TUTTA LA VERITA’ SUL NUOVO STADIO

La questione stadio resta una questione fondamentale nella vicenda dell’Hellas Verona. Tra poco il problema esploderà in maniera deflagrante. Il Bentegodi è infatti uno stadio vecchio e ormai bisognoso di pesanti (dal punto di vista finanziario) ristrutturazioni.

Voci di Palazzo, dicono che non si può ormai più rimandare il rifacimento completo degli impianti (elettrico ed idraulico) e che tra poco bisognerà affrontare seriamente anche il problema della copertura che richiede un profondo maquillage. Non è ancora quantificato il costo di questi interventi ma è certo che si parla di cifre milionarie.

Tornerà quindi di estrema attualità la proposta di costruire un nuovo Bentegodi. Spinge in questa direzione l’amministrazione comunale guidata dal leghista Tosi, che intravvede una nuova forma di business. Stadio nuovo, infatti, uguale spazi e cubature (in termini di cemento) lasciati liberi nell’attuale zona. Tosi (o qualcuno vicino a lui…) avrebbe addirittura pensato di fare qui il nuovo polo finanziario, dopo aver bocciato l’ubicazione agli ex magazzini.

Lo stadio è fortemente voluto da Luca Campedelli assieme alla famiglia Mazzi, titolari dell’omonima impresa di costruzioni, che già aveva realizzato l’attuale impianto. Progetti che sono già sui tavoli dell’amministrazione comunale. Anche il Verona faceva parte di una società costruita ad hoc che avrebbe dovuto partecipare a questo business. Lo aveva voluto Pastorello che aveva usato come "cavallo di Troia" per arrivare in questo "salotto" Arvedi e il suo progetto che prevedeva il nuovo stadio "Arena" di proprietà esclusiva dell’Hellas, a S. Massimo nei terreni attigui all’ex seminario.

Anche "ingolosito" da questo possibile affare, Piero Arvedi aveva sbaragliato il campo da ogni concorrente, offrendo per la società di calcio cifre che altrimenti sarebbero state completamente fuori mercato, visto l’altissimo indebitamento creato da Pastorello.

In breve però Arvedi ha ricevuto una serie di no. Il primo proprio da Tosi, sebbene il conte avesse informalmente appoggiato la sua elezione a Palazzo Barbieri. Resta in piedi dunque l’idea Mazzi-Campedelli. Demolizione dell’attuale stadio e nuovo impianto nell’area verde che sta tra l’attuale antistadio, il campo di via Sogare e il Palasport.

 

 

Tutti però devono essere d’accordo. Senza il Verona (e quindi Arvedi) è durissima dare vita ad un nuovo stadio. Arvedi lo sa be

BOCCIATI, MA NIENTE DRAMMI. E NESSUN ALIBI

Sofferenza? Sì come sempre. Ma non basta questo per spiegare la sconfitta contro la Cremonese. Si parlava di esame da grande, di esame da maturità e l’impietoso responso del campo parla di un Verona bocciato. Ma sarebbe ingeneroso liquidare la questione in questa maniera. Perchè ci sono sconfitte e sconfitte. E quella di Cremona è una batosta ingiusta. Il Verona del primo tempo ha regalato una lezione di calcio. Il gol di Pesaresi ha condizionato la gara. Secondo me Rafael ha delle responsabilità, ma non ho la controprova. Poi c’è da meditare. Il secondo gol è un gol che non devi prendere. La terza rete non fa testo. Ho sentito le interviste. Si recrimina per il rigore (sacrosanto) su Girardi. Giusto da un certo punto di vista, sbagliato per altri. Giusto se la recriminazione resta nello spogliatoio dello Zini a commento della partita. Sbagliato se martedì si tirerà fuori ancora la storia. Per maturare e crescere non bisogna trovare alibi e chiedersi come mai, pur giocando peggio, la Cremonese ha vinto 3-1. Questa è la domanda che il Verona oggi si deve fare.

