CHI E’ CHE E’ ALTALENANTE?

Ha voglia Elia Legati a dire che l’ambiente è “umorale” ed emotivamente altalenante. Che passa troppo facilmente dagli elogi alle critiche più feroci, dai sorrisi ai mugugni, dal sogno playoff all’incubo retrocessione.

Il Padova di adesso, lui compreso, non è assolutamente diverso dalla gente che lo circonda. Una giornata gioca bene, quella dopo no. Una giornata tiene il risultato fino alla fine stringendo i denti, quella dopo crolla sul più bello. Una giornata passa in vantaggio e porta a casa la vittoria, quella successiva, dopo essersi portato in vantaggio, si fa raggiungere e superare. Mi pare che anche la squadra sia emotivamente altalenante e rappresenti esattamente lo specchio dei giudizi di chi la va a vedere. Che, giustamente, una settimana vede cose belle e applaude, ma quella dopo vede cavolate a go go e fischia.

Certo, c’è una parte di pubblico che si lamenta a prescindere. Che non incoraggia i più giovani. Che parte prevenuta con quelli di maggiore anzianità. Che al primo passaggio sbagliato al 1′ del primo tempo già sbuffa, senza attendere il novantesimo. Ma non sono tutti così i tifosi padovani. E anche quelli più “equilibrati” non possono fare altro che constatare che in questo momento il Padova per primo è altalenante. Una squadra double-face, potente e rocciosa all’Euganeo, fragile come il tonno che si taglia con un grissino in trasferta.

Finché non saranno i giocatori a trovare un equilibrio sarà difficile che lo trovi il pubblico. E direi che gli alibi, a mano a mano che le giornate passano, si fanno più sottili. Soprattutto quello secondo cui questa squadra non trovava continuità perché ogni settimana Mutti era costretto a cambiare e rivedere la formazione per infortuni. Sono settimane che i prescelti sono gli stessi, in difesa, a centrocampo e in attacco. Eppure, a Reggio Calabria, è arrivata una sconfitta che per la modalità in cui è maturata lascia parecchio perplessi. Peraltro sarà sabato prossimo che l’allenatore biancoscudato sarà costretto a cambiare perché Cuffa e Osuji saranno entrambi squalificati. Due perdite molto pesanti.

L’avversario della quattordicesima giornata sarà il Brescia. All’Euganeo. Lì dove il Padova ha finora costruito le sue maggiori fortune. Si spera che l’andazzo casalingo continui ad essere quello delle ultime settimane se no la classifica tornerà ad essere più che preoccupante.

FINALMENTE UN GRUPPO

Non può piovere per sempre. E non c’è notte tanto lunga da impedire al sole di sorgere.

Ecco che quindi il Padova da quasi spacciato si trasforma perfino in una squadra che ha delle qualità. Già: le stesse che aveva qualche settimana fa quando si perdevano tutte le partite. Qualità che si faceva fatica a tirare fuori e che adesso Bortolo Mutti sta facendo snocciolare ai suoi un po’ alla volta. Giusto per non farsi venire un’indigestione… di entusiasmo! Ecco che la posizione in classifica non è più la penultima. Si sale verso la salvezza, un traguardo che si fa di settimana in settimana sempre più possibile.

Il Padova sta crescendo e, appunto, tirando fuori quel che prima non riusciva, bloccato da un freno a mano evidentemente più psicologico che tecnico. Ma aldilà di un Pasquato che segna sempre, di un Melchiorri che ci va sempre vicino, di un Vantaggiato che si fa un mazzo così anche se continua a vincere l’oscar della sfortuna, di un Iori che a centrocampo fa luce, di un Cuffa che non molla mai e di un Mazzoni che, in porta, ha dato, grazie all’esperienza, qualcosa in più, di questa squadra mi è piaciuto oggi soprattutto un aspetto: il gruppo.

