MI SONO COMMOSSO

Il capolavoro costruito da Ivan Juric a Bergamo andrà analizzato per molti anni a venire. Raramente si era visto un allenatore così lucido, così intelligente, così capace di leggere nelle pieghe di una partita e superare, invertendo a proprio vantaggio, gli ostacoli che gli si sono messi davanti. Con una squadra largamente rimaneggiata, l’allenatore del Verona ha saputo conquistare una vittoria leggendaria, contro una delle squadre più forti d’Europa in questo momento. Il Verona dapprima ha saputo soffrire restando aggrappato al match anche con l’aiuto della fortuna.

Mentre l’Atalanta sciupava occasioni su occasioni, il Verona pensava solo a reggere l’urto. Ma poi Juric è salito in cattedra e nel secondo tempo ha piazzato tre mosse che hanno cambiato la faccia al Verona e alla partita.

Prima di tutto il generale Ivan è tornato sui propri passi, togliendo Danzi, entrato addirittura a fare il difensore dalle parti di Gomez nel primo tempo al posto dello sfortunato Lovato, inserendo Veloso, ridisegnando la difesa, ora a 4 e attaccando come un francobollo Tameze all’argentino dell’Atalanta.

Poi intuendo con una rara lucidità le difficoltà atalantine, togliendo Di Carmine, inserendo Salcedo e poi Colley, ridisegnando ancora la squadra.

Infine, quando Ceccherini è stato costretto ad uscire, mettendo un attaccante, Favilli, arretrando Zaccagni a fare l’esterno a sinistra conferendo il colpo del ko alla stramata squadra del maestro Gasperini. Insomma una goduria per ogni appassionato di calcio e una gioia infinita per chi è tifoso del Verona.

Ne è uscita una partita epica, in cui la tattica e l’abilità dell’allenatore è andata a braccetto con il temperamento di un gruppo che conosce i propri limiti ma anche la propria anima, la stessa che Juric gli ha dato in questi due anni di lavoro.

C’è stato un momento e scusate se per un attimo parlo dei miei sentimenti, in cui stasera mi sono commosso. Davvero: questo piccolo ma indomito Verona riesce a muovermi dei sentimenti che da tempo non provavo e credo non provavate. Sembra un calcio antico rimpastato in chiave moderna e quell’omino lì assomiglia in maniera pazzesca a quell’altro omino milanese che attaccò alle caviglie del grande Diego Armando Maradona, Hans Peter Briegel. E improvvisamente mi pare di avere ancora vent’anni. Anche questa potenza del mago Juric.

COME SE AVESSIMO VINTO

Raccontare di come si è perso col Sassuolo mi viene difficile, anzi impossibile. Non ci riesco. Dico la verità. Come fai a raccontare di una partita che hai stradominato, dove hai comandato in lungo e in largo, dove hai colpito tre pali e una traversa e che alla fine ti vede uscire dal campo con zero punti? Beh, sarebbe facile farlo: basta dire che il Sassuolo ha tirato e segnato e il Verona no. Vero: ma non è sufficiente. Perché in molti anni che seguo l’Hellas questa è una della partite che più gridano vendetta. Cerco di spiegarmelo con il fatto che Juric ha mandato in campo giocatori adattati, seconde e terze linee, bambini e ragazzini della Primavera mentre De Zerbi guida una corazzata che nulla ha a che vedere con la dimensione del Verona. Eppure in campo non si è visto. A parte tre minuti (tre proprio) iniziali, il Verona ha preso in mano il filo del gioco, ha creato occasioni da gol, ha cercato di vincerla, ha impedito al Sassuolo di giocare e ha giocato la migliore partita della stagione. Senza dubbio. Anche migliore di quella con la Juventus e quella con il Milan prima della sosta. Stavolta però non riuscendo a prendere neanche un punticino che già sarebbe stato stretto. Ora inizio con i rimpianti: il primo è non avere avuto a disposizione uno a caso tra Faraoni, Lazovic, Lovato e/o Gunter. Poi per aver perso Kalinic per l’ennesimo infortunio muscolare. Poi Ceccherini, anche qui con problemi. La coperta è corta già di suo, questo maledetto campionato così compresso e così strano ci sta martirizzando. Juric non riesce a fare una settimana normale che sia una, condannato com’è a non gestire dal punto di vista fisico un gruppo che per essere competitivo ha necessità di viaggiare sempre a ritmi altissimi. Sarà questo il nostro nemico più grande da qui alla fine della stagione. Ma resta l’orgoglio di tifare per una squadra che si merita di essere applaudita anche quando perde.

