Se ho scritto “di là” sarà di là…
🙂
il blog di Nino Gazzini
Se ho scritto “di là” sarà di là…
🙂
Ho appena letto un articolo di giornale su quel ragazzo milanese morto durante un video “gioco” (?!?) che – pare – si chiami “Pass Out Challenge” o “Choking Game”.
Un “gioco” (?!?) che sfida le capacità di andare in “ipossia cerebrale” (riduzione dell’ossigeno nel cervello) per un tot di tempo e poi “rinascere”.
Mi occorre un po’ di tempo per riflettere, ma non so se arriverò ad una qualche conclusione, se mai esiste una “conclusione” a questo tipo di eventi, che sembrano confermare sempre più la difficoltà, specie nei giovani, a sostenere un’esistenza normale, complessa e difficile, ma normale.
Igor Maj aveva 14 anni.
Sto tentando, con immensa fatica, di ricordarmi cosa pensavo a quell’età.
Ricordo tuttavia che negli anno ’70 o ’80 esisteva, anche senza il “dark web”, un gioco (??) che consisteva nel mettersi un sacchetto di plastica attorno alla testa e consumare l’ossigeno fino a quando “l’ipossia” arrivava a stordirti.
Qualcuno morì anche allora, ma la “cosa”, una riflessione, almeno una, non entrò nelle nostre “amene menate” di quei tempi.
Non credo si possa continuare come allora.
Per ora posso solo dichiarare il mio sgomento e la mia impotenza.
Non ci sono alternative, le prime furono pre-impostate per tutti.
Era il tempo della pappa e le premurose madri non saltavano un turno, e se erano un po’ in ritardo (solo teorico) cominciavi a rompere i cowlions.
Poi c’erano quelli che le balle le rompevano lo stesso anche se non avevano la bua (dialettale, sta per fastidi di vario genere).
Poi c’era mio fratello che tra i sei e nove mesi, per NOVANTA giorni, si svegliava urlando come un ossesso tra le una e le una e mezza.
E mia madre, tenerissima e superstiziosa, si rivolgeva a me e mio padre con l’inquietante domanda: “Maria Vergine no ‘l g’avarà mia el LUPUS (?!?)…”.
Temeva che fosse nato con la “cattiva luna” e seguisse mentalmente l’ululato notturno dei lupi, che lei bambina udiva al suo paese del Meridione.
Poi i risvegli furono regolati dalla voce suadente della mamma o della nonna.
Sebbene non conoscessero cosa fosse il “ciclo circadiano”, sapevano che ad una certa età bisognava abituare i bambini all’importante ciclo “veglia-sonno”.
Poi, cominciato il tempo scolastico, almeno per me, fu il suono “irresistibile” dell’unica sveglia di casa: un cipollone enorme che perforava i muri maestri di tre stanze, la ricordo ancora come un incubo.
Da bimbo, nei mesi estivi a Rivoli Veronese, feci in tempo ad incontrare un altro tipo di sveglia insopportabile, oggi poi a livelli estremi: Il canto del gallo!
Se qualcuno di voi, nato e cresciuto in città, mi dice che lo trova “uno dei tanti suoni gradevoli della natura”, lo banno.
Inoltre voi “citoyens” non conoscete il vizietto dei galli, no dai, non la copula continua con le petulanti “chickens” pennute da cortile, pensate seri, no, i galli giocano a rimbalzello col loro strozzato urlo con tutti i galli della zona.
E tu, ad un certo punto, cominci a seguirli aspettando involontariamente la loro tempistica,calcolando mentalmente la distanza l’uno dagli altri.
Ho anche una feroce e recente esperienza di ciò.
Passato il tempo, ci fu una sveglia per mio padre ed una per la mia stanza.
La mia aveva un suono così lieve che, metà delle volte era la voce di mia madre con il suo “dai, movete, che te fè tardi a scola e el cafelate l’è sa in taola” a far da supplente.
Il tempo scorse e venne il tempo dell’arredo della prima casa matrimoniale.
Mia moglie di allora, femmina di gran gusto, anche se i soldi erano pochi, decise che nella nostra sobria, ma elegante, camera da letto ci stava benissimo un nuovo tipo di sveglia, la “famigerata (copyright P. Villaggio) sveglia A CARTELLINO…”, dello stesso colore della nostra piccola ed elegante TV della Brionvega (per palati fini).
