GENERAZIONE HELLAS

Prendo spunto da quello che hanno scritto alcuni amici del blog nella precedente discussione. "Ma abbiamo tutti 42 anni?" chiedeva incuriosito qualcuno. Effettivamente questa pare essere la "generazione Hellas". 42 anni o giù di lì (io ne ho 43, classe ’65). Cresciuti con il mito di Zigoni (diciamo che avevamo intorno ai dieci anni quando Zigo impersava a Verona con le sue mattane e la sua classe), "tatuati" nell’animo dal Verona di Bagnoli, di Dirceu, di Penzo, di Briegel e di Elkajer. Furono dieci anni incredibili quelli che hanno segnato la nostra vita. Oggi sono solo "ricordi", ma così profondi e indelebili da aver timbrato la nostra adolescenza e gioventù.

La nostra generazione ha vissuto solo di striscio la contestazione politica e il ’77. Quando entrai al Maffei, solo quelli della terza liceo avevano fatto i "famigerati" anni di piombo. E la cosa a noi non toccava più di tanto. Certo, non eravamo arrivati al totale (o quasi) disinteresse dei nostri giorni ma poco ci manca. Più che il ’77 e Toni Negri, ci aveva formato Carosello. Carlo Dapporto ("e tutto d’un tratto il coro…), Ernesto Calindri ("contro il logorio della vita moderna…"), l’uomo del Bio Presto (era Franco Cerri, un grandissimo chitarrista jazz)  immerso in ammollo in una vasca d’acqua, Calimero. E non è detto che siamo stati più sfortunati…

Sono due, credo, le cose che ci legano di più: la vittoria dell’Italia al mondiale dell’82 e lo scudetto del Verona. L’Italia mundial di Spagna mi fa venire in mente la bandiera che mi aveva cucito mia nonna, prima di Italia-Brasile. Il problema era reperire la stoffa. Il rosso e il bianco, tutto sommato era stato semplice trovarli. Feci fatica per il verde. Trovai un panno di un improbabile verde marcio (stile cravatta di Rasu?) che attaccai ad una canna di bambù. E la sera di Italia-Germania, anche se il giorno dopo dovevo andare a lavorare in una fabbrica di scarpe (dieci ore al giorno, un massacro, ma d’estate allora si usava così…), festeggiai in mezzo alla strada come un matto fino a notte fonda

Il Verona era già una grande squadra. Bagnoli l’aveva presa in serie B e la stava trascinando in alto. Io avevo l’abbonamento dall’anno di Veneranda. Mi ricordo le prime partite della B. La gara con la Cavese di Paleari l’ascoltai grazie a Roberto Puliero e a Radio Adige, in sala da pranzo, seduto su una vecchia sedia a dondolo. Partimmo male, ma poi fu un trionfo. Nelle prime partite Bagnoli non aveva ancora Gibellini da mettere vicino a Penzo. Ma venimmo tenuti a galla da un certo Sauro Fattori che poi non so che fine abbia fatto.

In serie A era uno spettacolo. Bagnoli non voleva Dirceu perchè gli preferiva Guidolin. Ma il brasiliano mi fece veramente innamorare del Verona. Che spettacolo ragazzi quei lanci da 40 metri per Penzo, quei cambi di campo. Mi ricordo come se fosse adesso il gol dell’amigo al Catanzaro. In porta c’era Zaninelli che per cercare di fermare quel tiro (Zoff ne sapeva qualcosa…) sbattè persino contro il palo. Quando Dirceu se ne andò subii una cocente delusione. Anch’io lo considerai un traditore. Ma quando arrivò, anni dopo, la notizia che Dirceu era morto in un incidente stradale, mi venne un grosso groppo in gola.

Fantastico anche il Verona dei "puffi al tritolo", Iorio e Galderisi. Fu la dimostrazione di come Bagnoli sapesse adattare il materiale umano alla sua idea. Se non hai la "torre" vanno bene anche due piccoletti. Ma il capolav

PERCHE’ (NONOSTANTE TUTTO) IO RIFARO’ L’ABBONAMENTO ALL’HELLAS

Sono un po’ di anni che all’inizio dell’estate mi trovo ad affrontare questo argomento: è giusto abbonarsi per vedere le partite del Verona anche in presenza di società (e squadre) che puntualmente tradiscono le attese dei propri tifosi? Credo che la prima risposta vada ricercata nel significato che ognuno di noi vuole dare all’atto di abbonarsi. L’abbonamento è l’acquisto preventivo di una serie di biglietti che permettono l’accesso ad una gara di calcio? E’ un atto di fede incondizionato? E’ un’apertura di credito nei confronti di una squadra e di una società? E’ più semplicemente una comodità (invece di fare la fila ogni domenica mi prendo l’abbonamento, magari a costo conveniente?).