AD UN PASSO DALLA STORIA

Ci è mancato tanto così, cioè pochissimo. Il Verona di Ivan Juric, il Verona dei bambini, è andato ad un passo dalla storia: vincere a Milano, cioè un successo nel campo “maledetto” dove l’Hellas non ha mai vinto nè con il Milan, nè con l’Inter. Nemmeno il fantastico Verona di Bagnoli, capace di imprese ovunque è mai riuscito a spezzare questo tabù.

A compiere questa impresa che si è dissolta al 92’, ci stava riuscendo un manipolo di ragazzini terribili, guidati da un grande maestro di calcio. Come con la Juventus è mancata la fortuna e non il coraggio. Cioè sarebbe bastato che Magnani non si facesse male e continuasse la sua serata fantastica in marcatura su Ibrahimovic, e sarebbe bastato che Dawidowicz (era lui? Siete sicuri?) avesse continuato a giocare la sua strepitosa gara per permettere al Verona di uscire con i tre punti da Milano.

Il pareggio non toglie nulla a questo meraviglioso gruppo che Juric sta plasmando come una squadra vera. Grinta e coraggio e almeno due individualità sopra le righe: Silvestri e Zaccagni che non a caso sono stati convocati e giustamente in nazionale. Accanto a loro stanno crescendo dei baby terribili: Lovato che il Milan vorrebbe a gennaio. Ilic che cresce di gara in gara. Colley che quando parte non lo ferma nessuno. Udogie che ha debuttato a Milano come se fosse andato a bere uno spritz sui Navigli. Con questa ragazzini, il maestro Juric ha rischiato di vincere contro la capolista. Pensate un po’ se avesse avuto qualcuno di quelli fuori. Magari Faraoni, o Gunter, o Benassi o anche semplicemente Favilli. Questo campionato sarà durissimo, non c’è dubbio, perchè purtroppo si giocherà anche contro gli imprevisti e la valanga d’infortuni che inevitabilmente toglieranno all’allenatore le poche risorse a disposizione. Ma quello che abbiamo visto fino ad oggi è da stropicciarsi gli occhi e da spellarsi le mani.

IL GENERALE URAGANO

Ivan Juric passerà alla storia per non aver mai perso una battaglia. Come Georgij Konstantinovič Žukov, detto Uragano, il leggendario generale russo della seconda Guerra Mondiale, l’uomo che ribaltò le sorti del conflitto sconfiggendo la Wehrmacht tedesca, la più grande macchina da guerra che l’uomo abbia mai costruito. Geniale stratega, Žukov ribaltò una guerra che pareva ormai segnata. Ed è lo stesso destino di Ivan Juric: qui per fortuna parliamo di calcio, ma Juric è l’uomo capace di ribaltare i pronostici, di cambiare il corso della storia, di regalare insperate vittorie al popolo dell’Hellas.

Sembrava una partita segnata anche quella con il Benevento. Mai visto un Verona così stanco, lento e falcidiato dagli infortuni. Sull’1-1 la squadra di Inzaghi aveva preso d’assedio l’area da rigore, sembrava ad un passo da una facile vittoria. Dall’altra parte però gli uomini del generale Ivan costruivano una tenace resistenza. La capacità di soffrire, di restare aggrappati alla partita, di comprendere quando si deve essere brutti sporchi e cattivi è sempre stato il timbro impresso da Juric alla sua squadra.

Così è bastato un suo segnale per scatenare l’inferno. Un guizzo da giocatore di grande qualità di Barak ha dato l’avvio al ribaltamento della partita. Il povero Benevento, quasi senza accorgersene e senza colpe specifiche si è ritrovato sul 3-1 mentre la meravigliosa armata di Juric mollava sganassoni terribili sotto forma di gol.