Ebbe vita breve perchè ricominciò l’effetto “gallo”.
Nessuno di noi si accorse, nell’elegante e vociante negozio di Via Roma, che si sentiva il cartellino dei minuti quando ruotava, ma nella silenziosissima camera da letto sì.
E dopo qualche mese tribolato fu regalata, ma cademmo dalla pentola alle braci: comprammo una Radiosveglia e non potevi mai esere certo di aver scelto il programma giusto per il risveglio, e non era certo gradevole farlo con le notizie di un Giornale Radio, così di primo mattino.
Se non ricordo male decidemmo di comprare una delle prime (costose) sveglie digitali.
Un salto nel tempo e siamo al 2018, da anni l’era dei “telefonini” (smartphones).
Con quelli odierni la scelta del tipo di sveglia telefonica è numericamente e qualitativamente variegata.
Ne ho provate molte, ma da un anno ho scelto una strofa musicale di una canzone che amo e di una band di sicuro “culto” che posterò (perchè su questo testo non è possibile).
Non posso negare che sono curioso di sapere se ne avete scelta una anche voi e quale.
Ma è soprattutto è il vostro rapporto col TEMPO che mi interessa, se mai ne avete uno.
P.S.
Conosco solo uno che qui scrive che non possiede un cellulare.
No, non è uno di quelli della “decrescita tecnologica INFELICE”, infatti ha la sua bella segreteria telefonica che ti accoglie con un assolo del grande John Coltrane.
P.P.S.S.
Molti dormimmo (e dormiamo) a stento, scusa Faber… , abbiate un po’ di pietas anche per noi, non ci divertiamo e non consideriamo il sonno “tempo di vita sprecato”.
Obbligato per prescrizione medica di muovermi poco da casa, ho cominciato a guardare vecchi film, italiani e non.
Sulla visione di due di loro, forse, e dico forse, con una punta di blasfemia, ho ritenuto, e questo è il “pensierino”, che due grandi film sulla Prima Guerra Mondiale potessero essere “au pair”.
Uno è “Orizzonti di Gloria” (1957) di S. Kubrick e l’altro “La Grande Guerra” (1959) di M. Monicelli.
Ovviamente NON E’ un Topic di Cinema, ma di “pensierini” estivi, futili, se non fosse che ormai le disgrazie (fatti, personaggi, propositi) grandi e piccole sono diventate un fiume senza sorgente e senza sbocco.
E’ un Topic senza un filo conduttore, chi vuole si cimenti.
Caldi saluti.
C’era il “Lisander” che, da modesto commesso di merceria, diventò responsabile del Nord Italia di una nota azienda alimentare.
C’era il “Pibel” che, da ragioniere e dopo una laurea tosta, divento Titolare di Cattedra in Matematica in una delle più famose Università del Veneto e d’Italia.
C’era il “Gioba” che, dopo il diploma al Liceo Artistico, per amore di una figlia di un severo e noto padre, si laureò e adesso è un noto progettista di “archi per tetti”.
E poi c’ero io che sono diventato quello che sono, sia per coloro a cui “piaccio” sia per quelli che non mi filano per niente.
I Tre Moschettieri più D’Artagnan, che divenni io, ma si capirà più avanti il perchè.
Quattro discreti “fighetti” di 18 anni, vestiti da urlo, ma senza una lira o quelle poche che rimasero dopo aver pagato SUBITO la Pensione “Da Marisa” a Miramare di Rimini (fuori Rimini si pagava meno-n.d.g.).
Il guardaroba “da urlo” è presto svelato:
1) un sarto di Via Stella informa il Lisander, suo fornitore, che gli è rimasta una pazza di gabardine nero e che se la compriamo tutta e ci facciamo i vestiti dalui ci avrebbe fatto un buon prezzo.
detto e fatto: chi un due bottoni (io) chi un tre bottoni e chi (Lisander) esagerò con un QUATTRO bottoni “alla Beatles”;
2) dai 4/5 completi di pantaloncini da bagno(corti) e camice “button down” uguali ai pantaloncini (una assoluta novità per i tempi);
3) altra “novità”, copiata dagli americans, tre paia di bermuda a testa dopo aver tagliato all’altezza del ginocchio dei vecchi jeans rigorosamente sdruciti (almeno uno doveva essere bianco o crema).
