RINCORSA FINITA, MA NON ANDIAMO IN PACE

La rincorsa è finita. Anche se non matematicamente. 7 partite al termine, 21 punti a disposizione, tutto in teoria può ancora succedere. Ma la sconfitta in casa della Giana Erminio pesa, pesa tantissimo, soprattutto di fronte a un Mantova che, vistosi arrivare il Padova a soli 4 punti dopo i suoi due pareggi di fila con Novara e Pro Vercelli e le vittorie biancoscudate con Arzignano e Renate, ha risposto sul campo da grande squadra con due poker strepitosi ai danni di Virtus Verona e Pergolettese, rimettendo la giusta distanza tra sé e la diretta inseguitrice. Con 9 lunghezze da recuperare, 10 se si considera l’ormai famigerato scontro diretto a sfavore dell’Euganeo, è impensabile che si verifichino contemporaneamente le due condizioni necessarie ovvero che i virgiliani perdano tre partite, e mezza, da qui alla fine e Donnarumma e compagni non ne sbaglino più una.

Il Padova è caduto male al Città di Gorgonzola, perdendo contemporaneamente partita e bussola. Lasciando per strada una delle ultime possibilità di avvicinarsi alla vetta e la “pace interiore” che era sempre stata una sua caratteristica. Non riuscendo più a fare dell’equilibrio, mentale ed emotivo, il suo grande punto di forza. Mai visti gli uomini di Torrente giocare così male, così nervosi, così contratti, mai visti cambi che non hanno inciso minimamente nel prosieguo del match. Fa bene l’allenatore a sottolineare che in questo momento più che pensare a come riprendere la corsa sul primo posto il Padova (e il suo allenatore) dovranno concentrarsi su come rimettere insieme i pezzi della loro identità. Su come recuperare fiducia, coraggio, personalità e pure un po’ di serenità.

A poco vale pensare che, come due anni fa con il SudTirol, è la prima della classe che sta facendo cose stratosferiche. Certo non ci fosse stata la compagine altoatesina di Ivan Javorcic allora, a prendere solo 9 gol in tutto il campionato, e non ci fosse il Mantova di Possanzini ora ad aver vinto 23 partite in 31 giornate e ad essere bravo a rialzarsi prontamente al primo passo falso, il Padova sarebbe primo con un margine sulle seconde ancora più ampio di quello che c’è tra il primo e il secondo posto attuali. Meno ancora è utile pensare che l’anno scorso il Mantova lo ha fatto retrocedere proprio il Padova vincendo all’ultima giornata al Martelli e condannandolo ai playout (dove poi ha perso con l’AlbinoLeffe di Claudio Foscarini). Meglio concentrarsi sul qui e ora. Risollevare morale e spirito. E se saranno playoff, come sembra, arrivarci rigenerati e pronti a combattere una nuova battaglia.

EPPURE CI CREDIAMO ANCORA

Il Mantova si sta davvero dimostrando un’autentica e (fin qui) indistruttibile macchina da guerra. Qualche colpo lo ha pure preso lungo il cammino il carrarmato virgiliano (il più recente con l’AlbinoLeffe, sconfitta 2-1 a Zanica) ma ha sempre saputo rimettersi in pista, riparando agevolmente gli ingranaggi manomessi dall’avversario di turno.

Come ha sottolineato, da scafato uomo di calcio, Massimo Paci, l’allenatore della Pro Sesto al termine del match perso con il Padova all’Euganeo, la squadra allenata da Possanzini “ha qualcosa in più, non tanto dal punto di vista della qualità della rosa ma sotto il profilo dell’idea di gioco. Un’idea che negli ultimi anni in Lega Pro si è vista poco”. L’analisi del tecnico è assolutamente condivisibile: i mantovani, riammessi in C dopo essere retrocessi ai playout al termine della scorsa stagione, stanno dimostrando sul campo di meritare la serie B diretta, grazie a numeri da capogiro: 21 vittorie, 3 pareggi e 3 sole sconfitte in 27 gare sono un bottino incredibile, una marcia da categoria superiore, non c’è dubbio alcuno.

