IL MERITO DI AGLIETTI

Una squadra allo sbando, praticamente fuori dai play-off, rivitalizzata in un mese. Comunque andrà Alfredo Aglietti merita la riconoscenza del popolo gialloblù. E’ solo ed esclusivamente merito suo se il Verona è ancora incredibilmente in corsa. Arrivato come ultima scelta, quando Setti ha esonerato “a malincuore” (non si può smettere di ricordare quella sottolineatura del presidente nel comunicato che liquidava il precedente allenatore), Aglietti ha riportato con normalità il Verona dentro la corsa promozione. Proprio per quello che era l’Hellas al suo arrivo e quello che è stato stasera a Pescara, Aglietti ha compiuto un’impresa. Finalmente abbiamo un’idea di cosa sia Colombatto, di cosa valga veramente Di Carmine e anche dei limiti di questa squadra (gli esterni che proprio non vanno).

Ora l’entusiasmo è cresciuto, non dobbiamo disperderlo, ma non dobbiamo neanche dimenticare tutto quello che è successo fino ad oggi. Con il Cittadella, il Verona torna a vestire i panni della squadra favorita e sinceramente non so se sia un bene. Il Cittadella è una squadra “carogna”, splendidamente allenata, frutto di una società seria che da anni tenta il grande salto. E’, forse, inferiore tecnicamente al Verona, ma ha doti caratteriali che l’Hellas ha appena toccato con mano in queste ultime gare. E’ una brutta gatta da pelare e va affrontata con il dovuto rispetto, ma anche senza paura. Aglietti saprà come fare. Per me, anche se non dovesse arrivare la serie A, deve essere lui il prossimo tecnico del Verona. Se l’è meritato sul campo.

A PESCARA SERVE IL VERONA CHE NON ABBIAMO MAI VISTO

Aglietti ha mascherato bene la delusione. Il Verona, lo sappiamo tutti, era condannato a vincere questa partita. Il pareggio serve solamente a tenere aperte le speranze. Certamente non è finita, ma quello che è facile intuire è che sarà durissima. A Pescara bisogna vincere o si sarà veramente compiuto il fallimento totale di questa stagione. L’impresa è possibile ma per realizzarla serve un Verona che non abbiamo mai visto quest’anno.

Una squadra, cioè, che abbia intensità per tutti i novanta minuti, che sappia essere cinica e spietata e che abbia intelligenza. L’intelligenza di capire quando l’avversario è in difficoltà, quando è il momento di colpire, quando quello di chiudersi. Il Verona, figlio di Grosso, non è mai stato una squadra e non ha mai fatto vedere quelle caratteristiche. Quello di Aglietti ha fatto intravvedere qualche qualità, ma non ancora sufficiente per compiere un’impresa di questa portata.

Alfredo Aglietti non ha avuto il tempo per lavorare in profondità come avrebbe potuto fare se fosse arrivato prima. In poco tempo ha restituito una logica a una squadra che era senza futuro e che ora è chiamata a compiere un’impresa miracolosa. Il rammarico è di non averlo avuto prima. Una beffa, frutto dell’insensata decisione presa in ritardo e “a malincuore” da Setti che ha esonerato Grosso solo alla penultima giornata. Qui lo dico e non temo smentite: se il Verona riuscisse a battere il Pescara all’Adriatico va diritto in serie A. Non ho molte speranze che questo avvenga. Mi affido all’imponderabilità del calcio, agli dei del pallone spesso privi di razionalità, e al cuore. La testa mi dice di non illudermi troppo.

ELOGIO DI UN UOMO NORMALE

Alfredo Aglietti, un uomo normale che arriva dopo un “fenomeno”. La normalità: quella sana che porta con sé la logica. Aglietti ha rivitalizzato il Verona. Niente di eccezionale (echissenefrega), ma ora il Verona è una squadra. In mille mesi di gestione Grosso nulla di simile abbiamo visto.

Col Perugia la normalità ha messo i giocatori dove devono stare, quelli che devono segnare hanno segnato, si è sofferto perché nel mondo normale la sofferenza è una componente indispensabile. Magari si è sofferto troppo, per colpa di un calo di tensione che ha causato l’errore di Henderson, ma tutto è servito poi per tirare fuori il meglio da un gruppo che finalmente non è più frenato dalle masturbatorie elucubrazioni del proprio allenatore (esonerato “a malincuore” dal presidente, va ricordato).

Grazie Aglio, te lo dico sinceramente, per avere (con normalità) scoccato una scintilla di speranza. Sembrava tutto finito, era tutto finito, ora quantomeno c’è una semifinale play-off da giocare. Ciò, va detto, non cambia nulla nel giudizio generale sul Verona e su questa annata e soprattutto su quella inadeguata dirigenza che ha causato tutto questo disamore. Anzi, peggiora semmai le cose: il presidente Setti è doppiamente responsabile per le sue sbagliatissime scelte e la riprova è che bastava un uomo normale come Alfredo Aglietti per pilotare il Verona in serie A.