Per un tifoso dell’Hellas questi discorsi valgono poco. Perchè nelle ultime stagioni fare l’abbonamento ha trasceso queste logiche. Campagne acquisti scandalose, retrocessioni, esoneri, amarezze di ogni tipo. Se ci fosse stata solo un minimo di razionalità oggi il Verona avrebbe zero abbonati. L’unica logica a cui il tifoso del Verona concede rispetto è in realtà l’amore e la passione per la propria squadra. Una pulsione in cui la razionalità non c’entra nulla. Ecco perchè ho sempre contestato chi vuole ridurre il calcio alla fredda equazione: stadio uguale spettacolo uguale spettatori uguale incassi. Se così fosse non ci sarebbe un solo spettatore pagante al Bentegodi a vedere il Verona. Volete che non ci sia di meglio che uscire di casa in una fredda domenica invernale per andare ad assistere ad un Verona-Paganese con il rischio oltretutto di farsi un fegato così perchè è anche altamente probabile venire a casa dopo aver visto una sconfitta? C’è, eccome se c’è…

Ma se la gente, i veronesi, continuano in assoluta controtendenza ad andare allo stadio vuol dire che la logica non è quella. Non è quella del “carro dei vincitori”. Non è quella dello spettacolo (quale?). Ma solo quella della passione. Una molla che fa gioire (meglio, impazzire di gioia) se il signor Zeytulaev segna il gol della salvezza al minuto 89 dello spareggio di ritorno ai play-out della C1 per non precipitare in C2.

Detto questo avrete capito il mio pensiero: anche se “usato” da certi personaggi come “plusvalore” (che giramento di palle quel discorso del bancario Aramini), il significato dell’abbonarsi resta l’unico modo per dare al Verona un futuro. L’unico modo per contare ancora qualcosa. L’unico modo per far sì che la proprietà si prenda le proprie responsabilità tenendo conto di tutti noi che abbiamo l’abbonamento in tasca. Il giorno che non ci saremo più, credo, sarà anche il giorno in cui l’Hellas Verona vedrà scorrere la parola fine. E questo non credo che sia la nostra volontà.

E ADESSO VEDIAMO SE C’E’ UN PROGETTO

Sono anni che una parola aleggia sui tifosi del Verona: “PROGETTO”. L’hanno sbandierata un po’ tutti. C’era il progetto dei Mazzi, c’era il progetto di Pastorello, c’è stato infine il “progetto-Arvedi”. A forza di progetti il Verona è finito in serie C. Era questo il progetto? Far naufragare la titolata società veronese fino a portarla sull’orlo della sparizione? Può darsi. Ora ci risiamo. Pare che Nardino Previdi, ricomparso sulla scena dopo gli anni dei Mazzi, è tornato per mettere in atto l’ennesimo progetto.

C’è un progetto, dice ancora Arvedi. Ecco il mio progetto, controbatte Nardino. Insomma siamo qui tutti a bocca aperta per sapere che razza di “PROGETTO” ci attende stavolta.

Ma siccome siamo anche un tantino stufi di farci prendere in giro, vorremmo anche noi dire la nostra su quello che noi intendiamo essere un progetto calcistico. Così, quando ci esporranno il loro, potremo dire se è un “buon” progetto o l’”ennesima” presa per i fondelli.

Dunque: un progetto calcistico deve avere per prima cosa ben chiaro l’obiettivo sportivo. E’ fondamentale indicarlo. Salvezza, salvezza tranquilla, play-off, promozione. Io diffiderei tantissimo da chi non indicasse uno di questi obiettivi. Perchè l’obiettivo sportivo è fondamentale per vincolare la società e i suoi giocatori al raggiungimento di quell’obiettivo. E, aspetto non secondario, è fondamentale per un corretto rapporto con la tifoseria. Esempio: si dicesse: “Quest’anno pensiamo solo a salvarci”. Bene, ci sarebbero dei mugugni, delle arrabbiature, ma almeno nessuno si sentirebbe raggirato se poi arrivasse un play-off. Anzi. Ma non è escluso che la società dica: puntiamo ai play-off. E in questo caso tutto l’ambiente sarebbe stimolato al raggiungimento di questo obiettivo.