Alla sesta giornata della scorsa stagione il Verona pareggiava 1-1 a Cagliari e conquistava il suo sesto punto in classifica. Era un Verona che ci stava sorprendendo e che già meritava i nostri applausi se non altro perché stava già sovvertendo i pronostici che lo davano ultimo degli ultimi. Oggi dopo la sesta giornata, questo Verona, di punti ne ha undici, gli stessi di Inter, Roma e Napoli, uno solo in meno della Juventus. E il bello è che tutti, da Juric in giù, abbiamo la sensazione che sia ancora un Verona al sessanta, settanta per cento delle sue potenzialità. Chissà dunque quando sarà al cento per cento cosa potrà fare.

Intanto il generale Uragano se la gode nella sua trincea di Peschiera. Se la gode ma non troppo perché le partite come le battaglie hanno bisogno di uomini senza pace, indomiti, ruvidi, veri, carismatici che siano venerati dalle loro truppe e temuti dagli avversari. Juric non ha pace e come Žukov sta già preparando il prossimo piano di guerra. Il Milan è avvisato.

BELLISSIMI

Il Verona è  più debole dello scorso anno? Davvero? Allora vuol dire che Ivan Juric è ancora più bravo della scorsa stagione. Perché con una squadra più debole è riuscito a uscire con un punto straordinario dall’Allianz Stadium, dopo aver fatto tremare la Juventus. Sia chiaro: il Verona l’avrebbe vinta se solo non si fosse rotto Favilli e se ci fosse stata un’altra punta a disposizione. Questo ha detto il campo. E poi ha detto tante altre cose. Lovato non sarà Kumbulla, ma per certi versi è anche meglio. Tameze non sarà Amrabat ma corre anche di più. Vieira non sarà Veloso ma sembra un muro invalicabile.E Zaccagni è un campioncino che se continua così va diritto in nazionale. E poi là davanti c’è Kalinic, che non appena tocca palla, capisci perchè al Verona serviva uno così. Senza dimenticare Gatto Silvestri, portiere azzurro cielo.

A Torino è sbocciato il nuovo Verona di Juric. Non appena il tecnico veronese è riuscito a lavorare sul materiale umano che gli è stato fornito ecco il nuovo David prendere forma. Un’opera d’arte, una meravigliosa creatura piena di forza ancora inespressa, capace di regalare qualche certezza anche al suo ansioso Generale che magari non pensava di avere tanto ben di Dio a disposizione.

Il merito di questa impresa è tutto e solo di Ivan Juric. Su questo non ci sono dubbi. Era dal 1988 che il Verona non prendeva punti a Torino ed allora su quella panchina c’era il totem Osvaldo Bagnoli. Juric ha compiuto un’altra impresa storica e stia tranquillo: Setti, che fece fatica a cacciare anche Grosso, l’ultima cosa che vuole fare è esonerare la sua gallina dalle uova d’oro…

LA FASTIDIOSA TRASPARENZA DI JURIC

Ivan Juric è così: dritto come un ago, con la lingua ruvida come la carta vetrata. Ma è uomo vero. Ha detto quello che pensava come sempre. Non c’è nessun calcolo nelle sue parole, Juric non è machiavellico. E’ solo diretto e puro. Convinto che la trasparenza e l’onestà siano il bene più prezioso da difendere. Valori che nella scorsa stagione hanno reso il Verona la squadra rivelazione della serie A e portato svariati milioni di euro nelle casse della società.

Poteva risparmiarsi la filippica di domenica mattina, vigilia del match con il Genoa? Certo, poteva. Si sarebbe risparmiato anche critiche e avrebbe evitato una pericolosa “fibrillazione” interna. Ma non sarebbe stato Ivan Juric. Snaturare un allenatore del genere, così bravo, così attaccato al lavoro, così lontano dalle logiche affaristiche, sarebbe l’errore più grande che si possa commettere. Perché il Verona, questo Verona e quello del domani non possono prescindere da Juric. Juric è imprescindibile, un bene prezioso che Setti ha scovato e tenuto a Verona. Un bene anche scomodo perchè senza mezze misure e senza diplomazia. Ma perché Juric ha detto quelle cose, ridimensionando il mercato (buono) del Verona?

