Niente, ha detto Juric a chi gli chiedeva in che cosa la Roma fosse stata superiore. Avrebbe potuto dire anche che l’arbitro Maresca è stato il miglior giocatore che i giallorossi hanno messo in campo. Solo l’assurdo arbitraggio del mediocre fischietto che ha diretto la gara dell’Olimpico ha impedito all’Hellas di uscire con i punti che avrebbe meritato. La sconfitta, arrivata per un rigore inesistente e per uno non dato, non toglie nulla all’ennesima prestazione di altissimo livello del Verona. Il Var, ameno strumento che avrebbe dovuto togliere dubbi e imbarazzi, non è servito neanche stavolta a nulla. Ma è persino inutile parlarne. Meglio, molto meglio, parlare di quello che il Verona è riuscito a mettere in campo anche a Roma. Una squadra che non smette di stupire e che rende orgogliosi anche quando perde.
Juric ha costruito una macchina perfetta, oliata, rodata, in cui c’è un sentimento di fratellanza e di disponibilità che non ha paragoni con nessuna altra squadra del passato. Uniti dal progetto tecnico-tattico dell’allenatore croato, questi ragazzi sono andati oltre per dedizione e serietà professionale. Non è scontato nel calcio di oggi, anzi, se vogliamo è un’eccezione destinata a rimanere a lungo nella nostra memoria. Giocatori in prestito, giocatori già ceduti che continuano con indomita applicazione a sputare sangue sono un esempio che dovrebbe far vergognare qualche giocatore del passato. Penso ad esempio a quel gruppo che andò in serie B l’anno di Malesani. Avesse avuto un centesimo dei valori di questa squadra non sarebbe mai successo quel trauma destinato a segnare la storia del Verona per almeno tutto il decennio successivo.
Senza dubbio, il merito va ascritto all’allenatore croato a quella normalità che è diventa una straordinaria dote in un mondo capovolto, in cui le carriere si costruiscono con le relazioni e non con la bravura in campo. Juric è semplice, è diretto, dice sempre la verità, non ha strutture mentali perverse. Sono qualità, vorrei sommessamente dirlo al nostro allenatore, che noi apprezziamo tantissimo ma che, non so se altrettanto sarebbero apprezzate in altre piazze. Anzi, ho come l’impressione che tutte queste cose che piacciono a noi veronesi che veniamo dalla terra e che badiamo al sodo, siano in realtà dei difetti al di fuori di qui. Ecco, ne tenga conto il nostro mister quando farà la sua scelta. A prescindere da Setti, da D’Amico, dai progetti, dai cicli, dai soldi, qui ha trovato un popolo che lo capisce, che lo ama, che lo apprezza e che gli permette di lavorare come altrove forse non riuscirà a fare.
E questo, caro Ivan, fa tutta la differenza del mondo. Ma non dubito che tu lo sappia già.