Fatta la doverosa premessa però anche Paci ha ammesso che il calcio è strano e che quindi finché la matematica non conforta i verdetti finali tutto può succedere. Considerazione altrettanto condivisibile e peraltro tanto cara alle nostre latitudini. E’ proprio su questo “terreno” che il Padova deve inserirsi. Si tratta di un terreno in cui i biancoscudati storicamente hanno sempre dimostrato di sapersi muovere e destreggiare bene. Se vogliono sovvertire una sentenza che sembra già pronunciata, è l’unico percorribile in questo momento.

E’ tipico del Padova, quando le cose si fanno complicate e difficilmente raggiungibili, estrarre dal cilindro prestazioni, coraggio, continuità di risultati e un’insopprimibile voglia di non mollare mai. E’ quando il percorso può essere lineare e affrontato con una normale gestione che, chissà perché, gli uomini di Torrente hanno alti e bassi e cadono magari contro avversarie sulla carta più deboli.

Proprio per questo, perché conosce troppo bene il suo “pollo”, il popolo biancoscudato ci crede ancora. Eccome se ci crede. Pur sbandierando ai quattro venti che il Mantova è più forte, più continuo e ormai troppo lontano per essere raggiunto, i tifosi sotto sotto coltivano la speranza di essere smentiti, di essere stupiti dai loro beniamini, di doversi prima o poi ricredere su quanto oggi come oggi sembra già scritto. 11 partite sono poche, ma non troppo poche per rinunciare al sogno. Almeno per qualche settimana ancora, facciamoli andare a letto col sorriso.

PADOVA, STAVOLTA IL CERCHIO VA CHIUSO

Dopo settimane passate (giustamente) a lamentarsi del fatto che il calendario anticipava la partita del Mantova rispetto a quella del Padova ad ogni giornata, costringendo i biancoscudati a scendere in campo con l’obbligo assoluto di portare a casa i tre punti sapendo che i virgiliani avevano già vinto, ecco la congiunzione astrale perfetta, ovvero il Mantova che gioca sì prima del Padova ma, incredibilmente, perde. In casa dell’AlbinoLeffe, 2-1.

Quale miglior premessa per scendere in campo al “Gavagnin Nocini”, pochissimi minuti dopo il fischio finale della sfida di Zanica, e far un sol boccone della Virtus Verona? E invece niente. L’approccio alla gara contro la squadra di Fresco è stato decisamente meno intenso di tante altre volte in cui il Padova doveva per forza imporsi per non permettere al Mantova di allontanarsi ancor di più. La paura che la capolista scappasse via ha provocato negli uomini di Torrente una reazione più forte rispetto alla concreta possibilità di accorciare il divario dalla vetta. Il risultato è stato che, contro la Virtus, il Padova, aldilà del forcing finale che ha eletto il portiere di casa Voltan migliore in campo, non ha fatto abbastanza per vincere, perdendo un’occasione imperdibile, lasciando per strada due punti che tutti ci auguriamo di non dover mai rimpiangere.

Il mercato di gennaio ha portato alla corte di Torrente rinforzi importanti in tutti i reparti: Faedo in difesa si è subito conquistato il posto da titolare, Crisetig a centrocampo rappresenta un lusso, Valente e Zamparo hanno il giusto mix di esperienza, qualità e voglia di rimettersi in pista, Tordini è un giovane di prospettiva che già ha avuto a disposizione spezzoni di partita per mostrare il suo valore. Si tratta peraltro (particolare assolutamente non trascurabile) di ragazzi che si sono inseriti nel gruppo senza provocare scossoni negli equilibri già creati, scelti tra vari candidati proprio perché uomini di un certo spessore prima che calciatori. Certo a Verona mancavano Fusi e Radrezza, due elementi fondamentali per far girare a dovere questo Padova, ma la loro assenza non può essere un alibi perché le alternative, adesso, ci sono.

