AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE

Ogni settimana sembra di rivivere lo stesso film. O se volete lo stesso incubo. Il giorno prima della gara Grosso promette riscatto, battaglia, vittorie. Il giorno della partita la sua squadra fa schifo. O pena. O angossa se siete veronesi. Dopo la partita nell’ordine Grosso dice: che il Verona ha giocato una grandissima gara. Che crede nella propria squadra. Che ci sono grandi margini di miglioramento (di crescita) e che andrà meglio la prossima volta in cui sicuramente si vincerà. Azzerate da tempo le domande vere dopo che alle conferenze stampa sono invitate solo le testate gradite-amiche, si crea un universo parallelo fatto di “superiorità”, “occasioni gol” e via discorrendo.

In quel momento tu che hai appena visto una partita orrenda pensi realmente di essere un deficiente. In mezzo a tutto questo non c’è uno straccio di reazione da parte della società. Setti, defilatissimo non si sente, si vede poco anche se la sua faccia compare su tutti i cartelloni stradali del nord est. D’Amico non ha mai messo la faccia per spiegare chi è e cosa fa nel Verona, Barresi è un personaggio pirandelliano (uno, nessuno centomila), mezza giornata in sede al Verona, mezza al Mantova, nessuno sa che ruolo abbia e cosa pensi.

La Primavera arranca nella sua serie B, eppure abbiamo un progetto legato ai giovani, così giovani che abbiamo preso Munari all’ultimo giorno di mercato. Costruiremo sicuramente un centro sportivo e uno stadio. Se continua così, diamo un consiglio all’amministrazione comunale. Basteranno quattro posti perchè alla fine nessuno vorrà più saperne di questo Verona e di questa società.

MERCATO AL RISPARMIO

Sono partiti: Bearzotti, Fossati, Cherubin, Calvano, Caracciolo, Cappelluzzo, Stefanec, Eguelfi, Cissé. Sono arrivati Faraoni, Di Gaudio , Vitale, Munari. Fatti due conti della serva è stato l’ennesimo mercato al risparmio, in cui il Verona ha ceduto più giocatori di quelli acquistati.

Sono arrivati due buoni giocatori da B come Di Gaudio (che di fatto sostituisce l’infortunato Ragusa) e Vitale. Ingiudicabile l’arrivo di Munari teso, forse a ampliare numericamente il centrocampo e a dare personalità ed esperienza. Gravissima la cessione di Caracciolo.

Non tanto per le qualità modeste del giocatore, ma per il fatto che Caracciolo era stato designato come leader di questo gruppo, tanto da farne il capitano. Ora, è difficile sapere quali dinamiche sono in atto nello spogliatoio di questa squadra, ma mi pare evidente che non siano rose e fiori. Caracciolo non è stato sostituito e quindi Grosso punterà tutto sulle due cariatidi Marrone-Dawidowicz, con Bianchetti atteso all’ennesimo rilancio della sua carriera e le altre ballerine a guardare (da Balkovec a Empereur).

Il problema però non è il mercato. Il problema è che sulla panchina del Verona c’è un tecnico che ha disegnato la squadra a sua immagine e somiglianza. Ruoli assolutamente non rispettati, moduli farraginosi, poca garra, tanto fumo. Restano i problemi di carattere, resta il dualismo Di Carmine-Pazzini, aggravato dal fatto che il Verona ha provato a privarsi di uno dei due, operazione non riuscita e che rischia di lasciare macerie sul terreno.

La verità è che, causa Grosso, non sappiamo che valore ha realmente questa squadra, visto che non ha mai pienamente convinto. La stessa domanda che dovrebbe farsi una proprietà seria. Appunto.

IL SOLCO

Il solco è sempre più profondo. Setti è chiuso nel suo fortino, accerchiato, convinto di avere ragione. Se la suonano e se la cantano. Hanno visto un “grandissimo Verona per ottanta minuti” anche contro il Cosenza.  A volte mi chiedo se sono io che vivo su Marte o sono loro.