Non serve un genio per capirlo e lo stesso Juric lo ha spiegato: era evidentemente irritato dalla versione “sborona” di Setti, quello che alla fine del mercato è tornato a fare il ganassa: ho speso una follia, non so neanch’io quanto e via di “vince chi piscia più lungo”. Quel Setti lì è veramente insopportabile e fa a pugni con l’altro che quando vuole sa essere umile e anche intelligente.

Quel Setti lì, deve aver pensato Juric, merita una bella ridimensionata, perché non ha capito nulla. Non ha capito che quest’anno si riparte da zero e che il nostro scudetto sarà ancora una volta la salvezza. Non ha capito che ha fatto il minimo indispensabile per lottare contro Benevento, Crotone, Spezia e tutte le altre, sperando di metterne un’altra volta almeno tre dietro. Non ha capito che non è il momento di alzare la cresta, neanche un secondo, perché se dici alla gente che hai fatto follie, poi magari la gente si aspetta l’Europa quando invece hai giusto giusto una squadra che lotta per salvarsi. Non ha capito, soprattutto che è stato merito di Juric se ha portato a casa tutti quei soldi, frutto di un lavoro eccezionale e forse irripetibile.

Ecco Juric ha detto quelle cose molto dure, pensando probabilmente solo al Setti “ganassa”, senza considerare che lo ascoltavano tutti. Anche i tifosi che amano Juric capo di una banda di bambini “terribili” e non l’allenatore lamentone degli ultimi tempi. E lo ascoltava, fatto non secondario, anche la squadra dove ci sono giocatori a cui può anche non far piacere che il loro tecnico non li consideri adeguati.

Poi però arriva la gara con il Genoa. E il Verona che ha sette undicesimi diversi dalla scorsa stagione ma che ha già la sua identità figlia dell’uomo dritto come un ago e con la lingua ruvida come la carta vetrata, fa la solita partita generosa, orgogliosa e per certi versi bellissima. Un Verona che ha sette punti in classifica, (cinque se togliamo la vittoria a tavolino con la Roma), che ha preso solo un gol, miglior difesa della serie A e che d’ora in poi potrà solo migliorare soprattutto in quella maledetta fase realizzativa che rappresenta un cruccio da sempre.

Setti, quello intelligente, sa perfettamente che il merito di tutto ciò è di Ivan Juric pur con la sua trasparenza fastidiosa. Molto meglio comunque dei falsi leccaculi che lo hanno attorniato fino a pochi mesi fa e che ci tormentavano in campo e fuori con i più brutti e indegni Verona della storia.

DA STEPINSKI A KALINIC

Di mezzo c’è il mondo. Un anno fa il colpo del mercato era stato Stepinski, modesto bomberino preso dal Chievo. Oggi è arrivato Kalinic, un profilo internazionale di altissimo livello e probabilmente quello che Juric voleva anche a livello tattico. Oltre a lui sono arrivati anche Tameze, Barak, Vieira, Benassi e Ceccherini. Mi limito a questi perché il resto lo considero un mercato di secondo livello, utile però a creare alternative e ovviamente future plusvalenze.

In più sono rimasti Lazovic, Faraoni, Gunter, Silvestri, Zaccagni, Salcedo e Di Marco.Non so se il Verona sia migliore della passata stagione ma questa campagna acquisti non mi è dispiaciuta. Certo la tempistica è stata pessima (bisognava proprio aspettare oggi per Kalinic?), qualcosa non è andato per il verso giusto (Pessina) ma stavolta non si può dire che la società non abbia accontentato Juric. Fosse arrivato un altro esterno, era vicinissimo Ounas, il voto sarebbe stato ancora migliore. Stasera mi sento di dare un bel sette.