ESAME DA GRANDE

Una volta, non molto tempo fa, dire "incontrare una grande" per il Verona voleva dire giocare contro Milan, Juve e Inter. Nemmeno la Roma, qualche tempo fa, era considerata una "grande". 

Domenica l’Hellas, affronterà la Cremonese. Una GRANDE del campionato di Lega Pro Prima divisione. "O tempora o mores", mi pare dicessero i latini. Che aggiungevano anche: "mala tempora currunt".  Comunque sia: la Cremonese, è la prima grande del campionato che il Verona va ad affrontare.

Va da sè che l’Hellas, al confronto della Cremonese dell’Arvedi dell’acciaio, dovrebbe essere una corazzata. Ma bisogna sapersi accontentare, soprattutto dopo aver rischiato di sparire in fondo al mare con quella corazzata.

La squadretta allestita da Previdi e Prisciantelli all’insegna del risparmio, non è poi così male come poteva sembrare ai più critici. In un modo o nell’altro ha portato a casa sette punti nelle prime tre partite e ora si trova al secondo posto in classifica. Ha dato, in più, l’idea di essere una squadra vera, capace di reagire, di fare la partita e anche di soffrire.

Ora, dunque, il match con la città delle tre T (torrone, torrazzo e… non ricordo più la terza…) capita a proposito. E’ una sfida che per il Verona di Remondina è un primo importante esame. Se l’Hellas lo supererà, allora potremo già trarre qualche spunto positivo per il resto del torneo. Sbagliare gara vuol dire gettare alle ortiche quanto di buono è stato fatto in questo primo scorcio di campionato.

Intanto abituiamoci alla nostra nuova realtà. Siamo un piccolo vascello da incursione, pronti a fare del male alle grandi del campionato. E vi dirò che in fondo la cosa non mi dispiace affatto… Nella nostra storia le cose più belle le abbiamo ottenute proprio in questi panni…

PAROLA D’ORDINE: VOLARE BASSO (E RICOMPATTARCI)

Guardo la classifica e non ci credo. Sette punti…, l’Hellas ancora imbattuto, la squadra che segna e che addirittura non prende gol. Ce n’è abbastanza per infiammare gli animi, per decollare con la fantasia e iniziare a sognare. E’ l’effetto naturale che arriva dopo anni di umiliazioni, di gare scandalose (e putride…), di partite della vita (per non retrocedere). Tre partite sette punti, due vittorie: un pareggio stentato a Lumezzane, poi un successo di rimonta con la Spal, e ora i convincenti tre punti con la Sambendettese.

Ma è proprio adesso che dobbiamo tenere tutti i piedi ben saldi a terra. Noi come tifosi, ma anche la società e il conte Arvedi in primis. Primo perchè ancora non s’è vinto nulla e l’esperienza insegna come sia facile dilapidare questi illusori vantaggi. Secondo perchè l’equilibrio è un esercizio sempre utile. Terzo perchè potrebbe essere pericolosissimo accendere false speranze.

Il campionato del Verona è prima di tutto un campionato della ricostruzione, almeno così si spera. Lo spogliatoio è stato lavato dal lerciume che lo aveva ricoperto negli ultimi anni e questo è un bel risultato.

Ora però, proprio grazie a questi primi timidi risultati è necessario ricompattare l’ambiente dopo le lacerazioni che abbiamo vissuto questa estate. Società, tifosi, squadra devono ritrovare un minimo di serenità nei rapporti, evitare tensioni, smetterla con il "giochetto" se perde avevo ragione io, se vince avevo ragione io. Non credo come ha detto Previdi, ai "contestatori di professione", penso piuttosto a tifosi delusi, amareggiati e stanchi di dare credito ad ogni farabutto che s’è succeduto al Verona in questi anni.