Poi sento il Bentegodi che contesta Grosso e allora mi tolgo il dubbio. Al di là della rete ci sono anche i cantori di regime, quelli che vivono per mangiare le immondizie che cadono dal tavolo del padrone. Ma di loro ce ne siamo già occupati in altre puntate. Non preoccupatevi: saranno i primi a lasciare la barca quando lo riterranno opportuno e i primi a salire su quella nuova. E diranno (come hanno già fatto): “L’abbiamo sempre detto”.

A noi interessa invece quel solco. Sempre più profondo. Tanto da far vacillare persino sul nostro amore nei confronti del Verona. Ma è davvero, ancora, il Verona, questo informe mostro? Questa è la domanda a cui nel mio cuore faccio fatica a rispondere. Sarò onesto: non riesco più a considerare questo come il “mio Verona”. Non c’è nulla nella società di Setti che incarni la mia IDEA di HELLAS VERONA, specchio fedele di un’identità e di una comunità. Il Verona che mi è stato tramandato da mio nonno, da mio padre e che ho cercato di tramandare ai miei figli.

Pensavo di aver vinto tutte le battaglie. Contro i delinquenti che avevano inquinato l’Hellas e portato ad un passo dal baratro, contro la fusione, battaglie che ci rafforzarono e che ci permisero di sopravvivere e rinascere. Ma ora Setti con i i vari Barresi, D’Amico e Grosso stanno spegnendo questa IDEA. Rassegnarsi però è dare la partita vinta a loro. E per questo non mi rassegno e non ci rassegneremo. Pensavano di zittirmi e farmi paura a suon di querele pretestuose. Non hanno capito niente.

Grosso passerà e speriamo anche Setti. Prima di andarsene logorerà l’ambiente  e un grande compito spetterà al popolo dell’Hellas: ritrovare l’entusiasmo perso. Non è neanche più questione di risultati. E’ una questione “ontologica”, di essenza. Di una cosa sono convinto. Il Verona, l’Hellas, non morirà mai. Non credete nemmeno per un secondo al ricattatorio: “Se non ci sono io non c’è nessuno”. Non è vero. Non era vero ai tempi di Pastorello, non è vero oggi. Non ci sarà nessuno solo se i bilanci non sono chiari, se i conti non tornano, se la domanda è fuori mercato. Ma arriverà un altro Verona. E sarà nuovamente il NOSTRO VERONA. Non questo schifo condito di presunzione e incapacità.

SETTI UNICO RESPONSABILE

Non serve Einstein per capire che Grosso è un allenatore inadeguato per Verona e che con lui alla guida si rischia seriamente di andare in serie A. Ma per non ripetere la manfrina dell’anno scorso e per regalare ulteriori alibi alla società (è sempre colpa dell’allenatore, prima di Pecchia, ora di Grosso), bisogna dire le cose come stanno. Loro sono i meno colpevoli perché il responsabile numero uno, l’unico, di partite indegne come quella di Padova è Maurizio Setti da Carpi. Non c’è dubbio.

La società, così costruita, con  mezze figure e ambiguità, con suggeritori che poi vanno a fare i ds della società satellite, con un direttore sportivo senza esperienza e quindi con giocatori scarsi e un allenatore senza mordente, è solo lui. E’ incredibile, ma veramente, che un presidente assistendo oggi ad una gara come quella con il Padova non abbia un rigurgito di lucidità e non decida di esonerare un allenatore che sta barcamenandosi in un campionato mediocre che dovrebbe vederlo quantomeno nelle prime due posizioni.

Il Verona è un’accozzaglia di giocatori, non ha un minimo di grinta, quando vince lo fa più per demeriti degli avversari che per meriti propri. Mi piacerebbe leggere nella testa di Setti, sapere che cosa gli passa per la mente, quanto sia autonomo nel suo pensiero, quanto condizionato dal suo entourage, capace di raccontargli probabilmente una realtà parallela e il cui unico scopo e obiettivo nella vita è abbattere la critica, pilotarla, delegittimarla come ha più volte tentato di fare con noi. Il risultato è che se la cantano e se la suonano ma poi, siccome il calcio come la vita, non ti concede sconti, lo schifo emerge forte in gare come quella odierna. Setti è l’unico responsabile, cerchiamo di non fare l’errore dell’anno scorso con Pecchia. Il problema non è chi allena il Verona ma chi gli permette di allenare il nostro Hellas Verona.