Per raggiungere questo scopo ci sono delle tappe decisive. La prima: l’allenatore. Il fatto che Previdi non abbia ancora detto se resta o meno Pellegrini e chi sarà la sua scelta, francamente rende già ora fumoso tutto il futuro. La seconda: i giocatori. Non sarò tra quelli che si strappano le vesti se qualcuno di quelli che si sono messi a giocare le ultime dieci partite dell’ultima stagione verranno lasciati andare. Giusto per capirci: non ritengo scandaloso che Zeytulaev non resti a Verona. Se l’uzbeko avesse fatto la metà di quello che ha fatto nelle ultime gare, probabilmente il suo gol di Busto non sarebbe servito perchè la salvezza sarebbe arrivata prima. Sono d’accordo che alcuni stipendi (in relazione al rendimento) sono immorali e chi li percepisce dovrebbe sentirsi in questo momento come un ladro che ruba un lecca-lecca ad un bambino.

Però è anche giusto che la squadra riparta da coloro che hanno dato garanzie. Le valutazioni le dovranno fare i tecnici e non in base a epidermiche simpatie. Ma ci sono alcuni giocatori da cui davvero il Verona (se ci fosse un progetto) dovrebbe ripartire. Penso a Cissè che ha margini di miglioramento incredibili, penso a Leandro Greco (mica può essere sempre così sfigato…), penso a Stamilla. Ecco, se Prisciantelli e Previdi riuscissero a mettere le mani su questi giocatori, allora si potrebbe dire che esiste un progetto. Con il Chievo c’è di mezzo la comproprietà di Iunco? Ebbene che al Verona rimanga Garzon e magari la metà di Cozzolino. E ancora: si è parlato di giova

AVVISO A LOR SIGNORI: LA TIFOSERIA DELL’HELLAS HA ESAURITO LE LACRIME, IL SUDORE E IL SANGUE

Eravamo la Juve della C. Anche se avevano ceduto tutti i migliori. Vado a memoria: via Pulzetti, Pegolo, Turati, Biasi, Gervasoni e la metà di Waigo. E prima via Italiano. In pratica erano rimasti solo gli “ossi” quelli che nessuno voleva. Un solo acquisto: Morante. Ed abbiamo già detto tutto. Salvezza all’ultimo secondo dell’ultima gara dei play-out con conseguente distacco dalla valvola mitralica.

Si riparte: arriva l’estate e ti auguri, in quanto tifoso del vecchio Hellas solo un minimo di sofferenza in meno…

Ti dicono che ci sono i programmi. Nessuno però ha chiesto quali. Si cercherà di risalire? Di andare in B? Per adesso sappiamo che ci sarà un brutale ridimensionamento degli ingaggi. Cioè lacrime, sudore e sangue. Ma non in serie A. Non in serie B. Addirittura in serie C. Ora io dico: volete restare a dispetto dei santi. Avete fatto toccare al Verona il punto più basso della sua storia. L’avete sputtanato trattando con truffatori e andando a prendere valigie di denaro falso in giro per il nord Italia. E ora, invece di puntare in alto si pensa solo a “tagliare”.

Beh sappiate che noi abbiamo finito. Le lacrime, il sudore e anche il sangue…

COSA SALVARE DI ARVEDI (E DELL’HELLAS)

C’è stato un momento in cui ho visto il baratro. Addio, caro, vecchio Hellas. E’ stato un momento lunghissimo, durato praticamente dal gol di Negrini. Vedevo la faccia di Stefano Rasulo da Busto Arsizio, cercavo di capire se potevamo coltivare almeno una speranza. Conosco Stefano da una vita, so leggere le sue parole, il suo sguardo. Non c’era speranza. Stefano sembrava un robot. Il Verona non era in campo. E tutto sembrava svanire. Poi arriva il gol di Zeytulaev, la gioia, l’esultanza. Verona salvo, forse c’è ancora qualcosa da salvare, oltre la C1, categoria infima (e pensa alla C2…).