Il Padova deve mettersi in testa che mancano sì ancora tante partite alla fine ma che non è più tempo di lasciarsi sfuggire le occasioni quando il campionato gliele serve su un piatto d’argento. Nelle ultime stagioni è capitato troppo spesso che la differenza l’abbiano fatta un pugno di punti, un pareggio anziché una vittoria, una sconfitta immeritata, una prestazione anche solo un po’ sottotono rispetto a quella precedente. E’ ora di premere sull’acceleratore e andare avanti col piede a tavoletta fino a fine aprile.

Il primo posto è ancora raggiungibile. Ma non se il Padova si comporta come nel primo tempo della sfida del Gavagnin Nocini.

UN BRUSCO RITORNO ALLA REALTA’, FONDAMENTALE SARA’ LA REAZIONE

Padova-Mantova 0-5. Solo a leggere il risultato, senza aver visto la partita, vengono i brividi e c’è da rimanere increduli. Come è possibile che una squadra come quella biancoscudata, dopo un intero girone passato senza perdere una gara, chiuso con un più che lusinghiero secondo posto in classifica e la miglior difesa del raggruppamento, prenda 5 gol in un’unica volta?

Per evitare di buttare via 19 partite fatte davvero molto bene e, soprattutto, di trascinarsi l’errata prestazione della ventesima rischiando di incappare in altri passi falsi che allungherebbero un divario dalla vetta che già si è fatto di 8 punti, occorre precisare alcuni aspetti che devono trasformarsi in piccoli trampolini per rilanciarsi immediatamente.

1) Innanzitutto il Mantova ha fatto la partita perfetta. Esistono gli avversari e la squadra di Possanzini ha dimostrato di meritare il primo gradino del podio per quanto espresso fino a questo momento. Il Padova invece, che pur aveva avuto un buon approccio alla sfida, si è poi lasciato trascinare nel vortice del nervosismo e del dispendio inutile delle energie in proteste per falli non concessi o situazioni non viste dall’arbitro (che pur ci sono state, va precisato). Diciamo, per fare un esempio, che il Padova si è comportato come la Triestina proprio contro i biancoscudati al “Rocco” lo scorso 22 dicembre, mettendo Donnarumma e compagni nella condizione di far proprio il risultato.

2) I gol presi sono stati 5 perché il Padova fino all’ultimo ha provato ad andare a riaprirla, anche sullo 0-3, incassando gli ultimi due gol oltre il novantesimo perché terribilmente sbilanciato in avanti. Insomma non ci troviamo certo di fronte allo 0-5 della passata stagione contro la Pergolettese, giusto per citare il precedente temporalmente più vicino e più infelice. Il fatto che i ragazzi non abbiano voluto mollare, pur non riuscendo a rendersi concretamente pericolosi, la dice lunga sulla loro grande generosità e sullo spirito di sacrificio che è davvero il loro marchio di fabbrica, da apprezzare sempre e comunque. Hanno “sudato” la maglia anche contro il Mantova, insomma, non riuscendo però a convogliare sui giusti binari il loro immenso impegno (i tifosi, a fine gara, lo hanno percepito, accogliendoli, nonostante la debacle, sotto la tribuna, con cori di incitamento).

3) C’è chi dice che il Mantova ora crederà di avere la B diretta in pugno e mollerà inconsciamente la presa. Lo ha sottolineato anche mister Possanzini a fine gara, dicendo chiaramente che toccherà a lui “rompere ai suoi giocatori le palle, per tenerli sempre sul pezzo”. 8 punti sono tanti e, anche se mollerà la presa di qualche centimetro, di sicuro il Mantova ha messo una zampata decisiva verso la serie B allungando il suo vantaggio sul Padova. Ma è giusto che, come ha già fatto qualche tifoso biancoscudato un po’ più “matto” di qualche altro, cavalcare quest’onda e pensare che, dopo questa battuta d’arresto, saremo proprio noi a caricarci al punto da compiere una bella rimonta. Anche qui torna alla mente l’episodio del 2017, quando, dopo aver perso malamente alla prima di campionato a Meda contro il Renate, l’allenatore del Padova Pierpaolo Bisoli andò sereno e convinto dal presidente Roberto Bonetto a dirgli: “Dopo questo 0-3 sono ancora più sicuro che vinceremo il campionato”. E alla fine arrivò proprio la B diretta.

