COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Sentivo che sarebbe finita così. A forza di darli quasi per scontati e già acquisiti i tre punti col Carpi non sono arrivati. E mo’ che facciamo? Presentiamo ricorso al giudice di secondo grado, certo, ma chissà quando arriverà il verdetto e intanto quei tre punti non ci sono. E non ci daranno quella spinta psicologica di cui tanto avevamo bisogno.

Una volta di più dimentichiamoli quei tre punti, anzi facciamo proprio finta di averli persi. Pensiamo solo a salvarci sul campo, cercando con tutte le nostre forze di conquistare più punti possibile, soffrendo, sudando, correndo, segnando, vincendo, pareggiando.

La strada può essere solo questa.

SARA’ UNA LUNGA BATTAGLIA, METTIAMOCELO IN TESTA

Arrivare alla salvezza sarà dura. Durissima. Il Padova dovrà lottare con tutto se stesso e soprattutto calarsi nella mentalità di una squadra che lotta SOLO ed ESCLUSIVAMENTE per mantenere la categoria in cui sta giocando adesso. Lo dico anche a me stessa che, qualche settimana fa, sono caduta nella tentazione di pensare che, con un filotto di risultati e con la regola dei playoff allargati, il Padova potesse ancora sperare non solo di raddrizzare la barca che sta viaggiando storta ma anche di scalare la classifica fino a portarsi nella sua parte più nobile.

Non succederà niente di tutto questo. Dobbiamo quindi smetterla di aggrapparci ai tre punti di Carpi come alla manna dal cielo perché, anche se ci verranno dati, non saranno decisivi per farci cambiare improvvisamente obiettivi e strategie.

Una volta in più ho capito questo guardando oggi la sfida col Crotone. Certo, il Padova ha avuto le sue occasioni e poteva anche portarsi in vantaggio, specie nel primo tempo, ma non l’ha fatto. E alla fin fine è stato il portiere Mazzoni il migliore in campo, impedendo al Crotone di farci la festa. Quindi è inutile dire “se Melchiorri segnava”, “se Pasquato tirava meglio”, “se Cuffa ne approfittava”. Questi siamo e i nostri limiti, a volte tecnici a volte anche caratteriali, sono ormai evidenti. La salvezza sarà un traguardo da costruire con pazienza e forza mattoncino dopo mattoncino. Il punto di oggi rappresenta proprio uno di questi mattoncini ma il muro da alzare è alto e noi siamo appena alla base.

Mettiamocelo nella zucca. Che forse vivremo con maggior serenità il percorso tortuoso e difficilissimo che ci attende da qui alla fine.

ALMENO ABBIAMO UN PO’ DI CORAGGIO

Non siamo una squadra di fenomeni. I nomi, in rosa, ci sono ma gli errori commessi quest’estate nell’assemblaggio di questa squadra sono stati fatti e la classifica, all’alba della quindicesima giornata, non mente ed è anzi la migliore delle cartine al tornasole: se siamo penultimi non può più essere un caso. Bisognerà dunque vendere cara la pelle per salvarsi, punto e basta.

Detto questo, però, oggi a Bari il Padova ha dimostrato un po’ di quell’umanità e di quel carattere che sembravano smarriti. Un pizzico di coraggio, di voglia di non mollare che, come abbiamo visto, hanno fatto eccome la differenza. Non è un caso che il gol che ci ha fatto rimettere almeno la testa fuori dall’inferno, dopo il 2-0 del Bari, lo abbia segnato Matias Cuffa, uno che tiene a questa maglia come nessun altro. Quel suo colpo di “cabezon” ha come risvegliato tutti gli altri dall’incubo e ha poi ispirato anche il ritorno alla rete, dopo due anni e otto mesi, di Daniele Vantaggiato.

Allora, anche se non siamo uno squadrone, possiamo senz’altro fare un po’ più di strada rispetto a quella percorsa fino ad adesso se ci mettiamo questo cuore anche da qui in avanti. Poi se Iori continua a crescere e torna il giocatore che tutti noi adoriamo, la difesa si dà una registrata, Vantaggiato prosegue nella strada tracciata oggi, Pasquato viene rimesso a fare il trequartista, Rocchi raggiunge la condizione e a gennaio poniamo qualche correttivo grazie alla riapertura del mercato le cose possono anche migliorare. E di molto.