La questione del blocco degli abbonamenti ora mi pare passata. A prescindere dalle rispettive posizioni, a mio avviso, ora è necessario ritrovare tutti assieme quella strada comune che, forse permetterà all’Hellas di risalire la china. Mentre i corvi che pensavano alla fine dell’Hellas, oggi voleranno sicuramente un po’ più bassi.

REMONDINA, IMPARA DALL’OSVALDO

Osvaldo Bagnoli aveva una sua idea di calcio. Ma prima di tutto sapeva adattare gli uomini al modulo e non viceversa. Era questo il suo segreto. “Parlo poco con i calciatori” mi spiegò una volta “e quando lo faccio è per chiedere loro dove preferiscono giocare”. Così l’Osvaldo riuscì a “inventare” il Briegel mediano e poi marcatore su Maradona, riuscì a giocare con i due attaccanti piccoli (Iorio e Galderisi) e con la torre (Pacione), fece faville con i terzini che “aggredivano” lo spazio (Marangon) e con le ali che diventavano attaccanti aggiunti (Fanna). Persino quando i dirigenti sconvolsero la sua squadra e le sue idee acquistando Dirceu per sacrificare Guidolin, Bagnoli, dopo una buona dose di incazzature, adattò la squadra alle esigenze del brasiliano e non viceversa. Altro calcio, certo. Meno pressing, non esisteva la zona se non per i centrocampisti e non per tutti. Ma la lezione “filosofica” dell’Osvaldo resiste comunque al tempo. Una squadra deve avere un progetto di gioco ma deve al contempo mettere nelle condizioni i singoli di esprimersi al meglio.
Oggi appare evidente che il Verona di Remondina gioca molto meglio con il suggeritore (Parolo) alle spalle delle punte che con i tre attaccanti voluti e preferiti dal tecnico.
Le cose migliori della stagione si sono viste proprio quando entra in campo il centrocampista ex Foligno e non con le due ali larghe e il centravanti isolato in mezzo. Il gioco del tridente è infatti funzionante se i due laterali sono veloci e sanno creare tagli e superiorità numerica. Questo, per un motivo o per l’altro, fino ad oggi nel Verona non s’è visto. Vuoi per gli infortuni, vuoi per l’equivoco Tiboni (punta centrale o laterale?). Spinto dalla necessità, dunque, Remondina ha adattato il modulo alle caratteristiche della squadra imitando in questo l’Osvaldo. Il problema è che il mister non appare convinto di questa scelta, affezionato com’è alla sua idea originale di 4-3-3. Ed è un errore grossolano che rischia di costare caro al Verona soprattutto se Remondina continuerà a perseguirlo. In questo momento, infatti la squadra non può giocare con quel modulo, non c’è niente da fare. S’è visto benissimo nel primo tempo della gara con la Spal, quando il povero Girardi veniva sommerso dai due centrali avversari, mentre i due esterni vagavano larghi come i reduci della “zattera della medusa”. Quando invece è entrato Parolo la squadra ha trovato subito la misura. Si è accorciata, ha ristabilito le distanze e il resto è venuto di conseguenza.
Quindi Remondina si faccia convinto. Non è un disonore essere un allenatore moderno e cambiare idea adattando il materiale umano al suo progetto di gioco. Bagnoli ha costruito su ciò uno scudetto allestendo una macchina perfetta. Chissà che anche il buon Gian Marco non riesca a creare, con un po’ più di elasticità, il suo piccolo miracolo.

LA PARTITA DEGLI SMS

Gara finita da un minuto. Scrivo da un internet point. Scaraventato via ragazzino inglese che sedeva davanti al computer. In spiaggia il mio tatuaggio con la scritta Hellas mi fa scambiare per un nazionalista greco. Ho spiegato già una decina di volte che non trattasi di nazione greca ma di nobile squadra pallonara veronese.
Stasera Rasu ha speso una fortuna in messagini per tenermi informato dell’andamento del match, mentre era in diretta con la trasmissione. Ho avuto anche un "infiltrato" speciale in Curva, noto frequentatore del blog, nonchè "santo" e oracolo. Pare abbia veramente doti divinatorie visto che il messaggio con il gol di Corrent era già pronto prima che il nostro "220 volt"  battesse la punizione. Non mi pare che sia stata una grande partita. Ma che bello vincere in rimonta. Adesso basta con il mojito. Andiamo con l’Ouzo. Sono o non sono dell’Hellas, in fondo?