Sì, il gruppo. Questo concetto che a volte qualcuno considera abusato e che invece è fondamentale per fare strada. Undici ottimi giocatori che non fanno gruppo non vanno più lontano di undici buoni giocatori che fanno gruppo. Oggi lo abbiamo capito una volta di più. E’ quando sai che il tuo compagno farà per te una corsa in più che vinci la partita. E’ quando tu fai lo stesso per lui che vinci la partita. E’ quando stringi i denti nonostante i crampi che vinci la partita. E’ quando raddoppi la marcatura per dare una mano al tuo compagno difensore che vinci la partita. E’ quando ci provi senza mollare mai che vinci la partita.

E vincerai con ogni probabilità anche quella che viene dopo.

BASTA REGALI

Disattenti dietro, spuntati davanti.

Così, di strada, non possiamo farne tanta. Ma mentre sulla poca concretezza davanti si può anche pensare di lavorare prendendosi un po’ più di tempo (in fin dei conti Melchiorri ha dimostrato di esserci, Pasquato anche e Vantaggiato si sbloccherà prima o poi, ora che è finalmente rientrato), in difesa bisogna smetterla, e subito, di fare regali ad avversari che non aspettano altro.

Dispiace onestamente aver visto il Padova perdere oggi perché, per ampi tratti della partita, non ho notato la differenza che dovrebbe esserci tra la prima in classifica e la penultima. Il Padova ha tenuto bene il campo, si è dimostrato compatto, attento e determinato quanto basta. Il pareggio sarebbe stato oro nella tana della capolista e perfino un risultato giusto, invece, come al solito, un errore dietro ha fatto fare harakiri ai biancoscudati.

Blindiamo la difesa. Che, mi sa, è l’unica strada percorribile per tirarsi fuori dalle sabbie mobili prima che sia troppo tardi.

Non aggiungo altro, perché altre parole non ce ne sono o perlomeno io non ne trovo per descrivere la situazione di allarme attuale. Bisogna fare punti. Anche giocando male. E smetterla, ribadisco, di prendere gol che si potrebbero evitare. Su situazioni studiate e ristudiate in settimana. Non è il tempo del bel gioco. E’ il tempo della concretezza.

IL PATTO, IL GRUPPO, I SEGNALI

La partita di oggi contro la Juve Stabia è stata anticipata da una riunione in cui i tifosi della Tribuna Fattori hanno deciso di proporre ai giocatori del Padova un PATTO. Gli ultras hanno detto: noi vi diamo sostegno incondizionato, a prescindere dalla situazione di difficoltà e dall’avvento di una nuova proprietà che non ci convince, ma voi dovete dare il 150 per cento sul campo. Perché, se si retrocede, i primi a pagare sono proprio i tifosi.

La proposta è stata trasmessa alla squadra proprio pochi secondi prima del fischio d’inizio. I giocatori, mentre la Juve Stabia era già schierata in campo, si sono avvicinati alla Tribuna Fattori e hanno raccolto, portandola poi in campo, l’enorme carica di affetto e supporto. Il risultato si è visto. Non nego che dopo l’1-1 della Juve Stabia ho pensato che c’era il grosso rischio di perderla. Se ciò fosse successo, sarebbe stata la fine. Ma ho notato che il Padova, a parte quei minuti di pazzia, ha sempre mantenuto il fuoco negli occhi. E ha capito il messaggio che i fatti di questa settimana gli hanno inviato a più riprese.

Ha capito che se vuole fare strada la squadra deve assolutamente diventare un GRUPPO. I problemi ci sono dentro lo spogliatoio, inutile nasconderli, ma i giocatori, oggi per la prima volta, ce l’hanno messa tutta per provare a risolverli. Melchiorri che segna e va a dedicare il gol ai giocatori in panchina, soprattutto a quel Trevisan che (forse) a Cittadella gli aveva rivolto una frase offensiva. Trevisan stesso che entra in campo, va incontro ai compagni, allarga le braccia per festeggiare quel gol e poi si mette a piangere, perché la rabbia per aver perso la fascia di capitano e per essere finito ai margini è troppo grande e non vuole che finisca così. La squadra tutta che segue Melchiorri e va ad abbracciare tutti coloro che sono seduti in panchina. Il sessantenne Mutti che esulta come un ragazzino. Pasquato che a momenti entra in Tribuna Fattori quando segna il gol della vittoria, alzando la maglia e indicando il cuore. Un cuore biancoscudato.