Il mese di gennaio sarà contrassegnato dal mercato di riparazione. Il direttore sportivo Massimiliano Mirabelli ha già detto che non farà stravolgimenti. Dopo la batosta contro il Mantova, a mio avviso deve essere ancora più rigido su questo concetto: comprare giocatori di nome tanto per rimpolpare con qualche colpo a effetto, sconfessando di fatto il progetto della scorsa estate che ha puntato su un gruppo di ragazzi sani e con voglia di emergere, sarebbe un pericoloso boomerang e romperebbe equilibri che fin qui hanno funzionato alla perfezione.

Questa è la strada per non farsi travolgere da quanto successo lunedì sera all’Euganeo. Mister Torrente si è preso tutte le responsabilità, ma esattamente come Possanzini, è dalla scorsa estate che lavora senza indugio alla costruzione e al potenziamento tattico e morale di questo gruppo che finora non aveva mai sbagliato l’atteggiamento. Saprà senz’altro continuare sulla strada tracciata, che ha portato ad una prima parte della stagione davvero strepitosa, con prestazioni maiuscole contro tutte le componenti del girone A, ad esclusione solo del Mantova.

AVANTI A PICCOLI MA COSTANTI PASSI

Il Padova visto a Crema ha messo in evidenza, nella stessa partita, entrambi gli aspetti che si porta dietro dall’inizio del campionato: quello positivo è l’inesauribile voglia di non mollare mai, di rialzarsi quando viene colpito, di recuperare una situazione di svantaggio. Quello “un po’ meno positivo” (non parlerei di “negativo” visto che ci troviamo di fronte una squadra ancora imbattuta e che ha fin qui messo insieme, nelle 9 vittorie e nei 6 pareggi conquistati fino a qui, diverse prestazioni convincenti e avvincenti) è la costanza soprattutto mentale nel rendimento. I passi avanti rispetto alla passata stagione sono chiari e importanti: quando una partita inizia male il Padova non si sfilaccia più e anzi si ricompatta e reagisce. Lunedì sera al termine di un primo tempo decisamente sottotono i biancoscudati sono andati sotto e, subito dopo il ceffone del gol di Mazzarani, non solo hanno pareggiato ma hanno anche sfiorato il gol della vittoria in rimonta che a quel punto sarebbe stata più che meritata. Il primo posto, ora occupato a +2 dal Mantova, è sfumato ancora una volta ma, in questo momento del campionato, non è importante essere primi o secondi. L’importante è essere lì, nelle prime posizioni, continuare a crescere a piccoli ma costanti passi e non far sì che chi è davanti allunghi il proprio vantaggio. L’equilibrio regna sovrano nel girone A: fondamentale per il Padova sarà non perderlo mai, nel gioco e nella mentalità, per poi sì tentare la fuga in primavera, quando il campionato si deciderà. Ancora una volta ha ragione Torrente quando dice che guardare la classifica adesso non ha senso. “Voglio essere primo il 28 aprile”, ha detto nella sala stampa del “Voltini” di Crema. Già, solo allora averli tutti sotto gli avversari avrà veramente valore.