Ma c’è qualcosa da salvare? Oggi è già tempo di parlarne. Perchè è oggi che nasce il futuro del Verona. Arvedi ha già fatto sapere di non essere disposto a farsi da parte. Addirittura il consulente Aramini ha spiegato che il conte ha una solidità finanziaria pari a 200 milioni di euro. Detto da un bancario, tenuto solitamente ad un certa riservatezza, è una gran bella notizia. I soldi, dunque, non sono un problema. Il Verona, del resto, già ora, ha il più alto monte ingaggi della serie C1. Costa come una medio-alta società di serie B.  A pensare male (a volte ci si azzecca…) è possibile che Aramini abbia detto quelle cose per scoraggiare eventuali compratori al ribasso. Ma questo ha prodotto anche un altro effetto: il tifoso dell’Hellas, che già sta vivendo malissimo al pensiero che Arvedi allestisca un altro circo dei suoi e che di primo acchitto vorrebbe una cessione della società, si aspetta adesso una grande squadra. Ma soprattutto si aspetta un serio programma di rilancio.

E siccome i programmi si fondano sugli uomini, la prima cosa che Arvedi deve portare a conoscenza dei tifosi scaligeri è chi sono i suoi collaboratori. Previdi? Prisciantelli? Pellegrini? Da queste scelte dipenderanno tutte le altre, visto che il problema pare non essere economico. Dopo di che: basta con l’umoralità del momento. Non si può cambiare idea cento volte a seconda dell’ultimo che ha chiamato al cellulare. Questo a mio avviso è il principale difetto di Arvedi (oltre che quello di fidarsi quasi sempre dei peggiori…). Il presidente del Verona compirà gli anni mercoledì (79, auguri), un’età a cui è dovuto rispetto, anche se in molte azioni il bizzarro "contadino" di Cavalcaselle pare più un bambino che un navigato signore.

E adesso alcuni ps:

1PS) Da oggi è fino a data da destinarsi saranno esposte nella redazione di Telenuovo a mo’ di reliquia la giacchetta da gelatar (ancora da lavare, con patacche originals) e la "mitica" cravatta dal verde indefinito con inquietante pittura (pare di tale "Fornasetti"…) indossate dal sottoscritto (la giacchetta…) e dal collega Rasulo (la cravatta…) in questa incredibile cavalcata salvezza.

2PS) Una promessa è una promessa. I bloggatori che vogliono partecipare alla cena (che pagherò io) mi manderanno una e-mail di iscrizione con nome e cognome e nick di riferimento a gvighini@gmail.com. Saranno ricontattati per l’invito ufficiale.

3PS) Ci sarebbe in ballo anche una biciclettata fino a Cavalcaselle. Ne parliamo alla cena.

Ciao e Forza Hellas

I MESSAGGI DI ARAMINI

Quando sento parlare il dottor Aramini, non so perchè, mi viene sempre in mente Gb Pastorello. Stesso tono, stessa capacità di mandare messaggi trasversali, stessa sfrontatezza… Ho letto questa intervista che ha fatto il bravo Andrea Spiazzi su Dnews e mi pare che ci sia molto da dire e da discutere. Innanzitutto Aramini fa sapere che il conte non vende più. Dice testuale: “L’ansia di vendere è passata”. Bene. Siamo contenti. Davvero. Perchè quando Arvedi è stato preso dall’ansia di vendere abbiamo visto tutti cos’è successo. Sembrava di vivere in un film, tipo i “Soliti Ignoti”, con relativo sputtanamento dell’Hellas e di chi aveva creduto a quella gigantesca panzana della vendita a Lancini della Franciacorta.

Poi, altro dato importante che ci riferisce Aramini: “Se salvezza sarà, Arvedi vuole fare una squadra per puntare in alto nel prossimo campionato”. Bene, anzi benissimo. Proprio quello che volevamo sentire. E qui non c’è bilancio che tenga o relazioni disastrose dei sindaci. Perchè ricorda Aramini: “Il Conte è pronto a svenarsi ulteriormente per la squadra”. Anche questa è una buona notizia. Insomma, se veramente restasse Arvedi, non si venga a parlare di lacrime, sudore e sangue.

C’è poi l’ultimo messaggio che Aramini manda. Alla città e chissà a chi. “C’è chi dice che l’Hellas è vicina al fallimento” spiega “con un garante come il conte che ha un patrimonio di 200 milioni. Con lui l’Hellas non ha mai avuto così pochi debiti come ora”. Applausi. Così in un colpo solo e senza nemmeno consultare le dichiarazioni on-line del ministero delle Finanze, abbiamo saputo che il Verona non fallirà mai e quanti soldi ha Arvedi. Nemmeno Pastorello avrebbe raggiunto queste vette ("Sarebbe da folli smembrare questa squadra", "Manca solo la firma", "Mai più in serie B" etc). I tifosi, commossi, ringraziano. E forse, non solo loro…

LA GRANDE OCCASIONE DI MORANTE

Brocco, incompreso o buon giocatore? Il gol di domenica ha sollevato la questione. Chi è veramente Daniele Morante? Poteva essere lui l’uomo giusto, per trascinare il Verona verso la zona play-off, obiettivo minimo dopo la retrocessione della scorsa stagione? Le cifre dicono no. Morante ha segnato zero in campionato, ha sbagliato gol clamorosi, ma peggio ancora: si era presentato a Verona voglioso di sfondare ma solo a chiacchiere. Non è una leggenda metropolitana ma una precisa notizia che arrivava dallo spogliatoio veronese quella che lo voleva in sovrappeso e fuori forma al suo arrivo.