BILANCIO (DI FINE ANNO)

L’ennesima occasione sprecata. Con Pazzini in campo per colpa dell’infortunio di Di Carmine (ottavo gol per il Pazzo),  il Verona rischia di perdere a Foggia, una gara che aveva in pugno ma che purtroppo non ha saputo chiudere. Dopo diciotto partite possiamo tirare un bilancio del Verona di Setti-Barresi-D’Amico-Grosso.

Come ho già detto più volte tutto sta nel mettersi d’accordo. Io credo che il Verona per un dovere morale minimo dopo la vergognosa stagione passata, per blasone e soprattutto per disponibilità finanziaria esagerata grazie al paracadute e alle plusvalenze effettuate, avesse l’obbligo di stravincere questo campionato. Invece, dopo 18 giornate abbiamo capito che il Verona se va bene “se la giocherà”. E già questo aumenta il turbinio dei miei zebedei da tifoso.

E a Foggia abbiamo avuto la riprova che il Verona “se la giocherà”. Grosso è un tecnico bravino ma senza anima. Ci sono difetti strutturali di questa squadra che ci porteremo dietro fino alla fine, sperando che l’infimo livello di questo torneo possa alla fine farci emergere. Credo che a questa squadra non vada mai aperta una linea di credito. Sarà anche un caso, e non lo è, ma da quando la tifoseria ha preso un certo tipo di atteggiamento, uscendo dal torpore e dalla disaffezione che questa società aveva dispensato a piene mani, i risultati sono iniziati ad arrivare. Sarebbe bellissimo, ma capisco anche utopico, che anche la critica facesse il suo. Purtroppo e non mi stupisce affatto, il mondo è pieno di gente con esagerate ghiandole salivari pronte a distendere tappeti di lingue per un loro miope tornaconto. A questa gente, va detto con forza, del Verona non frega niente. E’ gente che ama sedere al tavolo con i potenti, poter pranzare con le briciole che cadono da quel tavolo, essere in qualche maniera interlocutori. Lo hanno fatto sempre e con tutti la masnada di faccendieri che si sono approcciati in questi anni nel Verona. La loro forza è avere la faccia come il culo. Si ripresentano come se niente fosse appena cambia la gestione e si rimettono in moto con saliva e lingua.

Grosso è soprattutto un allenatore fuori luogo. Solo un tecnico con la coda di paglia ribadisce in sala stampa di non prendere ordini dal proprio presidente. Io francamente spererei per lui che fosse così. Perché se davvero fosse sua la scelta di tenere fuori Pazzini per gran parte di questo girone d’andata sarebbe da implorare Di Maio e Salvini di ripristinare seduta stante il ritorno dei manicomi. D’Amico non lo conosco. Ho visto poco tempo fa una sua dichiarazione fatta in mezzo ad una strada ad un giornalista con il cellulare in mano. Dice che non lo capiamo. Probabilmente è lui che non ci ha capiti.

Non ho parlato di Setti. Credo che la sua presunzione e la sua arroganza abbiano sorpassato il limite del fair-play. Insofferente ad ogni critica, dopo aver provato con altri metodi a fare pressioni sul sottoscritto, ha sporto nei miei confronti ben tre querele, credendo forse di farmi paura o di mettermi in difficoltà. Mi ha querelato persino per un articolo in cui chiedevo di fare chiarezza sulla società. Sarà stupendo chiarire appunto in tribunale queste vicende così anche la tifoseria del Verona capirà meglio. Sempre che ci sia un giudice che ravvisi in un doveroso esercizio di critica gli estremi della diffamazione.

Chiudo facendovi tantissimi auguri di buon anno. Sarà un anno di battaglia, di testa alta, di coerenza e speriamo di tantissimo Hellas Verona. Perché il Verona è e resterà sempre nostro. Malgrado loro.