Non avendo io il jeans bianco SACRIFICAI un paio di jeans Lee, originali americani, allora introvabili.
4) per le scarpe, rigoroso mocassino nero (suola e tacco rinforzati “all’inglese”) nonostante fosse estate.
Un numero imprecisato di ciabatte ed “espadrillas” (che se vai a Madrid, come feci io l’anno prima,, e chiedevi “…senor tiene espadrillas…?”, il commesso ti guardava con gli occhi sbarrati finchè ti proponeva “le zapatillas” che per l’appunto erano le espadrillas per noi. Rigorosamente proibite le scarpe ginniche (anche se io avevo in valigia le mie splendide “Converse” con cui giocavo a Basket).
Dopo due o tre giorni di “caccia” sulla spiaggia, poca “roba” nella rete e le preoccupazioni aumentavano.
Per la verità avvevamo attirato l’attenzione di qualche bella milanesina & amiche, stavano tutto il pomeriggio con noi (invereconde collette dentro una cabina per raccogliere i soldi delle consumazioni), ma… ma… ti davano appuntamento alla sera dentro le migliori “dance hall” e lì cascavano i fighetti somari senza schei.
Solo il Pibel riusciva a sgattaiolare dentro perchè aveva, già allora, un’aria autorevole, per scappare ri-go-ro-sa-men-te una ventina di minuti prima dell’arrivo del conto.
E qui comincia la storia…
Alcune cose sono già state scritte in questi anni di vita del Blog, porterete pazienza.
La mia “iniziazione sessuale” comincia prestissimo: a quattro anni vengo “iniziato” in una soffitta di Vicolo Storto (San Nazaro) da una bambina di dieci anni che avrebbe dovuta essere la mia babysitter.
Purtroppo mia madre ci scovò “sul più bello” (?!?). Io ricordo tutto perfettamente (tipico degli anziani avere memoria del passato e meno del recente), e devo dire che da quel momento non ho mai smesso.
Ci fu la classica cuginetta coetanea dai sette ai dieci anni, giochi “innocenti” ma formativi, sissignori, poi cominciò la “vita dei toccamenti”, prima nel quartiere e poi anche fuori.
Diciamo che fino ai 18 anni avevo già provato tutto del sesso, anche con donne molto più anziane di me (donne non ragazze) tranne l’amplesso, le spiegazioni ci sono, ma si farebbe ancora più lunga di quanto già non lo sia sto Topic.
Diciamo che ero un “cacciatore solitario” e nessuno sapeva nulla delle mie storie, alcune si definirebbero “scabrosette”, ma tant’è.
Sta di fatto che un po’ stufo delle spiaggiate a vuoto, un pomeriggio restai alla Pensione Marisa da solo.
Avevo notato che dal primo pomeriggio ad ora di cena, l’Amilcare, marito della Marisa, giocava per ore a ramino con una splendida femmina, non donna, ma femmina e il senso c’è.
Stetti in piedi oltre quattro ore a guardare dando, con fastidio dell’Amilcare, alcuni suggerimenti alla “signora” che scoprii non essere italiana ma danese.
Verso le 18 l’Amilcare rientra per preparare i tavoli per la cena e io rimango da solo con Lei che mi chiede “vuoi giocare?” e io di rimando “perchè non andiamo in riva al mare, a quest’ora rientrano tutti e…”.
Capii che temeva d’essere vista in spiaggia dai clienti della pensione e non era MAI andata in spiaggia. La sua carnagione bianca e liscia lo testimoniava.
Ma io non mollai e le proposi di andate 5/6 bagni più in là (chi conosce la spiaggia adriatica capirà) il ché voleva dire quasi cinquecento metri.
Lei in un completo nero fasciante, con turbante elegantissimo, io in costume da bagno, polo e ciabatte. Non le permisi di andare nel suo villino, separato 50 metri dalla pensione, perchè temevo una sua riflessione e un ripensamento.
Seduti su un moscone sotto gli sguardi dei bagnati attratti dall’abito, dal corpo, dal fascino di quella femmina che si era ovviamente tolta le scarpe coi tacchi per camminare sulla sabbia, con un gesto della stessa eleganza di Anita Ekberg che si toglie le scarpe prima di fare il bagno nella Fontana di Trevi (La Dolce Vita, 1960).