LA VITTORIA SPARTIACQUE

Da quanto tempo il gelido Euganeo non appariva così caldo e festante! Anzi, detta ancora meglio: da quando l’Euganeo non somigliava così tanto ad uno stadio di calcio!
Al 3-2 di Palombi domenica scorsa contro la Pro Vercelli al 95′ sugli spalti di viale Nereo Rocco si è letteralmente scatenato l’inferno. Con buona pace di quelli (pochi per la verità) che, al 2-2 avversario all’87’, si erano già alzati in piedi per lasciare lo stadio brontolando ad alta voce nel tentativo di evitare la coda in uscita dai parcheggi (ma ancora non avete imparato che il Biancoscudo è capace di tutto e non bisogna mai abbandonare la nave prima del fischio finale???). “Sinceramente non ho ricordi di cosa io abbia fatto quando ho visto entrare la palla”, hanno raccontato più tifosi, evidentemente sopraffatti dalla gioia e della soddisfazione per una vittoria così ardentemente voluta, così difficilmente conquistata. “Ho perso il controllo, credo di aver abbracciato tutti quelli che erano intorno a me e di aver saltato e urlato”, hanno riferito altri. Be’, come dar loro torto? Essere tifosi del Padova è veramente una missione: ogni partita riserva sempre almeno una parte di sofferenza e, anche quando le cose sembrano incanalate sul binario giusto, c’è sempre una complicazione che taglia l’aria interrompendo lo stato di grazia di quel momento. Normale che poi, quando si vince riuscendo a segnare un gol all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero dopo aver preso un pari beffa solo pochi istanti prima, l’esplosione di gioia sia di quelle che rasentano la commozione.

La scena più bella, a mio avviso, è stata quella che, al fischio finale, ha visto protagonista Vincenzo Torrente. L’allenatore biancoscudato, che poco prima si era reso protagonista di uno scatto felino per raggiungere il gruppo di giocatori che si era formato intorno a Palombi per festeggiare il gol dell’attaccante e abbracciare i suoi ragazzi, ha alzato le braccia al cielo e ha iniziato ad applaudire. Il suo sguardo era luminoso, fiero, orgoglioso per la voglia di non mollare dei suoi ragazzi che gli somigliano sempre di più ma era anche grato nei confronti di un pubblico che, a sua volta, non molla mai. E incita sempre, fino alla fine, seppur qualche volta lasciandosi andare ad un po’ di legittimo scoramento.

Torrente è contento del fortissimo legame che si è creato tra squadra e tifosi e della fiducia che ora questi ultimi possono nutrire nei confronti del gruppo. Come ha avuto modo di sottolineare lui stesso, ciò non significa che non si perderà mai, che non ci saranno mai giornate storte ma che il gruppo ha la forza per rialzarsi subito, per andare avanti e farlo bene. Torrente, da ex giocatore professionista che peraltro è stato sconfitto proprio dal Padova in uno spareggio per restare in serie A con la maglia del Genoa, sa bene che le due finali playoff perse nel 2021 e nel 2022 hanno lasciato un segno, una ferita profonda nella piazza, una delusione che solo l’avvento della promozione in B potrà cancellare. Ed è stato bravissimo a curare questa ferita partendo dal campo e dall’umiltà che è ora il vero punto di forza del suo Padova e il viatico per riallacciare con chi lo ama un rapporto simbiotico.

Fosse finita 2-2 la partita contro la Pro Vercelli avrebbe provocato una piccola crepa con rischio strascico da ricucire subito. Il 3-2 l’ha trasformata nella partita che ha evidenziato come, attraverso il lavoro e la grande fame dei suoi interpreti, questa squadra possa davvero arrivare ovunque.

GLI IMBATTUTI

La scaramanzia è parte integrante del mondo del calcio: ci sono giocatori che, prima di entrare in campo, compiono sempre i medesimi riti perché, della serie “non è vero, ma ci credo”, portano fortuna. Ci sono tifosi che, prima di raggiungere lo stadio nel giorno del “balòn”, mangiano sempre la stessa pietanza, bevono il caffè sempre allo stesso bar e fanno sempre la stessa strada, entrando allo stadio dal medesimo tornello. Pure alcuni giornalisti, soprattutto quelli che, come noi a Telenuovo, hanno la grande fortuna di seguire professionalmente la squadra di cui sono anche tifosi, non si sottraggono a certi “cerimoniali”. Chi ci vede da fuori ci considera pazzi e ha tutte le “evidenze scientifiche” del caso per farlo con piena ragione. Ma chi è dentro a questo magico mondo sa quanto tutto questo faccia parte della bellezza e delle grandi emozioni che solo il calcio sa regalare.