 

Il resto lo ha fatto lui: ha sbagliato gol clamorosi (ricordate a Cremona?) e man mano che passavano le partite (con conseguente calo di pazienza da parte dei tifosi) Morante era sempre più svogliato e involuto. Colpa di chi? Non credo francamente dei tifosi del Verona. Mi pare che siamo lontani anni luce dai casi “scarsa-pazienza-bastava-aspettarlo” (Gilardino?). Mentre infatti Alberto (che pure non aveva dato esempio di vita da atleta…) era un ragazzino e come tale andava giudicato e fatto maturare, Morante è un giocatore che è stato preso per fare la differenza. Subito. Immediatamente.

Altrimenti perchè avrebbe percepito un ingaggio così alto? Non era insomma la solita scommessa. Era l’acquisto “principe” della società, l’uomo che doveva fare gol. Come Totò De Vitis. E’ chiaro che quando ci sono queste premesse in pochi reggono la pressione. Ma vuol dire anche, permettetemi, che se non reggi la pressione non meriti quei soldi e non meriti una maglia importante come quella dell’Hellas.

Ecco perchè non capisco Morante adesso: con chi ce l’ha? Con i tifosi? Con i critici? Secondo me ha perso una grande occasione, sull’onda dell’entusiasmo per quel fantastico gol che ha segnato alla Pro Patria. Chiedere scusa e fare un enorme mea-culpa…

MA CHI SCRIVE IL COPIONE DI QUESTO FILM?

Io un’idea me la sono fatta: ci deve essere qualcuno lassù da qualche parte che si diverte a scrivere storie pazzesche con protagonista il Verona. Altrimenti non sarebbe spiegabile tutto quello che viviamo noi tifosi gialloblù. Facciamo sicuramente parte di un copione di qualche soap-opera ad uso e consumo di qualcuno che ama le emozioni forti. Sennò perchè il gol di oggi lo deve segnare Morante Daniele che fino a questo momento ha fatto zero e tutti lo chiamavamo Ciccio per i suoi chili di troppo?

E Morante segna alla fine di una partita incredibile in cui la porta sembra stregata, in cui Anania, quello della papera di Busto si crede Buffon con un colpo di testa al 94′ che è un po’ il minuto in cui la squadra di Pellegrini in questi mesi segna di più?

Neanche mai visto in un film di Sir Alfred Hitchcock. Un finale perfetto che però non è ancora finale. C’è la partita di Busto Arsizio e non sia mai che il nostro sceneggiatore si inventi un altro finale a sorpresa… Così, solo per il gusto di farci tremare ancora un po’ i polsi… Tanto siamo dell’Hellas e a tutto questo ci siamo abituati…

SETTIMANA DI PASSIONE

E’ come tutte le vigilie: c’è tranquillità apparente. Solo apparente però. Ma non possiamo dire che non ci siamo abituati. Reggio Calabria, Piacenza, Spezia. In questi anni le abbiamo provate tutte. E ogni volta sembra un film nuovo. Mi ricordo a Reggio Calabria. Alla sera mangiammo al circolo della Vela, vicino al tavolino dell’arbitro Braschi. Volevano offrirgli il pranzo, lui pagò con la carta di credito. Gran gesto. Ci eravamo appena addormentati quando un terribile botto ci svegliò. Era scoppiata una bomba carta nella hall dell’Hotel.

Prima di Piacenza (era venerdì) trovai Malesani a due passi da Telenuovo. Si fermò con la sua auto, tirò giù il finestrino e mi disse: “Vanno come saette, non perdiamo mai”. Ho pianto dopo quella partita. Il lunedì andai a trovare Malesani a casa sua. Distrutto. Mai vista una scena del genere. A suo modo drammatica.