LA VERITA’ DEL CAMPO

Più forte delle arrampicate sugli specchi, delle frasi fatte, dei dischi rotti. Più forte di tutto e di tutti. La verità del campo svela uno squarcio di luce sul Verona, sul suo allenatore, sui suoi dirigenti. Nessuna menzogna può resistere alla forza dei gol e alla banalità della realtà. Un giocatore forte va fatto giocare sempre. Non ci sono artifizi dialettici che reggano ai tre gol segnati da Pazzini stasera. Non vederlo in campo è uno scempio calcistico, una bestemmia, uno scandalo. Non ci sono tante alternative: se un allenatore, come Grosso, non lo schiera o è scarso e quindi va sostituito subito, oppure prende ordini. Altre strade non ci sono tanto è evidente ciò che è successo al Bentegodi. Evito di snocciolarvi dati e cifre per testimoniare che Pazzini in serie B è uno che fa la differenza. Solo Grosso continua a reputarlo “uno come gli altri”. Non è vero. Pazzini va fatto giocare sempre, senza se e senza ma, va messo nelle condizioni di essere il leader di questa squadra, va ricollocato al centro del villaggio. Questo urla a squarciagola la verità del campo. Il re è nudo. Ora tutti se ne sono accorti. Quante triplette serviranno per far giocare sempre titolare Pazzini?

BABBO NATALE ESISTE

Chiariamo una cosa: se ritenete che il Verona debba fare un campionato di sofferenza, acciuffando la serie A in qualche maniera, magari passando dalla roulette dei play off, allora, magari, il pareggio di Livorno può andarvi bene.

Se invece, come noi, credete che il Verona abbia il dovere di comandare il campionato, dalla prima all’ultima giornata, dall’alto di una rosa superiore costruita grazie ai 25 milioni di paracadute, con giocatori fuori categoria, imponendo ovunque il proprio gioco, anche per far dimenticare in fretta l’obbrobrio dell’ultima stagione, allora concorderete che il pareggio di Livorno è stato un’altra delusione cocente. Vedere la squadra di Grosso boccheggiare nel secondo tempo (sentirete i bardi di Palazzo parlare sicuramente di sofferenza) ed essere messa alle corde dall’ultima classifica non si può proprio vedere. Diranno che il campionato di B è durissimo, che il Livorno non merita questa classifica e bla bla bla… La verità è che l’Hellas ha sprecato un’altra occasione per colmare il gap dalle prime (che si è creata da sola) e non ha dato continuità alle due fortunate prestazioni precedenti.

A Livorno bisognava vincere, questa è l’amara constatazione, però visto che si è rischiato anche di perdere, diranno che è stato un ottimo punto. Balle: questo Verona continua a non convincere (12 tiri del Livorno contro i 4 gialloblù), continua a  non creare occasioni da gol, continua con l’ambiguità di avere il suo bomber principe relegato a soprammobile in panchina, una scandalosa bestemmia calcistica, mai sufficientemente indagata.

Esiste ed è allarmante anche un problema di tenuta fisica, unita a una miriade di infortuni muscolari che una società appena appena seria dovrebbe approfondire. Invece diranno che è tutto meraviglioso e che siamo agli albori del più grande progetto che il mondo ha visto mai. E naturalmente che Babbo Natale esiste. Auguri.

BILANCIO IN ROSSO

C’è sempre una nota sbagliata. E’ come se arrivasse sempre un po’ in ritardo. Distonia. Il Verona di Setti-Barresi-D’Amico-Grosso è distonico. Il contrario della sintonia. Fateci caso: è sempre come rincorrere la piazza per tappare lacune, buchi, mancanze. Le magliette, l’allenamento all’antistadio dopo mesi di porte chiuse. Gentili concessioni. Il potere che toglie e poi magnanimo concede. E pretende pure l’applauso. Un potere che non ha la passione. La voce più importante che manca oggi nel Verona. Ogni annuncio, ogni foto su Instagram, ogni post su Facebook pubblicati da questa società è come se fossero di plastica. Perché non c’è passione. La passione è dentro le viscere. Parte da lì, arriva al cuore e poi al cervello. Setti non ce l’ha. Inutile star qui a girarci attorno. Sotto sotto disprezza noi veronesi. E’ da quando è arrivato qui che ci vuole dare lezioni. Lezioni su come si porta avanti una società, lezioni di tifo. Non ha nemmeno imparato la nostra storia. Il disprezzo è evidente quando dice altezzoso: “Li lascio fare…”. Inteso quei quattro coglioni, ovvio. La passione non la compri. O ce l’hai o non ce l’hai. Se non ce l’hai, puoi almeno contornarti di persone che ce l’abbiano al posto tuo. Invece il Verona è l’immagine di Setti. Sempre distonico, sempre fuori tempo, sempre stonato. Per questo non riuscirà mai a capire il travaglio profondo che sta attraversando adesso il popolo gialloblù, la sofferenza di rimanere fuori dallo stadio, la volontà di lottare contro l’indifferenza. Il bilancio è drammaticamente in rosso. E non basteranno due vittorie per sanare questa frattura.