Ma ripartiamo dal coraggio mostrato oggi. Se c’è quello i punti si possono portare a casa anche si è ancora una squadra un po’ sgangherata e alla ricerca di equilibrio. Solo mettendocelo sempre tutti gli altri elementi che ho elencato dopo possono arricchire e avere un senso. Se invece non c’è, allora possiamo anche mettere Mourinho in panchina e Cristiano Ronaldo in attacco. Non cambierà mai niente.

A QUANDO UNA VERA REAZIONE?

Capisco le assenze. Erano pesanti soprattutto a centrocampo, dove mancavano sia Osuji che Cuffa, e sulla corsia di sinistra, in cui non c’erano Modesto e Jelenic. Ma anche al Brescia mancavano 9 titolari e, paradossalmente, è stato più pericoloso del Padova.

Non mi sento dunque di trovare altri alibi o giustificazioni alla prestazione di stasera. In cui, peraltro, in dieci il Padova ci è rimasto per un’ingenuità terribile di Legati e non perché, per la troppa voglia di vincere, il giocatore è andato con troppa irruenza sull’avversario.

A quando la vera reazione, Padova? I tifosi sono stanchi di salire sull’altalena e di scendere dopo appena un giro. E, soprattutto, sono delusi di non vedere il fuoco negli occhi dei giocatori. O si accende questo fuoco o la classifica non potrà mai migliorare.

CHI E’ CHE E’ ALTALENANTE?

Ha voglia Elia Legati a dire che l’ambiente è “umorale” ed emotivamente altalenante. Che passa troppo facilmente dagli elogi alle critiche più feroci, dai sorrisi ai mugugni, dal sogno playoff all’incubo retrocessione.

Il Padova di adesso, lui compreso, non è assolutamente diverso dalla gente che lo circonda. Una giornata gioca bene, quella dopo no. Una giornata tiene il risultato fino alla fine stringendo i denti, quella dopo crolla sul più bello. Una giornata passa in vantaggio e porta a casa la vittoria, quella successiva, dopo essersi portato in vantaggio, si fa raggiungere e superare. Mi pare che anche la squadra sia emotivamente altalenante e rappresenti esattamente lo specchio dei giudizi di chi la va a vedere. Che, giustamente, una settimana vede cose belle e applaude, ma quella dopo vede cavolate a go go e fischia.

Certo, c’è una parte di pubblico che si lamenta a prescindere. Che non incoraggia i più giovani. Che parte prevenuta con quelli di maggiore anzianità. Che al primo passaggio sbagliato al 1′ del primo tempo già sbuffa, senza attendere il novantesimo. Ma non sono tutti così i tifosi padovani. E anche quelli più “equilibrati” non possono fare altro che constatare che in questo momento il Padova per primo è altalenante. Una squadra double-face, potente e rocciosa all’Euganeo, fragile come il tonno che si taglia con un grissino in trasferta.

Finché non saranno i giocatori a trovare un equilibrio sarà difficile che lo trovi il pubblico. E direi che gli alibi, a mano a mano che le giornate passano, si fanno più sottili. Soprattutto quello secondo cui questa squadra non trovava continuità perché ogni settimana Mutti era costretto a cambiare e rivedere la formazione per infortuni. Sono settimane che i prescelti sono gli stessi, in difesa, a centrocampo e in attacco. Eppure, a Reggio Calabria, è arrivata una sconfitta che per la modalità in cui è maturata lascia parecchio perplessi. Peraltro sarà sabato prossimo che l’allenatore biancoscudato sarà costretto a cambiare perché Cuffa e Osuji saranno entrambi squalificati. Due perdite molto pesanti.

L’avversario della quattordicesima giornata sarà il Brescia. All’Euganeo. Lì dove il Padova ha finora costruito le sue maggiori fortune. Si spera che l’andazzo casalingo continui ad essere quello delle ultime settimane se no la classifica tornerà ad essere più che preoccupante.

FINALMENTE UN GRUPPO

Non può piovere per sempre. E non c’è notte tanto lunga da impedire al sole di sorgere.