Anche se purtroppo non ne avremo la controprova è facile presupporre che con Aglietti il destino del Verona sarebbe stato diverso. Lo si era intuito con il Foggia, lo si è capito stasera. Allenamenti a porte aperte (avete notato che ora la società è tornata a scrivere che si può andare a Peschiera?), risposte finalmente che parlano di calcio, sintonia con la piazza: la normalità di Aglietti può rendere nuovamente straordinaria l’aria del Monte Baldo.

 

PER FAVORE NON CHIAMATELA IMPRESA

Il mediocre campionato di serie B permette al Verona di giocarsi ancora la serie A. Questo e null’altro ci ha portato ai playoff. Accantonerei quindi fanfare e trionfalismi perché proprio non è il caso. Siamo lontanissimi da una squadra appena decente e l’onta di aver rischiato di non andare nemmeno a giocare questo secondo campionato deve essere nella testa di questa squadra che per nove mesi ha dilaniato i testicoli ai suoi tifosi.

La vergogna è stata evitata per i demeriti degli altri, questo sia chiaro. Ma ora siamo in ballo ed è giusto ballare. Dopo essersi liberati di Grosso, ora con Aglietti è tornata almeno un po’ di normalità. Il che non fa che aumentare le responsabilità di Setti per la tardiva decisione presa, va ricordato, a malincuore dopo un tragicomico comunicato che parlava di coerenza e altre amenità.

La speranza è che ora si possa compiere un miracolo sportivo che non potrà mai essere catalogato alla voce impresa. Per favore risparmiateci solo questo. Diciamo che se riusciranno ad andare in serie A avranno fatto appena appena il loro dovere minimo. Se non ci andranno sarà un fallimento di proporzioni gigantesche.

ILLUSIONE

Illudersi che un allenatore possa cambiare faccia ad una squadra in due giorni è pura follia. Aglietti rischia di essere solo una foglia di fico che tenta di coprire le vergogne della società. Non è e non potrà mai essere colpa sua. Il problema è tutta quella filiera di comando che Setti non ha ancora deciso di epurare come si doveva fare già dopo la passata stagione. Una filiera che lo ha portato al disastro più completo, inviso come non mai da una piazza che non ne può davvero più di una simile situazione.

E’ strano come Setti non riesca più a prendere una decisione seria ormai dal giorno in cui decise di privarsi di Sogliano. Da quel momento, allontanando tutti quei dirigenti, è iniziato il declino irreversibile del Verona. Sono passati ameni addetti stampa, imbarazzanti direttori sportivi, figure che hanno creato il disagio odierno, ma Setti ha continuato per la sua strada, convinto che sia la strada migliore e non un dirupo che ormai lo ha inghiottito senza pietà.

Sarebbero anche problemi di Setti se tutto questo non si riflettesse sull’Hellas Verona che sta conoscendo un percorso di declino sportivo senza precedenti, il tutto a fronte di una ricchezza finanziaria mai toccata in sorte da nessuna società precedente. E’ questo che fa veramente incazzare la gente. Dovrebbe essere un momento in cui il Verona naviga tranquillamente in serie A, con l’obiettivo di prendersi delle soddisfazioni e crescere. Ed invece l’incapacità dell’accozzaglia dirigenziale voluta dal presidente di Carpi, costringe a continue umiliazioni, fino a quest’ultima: essere ad un passo dal non andare ai play-off.

Siamo davanti al fallimento totale, al completo naufragio di questa nave, in cui miseri personaggi non hanno nemmeno la dignità di andarsene in fretta, unico atto di orgoglio che potrebbero fare. Invece se ne stanno tutti zitti, coperti, nascosti, nel tentativo di far passare ‘a nuttata. Aiutati da menestrelli complici che sono come il parmigiano. Stanno bene su tutto, perfino sulla merda.

 

FINALE CON PAGLIACCIATA

La pagliacciata è servita. A due giornate dalla fine, a tempo abbondantemente esaurito, il presidente del Verona Maurizio Setti, facendosi beffe della propria coerenza sbandierata solo qualche giorno fa a lettere MAIUSCOLE, ha esonerato Fabio Grosso. Facile dire che è il fallimento di quel progetto societario (sciagurato) intrapreso la scorsa estate contro il buon senso e contro la gente dopo l’indecente campionato che si era appena concluso. Purtroppo Setti ha deciso di andare a sbattere contro il muro e solo dopo che la macchina si è schiantata e ha sentito il rumore delle lamiere contorte accartocciarsi su di sé, ha avvertito di “avere paura”. Benvenuto sulla terra. Purtroppo in questa assurdo braccio di ferro che Setti e il suo staff hanno voluto fin dall’inizio della stagione, non ha vinto nessuno.