Ecco questi sono i SEGNALI giusti. Che mi fanno capire che forse non è finita. Che anzi, il campionato è appena cominciato. E forse può finire molto ma molto meglio di come è andato fino ad adesso.

SI RIPIOMBA NEL CUORE DEL TUNNEL

Non eravamo venuti fuori dal tunnel dopo la vittoria contro il Varese. Saremmo stati dei folli a pensarlo anche solo per un istante. Però i tre gol fatti in una partita sola, la piacevole sorpresa di Melchiorri, la grinta di Pasquato, la resurrezione di Ciano e la grande reazione della squadra tutta dopo l’uno-due di Pavoletti ci avevano fatto vedere una luce in fondo a quel tunnel che, fino alla sfida di Modena, era buio che più buio non si poteva.

Oggi il Cittadella ci ha fatto capire che quella luce era un tir che, viaggiando in contromano, stava per venirci addosso. E, purtroppo, l’abbiamo preso in pieno, facendo il peggiore dei passi indietro che potessimo fare.

Certo non ci siamo proprio liquefatti dopo il vantaggio di Coralli, come magari era successo in altre occasioni nelle prime giornate di campionato, ma la reazione dei biancoscudati è stata troppo nervosa e poco costruttiva. Prendere solo un palo, con Cuffa, nella ripresa, è troppo poco per sperare di portare a casa un risultato utile da Cittadella. Dove il derby è una di quelle partite che dire sentite è dire poco.

Questa sconfitta, ahimè, ahinoi, mi (ci) fa capire tante cose. Che purtroppo Bortolo Mutti aveva ragione a dire che di santo qui a Padova c’è solo Sant’Antonio, altro che San Bortolo! E che la squadra è quella che è. Con qualche buon giocatore, ma anche con evidenti limiti. In attacco, ma non solo.

“Non possiamo reinventarci niente – ha ribadito oggi l’allenatore biancoscudato – questi siamo e bisogna che questi giocatori sbaglino il meno possibile e raggiungano un certo equilibrio”.

Tutto giusto. Aggiungo solo che bisogna agire in fretta. E che i primi a ricominciare a crederci e a trascinare il resto della ciurma devono essere i più esperti, protagonisti oggi degli errori più evitabili (su tutti Santacroce).

Perché qua a forza di parlare di spareggi salvezza (e lo è proprio il match di sabato prossimo contro la Juve Stabia) non vorrei che la squadra cominciasse a pensare davvero che oltre gli ultimi posti in classifica non può puntare. Se si spegnerà anche l’ultimo barlume di autostima, saranno dolori… dolori forti!

ORA E’ TUTTO CHIARO

Alla luce della prestazione di stasera, in cui il Padova è riuscito, in 90 minuti, a fare tutto quello che non era riuscito a fare in sette giornate, la chiosa di Matias Cuffa dell’altro ieri risulta ancora più chiara.

E’ evidente che qualcuno il cuore prima non lo metteva. Magari non remava contro di cattiveria, ma non impegnandosi fino all’ultima goccia del suo sudore comunque contribuiva a non risolvere la situazione di difficoltà. Penso a Ciano, per esempio: negli spezzoni di partita disputati con Marcolin si è divorato gol fatti e non ha procurato il benché minimo pericolo al portiere avversario. Stasera in pochi minuti ha preso un palo, preso punizioni a go go e segnato un calcio di rigore. Una coincidenza? Non credo.

Dunque è vero che il cuore non tutti ce lo mettevano. Ed è altrettanto vero che in spogliatoio c’era chi pensava troppo alle proprie qualità di singolo e troppo poco al gruppo.

La bella notizia è che il vento è cambiato. La squadra ha capito che sbagliava e ha invertito la rotta. Dispiace che a rimetterci sia stata la professionalità di Marcolin ma, oggi più che mai, son convinta, e lo siamo tutti, che il cambio andava fatto. L’ingaggio di Bortolo Mutti ha portato la scossa sperata. E abbiamo d’ora in avanti un Federico Melchiorri in più nel motore. Un attaccante dalle grandi qualità, fisiche e umane.

Finalmente possiamo andare a dormire per una volta sereni dopo una partita del Padova.

Avanti scudati!