Fatta la doverosa premessa, la scorsa settimana abbiamo ricevuto da più parti la raccomandazione di non sottolineare troppo la faccenda dell’imbattibilità del Padova, unica squadra in Italia a non avere mai perso nelle prime 12 giornate di campionato. “Porta sfortuna”, ci siamo sentiti ripetere, “se lo dite poi va a finire che perdiamo contro l’AlbinoLeffe”, “A Zanica si gioca la tredicesima giornata. Già il numero è quello che è, non metteteci sopra il carico”. Sì insomma, non ci è arrivato alcun consiglio di natura tecnica o tattica, solo indicazioni pregne di pura superstizione pallonara! A tagliare definitivamente l’aria però ci ha pensato, alla vigilia della sfida contro i blucelesti, proprio mister Torrente: che senz’altro, con 500 partite da calciatore professionista alle spalle, avrà a sua volta dei riti scaramantici (e un giorno magari ce li faremo anche raccontare), ma è riuscito comunque ad andare aldilà dello stato d’animo comune mettendo a fuoco la situazione con lucidità. “A me fa piacere che sottolineiate che il Padova è imbattuto, anzi sono orgoglioso di questo”, ha detto, testuali parole. “Significa che da luglio ad oggi abbiamo lavorato bene, che abbiamo intrapreso la strada giusta”.

Fatalità in terra bergamasca, seppur con un po’ di sofferenza di troppo, è arrivata la vittoria che ha portato a 13 i risultati utili da inizio campionato, allungando ulteriormente questa striscia. A testimonianza del fatto che la volontà di raggiungere un risultato può essere infinitamente più forte di tutte le altre possibili “paturnie” che uno si porta dentro. Il Padova non ha vinto contro l’AlbinoLeffe perché qualche rito scaramantico ha portato fortuna, ha bensì portato a casa i tre punti perché ha saputo segnare un gol bellissimo con l’assist di Varas e il sinistro di Villa e lo ha poi gestito superando i momenti difficili della partita, non ultimo l’episodio dell’espulsione di Belli che ha costretto la squadra in 10 contro 11 per l’ultima parte della gara.

Torrente ha trasmesso al gruppo prima l’umiltà, poi la capacità di soffrire, infine la maturità e la mentalità. Il Padova troverà lungo il suo cammino altre qualità che, se saprà fare proprie, saranno fondamentali per rimanere in alto. Per non perdere terreno sulla capolista Mantova. Per provare a superarla al primo passo falso. Questo non significa che non ci saranno mai giornate storte o sconfitte, ma solo che, quando ne arriveranno come succede a tutti in qualunque mestiere della vita, il Padova sarà pronto a rialzarsi velocemente e a riprendere la via del successo. Aldilà di tutti gli “scongiuri” e le “toccate di ferro” che continueranno comunque a far parte del nostro agire quotidiano.

DOPO L’UMILTA’ LA MATURITA’

4 punti persi. Non c’è altro modo per definire i due pareggi consecutivi del Padova contro Pro Patria e Pro Sesto. Due risultati di parità maturati attraverso il medesimo copione: i biancoscudati hanno in mano la partita, i biancoscudati vanno in vantaggio per primi, i biancoscudati contribuiscono con il loro atteggiamento non abbastanza “testardo” a far sì che l’avversario realizzi l’1-1. In tutte le considerazioni del caso il soggetto è lo stesso, “i biancoscudati” appunto, perché sono loro che hanno fatto e disfatto, creato molto e segnato per primi ma senza chiudere la partita, concesso all’avversario il modo e lo spazio per rimettere la gara in equilibrio.