Ha solo perso il Verona. Oggi c’era lo stadio vuoto, la gente non crede più a Setti e alle sue fregnacce. Non crede più, e questo è peggio, che questa società sia ancora l’Hellas Verona. Anch’io non lo credo più. Grosso, con la sua supponenza e la sua arroganza, ha allontanato i tifosi, ha segnato un punto di non ritorno che l’avallo di Setti ha sancito con puntuale accanimento. La colpa, ovviamente non è di Grosso, ma di chi lo ha messo a guidare il Verona. Cose che i lettori di tggialloblu.it sanno benissimo visto che le diciamo fin dall’inizio.

Ora si tratta di capire come Setti vorrà andare avanti. L’occasione che la storia gli presenta davanti è enorme. L’allenatore che sceglierà nelle prossime ore potrebbe essere anche quello della prossima stagione. Potrebbe essere un nuovo inizio, ma noi temiamo, che restando quelli i suggeritori e le teste, si sprecherà un’altra occasione, l’ultima. Gli uomini come insegna anche questa vicenda sono importantissimi. Non è vero che tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Dopo questa enorme pagliacciata, attendiamo, senza fiducia purtroppo, le prossime mosse. Ci fosse un po’ di coerenza non dovrebbe pagare solo Grosso.

UN BRODINO CHE NON SERVE A NIENTE

Come volevasi dimostrare. Come sempre succede dopo una sconfitta purulenta, il Verona reagisce nel tentativo di dimostrare che tutta la squadra, la società, persino i massaggiatori sono con l’allenatore. Il punticino di Pescara è il solito brodino (di dado) che in realtà non testimonia niente. Allontana solamente le (finte) voci di un cambio di panchina (che francamente a tre giornate dalla fine sarebbe stata la pagliacciata conclusiva).

Setti procede con coerenza nel suo progetto calcistico teso ad allontanare la gente di Verona dal Bentegodi, mentre Grosso aggiunge perle alla sua collana di errori stagionali. L’incomprensibile formazione di oggi con la bocciatura di Di Carmine e Pazzini (finalmente vicini, ma in panchina come ha scritto un tifoso durante Alè Verona), con Faraoni out (il migliore quando è entrato), lo spaurito Danzi a centrocampo e la solita difesa in cui su quattro giocatori, due sono fuori ruolo, ha permesso al mediocre Pescara di Pillon di uscire imbattuto dall’Adriatico.

E così si va avanti con il ridimensionamento degli obiettivi, riadattati settimana per settimana allo schifo vigente (CONSAPEVOLEZZA DEL MOMENTO). Fino a consunzione totale delle nostre gonadi.

MODELLO ATALANTA

A tutti quelli che: “Guardatevi intorno: Vicenza, Treviso, Venezia, Padova, Chievo… Solo fallimenti e risultati penosi”. A tutti quelli che: “Meglio tenersi Setti…”. Ecco: a tutti quelli che dicono questo, rispondo semplicemente: “Invece di guardare sempre a chi sta peggio in un terribile gioco al ribasso che denota tra l’altro una scarsa considerazione per il Verona e la sua storia, io guardo semplicemente a chi sa fare calcio, con passione, onestà e competenza”. Non serve andare in Germania per trovare un modello. Basta fare 100 chilometri e trasferirsi nella città di Bergamo. Una città simile a Verona, per bacino d’utenza. Forse anche più piccola. Una città che ama, vive, soffre la propria squadra come facciamo a Verona. Ma che a differenza di Verona non permetterà mai che il nome e la tradizione della propria squadra vengano “profanati” e/o “calpestati” da gestori che dimostrano di non amare quella maglia in modo profondo. L’Atalanta è un punto di riferimento sociale, prima ancora che sportivo. E l’Atalanta è preziosa. A Bergamo, giusto per essere chiari, non permetterebbero mai comunicati come quello dell’altro giorno di Setti. Ci sarebbe una sollevazione popolare della città, del sindaco, dei media, oltre che dei tifosi ovviamente. A Verona il “partito del ribasso”, invece di alzare l’asticella del giudizio, continua a dare credito a chi ha dimostrato di non meritarlo.

A Bergamo si fa calcio e si fa calcio con competenza, trasparenza e onestà. I dirigenti sono gente capace, brava e non inadeguata come a Verona. In cabina di regia c’è Giovanni Sartori, un nome e una garanzia. La squadra è allenata da Gasperini, l’Osvaldo Bagnoli moderno. Il settore giovanile è stato ispirato per decenni da Mino Favini, recentemente scomparso, che aveva l’Atalanta nel sangue. Ora c’è Costanzi che aveva vinto uno scudetto Primavera col Chievo. Si fanno plusvalenze a raffica, giustamente, ma mai per speculare, sempre con un senso alto del progetto sportivo. Si rifà lo stadio, senza messicani, senza piscine, e soprattutto con una squadra fortissima. Non è difficile. Bastano le persone giuste.

