla promessa fatta ma ovviamente solo i fatti (e probabilmente l’ingresso di qualche altro nuovo socio) potranno nel tempo garantire al tifoso che sia così.

2) Bonetto è stato insieme a Bergamin l’artefice della rinascita biancoscudata e questo non va dimenticato. Non va però nemmeno nascosto il fatto che, a livello empatico, non è riuscito a instaurare con la piazza e i tifosi lo stesso rapporto diretto dell’ex presidente. C’è poco da fare: Bepi era diretto, “pane e salame”, Bonetto ha altre caratteristiche, per usare un linguaggio strettamente calcistico. Che non è detto che siano meno valide dal punto di vista della gestione di una società di calcio, ma sappiamo a Padova quanto sia importante far sentire il tifoso presente, partecipe ed emotivamente coinvolto nel progetto (già di tifosi questa squadra ne ha persi parecchi per strada, non vorrei che la diaspora continuasse).

3) Nel campionato appena concluso sono stati i Bonetto a prendere praticamente tutte le decisioni a livello tecnico e di scelta degli uomini. Zamuner, che ha scelto Brevi, è stato portato da Edoardo Bonetto e anche lo staff tecnico è stato creato portando a Padova uomini di fiducia dell’amministratore delegato. La squadra ha fatto gran bene per un lungo periodo, cadendo però rovinosamente nell’ultimo chilometro. Dopo la sfida persa a Bolzano contro il Sudtirol (era la penultima giornata di campionato) i Bonetto volevano esonerare Brevi e per la prima e unica volta dall’inizio del campionato è stato Bergamin a opporsi a una decisione che gli sembrava decisamente poco opportuna. Non vorrei mai che, in modo troppo semplicistico, passasse il messaggio che è stata colpa di Bergamin, che si è messo di traverso, se il Padova ha perso così malamente i playoff. Certo questa sua determinazione può aver influito ma ritengo che tutti, Bonetto compresi, debbano farsi un bell’esame di coscienza per capire cosa non ha funzionato da un certo punto in poi. Perché la colpa, se qualcosa è andato storto, è anche loro.

Mi fermo qui perché solo i prossimi mesi sapranno mettere a tacere o alimentare le mie perplessità. Chiudo con un sentito e a mia volta commosso “GRAZIE PRESIDENTE”. Padova non dimenticherà quello che hai fatto.

ANALISI FINALE

Eccomi qua. Ho pensato tanto. Mi sono confrontata altrettanto. Ho ascoltato. Tutti. Dal presidente Giuseppe Bergamin (che si è presentato in sala stampa sorridendo, ma di certo solo per nascondere bene la propria enorme delusione), all’amministratore delegato Roberto Bonetto (che invece si è lasciato andare mostrando occhi lucidi e difficoltà nell’esprimere le proprie sensazioni) al direttore generale Giorgio Zamuner che ieri sera ho avuto in trasmissione a Telenuovo (e lo ringrazio per averci messo la faccia) finendo poi con l’allenatore Oscar Brevi con il suo perentorio “abbiamo adottato in campo un atteggiamento non consono ad un playoff”.

Alla fine, tirando le fila, credo che le responsabilità siano di tutti. Anche nostre. Mie. Al pari dei dirigenti, infatti, non abbiamo capito (o forse non abbiamo voluto capire) che il filotto di sconfitte di aprile non era un semplice momento no. Non era un rilassamento dovuto al fatto che il primo posto era volato via. Non era un tirare i remi in barca inconscio e involontario legato al fatto che i playoff tanto si potevano affrontare anche arrivando terzi, quarti o quinti. La sfida persa indecorosamente contro l’AlbinoLeffe, con annessa uscita di scena dagli spareggi al turno preliminare, ha messo davanti ai tifosi una verità purtroppo molto diversa: il Padova, semplicemente, non ne aveva più. Sia fisicamente (e si è rivelata a questo punto scellerata anche la scelta di giocare alle 14.30, vista la preparazione atletica quantomeno “monca” come ha detto giustamente ieri sera Angelo Montrone) che mentalmente (Zamuner lo ha negato fino alla fine, ma secondo me qualche crepa in spogliatoio si è creata, sia tra giocatori e allenatore sia tra qualche giocatore. Prova ne è la discussione accesa sotto la Fattori tra Bindi e Dettori qualche partita fa… scena che mi è tornata in mente stanotte e che ho rivissuto come un film più e più volte).