PS: il ragazzo inglese mi ha chiesto se gli ridò il computer: Cosa faccio? Offro da bere anche a lui? Buonanotte a tutti

HO TROVATO UN HOTSPOT

Ho fatto i salti mortali, ma alla fine ce l’ho fatta. Ho trovato un hotspot wi-fi per collegarmi. Dopo quattro giorni di black-out informativo ho aperto il computer e sono volato al sito del Tggialloblu. Con la fame (e te parea…) d’informarmi sull’amato Hellas.

Ho ricevuto una prima pugnalata quando ho letto della sconfitta con il Rodengo. Una seconda quando ho sentito Remondina al microfono di Fabbri chiedere scusa. Una terza quando ho letto l’intervista di Previdi che parlava di prestazione vergognosa.

Porca put… Mi sa che ho buttato via tempo e denaro per collegarmi a Internet. Da lontano si vede tutto con occhi diversi. Ma non è che le incazzature sono minori. Ora capisco che cosa dovete provare voi tifosi dell’Hellas che siete in giro per il mondo.

Vedere la propria squadra fare schifo con i proprio occhi è doloroso, non vederla e leggere soltanto lo è ancora di più.

Potrei continuare la navigazione e guardarmi la sintesi e il 4-2. Ma risparmio i soldi e stasera mi faccio un mojito in riva al mare. Forse per dimenticare. Forse perchè è gusto così.

LETTERA A DOMENICO GIRARDI

Caro Girardi,
chi le scrive è stato nella sua gioventù un fans di Preben Elkjaer Larsen. Preben era un campione danese, che, sbarcato in Italia, fece vincere al Verona uno scudetto.
Parto da lontano per farle capire quali campioni abbiamo ammirato qui a Verona. Elkajer è stato uno di questi ma prima di lui abbiamo potuto vedere un certo Gianfranco Zigoni da Oderzo, che metteva le scarpette rosse e la pelliccia quando il mister di allora lo relegava in panchina.
I nostri papà invece ci parlavano di Emanuele Del Vecchio, di Sergio Sega e Gigi Caldana, di Guido Tavellin. Siamo cresciuti, qui a Verona con il mito delle due torri, non quelle crollate a New York, ma Bui e Traspedini, due attaccanti eccezionali. Ma non possiamo dimenticarci di Mascetti e di Livio Luppi e del "gringo" Clerici
. Poi vennero a Verona Penzo, Galderisi, Iorio, Inzaghi, Maniero, Mutu, Adailton e Bogdani. Così, tanto per gradire, abbiamo visto anche Marco Pacione e Paolino Rossi, il bomber mundial.
Questo per spiegarle che di attaccanti ce ne intendiamo.
Purtroppo, come è nella storia di ogni società ci è capitato di vedere anche clamorose ciofeche. Vado a veloce memoria: Capuzzo, Calloni (che comunque in venti partite fece sei gol in serie A) Raducioiu, Max Vieri, Lamberto Piovanelli. Gli ultimi, i peggiori, sono quelli che l’hanno preceduta: un certo Da Silva Barbosa e Daniele Morante che lei avrà conosciuto in questi giorni (è quello che passeggia di tanto in tanto lì all’antistadio e che prende uno stipendio almeno sette volte il suo…). Queste righe sono per dirle che noi, con tutto il cuore, ci auguriamo che lei appartenga al primo gruppo e che ripeta le gesta di Superpippo,di Preben, di Nanu e ci faccia dimenticare al più presto le scarponate di Da Silva e la tristezza di Morante.
Per fare questo, però, lei lo sa meglio di noi, è necessario fare gol. Esattamente il contrario di quello che, purtroppo, ha fatto lei e i suoi colleghi domenica a Lumezzane. In bocca al lupo, dunque.