AGGRAPPATI A ZACCAGNI

C’è un giocatore che più di ogni altro ha tenuto in piedi il Verona in questo campionato: si chiama Mattia Zaccagni. Sia quando le cose andavano male, sia quando sono andate bene, come contro il Pescara, Zaccagni ha sempre lottato. In mezzo alla confusione tattica di Grosso, Zaccagni è l’unico che ha sempre messo in campo grinta e personalità. Zac è un giocatore “verticale” uno dei pochi assieme a Matos e ripensare oggi a quando stava in panchina è un’altra bestemmia calcistica inspiegabile.

Zaccagni si merita la stella di miglior giocatore dell’Hellas nel girone d’andata. In tutte le azioni importanti costruite dal Verona c’è sempre il suo zampino. Assist-man ma anche goleador che ha tolto in un paio di occasioni le castagne dal fuoco, sarà una futura plusvalenza di Setti. Su questo potete starne certi. Non appena ci sarà uno straccio di offerta, Zaccagni se ne andrà da Verona così come se ne andarono Jorginho, Donsah, Iturbe, Gollini, Ionita, Sala, Valoti, Bessa, Fares, Torregrossa. Pensare di costruire un “progetto” con queste premesse è pura utopia.

Ho parlato di un singolo giocatore perché per me il Verona neanche con il Pescara è stato una squadra. Ho visto più volontà, un po’ più di corsa, un sacco di errori, giocatori mediocri da una parte e dall’altra e appunto Zaccagni. S’è vinto perché il Pescara ha sbagliato l’impossibile davanti alla porta e perché la rosa del Verona ha più qualità rispetto a quella abruzzese (e ci mancherebbe con un paracadute da 25 milioni di euro…). La vittoria è importante, ma mi chiedo che prospettiva avrà questa squadra nel futuro. Per essere chiaro e non girarci attorno: semmai si dovesse arrivare in serie A, più per manifesta inferiorità delle altre che per merito, con questo gioco e senza una solida base tecnico-tattica, secondo voi cosa ci aspetterà?

SCUSATE, MA NON BASTA BENEVENTO PER RICONQUISTARCI

E adesso s’alzino le fanfare… Gioite, perchè il figlio prodigo è tornato a casa. Ammazzate il vitello grasso e banchettate… Una vittoria ci basterà.

E invece a me non basta. Primo perché a questa masnada non credo più da tempo. Secondo perché è un film già visto: ricordate Firenze dell’anno scorso? Ricordate il derby della stessa stagione? Figuratevi se a questa squadra, a questo allenatore e a questo presidente riapro una linea di credito. Molto di più, molto altro dovranno fare per riconquistare l’affetto del tifoso. Benevento sono tre punti. E stop. Arrivati al termine della solita prestazione anonima e per una buone dose di fortuna, altresì detto culo. Da tempo Setti adotta una strategia ben precisa. Abbassare così tanto le aspettative dei tifosi che poi basta un banale e bruttissimo 1-0 per far gridare all’impresa.

Ringrazieremo in eterno il signor Coda, spiegandogli che dalle nostre parti uno come lui lo chiamiamo amichevolmente “mona”. Quel rigore tirato come avrebbe fatto Sbirulino al circo, ci ha tenuto in partita e ci ha permesso di vincere. Altrimenti il risultato sarebbe stato senza dubbio diverso. A caval donato, comunque, non si guarda in bocca, come si dice, e quindi prendiamo e portiamo a casa.

Ma tanto di più, tanto di diverso il Verona e Grosso devono fare. E non sarà questo successo a farmi tornare a esporre le bandiere gialloblù.