A La Spezia mi sembrava di ballare sul Titanic mentre ci si dirigeva verso l’iceberg. Dopo la sconfitta ridevano tutti. Boh, non ho ancora capito cosa ci fosse da ridere… Tutti sicuri di farcela. Retrocedemmo ancora e nel modo più drammatico possibile.Senza società, con l’allenatore in fuga e uno spogliatoio marcio dentro.

Adesso siamo di nuovo qui, ad un passo dalla C2. Le sensazioni sono le stesse. Paura, tranquillità apparente, adrenalina che cresce. E’ venerdì, non ho trovato Davide Pellegrini vicino a Telenuovo (buon segno?) e domenica soffrirò dallo studio durante la diretta. Metterò la mia giacchetta bianca da gelataio. Forza Hellas.

CAMPEDELLI, IL VERONA E LA SUA “FRAGILISSIMA” CREATURA

Era il 1994 quando dissi che chi tifava per una squadra non poteva tifare anche per l’altra. Mi riferivo, naturalmente al Chievo e al Verona. Sono stato spesso attaccato per questa mia posizione. E’ assurdo, si diceva, che in una città come Verona, si crei una rivalità di questo tipo. Io ribattevo: guardate che è lo sport, è la bellezza del calcio. E lo sport e il calcio è fatto anche di sconfitte. Non si può accettare solo la cultura della vittoria. Mi ricordo benissimo che qualche fenomeno mi diede anche del fomentatore. Solo perché ribadivo il fatto che chi tifava Verona non poteva farlo anche per il Chievo. E se uno era veramente un tifoso doveva scegliere: o seguiva una squadra o l’altra. Certo, poi esiste anche lo “spettatore”: ma qui siamo in un’altra categoria. C’è chi va allo stadio solo per assistere ad uno spettacolo. Come andasse al circo. Ma questo “prototipo” non m’interessava. Trattasi per lo più di gente che va allo stadio quando il biglietto costa meno di un euro e solo in occasione di avvenimenti eccezionali (finali, feste scudetto, partite che valgono una promozione).

In questo mio discorso sono sempre stato coerente: ho sempre tifato per il Verona ma ho sempre ammirato il Chievo. Due piani diversi. Per tanti versi, e l’ho sempre detto, Campedelli rappresentava il non-plus-ultra del presidente. Appassionato, capace, intelligente e onesto. Purtroppo a noi del Verona uno così è terribilmente mancato. L’anno scorso, poi, la mia ammirazione nei suoi confronti è esponenzialmente aumentata. E’ successo che anche il Chievo, infatti, dopo tanti anni di vittorie, abbia perso. E’ crollato in serie B. In maniera anche ingiusta e inaspettata. Ma è stato proprio in quel momento che questa società ha avuto la forza di reagire facendo vedere a tutti che i successi non erano frutto del caso. Campedelli si è rimboccato le maniche, ha cambiato allenatore, ha allestito una squadra fortissima, trattenendo quasi tutti i migliori della stagione precedente ad incominciare da “Pelliccia” Pellissier, un giocatore che sogno avere nella mia squadra ideale.

Campedelli ama il calcio inglese e suo papà Gigi, era un tifoso sfegatato del Verona, tanto da sponsorizzare gli abbonamenti con il marchio Paluani nel campionato 1978-’79, come ho scoperto in questi giorni girovagando alla mostra sul Verona. Luca Campedelli disegna personalmente le magliette della sua squadra, con cura maniacale e tante volte mi sono chiesto: ma se disegnasse quelle del Verona, sai che divertimento? Forse è per questo che ora mi chiedo: è mai possibile che Campedelli non abbia mai pensato di essere lui stesso la ciambella di salvataggio del Verona?

Secondo me ci ha pensato e ci sta pensando. Il problema è salvaguardare la storia del vecchio Verona, scudetto compreso. Con Campedelli e Sartori ci sarebbe un grande futuro. E la forza economica della società aumenterebbe (c’è poco da fare…) tantissimo. Pensate solo al mercato dei diritti tivù che ormai rappresentano più del sessanta per cento del bilancio di una società. Se oggi con il Chievo (in serie A, naturalmente), Campedelli ricava dodici, massimo quindici milioni di euro, rappresentando il Verona potrebbe ricavare (minimo) almeno un terzo in più.

E dall’altra parte: con il bilancio disastrato come quello attuale dell’Hellas, senza diritti tivù (scordarseli in serie C…), incapace di investire (Arvedi o chi per lui metterà ancora soldi?), senza un management adeguato (Chi? Come? Dove? Quando?), quanta vita avrà ancora il