E stiamo lì sul moscone fino al calare della sera, chissenefregava che alle 19,30 la pensione portava la cena.
Lei, si chiamava Benny N., diceva di avere 36 anni, ma era una MILF sui 40/41, era arrivata fin lì ed anche se non ne ero sicuro dissi a me stesso “non mi scappi più”.
Ma il difficile era trovare una scusa per entrare nella sua villetta, ma una scusa che andasse bene anche a lei che aveva già mangiato foglia e ramo.
Mi inventai un “torcicollo” per la brezza serale e “fatalità” lei aveva la crema idonea. Nel villino.
Se non ricordo male non fece nemmeno in tempo a svitare il tappo della crema.
Diedi il meglio di me su un terreno, QUELLO, che non avevo mai praticato.
Prima di andarmene Le dissi “è stata una (una…?) cosa bellissima”, e lei di rimando “Vuoi venire a stare con me finchè non torni a casa?”
E in quel momento solo una “vita filibusta” ti da la risposta calma e pacata “…vengo molto volentieri, ma non per farti compagnia o comperarti le sigarette…” (che tra l’altro erano le rare Exellence).
Un sorriso fu la sua risposta.
Io mi incamminai verso la Pensione “come il Cristo che cammina sulle acque” (mi sia perdonato il blasfemo paragone) ed era il 2 Agosto 1965.
Ad attendermi c’erano i Tre Moschettieri preoccupatissimi ed incazzati.
Si calmarono subito quando dissi loro “salgo in camera a fare la valigia…”, “ah sì e dove cacchio vai?”, ” mi trasferisco dalla Benny così nessuno dovrà più fare il turno sul materassino”.
La mia affermazione fu accolta con una sguiata risata e cominciarono a seguirmi convinti che fosse una mia smargiassata.
Salirono in camera, comincirono a dirmi “dai dai Gazzolo l’hai messa giù bene ma la sceneggiata è finita…”, scesero le scale con me e mi seguirono fino al villino della Benny.
Io li sentivo parlare, quattro passi dietro di me “…adesso arriva fino al villino si ferma e ci prende per il chiulo per avergli creduto…”.
Ma, ma, sulla porta del villino c’era la Benny che venne addirittura a prendere la mia valigia.
Io mi girai verso i Moschettieri e dissi loro ” butèi dai che se vedemo da qualche parte, rimini no l’è mia Milan”.
Quell’esperienza che segnerà il mio futuro sul terreno delle relazioni femminili, non fu nè la quantità e la qualità degli amplessi, fu stare per quasi quindici giorni in fianco ad una donna navigatissima, che mi raccontava delle bugie ben sapendo che io capivo che lo erano, fu anche un grande gioco di eqivoci.
Ma, avviandomi alla conclusione, DUE furono i fatti, per così dire topici, che mi fecero “capire”, ben oltre l’esperienza sessuale.
PRIMO
Avevo visto su un manifesto pubblicitario che in un grande nigh all’aperto di Rimini ci sarebbe stato un concerto di Gino Paoli.
Per caso ne parlai a Benny che fece un salto sul letto: “GINO, c’è GINOOO qui a Rimini, quando? dai che andiamo!”.
“No scusa andiamo dove, i biglietti, i soldi…”
“Macchè biglietti e soldi andiamo A (disse così A) BASTA! e invita anche i tuoi amici e le loro donne” (sì perchè i Moschettieri salvarono la vacanza dopo l’incontro con tre “mantovane”, loro vicine di stanza, prima snobbate poi “piuttosto di niente”, anche se in realtà erano carine).
Con una certa titubanza, la sera del concerto, ci avviciniamo all’ingresso e lì… “Ciao Beennyy!”, era il manager di Paoli che abbracciandola le chiese “quanti siete, otto?”, da un ordine sbrigativo ad uno del night e ci fa accomodare vicino al palco, e giù abbracci alla Benny…
Al primo intervallo Paoli scende dal palco e si avvia al nostro tavolo, Benny gli corre incontro con un “Giino ammorre mio…”.
