C’è un’immagine che ho colto alla fine di Verona-Parma. Juric parlava con Çetin prima spiegandogli qualcosa sulla partita e poi abbracciandolo teneramente con un mezzo sorriso.
E’ un’immagine che dice moltissimo sul rapporto che il generale Ivan ha con la sua squadra e con i suoi ragazzi. Çetin era un difensore che pareva finito ai margini, uno che pareva fuori dai piani dell’allenatore, in buona sostanza una grande delusione.
Invece, a sorpresa, Juric lo ha messo in campo con il Parma dimostrando di essere così libero da ogni pregiudizio. Non ho mai avuto la sensazione in questi mesi che Juric facesse le sue scelte in base a antipatie o simpatie, come purtroppo ho spesso visto in allenatori del passato. Juric decide solo in base a ciò che vede sul campo e in allenamento.
Come tutte le scelte possiamo discuterle, lo stesso Juric, molto severo nei suoi confronti, a volte ammette di averle sbagliate (si veda ad esempio le dichiarazioni dopo la sconfitta di Udine), ma di certo sono scelte fatte liberamente cercando di far valere il merito soprattutto.
Questo spirito è ciò che ha fatto la differenza in questi 18 mesi di lavoro di Juric. E’ ciò che ha permesso al Verona di raggiungere quota 33 in classifica a metà febbraio di un campionato che aveva tutte le caratteristiche per diventare una durissima via crucis.
La rettitudine morale di Juric è una premessa che va di pari passo con la sua bravura in campo. E’ ciò che ha reso possibile le trasformazioni di giocatori che parevano persi per la causa come Empereur o ancor di più Dawidowicz e che ha permesso straordinarie valorizzazioni sul mercato.
Un lavoro che è appena iniziato e che potrà proseguire con molti altri. I nomi? Facile: Tameze che nessuno conosceva, Barak che nessun ha mai visto a questi livelli, Bessa che è un patrimonio della società da recuperare e rilanciare e ora anche Lasagna che potrebbe diventare devastante alla faccia di chi a Udine lo ha ridicolizzato in questi mesi.