Diario di quello che doveva essere un semplice viaggio .
Esclusi i paesi oltre oceano, i rimanenti li ho visitati con estrema curiosità quasi tutti, esclusi la Polonia, l’Ungheria, i paesi che si affacciano sul Mar Baltico, la Bulgaria e la Russia.
Ho sempre preparato con cura le valige, specie da quando sono un “single”.
In quet’ultimo viaggio qualcosa non è andata per il verso giusto.
Di norma preparo tutto con un senso “logico”, a partire dall’abbigliamento di viaggio in camera da letto, alle scarpe sula porta da scegliere all’ultimo istante,
Partire in pieno inverno per andare in un paese caldo non è così semplice, tenuto conto della limitazione del peso dei bagagli dove UNO è destinato solo al cibo.
Per la prima vota è accaduta una grave dimenticanza: da due anni sono obbligato ad avere al seguito i QUATTRO farmaci “salva vita”… più uno fondamentale perchè mi recavo dove esisteva una situazione “epidemica” di malaria, inusuale per la stagione in corso: il costoso MALARONE, unico scudo assoluto di protezione per i vari tipi di Plasmodium (sono 4 ed uno solo “mortale” se non curato con tempestività, il Falciparum, che in realtà non uccide ma rende il cervello praticamente distrutto).
L’avevo acquistato il giorno prima, ed invece di porlo in una delle tasche dei miei due giubbini (totale 20 tasche) l’ho messo nel piumino che avrebbe dovuto proteggermi dal freddo pungente durante il trasporto a Venezia e per il ritorno.
Durante il trasporto faccio ripetutamente la conta delle cose che ho al seguito, come si faceva con le figurine: ghe l’ò, ghe l’ò, manca ma per scelta, ghe l’ò, MANCA! ed è il Malarone.
Sono su un pulmino con altri viaggiatori, all’altezza di Mestre, impossibile chiedere di ritornare a casa, non c’è tempo.
Un eterno minuto di panico e la quasi certezza che senza il Malarone mi sarei cuccato la malaria perchè mia moglie l’aveva appena passata, ma il Plasmodium resta nel sangue per 2/3 mesi, quindi se un’Anophele punge lei e dopo punge me, la cucco.
Idea della disperazione: a Mestre ci saranno farmacie di turno!
Con lo smart phone le cerco, sono due.
La prima mi risponde infastidita, il secondo mi fa sapere gentilmente che è un prodotto mai da loro detenuto, ma mi da un’idea, mi informa che allo scalo di Roma ci sono due farmacie: al terminal 1 e al 3 (molto lontano da dove devo fare il check in.
Individuo i numeri ma non risponde nessuno sebbene siano di turno: mi costa dirlo ma E’ ROMA…
Arrivati all’aereoposto di Venezia, ricevo gli educati auguri dei compagni di viaggio, ma io sono nel caccao.
Manca poco all “on boarding” ma mi viene un idea disperata: vado dalla Polizia, racconto tutto, e dopo 15 minuti di verifiche su di me, compreso il mio Blog su Telenuovo!!, dpo altri “eterni” dieci minuti, un cortesissimo giovane poliziotto mi dice: alla farmacia del Terminal 1 di Roma ci sono due scatole di Malarone vendibili solo a lei…
Tutto a posto?
No, quasi mai negli aereoporti italiani!
Corro a controllare il Gate per il mio “on boarding” con la Kenyan Airways e… il volo è CANCELLED! senza altre indicazioni.
Lì sono andato letteralmente fuori di cabeza come non mai in vita mia, urlando improperi ai quattro punti cardinali, più un quinto, verso l’alto, di cui mi vergogno.
Finchè non si avvicina un cortesissimo impiegato di Alitalia che mi chiede: “come posso aiutarla”.
E lì, dopo ricerche sul computer mi dice che il mio volo è stato ceduto alla Qatar Airlines e che a venezia avrebbero dovuto informarmi, visto anche che le mie due valige sono già a bordo del vettore della Qatar, invitandomi a fare in fretta ad andare dalla compagnia qatariota perchè sono come gli “svizzeri”: cominciato l’on boarding chiudono il “check in” (un’ora prima!).