Paoli si siede al nostro tavolo una decina di minuti, ordina due bottiglie di Champagne e si mette a parlare fitto-fitto con Benny, due foto di gruppo e torna a cantare.
Io nel frattempo avevo “affettato” indifferenza guardandomi in giro per vedere i volti degli altri spettatori che ci guardavano, mentre Benny&Gino si scambiavano qualche “bacetto”.
SECONDO
Una sera nel villino, verso le 23 squilla il telefono (sì la Benny era l’unica ad avere un telefono in stanza e c’era il suo perchè).
Mi dice “scusa devo andare al Grand Hotel peCchè devo fare il mio numero di ballo…”
Sì, proprio così, nei primi giorni di vita in comune mi aveva detto che faceva “la ballerina”… a 40 anni… e vabbè, capita no?
Rientra circa a mezzanotte e mezza, io nel frattempo avevo deciso che sarei stato “incazzato” (e forse un po’ lo ero).
Comincia una discussione, i toni delle voci si alzano ed a un certo punto, io ignudo sul letto, lei apre la borsetta e mi butta addosso una “paccata” di banconote da diecimila (quasi una milionata), neanche fossi stato Catherine Spaak nel film “La Noia” (1963).
A quel punto comincio a vestirmi pronto ad uscire, quando sono sulla porta lei mi assale urlando “nessuno mi abbandona così!!” e mi strappa la camicia di seta (manica completa e mezzo colletto a penzoloni).
E così conciato vado a bussare alla porta dei Moschettieri che, pieni di vera comprensione nel vedermi così ridotto, accolgono D’Artagnan, offrendomi il letto (non il materassino) a patto che raccontassi tutto nei particolari. Facemmo le quattro.
Al pomeriggio, quando mi svegliai, trovai un biglietto con scritto “siamo in spiaggia, usa quello che vuoi della nostra roba, ti aspettiamo”.
Scendendo incontro l’Amilcare che mi si rivolge, più o meno così “Scenti un pochino ragassso, vieni mo’ dieci minuti nel mio ufficio”.
E lì mi racconta il dritto ed il rovescio di chi fosse “la” Benny.
Io gli risposi solo “… ma io NON SONO un pappone!”
“Fai un po’ come credi, què ghe na lettera e un pacchetto per te, io ti aggiungo solo che lei è la che ti aspetta e adesscio fai come ti pare giòsto”.
La lettera, in un italiano stentato rispetto al parlato, era molto bella e sincera con tutta la sua (…) verità.
Nel pacchetto c’era un orologio.
Andai alla spiaggia a salutare i Moschettieri, accolto in un silenziosissimo “rispetto”, anche dalle mantovane.
Tornai al villino, bussai, e le prime ed uniche parole che Le dissi furono “Io sono qui e ci resto, ma solo a patto che tu ti riprenda l’orologio”.
Tornato a Verona dopo le tre settimane di VERA e STRAORDINARIA vacanza, per enne fattori, ultimo quello sessuale, svuotando la valigia trovai l’orologio.
Chi avesse l’APP “Telegram” può vederlo come mio “profile”.
Hi guys
Vostro D’Artagnan
Ho visto uno splendido documentario della BBC.
Quando hanno dedicato cinque minuti a quell’insetto sono rimasto basito e ci sto riflettendo da giorni.
Sintetizzo la cosa in maniera inevitabilmente forzata.
Si tratta di un insetto che vive un anno, a poco più, da larva, a tempo debito si trasforma in un insetto volante (sempre a milioni ).
All’unisono diventano insetti volanti alla disperata (una licenza terminologica) ricerca di una femmina, l’agganciano in volo, la fecondano e in qualche ora muoiono.
E’ come se un essere umano vivesse per il 99.9 per cento del tempo da bambino, senza obblighi, che pure ha nel DNA, ed nell’uno per cento rimanente del tempo della sua vita, da adulto, conclude la funzione primaria della riproduzione della specie e muore.
Un insetto “effimero” solo nel suo ciclo vitale, ma stupefacente.
Così fa in tempo a non sapere di Di Maio e i suoi tormenti dettati dal principio di realtà, non fa in tempo a sapere e soffrire della sintassi politica del “truce” che conclude i suoi discorsi da ministrao dell’internamento, che conclude grottescamente i suoi discorsi con “e lo dico da ministro e… da padre (?!?)”.