L’ASSURDO DIBATTITO SUL BENTEGODI MENTRE IL VERONA AFFONDA

Abbiamo passato un’intera settimana impegnati in un dibattito surreale: il nuovo stadio Bentegodi. Amo Verona, ma a volte, veramente non capisco. Siamo una città meravigliosa ma davvero strana. Non voglio fare polemica con il sindaco Sboarina, non è quella la mia intenzione nè il mio ruolo. Ricordo solo che Sboarina qualche anno fa mi aveva invitato nel suo ufficio e mi aveva illustrato con grande passione l’idea di rifare l’attuale Bentegodi con poca spesa e con molta lungimiranza. Lui era il fiero oppositore della costruzione di un nuovo stadio che in quel momento la sua giunta aveva preso in esame. Ora lo trovo su altre posizioni, ma nemmeno quello mi scandalizza. Si può cambiare idea, per carità, ma bisogna farlo solo se vale veramente la pena.

Quello che non capisco è perché Sboarina in questo percorso legittimi Setti e la sua combriccola. Questa società, purtroppo, non merita credito. E tradisce la fiducia di tutti coloro che in buona fede si avvicinano. Il deserto in cui versava oggi il Bentegodi sancisce il fallimento di Setti e come conseguenza di ogni possibile progetto legato ad un nuovo stadio. Il Verona sta sprofondando in classifica, ma quello che è peggio è che l’arroganza della società sta disamorando i veronesi. Come si può pensare di costruire un nuovo Bentegodi in questa condizione, per di più tagliando fuori un’altra società che a Verona ci ha sempre giocato? Chi andrà a vedere questo Verona nel nuovo Bentegodi?

In qualità di sindaco e “regista” delle vicende veronesi, Sboarina dovrebbe invece aiutare a costruire una seria alternativa a Setti. Smettiamola di dire che a Verona nessuno si fa avanti. Bisogna che ci siano le condizioni giuste e il prezzo giusto e la gente c’è. Ed anche qualificata. E’ arrivato il momento di porre la questione, perché di gare come quella contro il Benevento ne vedremo molte nei prossimi anni se restiamo con questa supponente proprietà. Solo un Verona “forte”, sul modello Atalanta, può giustificare uno stadio nuovo. Le foto di una piscina posizionata sugli spalti di un impianto che dovrebbe essere pubblico e non settario, acuiscono solo il disagio e la lontananza di questo progetto dall’amara e triste realtà di oggi. Lo dico a Sboarina-sindaco, ma anche al Federico-tifoso senza acredine e senza polemica politica che lascio volentieri ad altri. E’ una riflessione profonda, prima che sia troppo tardi.

L’UOMO CHE NON SBAGLIAVA MAI

Fateci caso: più o meno ogni anno di questo periodo, quando hai la sensazione che la stagione sia ormai compromessa, arriva un’esternazione di Setti. Per dire che? Solitamente e in ordine sparso questi concetti. 1) Stiamo uniti. 2) Tutti insieme ce la possiamo fare. 3) I conti sono a posto. 4) Volpi mi ha prestato dei soldi ma non per il Verona (questa svolta in varie forme, mai una uguale alla versione precedente). 5) La squadra è fortissima. 6) L’allenatore è bravo. Tra una riga e l’altra leggi anche: anch’io faccio degli errori. Olà… Allora tu lettore spossato e ormai disincantato dici: dai che ci siamo. Forse stavolta ammette di aver sbagliato. E invece niente. Perché in realtà Setti si assolve sempre. Cosa può aver sbagliato l’infallibile uomo di Carpi? L’allenatore? No perché Grosso, come Pecchia è bravissimo. La squadra? No perché è stata costruita con grande dispendio di mezzi. E poi, come al solito, come quando sei assediato in area di rigore, eccolo rifugiarsi in calcio d’angolo con il più classico degli argomenti: se qualcuno vuole il Verona si faccia avanti. Una specie di ricatto che già l’abile Pastorello usava a ogni piè sospinto e per la verità con tutta altra classe (che a distanza di anni gli va riconosciuta). Cosa vuol dire “chi vuole il Verona si faccia avanti”? Che Setti vende? E chi acquista cosa acquista? Delle fiduciarie sparse per il globo in paradisi fiscali di cui non si conosce la composizione? E a quanto? E l’eventuale acquirente  deve riacquistare anche il marchio che il Verona si è venduto ad un’altra società collegata? E soprattutto: a quanto? Settanta milioni di euro, la quotazione data dallo stesso Setti, è sufficiente ad allontanare anche il più appassionato imprenditore. Ecco magari queste domande andrebbero fatte all’uomo che non sbaglia mai.