Chi ha sbagliato a fare cosa? Anche in questo caso la risposta è tutti. In primis l’allenatore Oscar Brevi, ma non solo lui. Brevi, che va sottolineato più volte da ottobre a marzo ha realizzato il filotto di risultati utili più importante del girone, è entrato in un loop mentale che lo ha portato, nel giro di poche settimane, a sbagliare tutto quello che poteva sbagliare: dall’esclusione di De Risio e Dettori a Salò nella prima della serie di sconfitte di aprile, al rientro affrettato di Neto Pereira, con annessa ricaduta nell’infortunio contro il Parma, passando per la decisione di isolare la squadra dalla città con gli allenamenti a porte chiuse (seguiti da partite in cui in campo ha fatto vedere le stesse cose di quando la squadra si allenava a porte aperte) e per la decisione di far disputare la prima delle partite più importanti alle 14.30, nell’orario più caldo della giornata. Decisione, quest’ultima, che oltre a mettere in difficoltà la squadra (la cui media di età è abbastanza elevata) ha messo i bastoni tra le ruote anche ai tifosi. Non a tutti: lo zoccolo duro dei 3.000 ha risposto presente come sempre, ma magari ad un’ora più tarda questo numero (basso per una partita di playoff siamo d’accordo) poteva diventare un po’ più consistente. Per quanto, purtroppo, va detto anche questo con la massima onestà intellettuale, molto pubblico abbia deciso di fare altro perché ha ritenuto che la partita fosse solo una formalità, prendendola decisamente sottogamba, e che la vittoria fosse assicurata. Era da Lucca in poi che la faccenda playoff, secondo molti, si faceva seria e meritava di essere seguita. E invece, a Lucca, ci andrà l’AlbinoLeffe.

Sarebbe però ingiusto riversare tutta la frustrazione per questa sconfitta inaspettata solo sull’allenatore. Se quest’ultimo ha perso lucidità dopo essere riuscito, ad ottobre, a salvare la panchina in un momento altrettanto difficile, forse andava aiutato di più. Da Zamuner innanzitutto. Che forse non gli è stato abbastanza vicino. Che poteva affiancarlo di più in spogliatoio nel confronto con la squadra. Che poteva permettersi di più di vestire i panni del consigliere, visto anche l’ottimo rapporto personale che esiste tra i due. Anche la società poteva metterci una pezza più solida: è stata due volte sul punto di esonerarlo Brevi. Se due volte ha deciso di salvarlo, doveva proteggerlo di più. O dargli una scrollata più decisa per aiutarlo a uscire dal suo momento no.

Questo è quanto mi sento di dire. Bergamin e Bonetto si trovano ora davanti alle decisioni più difficili. Innanzitutto devono capire come andare avanti insieme poi devono rendersi conto se oltre a quella di Brevi, a fine contratto, dovrà saltare qualche altra testa. In squadra ci sono diversi giocatori che hanno già il contratto per l’anno prossimo e dunque non dovrebbe esserci uno stravolgimento della rosa, come qualcuno teme. Certo bisognerà ripartire tenendo conto innanzitutto di una cosa: che c’è bisogno di ricucire con la tifoseria e la città. C’è bisogno di ricreare entusiasmo. Voglia di andare allo stadio. Desiderio di sentirsi partecipi del progetto. E questo obiettivo si raggiunge solo se si mettono le persone giuste al posto giusto. Sia professionalmente che umanamente. Non vedo altra strada possibile.

ANNUS HORRIBILIS

Poche, pochissime settimane. E un campionato che si preannunciava memorabile in senso positivo, visto il filotto di risultati da ottobre a fine marzo, si è trasformato in un “annus horribilis”, da dimenticare al più presto.

Oggi abbiamo vissuto il finale che mai ci saremmo aspettati. E dal fischio finale della gara che ha meritatamente consegnato all’AlbinoLeffe (ripescato pochi giorni prima dell’inizio della stagione e arrivato nono) il passaggio del turno, il dubbio ci tormenta: qual è il vero Padova? Quello che ha battuto il Venezia e il Parma all’andata, che ha portato a casa un sacco di partite soffrendo fino a oltre il 90esimo, che ha lottato unito e compatto oppure quello sbandato, senza idee e alla frutta visto oggi?