E’ stato un mercato molto complicato. Setti avrebbe potuto aprire i cordoni della borsa maggiormente ma speriamo abbia messo fieno in cascina anche per il futuro. Quei soldi devono restare nel Verona e non essere dispersi in altri rivoli. Non tollereremo più discorsi campati per aria, falsi progetti e soprattutto cavolate come quelle ascoltate negli anni precedenti. Setti da quando è a Verona ha fatto tutte le plusvalenze possibili e immaginabili. Fin da gennaio del primo anno di A quando cedette per due euro il giovane Jorginho. Parlare di un Verona in crisi finanziaria era ed è una bestemmia che fa a pugni con la realtà dei fatti. I tifosi non sono scemi da prendere in giro, ma gente da amare e rispettare.

A Setti non si chiede molto: il minimo è un Verona stabile in serie A. Lui non è un presidente come i precedenti. Ha il vantaggio di avere valanghe di denaro garantito dai diritti tv come nessuno mai ha avuto a Verona. Non ci stancheremo mai di ricordarlo. E come al solito, non faremo nessuno sconto. Vigileremo e romperemo le palle ogni volta che ce ne sarà la necessità, come abbiamo ampiamente dimostrato, unica voce fuori dal coro, in questi anni. Diremo bravo quando c’è da dire bravo (vedi la scelta e soprattutto la conferma di Juric), lo criticheremo quando ci sarà da criticarlo. Questa libertà di giudizio che manteniamo e che il nuovo corso comunicativo del Verona ha capito pienamente, darà molta più consistenza agli elogi che saranno sinceri e non viziati da rapporti di interesse o semplice lecchinaggio di bassa lega. Questo è l’unico ruolo che rivendichiamo e che abbiamo sempre difeso.

Adesso tocca al generale Ivan dare alla truppa scaligera il valore aggiunto. Ivan Juric è un grandissimo allenatore. Ha fatto le nozze con i fichi secchi, ora è all’anno uno di un progetto che lui ha scelto di continuare grazie anche ad un ricco triennale che gli è stato offerto. Parola al campo.

MESSAGGIO ALLA SOCIETÀ

Il Verona torna sulla terra. La sconfitta di Parma può diventare molto salutare perché toglie di mezzo le illusioni. E cioè che è sempre possibile fare le nozze con i fichi secchi. Un’illusione che la bravura di Juric ha reso così concreta da sembrare la realtà. Una condizione perfetta per Setti e la società. Dopo aver investito su Juric è passata l’idea che bastava poco per essere competitivi anche in questo campionato. Invece non è così e questo lunedì 5 ottobre segnerà la differenza tra una società che ha investito parte dei proventi guadagnati grazie a Juric e una che invece non ha nessuna intenzione di migliorare. Saremmo ingenerosi a dire che il Verona non ha fatto nulla in questo mercato. Il tentativo di cambiare passo c’è stato.  Ma non è purtroppo sufficiente. Manca la “polpa”, la stessa polpa che chiede Juric. Setti potrà cambiare il destino del mercato e fare veramente pace con i tifosi che lo chiamavano “buffone” con un grande lunedì da leoni. Attendiamo fiduciosi.

PEGGIO DELL’ANNO SCORSO (E SIAMO PRIMI)