Io noto che sono già in ritardo ma corro là lo stesso.
Arrivato vedo solo una desolata e lunga fila di postazioni chiuse e un impiegato che sta mettendo a posto delle carte e… FORTUNATAMENTE, ormai esausto, cado nelle sue vicinanze.
Mi si avvicina per aiutarmi e io, dopo ringraziamenti di prammatica, con un filo di voce, gli dico che deve farmi il “check in”, ma la sua risposta è “IMPOSSIBLE”…
A quel punto il mio cervello è implementato oltre il normale e gli rispondo, in Inglese, esatta mente così: “… Sir, impossible un cazzo, all my luggages are inside the airplane and I am sick (ammalato) and this is my medical certificate… e come sovrappiù gli faccio vedere la mia mitica gamba destra nera per tutte le “vene” colassate (sempre a rischio embolico).
Bon, questi non solo blocca l’on boarding ma chiama immediatamente l’auto elettrica per il mio trasporto all’aereomobile.
Salgo a bordo e vengo circondato da 5hostess5 che mi trattano come fossi stato Brad Pitt (e per la cronaca non credo di esserlo).
Mi hanno preso il bagaglio a mano, pesantino, ed hanno voluto sistemarlo loro.
Non ho neanche fatto in tempo a prendere posto che vengo invitato ad un tavolo (l’arredamento interno del Boeing è riprogettato su loro indicazione) dove mi chiedono cosa e come voglio fare colazione o un brunch.
“Ho fiducia in voi è stata la mia stupida risposta da rilassamento”.
Ben mi sta, così per educazione ho mangiato anche cose che non mi piacevano.
Tuttavia, con il mio discutibilissimo modo di fare, comincio a solidarizzare con le hostess, in particolare con la responsabile che si dimostra molto disponibile alla conversazione che avviene nell’area, incredibilmente spaziosa, a loro dedicata.
Comincio con una domanda (ah la discutibile Fisiognomica!): le faccio osservare che nessuna di loro mi sembra avere i tratti del viso “arabeggianti” e lei mi risponde che nessuna di loro è araba, le donne arabe sono utilizzate nel lavoro impiegatizio a terra, ma nessuna può essere impiegata in volo “perchè credo che un viaggiatore come lei immagino capisca…”.
Francamente intuisco, ma non capisco, ed azzardo un “…per questioni legate alla religione mussulmana e il mondo femminile…” (tralasciando fortunatamente il “Fear to Flying” di Erica Jong, romanzo psico-erotico che fece scalpore negli anni ’70).
Ricevuto un timido cenno d’assenso, chiudo l’argomento.
Lei è rumena, poi ci sono brasiliane, finlandesi, spagnole, ghanesi…
Parliamo un po’ di tutto ed a un certo punto lei mi chiede se avessi gradito un caffè.
Con un sorriso le rispondo che chiamare “caffè” la cosa che viene servita occorre un’immaginazione che non ho, al che lei mi sussurra “… e se fosse un “lavaRRa?”.
Rifletto stupito qualche secondo e le dico “Lavazza!?!”.
Sì era un Lavazza liofilizzato ma squisito, di norma riservato ai paseggeri di Business Class, vedendo le occhiate “sghembe” delle altre hostess, le zittisce con un’espressione che non ho capito.
Arrivati a Doha, c’è ovviamente la sedia a rotelle per il trasporto al mio nuovo Gate che lei ha prontamente indicato che era riservata a me informandomi che il Gate di transito era abbastanza lontano.
Al che le ho risposto con una “Gazzata” – che talora mi riesce anche bene (se non esagero) – “…dopo un viaggio ottimo come questo e la graditissima conversazione avuta con lei, posso anche andare a piedi e la sedia era disponibile per chi, tra i viaggiatori, l’avesse gradita.
Doha, una “folle” città vista dall’alto: un lenzuolo di terra con decine di incredibili grattaceli, con alle spalle un deserto di sabbia a perdita d’occhio.
Gazza, scusa, e il rientro?
Prossimo Topic, perchè lì entra prepotentemente “in gioco” il THE CROWN VIRUS…!