Credo che, come spesso accade, la verità stia nel mezzo. Ma mi prendo qualche ora di tempo per analizzare a fondo tutti gli aspetti della vicenda. Ora come ora sono troppo amareggiata per trovare le parole con l’equilibrio che la professione mi impone.

Domani sera a “Biancoscudati channel”, dalle 21 su Telenuovo, cercheremo di capire cosa è successo. E cosa soprattutto non è successo. Mi spiace perché la sensazione prevalente è che alla fine si salverà ben poco di un anno che pareva fino ad un certo punto stesse portando alla costruzione di qualcosa di duraturo. E si ripartirà con una sorta di rifondazione, anche se parecchi giocatori hanno contratti pluriennali.

A domani sera intanto. Da martedì mattina cercherò poi di essere più lucida anche nell’analisi finale che ora proprio non riesco a mettere insieme come dovrei.

UN PO’ DI LUCE E DI NOVITA’

Il Padova torna a vincere e già questa è la prima buona notizia della giornata. Anche il modo in cui i biancoscudati si sono imposti ha lasciato intravedere qualcosa di buono dopo tante settimane buie (e le cinque sconfitte delle ultime 6 giornate).

Mi è piaciuto il 4-4-2 adottato da Brevi per cercare di rendere la squadra meno prevedibile (e per poter tenere in panchina i diffidati). Cappelletti a destra, ruolo in cui lo avevamo conosciuto nella sua prima e non fortunata esperienza biancoscudata, mi ha impressionato (se è partito in carriera come trequartista a Cantù forse alcune doti offensive le possiede…), Altinier ha dimostrato ancora una volta che se i palloni gli arrivano nell’area piccola e non deve andarseli a prendere a centrocampo lui i gol li fa (14 reti senza avere all’attivo nemmeno un calcio di rigore rappresentano un ottimo bottino), Berardocco si è dimostrato a suo agio, Bobb anche, il baby Cisco può davvero rivelarsi l’arma in più da qui in avanti alla luce dell’infortunio di De Cenco. Aver visto in campo un’alternativa efficace al consueto 3-5-2 mi ha regalato un pizzico di ottimismo in più per il mini campionato che si affronterà da qui in poi.

Iniziano i playoff. Domenica prossima all’Euganeo in gara secca (probabilmente in orario serale) toccherà all’AlbinoLeffe. Poi, se tutto andrà bene, arriverà il doppio scontro con la vincente tra Arezzo e Lucchese nel girone A. Doppia sfida in cui Emerson e compagni (sempre se tutto va bene e si passa il primo turno) avranno il privilegio di giocare il ritorno in casa visto che hanno incamerato più punti dell’Arezzo al termine della stagione regolare (66 contro 65: ecco perché oggi aveva tanto valore la vittoria contro il Lumezzane, anche se non schiodava il Padova dal quarto posto finale).

Che dire. In bocca al lupo ai ragazzi. Chiudo con una considerazione sui fischi ad Alfageme. Teniamo critiche, fischi, improperi e considerazioni varie ed eventuali per la fine della corsa. Ora che il gruppo si è almeno in parte ritrovato i fischi non fanno bene. Certo “Alfa” deve cercare di scrollarsi di dosso questo momento un po’ così e magari tornare a segnare, ma i tifosi, quelli veri, sono chiamati ora a supportarlo non a demolirlo al primo fuorigioco o alla seconda conclusione sbagliata in porta.

PLAYOFF

Playoff. Una parola. L’obiettivo che il Padova ha raggiunto, migliorando di una posizione il proprio piazzamento al termine della stagione regolare rispetto al campionato scorso, e che affronterà da quarta in classifica (battendosi al primo turno contro la nona).

Ora come ora è ai playoff che la squadra e il suo allenatore devono proiettarsi con anima, gambe, testa e cuore. Tutti dobbiamo guardare solo ed esclusivamente avanti e non soffermarci sull’ultimo mese e mezzo, sulle cinque sconfitte e sul pareggio contro l’ultima in classifica. Perché? Perché questa, oggi, 3o aprile 2017, è l’unica scelta sensata.