Ps: cari amici del blog, parto in questo momento per un viaggio nell’Hellas, pardon in Grecia. Spero di avere sull’isoletta dove mi reco, collegamenti Internet che mi tengano informato su quanto succede qui. Comportatevi bene e fate i bravi. Ciao, vigo

FORZA HELLAS

 

A te che mi fai piangere

a te che mi fai incazzare

a te che… sempre e solo Hellas


A te che mi hai dato

momenti che non posso dimenticare

A te che annaspi

e non puoi annegare


A te che hai i colori gialloblù

a te che mi hai fatto

bagnare e correre e sorridere

nella fontana della mia città


A te che hai conosciuto

ladri e banditi,

a te che mi hai fatto abbracciare

ad amici che non conoscevo


A te, per tutti

i miei fratelli con

il cuore a due colori


A te per tutti noi

che siamo in fondo

un poco fuori


a credere che

l’inferno non sia questo

ma un posto blu e giallo

nella testa un sogno

e nel sangue un grande sballo


Un tricolore nel mese di maggio

ed è lì che per me e per i butei

sei il nostro tatuaggio.


Vai grande e vecchio Hellas

vai e buon viaggio…

STORIA DI ALBERTO, TIFOSO DELL’HELLAS

 

Giorgio Tremante è una persona straordinaria. Ha visto due figli morire e uno costretto su una sedia a rotelle, dopo che erano stati vaccinati. La sua battaglia contro la vaccinazione obbligatoria è ormai da anni uno scopo di vita.

E’ ormai provato (e questo grazie alle battaglie di Giorgio) che sia stata la vaccinazione per la polio Sabin la causa dello scempio.

Il primo figlio di Tremante è morto all’età di sei anni. Si chiamava Marco. Era il 1971 e Giorgio aveva già capito tutto. Era stata la vaccinazione a portargli via il figlio.

Cinque anni dopo nascono Andrea ed Alberto, due gemellini. Tremante, ricordando quello che era successo a Marco, si oppone in tutte le maniere per non vaccinarli. Ma non c’è nulla da fare. Per lo Stato se non vaccini i figli, sei un fuorilegge. I bambini avevano otto mesi. A quattro anni la situazione degenera. Andrea viene ricoverato all’ospedale in seguito ad una crisi. Giorgio Tremante implora i medici almeno di non dargli farmaci immunodepressivi. I medici lo trattano da rompicoglioni e vanno avanti con le cure. Cinque ore dopo il ricovero, Andrea muore.

Nell’83 Giorgio Tremante si ritrova nella stessa situazione con il secondo gemello, Alberto. A causa di un’insufficienza respiratoria, Alberto viene sottoposto ad un’operazione alla trachea. Dopo sei mesi di ricoveri, a Giorgio dicono che per Alberto non c’è nulla da fare. Tremante a questo punto si ribella. Cerca di portare via il figlio per sottoporlo ad una terapia immunostimolante. La struttura sanitaria, si rivolge così ai giudici, e Tremante deve persino subire la sentenza che gli toglie la patria potestà.

Sotto la responsabilità diretta del papà, Alberto viene comunque curato con farmaci immunostimolanti ed è ancora vivo.


Alberto è un tifoso del Verona. Vive per l’Hellas. Stamattina è venuto a trovarmi in redazione. Per il suo compleanno gli ho regalato una maglietta gialloblù che gentilmente Riccardo Prisciantelli mi ha fatto avere. Alberto mi ha detto grazie con l’alfabeto muto.

Per chi vuole saperne di più sulla battaglia di Giorgio Tremante www.tremante.it


Ps: ai due fratellini Tremante scomparsi per colpa della vaccinazione obbligatoria verrà dedicata ad ottobre una piazza a Porto San Pancrazio.