E non saprà mai che esiste un certo casaleggio che aspira ad abolire la DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA con la “democrazia diretta” (attraverso Internet?!).
L’Ephemeroptera vive la sua vita “effimera” senza conoscere i continui sprazzi di follia del mondo attuale.
Non è poi così sfortunata, certo occorrerebbero anche altri parametri, lo so, ma vado a dormire.
Hi guys!
PASSO… è uno dei momenti più difficili nel gioco del Poker (cinque carte coperte) e nella gestione di un Blog..
PASSO! Chi non ha fatto il militare, a Cuneo come Totò o a Foligno come me, faticherà a capire l’importanza di quel punto esclamativo. Qualche sergente, per ridurre il tempo della parola e dare una cadenza unisona e marziale alla battuta del piede durante la marcia, arrivava a pronunciare il termine “ptzo!” (storicamente dimostrato).
RIPASSO, è tutta un’altra cosa.
P.S.
Traccheggio
Io, Tojo, el Pomi.
Tutti e tre coetanei (72 anni), Pomi, genio del fai da te e ottimo insegnante in pensione, Tojo, grande velista autodidatta e gran meccanico, io, che non posso vantare particolari specialità.
Ma Pomi non ha mai potuto giocare a calcio o correre i cento metri: la polio lo colpì da bimbo.
E Tojo, dal calcio ai motori, dai motori alla vela: peccato che fino ai 30/40 anni non potevi fissare un appuntamento con lui perchè se ne dimenticava regolarmente: da bambino aveva avuto una forma di meningite, fortunatamente non gravissima, ma la memoria “ciao”.
Io, laico e non credente funzionale, ho dovuto convivere con Sant’Antonio per quasi tre mesi: da bambino ho avuto la varicella, infido virus che sonnecchia generalmente in una guaina dei nervi, talora si sveglia e ti procura i dolori di Sant’Antonio e il suo Fuoco (è “volgarmente” chiamato Herpes- Zooster o Varicella-Zooster).
Abbiamo un po’ chiaccherato dell’attualità (?!?) e dopo un po’ è partito un: ” bon dai, ofro mi el primo giro de goti”.
Cin-cin…
P.S.:
Quando eravamo bimbi i tre vaccini per le malattie che ci colpirono non erano stati ancora inventati.
Avanti.
Nel vano tentativo di fare ordine in casa, mi è ricapitata tra le mani la mia Tesi di Laurea sul “Divismo nel Cinema Americano degli anni ’80″.
Mi sono messo a rileggerla.
Prima osservazione, come avevo detto che il tempo che cambia le fisionomie delle persone mi sembra OGGI l’unica forma di giustizia vera, UGUALE per tutti, devo aggiungere che non cambiano solo le fisionomie.
Ho sfiorato la “depressione” nel vedere come scrivevo bene rispetto all’arruffato mio modo d’oggi.
Terminata la lettura ho pensato che ne poteva venir fuori una delle nostre chiaccherate.
Specie dopo la constatazione che il divismo, lo star-system e dintorni è USCITO dallo schermo ed ha invaso tutte le categorie dell’Organizzazione della Società di Massa.
Il punto di partenza, sebbene oggi sia stravolto al massimo grado, rimane il MITO.
Per l’organizzazione sociale Greca il Mito era una necessità religiosa.
Oggi è sicuramente è totalmente “PAGANA”: la trasformazione di esseri umani con la nostra stessa composizione chimica elevati al rango di semi-dei.
Ciò avviene in TUTTE le categorie: Cinema (ovviamente), Musica, Sport, Giornalismo (!!), Letteratura (?) e, “last but not least”… La politica (!!!).
Ciò vale soprattutto per il mondo occidentale, anche se vi sono segnali, non marginali, che provengono da “Oriente” e non tanto incredibilmente dal mondo mussulmano che comincia a sentire “coercitiva” delle proprie libertà d’espressione, banali o serie, la regolamentazione della proria vita individuale quotidiana da un credo religioso “estremo”.
Nel mondo occidentale “cristiano”, più “libertario”, c’è una specie di “adelante Pedro, cum juicio”.