Le prestazioni non convincono, la squadra è mentalmente stanca e appannata, l’allenatore continua a schierare più o meno gli stessi 13-14 uomini, gli episodi, che una volta ti facevano vincere le partite, ora remano contro (vedi il rigore dato contro il Padova oggi e quello non dato a favore, trasformato erroneamente in punizione dal limite). Su tutte queste argomentazioni, valide, si potrebbe scrivere un trattato di calcio. Ma non è questo il momento.

Adesso bisogna solo sperare che dal 14 maggio cominci un nuovo capitolo della storia biancoscudata. Che quello visto nelle ultime settimane sia solo un Padova che ha inconsciamente tirato i remi in barca e preso fiato una volta che ha capito che il primo posto non era più raggiungibile e allora cambiava poco o niente arrivare terzi, quarti o quinti. Che il rientro di Neto Pereira possa restituire al gruppo un grandissimo punto di riferimento. Che la fortuna (sì anche quella!) ricominci a girarsi da questa parte.

Bisogna anche avere la forza di guardarsi attorno e constatare che il periodo che stanno passando Altinier e compagni è molto simile a quello della corazzata Parma, per esempio, che si è infilato in un tunnel parallelo a quello padovano, maturando 3 sconfitte e un pareggio nelle ultime quattro uscite. Motivo in più per affrontare a sguardo dritto lo specchio e dire: non siamo certo quelli di adesso e possiamo tornare ad essere quelli che un mese e mezzo fa sono arrivati ad essere secondi a -6 dall’invincibile armata lagunare.

Non conosco altre strade per andare a dormire stasera senza rigirarmi tutta la notte. Che playoff siano allora!

CONFUSO E (NON CERTO) FELICE

E’ pazzesco come in due settimane possano cambiare così i destini di una squadra che sembrava viaggiare tranquilla verso i playoff. E’ pazzesco come si possa passare, ripeto in due sole settimane, dalla lotta per un possibile, seppure difficile, primo posto ad una quarta posizione che, a due giornate dalla fine della stagione regolare, non è nemmeno sicura al cento per cento.

E’ il bello, anzi in questo caso il brutto, del calcio. Che vede il Padova in caduta libera sul più bello che si pensava stesse spiccando il volo e altre squadre, tipo Parma e Reggiana, non riuscire nemmeno ad approfittarne fino in fondo.

E’ davvero molto preoccupante la situazione. L’allenatore (che stasera, a precisa domanda: “Salva qualcosa del suo Padova contro l’Ancona?” ha risposto “No niente”) ha senz’altro le sue responsabilità. E’ evidente che lui per primo non è lucido come dovrebbe, ma a me, oltre a quello che (non) ho visto in campo durante la partita, ha fatto star molto male quello che invece ho visto benissimo a fine partita, ovvero Bindi e Dettori che se le dicevano di santa ragione sotto la Tribuna Fattori. Ci può stare un litigio, una discussione, specie quando il nervosismo è a mille perché non riesci a fare quello che vorresti e ti ritrovi davanti un pubblico legittimamente deluso, ma per la prima volta stasera ho avuto la netta sensazione che si sia rotto qualcosa di importante negli equilibri e nei rapporti di questa squadra.

A poche settimane dall’inizio dei playoff che tutti noi vedevamo come una strada assolutamente percorribile fino in fondo, soprattutto grazie alle doti mentali e alla forza di questo gruppo, è un segnale disgregante bruttissimo. “Brevi è parte integrante di questo gruppo. Sta a lui trovare la strada per portarci fuori da questa difficoltà”, le parole usate dal presidente Giuseppe Bergamin con una calma apparente fin troppo perfetta per essere vera.

All’allenatore dunque le redini di questo cavallo smarrito e, a tratti, imbizzarrito. Di questo Padova confuso e non certo felice. Urge un cambio di rotta immediato e deciso. Altrimenti i playoff inizieranno nel primo pomeriggio di domenica 14 maggio e termineranno nelle prime ore della sera dello stesso giorno. Purtroppo.

 

NON E’ PASQUA DI RESURREZIONE…

Non sono di molte parole questa sera. Fatico a trovarle. E soprattutto non vedo la luce in fondo a questo tunnel.