Questo il dato di fatto, condiviso appieno, con espressione decisamente accigliata, da mister Torrente al termine della sfida del “Breda”. Normale, di più legittimo, che l’allenatore sia arrabbiato. E’ da settimane che va ripetendo come un mantra ai suoi ragazzi che, per uscire dalle fiamme di questa infame categoria, ci vogliono intensità, aggressività e capacità di soffrire dal primo minuto al 95′. Che la palla ad un certo punto della gara va letteralmente nascosta all’avversario. Che bisogna saper gestire, con maturità, senza dare alla squadra che si ha di fronte il benché minimo barlume di speranza di trovare uno spazio nelle proprie maglie difensive. Ed eccola allora qui la seconda parola chiave della stagione: quella maturità che Donnarumma e compagni hanno dimostrato di non aver ancora raggiunto appieno nell’atteggiamento mostrato in queste ultime due partite.

Si tratta del secondo tassello fondamentale che deve andare a braccetto con l’umiltà, elemento che la squadra ha saputo far proprio fin dall’inizio del ritiro e che le ha permesso di iniziare col piede giusto questa stagione. Umiltà che ha portato alla costruzione di un gruppo solido e motivato di ragazzi propensi al sacrificio e alla corsa in più per il compagno e pervasi dall’ambizioso obiettivo di mettersi in mostra riportando il Biancoscudo in un campionato più consono al suo glorioso blasone.

La base di partenza è molto solida, davvero. Ma lo scoglio dell’immaturità va superato al più presto, per evitare di lasciare per strada punti che potrebbero (la storia biancoscudata insegna) rivelarsi decisivi nel rush finale.

Nel frattempo però, va sottolineato, il Padova è primo in classifica da solo ed è l’unica squadra del girone A ad essere ancora imbattuta. Quindi guai ad abbattersi ora. La negatività è l’unico elemento che non dovrà mai insinuarsi in questa rosa e nell’ambiente che la circonda. Quella sì che farebbe più danni della grandine, tirando verso il basso anziché verso l’alto ogni miglior proposito del campionato.

NON SIAMO ALLE SOLITE

Siamo sinceri: al 94′ di Padova-Pro Patria, terminata 1-1 con alcuni errori biancoscudati che potevano certamente essere evitati ma anche con la solita dose di sfortuna diventata negli anni purtroppo congenita a queste latitudini, il primo pensiero del tifoso è stato: “Siamo alle solite”.
Dopo 5 vittorie di fila, il primo posto in classifica in solitaria, i bei gol, le prestazioni brillanti e la passione ritrovata della piazza, ecco che arriva un pareggio contro la penultima, con rigore contro provocato più da sfortuna che da demeriti, a mettere un contegno alla gioia incontenibile, a porre un freno all’entusiasmo irrefrenabile, a trasformare in muso il sorriso dei tanti volti di coloro che sperano sia questo l’anno buono per tornare in B.

Conoscendo come le nostre tasche la piazza biancoscudata e la sua storia travagliata non solo degli ultimi anni, la reazione è più che normale. Oseremmo dire legittima. Bisogna però sforzarsi di andare oltre il pessimismo e il fastidio. Serve razionalità, serve lucidità, anche se un po’ di amarezza si è insinuata nella bocca che si era fatta buona dopo i successi a suon di gol delle gare precedenti.

Sembra banale dirlo ma il Padova, intanto, non ha perso. E’ vero che l’approccio alla gara contro la Pro Patria non è stato impetuoso come quello di Trento e, prima ancora, di quello contro la Virtus Verona all’Euganeo, ma comunque i biancoscudati hanno tenuto in mano le redini della partita per tutto il primo tempo, rischiando poi nella ripresa in due occasioni a causa di errori individuali. Gravi sì, ma individuali, dopo i quali non si sono disuniti arrivando a segnare per primi e a sfiorare anche il raddoppio.