IL FUCILE SCARICO

“Io ci metto la faccia e difenderò i miei giocatori fino alla morte. Ma non posso entrare in campo con un fucile scarico”.

Ha usato una bella metafora Dario Marcolin, a fine gara, per definire la prestazione senza attributi e cuore dei suoi. E’ vero: il Padova è sceso in campo dimenticandosi di mettere le cartucce nel suo fucile e il risultato è stato che Babacar e i suoi compagni hanno avuto tutto il tempo di preparare le proprie di munizioni e spararle prendendo con calma la mira. Non ci voleva il Real Madrid oggi per avere ragione del Padova: è bastato appunto, un Modena qualunque, con tutto il rispetto per i canarini. Dico di più: ce l’avrebbe fatta anche una squadra di Terza categoria a vincere.

Detto questo, quello che Marcolin forse non ha capito, ma può capitare quando sei troppo dentro ad una situazione e non ne capisci fino in fondo le dinamiche perché ne sei coinvolto in prima persona, è che già martedì col Latina c’erano state le avvisaglie del disastro che sarebbe andato in scena oggi. Si era capito che, rispetto ai battaglieri primi 60′ con l’Empoli di tre giorni prima, la squadra aveva fatto un passo indietro sul piano dell’atteggiamento. O forse Marcolin, che reputo persona intelligente, aveva capito fin troppo e ha provato fino all’ultimo a difendere i suoi, sperando che gli dessero qualcosa in più oggi a Modena, nella partita della vita.

Mi dispiace che, per l’ennesima volta, a pagare sia l’allenatore perché credo che Marcolin, in questi primi mesi, ci abbia messo davvero l’anima. Purtroppo si è ritrovato per le mani una squadra incompleta e indietro di condizione in alcuni elementi fondamentali e ha avuto la sfiga di perdere per infortunio quelli che avrebbero più di altri potuto dargli una mano. L’esonero sembra imminente, anche se la società non ha ancora comunicato nulla.

Chissà chi se la sentirà di prendersi in groppa questo fardello.

In attesa di saperlo, chiudo con un ricordo positivo, tanto per non perdere la speranza: due anni e mezzo fa, a marzo del 2011, dopo aver perso a Cittadella 3-1 (fatalità lo stesso punteggio di oggi), eravamo messi male. Anzi, malissimo. Dopo l’esonero di Calori arrivò Dal Canto e sfiorammo la serie A. Capite perché credo fermamente che possiamo rialzare la testa? Certo allora avevamo El Shaarawy, Ardemagni, De Paula e Italiano. Forse quelli di oggi non hanno lo stesso valore tecnico. Ma di sicuro non sono nemmeno da ultimo posto. E a gennaio le storture del mercato estivo si potranno ben raddrizzare, o no?

DURA, DURISSIMA

Speravo che la finale di Champions League, come ha più volte definito la sfida col Latina mister Dario Marcolin, andasse in scena stasera. Invece ho visto sì un Padova che ha tenuto in mano il pallino del gioco per gran parte della gara e un Latina chiuso a riccio con dieci uomini dietro la linea della palla, ma una volta di più ho capito che questo Padova ha seri limiti offensivi.

Ci mancava solo che si facesse male anche Feczesin. Chi ci mettiamo sabato a  Modena come centravanti?

Sugli spalti c’era Serse Cosmi stasera. Uno di quelli che, quanto a carisma e cattiveria agonistica, non lo batte nessuno. Ma siamo sicuri che a questo Padova serva più carisma per venire fuori da questo tunnel? O non serve piuttosto un centravanti degno di tal nome?

Sono tanto perplessa, perché stasera, a fronte di un piccolo passo avanti in classifica, abbiamo fatto due passi indietro sul piano della prestazione. Al tiro ci siamo arrivati troppe poche volte, praticamente mai nella ripresa.

Sabato a Modena sarà davvero una finale. Ma la vedo dura, durissima.