Il motivo del mio (nostro) totale pessimismo è molto semplice e l’ho già scritto nel precedente post, dopo che le sconfitte consecutive erano state tre. Stasera, che sono quattro, ribadisco: sono preoccupata perché vedo il Padova dare tutto quello che può e che riesce, vedo i giocatori spremersi fino all’ultima goccia e proiettarsi in attacco con la generosità che sempre li ha accompagnati in questo campionato ma mi accorgo sempre di più che tutto questo NON BASTA PIU’. Vedessi qualcuno che tira indietro la gamba o che ha un atteggiamento leggero sarei più tranquilla perché potrei criticarlo e scrivere che può e deve dare di più. Invece no. Ho l’impressione che un “di più” non ci sia adesso.

Che fare? In due settimane appena al Padova sono scivolati dalle mani la speranza di arrivare primo, il consolidamento del secondo posto che pareva più che alla portata e pure la terza posizione. Forse per scacciare le nubi che si sono addensate nel cielo biancoscudato è meglio tirare un po’ il freno. Almeno emotivamente. I playoff ormai sono conquistati e a questo punto conta poco prendervi parte da terzi, da quarti o da quinti. Davvero. Meglio pensare a recuperare chi in questo momento è fuori, chi in questo momento è giù fisicamente e chi in questo momento mentalmente non è sereno al cento per cento. Sono in troppi, per un motivo o per un altro, a non essere sul pezzo, mister Brevi compreso. Meglio tornare ad esserlo quando le partite saranno decisive per la corsa alla serie B. Tutti insieme. Riprendere un certo tipo di cammino si può, anche alla luce del fatto che stasera il pareggio si meritava contro una delle formazioni più temibili del girone, che nulla più ha fatto che un tiro in porta su un rigore contestatissimo (che forse nemmeno c’era).

Buona Pasqua a tutti, intanto, anche se purtroppo, per il Padova, sarà tutt’altro che di resurrezione.

RICONQUISTARE COMPATTEZZA E CONSAPEVOLEZZA

Il Padova si è perso. Si è infilato in un tunnel di 3 sconfitte consecutive e la luce all’orizzonte è, al momento, molto fioca.

Sinceramente ho visto i giocatori dare il massimo dal primo all’ultimo, ognuno coi suoi limiti e la condizione del momento che non è per tutti ottimale, e proprio per questo sono preoccupata. Avessi margini per criticare l’atteggiamento sufficiente di qualcuno piuttosto che la giornata storta di qualcun altro sarei più serena perché in cuor mio saprei che sabato a Pordenone potrei vedere in campo qualcosa in più, qualcosa di diverso. E invece no: l’impressione è che le defezioni, su tutte quella di Neto Pereira (e la prossima mancherà anche Dettori squalificato), siano fondamentali in questo momento e che alcuni giocatori, che fin qui hanno tirato come pazzi in questa bellissima rincorsa del girone di ritorno, siano ora a corto di energie fisiche e appannati mentalmente (penso a Emerson che ha accusato un calo importante nelle ultime sfide). La combinazione di questi elementi, unita al fatto che per caratteristiche chi è stato chiamato a subentrare non sempre è riuscito a inserirsi nel contesto tattico della squadra, ha portato, in pochissimi giorni, il Padova dalla speranza di poter in corsa agguantare il primo posto e la promozione diretta in B ad un terzo posto da condividere ora col Pordenone (passando per un secondo posto che ad un certo punto pareva consolidato e invece andrà con ogni probabilità al Parma).

Mancando solo quattro giornate alla fine della stagione regolare non c’è altra strada che quella del lavoro sul campo di allenamento, ripartendo da pochi semplici concetti e da una compattezza di squadra che le sconfitte stanno a poco a poco minando. Se fino a una settimana fa si poteva sperare di tentare il colpo gobbo al Venezia vuol dire che le qualità ci sono. Basta tornare ad essere consapevoli di averle.

E’ dura. Lo ha detto chiaro e tondo Altinier in intervista stasera. Ma i playoff questa squadra li farà e tanto vale allora scrollarsi di dosso un po’ di negatività e tornare a credere che un traguardo importante, nonostante tutto il nero che si può vedere adesso, sia raggiungibile. Lasciamo perdere l’obiettivo a breve termine ovvero la posizione in classifica da cui si partirà. Non facciamocene un assillo. Ora come ora ha senso solo tornare ad avere fiducia in sè stessi. L’unico viatico per ritrovare la vittoria.