L’equilibrio è elemento fondamentale di questo gruppo e sarà quello che lo salverà in ogni altra occasione in cui si presenteranno difficoltà e avversari tosti. Gli errori ci sono e ci saranno sempre: l’importante è capire come evitare di ripetere sempre gli stessi e imparare a rialzarsi subito. E in questo senso avere in panchina Vincenzo Torrente rappresenta una delle migliori garanzie del credito che questa squadra merita di continuare ad avere nei confronti dei suoi supporters.

L’UMILTA’, L’UNICA VIA

Sei partite. 1 pareggio contro la squadra che fino alla scorsa giornata è stata prima con te, 5 vittorie, una più bella dell’altra, una più rotonda dell’altra, una più convincente dell’altra. Miglior attacco insieme alla Triestina con 12 sigilli all’attivo, miglior difesa con sole 2 reti finite alle spalle di Zanellati e Donnarumma (una per ciascuno) come il Vicenza. Vetta della classifica in solitaria a quota 16 punti.

Al tifoso del Padova vien da chiedersi se “sogna o è desto” di fronte a questa grande bellezza. Lui che, dopo l’epilogo amarissimo degli ultimi campionati, si era allenato alla pazienza e alla comprensione, si ritrova di fronte un inizio di campionato che sognava ma certamente non si aspettava, visti i tanti nuovi innesti della rosa (ben 10 i giocatori arrivati alla corte biancoscudata quest’estate) e il cambiamento più grande di tutti, ovvero il modulo di gioco, col passaggio dal 4-3-3 al 3-5-2.

“Allora, ce la facciamo quest’anno?”, mi chiedono compulsivamente le persone che hanno a cuore il Biancoscudo quando mi incontrano, aspettandosi, se non dalle mie parole almeno dal mio sguardo, una rassicurazione in tal senso. La mia risposta non può essere affermativa, visto che non ho la sfera di cristallo e conosco fin troppo bene “il mio pollo” capace di partenze con il piede a tavoletta sull’acceleratore ma anche di inciampi rovinosi improvvisi e inspiegabili cali di tensione, però elementi in mano per poter dire che questo gruppo è meno “lunatico” e decisamente più affidabile di quelli delle ultime annate (e che quindi promette molto bene!) ne abbiamo e non sono pochi.

Solidità difensiva, compattezza, unità d’intenti, voglia di dimostrare, di crescere, di fare il salto di qualità o di confermarsi su alti livelli sono senz’altro gli ingredienti base di questo nuovo impasto. Ma la svolta è dettata dal fatto che in questo gruppo tutti hanno qualcosa da guadagnare e, contemporaneamente, molto da perdere. Villa, Varas e Capelli, per citare tre giocatori il cui rendimento è attualmente straordinario, vogliono usare Padova come pista di decollo verso altre categorie, Bortolussi, per nominare invece uno dei senatori, vuole essere il punto di riferimento dell’attacco. Liguori desidera confermarsi bomber da doppia cifra e ha dunque imparato in fretta cosa si aspetta l’allenatore da lui dopo averlo spostato dalla fascia al cuore dell’area. Delli Carri, Belli e Crescenzi sono tre autentiche rocce in difesa, una garanzia in una categoria in cui vinci i campionati se prendi pochi gol non se ne fai tanti.

Aldilà delle legittime ambizioni personali e delle qualità individuali di tutti i componenti della rosa esaltate dal duro e paziente lavoro sul campo del riconfermato tecnico Vincenzo Torrente, c’è qualcosa in più, un elemento comune che fa da speciale collante: l’umiltà, che non vuol dire bassa considerazione di sè, bensì consapevolezza che se dai il 110 per cento ogni santa volta il risultato lo puoi portare a casa. Se ti impegni al massimo raccogli i frutti, se “sudi la maglia”, come ripete ormai dalla prima settimana di ritiro il mister ogni settimana come un mantra, il tifoso non ti fischierà mai anche se non esci vittorioso dal campo.

E’ proprio questo il vero grande punto di rottura con il passato che si è trasformato nella chiave di volta del presente. E del futuro, se il Padova sarà bravo ad andare avanti così.