Dove qui il “juicio” sta a significare non solo moderazione, ma che alla fine delle danze e dei brividi dell’epidermide, ricordare che c’è sempre un “memento mori” (sempre più rifiutatissimo), non crudele, non inibitivo delle passioni, tollerante, sempre avendo una bussola spirituale.
Sforzo immane e non mi pare destinato, purtroppo, ad un grande successo..
La vedo bruttina se ad una trasmissione d’intrattenimento inviti una bella (magari brava) DIVA, e questa si mette a fare “divinazioni e profezie sul mondo”, dove neanche Noam Chomsky si azzarderebbe.
Sapete quanti anni ha il divismo?
Dando una data alla prima grande intuizione di un modesto manager di “dive & divette” del cinema muto, per primo incominciò ad inviare per posta le foto con dedica di (oggi sconosciutissime) dive e divi.
Ha poco meno di un secolo.
Sembra tanto?
Ma no, se si tiene presente che la “fabbrica del divismo cinematografico quale fu Hollywood” ebbe un notevole punto d’arresto negli anni ’60 e ’70 (pensate ai film di quel periodo e capirete).
Ancora.
Perchè l’Europa per quasi un secolo, io direi ancora oggi, ha avuto solo DUE attrici con l’aureola “mitica” della DIVA: Greta Garbo (che lavorò sostanzialmente in USA) e… BRIGITTE BARDOT.
Fatevi la domanda e dateMI una risposta (che io già la so).
Vorrei azzardare che il “divismo” prese linfa soprattutto dalla Musica (servono nomi? Non credo).
E pensare che l’unica DIVA musicale, davvero “divina” per la sua arte, ahimè di nicchia rispetto allo “star system”, fu MARIA CALLAS, sissignori.
Qualche giovinotto/a si domanderà prima “chi cavolo sia” e poi si convincerà/consolerà che non potrà mai competere con quella “Come una Vergine”, al secolo Madonna.
Mi mancano ancora Sport, Giornalismo (qualcuno è bravo intendiamoci: Ferrara e Mentana, e su un piano nascosto volontariamente, Piero Angela) e … Il “politico”, colto (?!) o zoccolo che sia.
Spero nei liberi contributi di questo libero Blog.
Forse ho “teorizzato” troppo in un Blog difficile (?).
Liberatemi voi dalle catene della Caverna di Platone, tanto per rispondenza corretta, come lui non convincerò altri incatenati che continueranno a guardare le ombre che si muovono sul fondo della caverna come fossero figure “reali”.
Tanto le uniche ombre reali che ho personalmente conosciuto sono queste:
>> https://www.youtube.com/watch?v=EriCZdLjw7o … Mostri di pulizia musicale, niente era in più, niente in meno, comunque furono il primo abbozzo di “ammirazione divistica” del Gazza, anche se la loro Wonderful Land non si sa dov’è…
Le shadows sono le ombre degli esseri viventi, poi ci sono le shades, le ombre degli oggetti o anche dei sentimenti e dell’”anima” quindi non posso non proporvi questa bellissima canzone con un bellissimo testo
>> https://www.youtube.com/watch?v=rJABBmAMXnY
P.S.:
il testo del Topic è ovviamente diverso dall’originale mancato, l’ho rifatto per onore professionale, ma >> https://www.youtube.com/watch?v=em328ua_Lo8 (Superba Mary J.)
Non aspettatevi il Topic, quello verrà la prossima volta.
Diciamo che questo scritto equivale ad un “certificato di (mia) esistenza in vita”, e che sto per infilarmi in un tunnel.
Altre tracce:
– LA CAVERNA, non UNA caverna, ma LA CAVERNA
– “… Tutto quello che chiedo è un’occasione qualsiasi…”
– Da Florence Lawrence a LUV
– George Lucas e il suo “systema” di Guerre Stellari
– Con estremo pudore azzardo a dire che qualcuno dei morti suicidi, nell’Antologia di Spoon River, dal 1920 avrebbero avuto qualche titubanza a farlo (prono, ancora mi scuso)
– L’uomo e il suo doppio, non qualunque!
I pochissimi che saranno incuriositi da questa gabola, intuiranno il prossimo argomento del Topic.
Se qualcuno chiedesse il leggendario “aiutino” tramite post, vedrò il da farsi.
Altrimenti pazienza.