Siamo lontanissimi dal Verona monstre dell’anno scorso. Eppure siamo primi. Fortuna? Io non credo. Non è (solo) questione di fortuna. Il fatto è che mentre l’anno scorso eravamo una allegra brigata da osteria che Juric aveva raccattato tra le sue conoscenze a parametro zero, quest’anno la struttura della squadra c’è e c’è anche un anno di lavoro alle spalle (per qualcuno, non per tutti) e in più c’è la consapevolezza di quanto è stato fatto in passato. Manca come il pane uno come Amrabat ma lui si sa è insostituibile. C’è però altra qualità e altri giocatori  che sicuramente miglioreranno con il tempo. Oltre a tre quattro rinforzi, Juric ha bisogno proprio di tempo perché purtroppo il mercato è andato lungo (troppo) e perchè per portare tutti a livello servono almeno sessanta giorni di lavoro. Non illudiamoci: i sei punti sono frutto di Tavolino e del lampo di Favilli, sarà comunque durissima per il livellamento generale del campionato e perchè la salvezza per il Verona resta sempre un’impresa. Però pensare di essere così indietro e aver vinto due partite aiuta moltissimo proprio perchè evita le tensioni da classifica e permette alla società di ragionare (e di aprire il portafoglio). Sarà una settimana durissima per d’Amico che adesso deve quagliare le mille trattative aperte, soprattutto per la punta, evitando di incartarsi come successe l’anno scorso con Stepinski. Poi bisogna riportare qui Pessina (c’è l’accordo ma lui ancora non si vede), un trequartista (possibile un ritorno di fiamma di Borini che è ancora a spasso?), un difensore. La differenza la farà soprattutto la punta. Non abbiamo ben capito che giocatore stia cercando il Verona (un armadio? un giocatore di manovra? Sanabria? Vlahovic? Mister X che ancora non conosciamo?) ma Juric saprà sicuramente indicare la via. Come detto e ripetuto. Il generale Ivan è l’uomo che fa la differenza. E la differenza oggi si chiama “Verona capolista”. Non male, in fondo…

LA NOSTRA GARANZIA SI CHIAMA JURIC

Bando alle ciance: il titolo rivela una banalità. Il Verona ha un allenatore che è un fuoriclasse. Il pareggio contro la Roma va annoverato nella categoria “impresa”. La squadra scaligera rabberciata e ancora incompleta ha già fisionomia e identità. Cambiano gli uomini, cambiano gli interpreti si alza e si abbassa il tasso tecnico ma il Verona non cambia. E questo perché il “regista” dell’Hellas è capace di scavare solchi profondi, indelebili che creano precisi binari tattici in cui poi si può anche recitare a soggetto. Juric è una garanzia in tutti i sensi. Garantisce risultati e garantisce che il progetto di Setti stavolta non sia una chimera. Arriveranno i quattro cinque rinforzi, arriverà un attaccante forte, il Verona sarà una squadra competitiva, molto più rispetto alla scorsa stagione. Bisogna solo tenere duro per un’altra gara e poi sicuramente la strada si farà in discesa.

Non riesco, quest’anno, ad essere ipercritico nei confronti della società. Capisco che il periodo è anomalo e che i tempi erano ristretti. Però degli errori sono stati commessi. Setti è stato troppo “attendista”. Ha aspettato di piazzare anche Kumbulla prima di chiudere le operazioni importanti. E’ il solito difetto. Di fatto il Verona ha “sprecato” quell’enorme vantaggio che l’aver ceduto a gennaio Rrahmani e Amrabat gli dava. La colpa è ancora più grave sapendo che la squadra era composta in gran parte da prestiti il cui destino non era facile da indirizzare verso il gialloblù. Juric ha lavorato male e in emergenza a causa di questo, vanificando praticamente il ritiro. Senza dubbio se tre pedine fossero arrivate prima (Favilli, Benassi e Barak) con la Roma le cose sarebbero andate ancora meglio.

A parte questo D’Amico ha lavorato con logica e con precisione. Tutti i giocatori sono stati indicati da Juric e qualche talento è già emerso: cristallino quello di Lovato, destinato, se continua così a non far rimpiangere Kumbulla. Bene anche Ruegg per quel poco che si è visto, mentre Çetin è ancora troppo indietro sia come condizione sia come inserimento nei meccanismi. Barlumi di luce da parte di Tameze. Con Pessina, Salcedo, un altro centrocampista e un difensore esperto il Verona sarà ancora più bello e più forte. Ma la base c’è.

Ovviamente il Verona non può prescindere dal prendere un attaccante di livello, un giocatore che risolva con i colpi le partite complicate. Il dovere della società, incassati sessanta milioni di plusvalenze, è di assicurare a Juric questo giocatore. Magari evitando di arrivare proprio all’ultimo giorno in cui poi sei costretto a scelte obbligate come nel caso di Stepinski. Ci aspettiamo un grande colpo da Setti. Stavolta non ci deve deludere ancora.