INCREDIBILMENTE SFORTUNATI, MA CI MANCA QUALCOSA

Un giro al Santo, con tutti i giocatori. Ecco cosa deve inserire nel programma allenamenti il Padova tra domani e dopo domani. Perché di questa squadra possiamo dire che ha mille difetti (ci manca la punta da 15 gol, non sfruttiamo a dovere le occasioni che ci procuriamo che sono tante, in difesa combiniamo ogni volta qualche disastro e via dicendo) ma non possiamo non riconoscere che è anche incredibilmente sfortunata.

Se la buona sorte sorridesse ai biancoscudati, non dico a 32 denti ma anche solo a labbra strette, una delle quattro occasioni di Novara, sabato scorso, sarebbe andata dentro e il Padova non avrebbe mai perso quella partita. E oggi non avrebbe subìto il pareggio in una situazione al limite della regolarità (a rivedere le immagini non sono ancora convinta al cento per cento che il gol di Maccarone sia valido) e, per di più, nel suo momento migliore (fosse andato dentro il diagonale di Pasquato per lo 0-2 l’Empoli mai avrebbe rovesciato così il risultato a proprio favore).

Purtroppo però la dea bendata non solo non sta aiutando i nostri eroi ma, anzi, li prende a schiaffi che è un piacere. Se almeno un paio di punti fossero stati fatti fino a qui, i vari problemi ci sarebbe il tempo (e la tranquillità necessaria) per tentare di risolverli.

Così invece i problemi sono belli evidenti e nitidi davanti ai nostri occhi. Su tutti, la poca lucidità, oltre che la sfortuna, in fase offensiva. Oggi, a vedere Empoli-Padova, mi sono convinta (e qui sì che sono convinta al cento per cento) che se anche solo uno tra Tavano e Maccarone vestisse la maglia del Padova, non saremmo messi così male.

Con il Latina, martedì sera, è già scontro salvezza. E all’alba della sesta giornata non è una buona notizia.

RIGORE ASSURDO, MA ANCORA NON CONVINCIAMO

Stavolta non ho dubbi. E penso che nessuno li abbia. Il rigore che l’arbitro Fabbri di Ravenna ha fischiato contro il Padova oggi grida allo scandalo. All’assurdo. E chi più ne ha più ne metta. Santacroce era in netto vantaggio su Lazzari ed è stato Lazzari a cadergli rovinosamente addosso, traendo in inganno il direttore di gara.

Non ci fosse stato questo episodio, la gara sarebbe finita senz’altro 0-0 e si sarebbe portato a casa un punticino che, in questo inizio di campionato così difficile e traumatico, avrebbe fatto brodo soprattutto dal punto di vista psicologico.

E invece niente: terza sconfitta in quattro gare, ultima posizione in classifica da soli con 0 punti e silenzio stampa decretato dal direttore sportivo Alessio Secco per far “ritrovare alla squadra la concentrazione”.

Siamo ancora all’inizio del campionato e dunque direi di stare calmo e tranquillo a chi ci vede già retrocessi in Lega Pro. E’ però innegabile che, mentre un po’ alla volta in difesa stiamo trovando la quadratura del cerchio, in attacco ci manca qualcosa. Anzi, più di qualcosa. Puntare tutte le fiches a nostra disposizione su Vantaggiato non si è rivelata una scelta azzeccata, perché il ragazzo è fermo praticamente da due anni e già in passato si è dimostrato “muscolarmente” fragile. Feczesin è indietro di condizione, Pasquato non può portare da solo il peso di tutto il reparto, anche se ci prova con tutta la generosità e la qualità che lo contraddistinguono, Ciano sembra, per ora, un pesce fuor d’acqua, Raimondi è a sua volta infortunato, così come Melchiorri, e Voltan è un giovane che non possiamo permetterci di “bruciare”.

Sull’opportunità del silenzio stampa mi tappo la bocca. Su una cosa però Secco ha ragione: che Marcolin deve trovare al più presto una soluzione per sbloccare il reparto avanzato. A gennaio, poi, si interverrà sul mercato e arriverà senz’altro un centravanti di spessore. Fino ad allora, però, bisognerà ricavare il meglio da ciò che si ha a disposizione. E farlo anche in fretta.

La Lega Pro è lontana centinaia di chilometri. Ma la tartaruga insegna che, a piccoli passi, qualunque traguardo è raggiungibile, anche, purtroppo, i più negativi…