Ecco che quindi il Padova da quasi spacciato si trasforma perfino in una squadra che ha delle qualità. Già: le stesse che aveva qualche settimana fa quando si perdevano tutte le partite. Qualità che si faceva fatica a tirare fuori e che adesso Bortolo Mutti sta facendo snocciolare ai suoi un po’ alla volta. Giusto per non farsi venire un’indigestione… di entusiasmo! Ecco che la posizione in classifica non è più la penultima. Si sale verso la salvezza, un traguardo che si fa di settimana in settimana sempre più possibile.

Il Padova sta crescendo e, appunto, tirando fuori quel che prima non riusciva, bloccato da un freno a mano evidentemente più psicologico che tecnico. Ma aldilà di un Pasquato che segna sempre, di un Melchiorri che ci va sempre vicino, di un Vantaggiato che si fa un mazzo così anche se continua a vincere l’oscar della sfortuna, di un Iori che a centrocampo fa luce, di un Cuffa che non molla mai e di un Mazzoni che, in porta, ha dato, grazie all’esperienza, qualcosa in più, di questa squadra mi è piaciuto oggi soprattutto un aspetto: il gruppo.

Sì, il gruppo. Questo concetto che a volte qualcuno considera abusato e che invece è fondamentale per fare strada. Undici ottimi giocatori che non fanno gruppo non vanno più lontano di undici buoni giocatori che fanno gruppo. Oggi lo abbiamo capito una volta di più. E’ quando sai che il tuo compagno farà per te una corsa in più che vinci la partita. E’ quando tu fai lo stesso per lui che vinci la partita. E’ quando stringi i denti nonostante i crampi che vinci la partita. E’ quando raddoppi la marcatura per dare una mano al tuo compagno difensore che vinci la partita. E’ quando ci provi senza mollare mai che vinci la partita.

E vincerai con ogni probabilità anche quella che viene dopo.

BASTA REGALI

Disattenti dietro, spuntati davanti.

Così, di strada, non possiamo farne tanta. Ma mentre sulla poca concretezza davanti si può anche pensare di lavorare prendendosi un po’ più di tempo (in fin dei conti Melchiorri ha dimostrato di esserci, Pasquato anche e Vantaggiato si sbloccherà prima o poi, ora che è finalmente rientrato), in difesa bisogna smetterla, e subito, di fare regali ad avversari che non aspettano altro.

Dispiace onestamente aver visto il Padova perdere oggi perché, per ampi tratti della partita, non ho notato la differenza che dovrebbe esserci tra la prima in classifica e la penultima. Il Padova ha tenuto bene il campo, si è dimostrato compatto, attento e determinato quanto basta. Il pareggio sarebbe stato oro nella tana della capolista e perfino un risultato giusto, invece, come al solito, un errore dietro ha fatto fare harakiri ai biancoscudati.

Blindiamo la difesa. Che, mi sa, è l’unica strada percorribile per tirarsi fuori dalle sabbie mobili prima che sia troppo tardi.

Non aggiungo altro, perché altre parole non ce ne sono o perlomeno io non ne trovo per descrivere la situazione di allarme attuale. Bisogna fare punti. Anche giocando male. E smetterla, ribadisco, di prendere gol che si potrebbero evitare. Su situazioni studiate e ristudiate in settimana. Non è il tempo del bel gioco. E’ il tempo della concretezza.

IL PATTO, IL GRUPPO, I SEGNALI

La partita di oggi contro la Juve Stabia è stata anticipata da una riunione in cui i tifosi della Tribuna Fattori hanno deciso di proporre ai giocatori del Padova un PATTO. Gli ultras hanno detto: noi vi diamo sostegno incondizionato, a prescindere dalla situazione di difficoltà e dall’avvento di una nuova proprietà che non ci convince, ma voi dovete dare il 150 per cento sul campo. Perché, se si retrocede, i primi a pagare sono proprio i tifosi.

La proposta è stata trasmessa alla squadra proprio pochi secondi prima del fischio d’inizio. I giocatori, mentre la Juve Stabia era già schierata in campo, si sono avvicinati alla Tribuna Fattori e hanno raccolto, portandola poi in campo, l’enorme carica di affetto e supporto. Il risultato si è visto. Non nego che dopo l’1-1 della Juve Stabia ho pensato che c’era il grosso rischio di perderla. Se ciò fosse successo, sarebbe stata la fine. Ma ho notato che il Padova, a parte quei minuti di pazzia, ha sempre mantenuto il fuoco negli occhi. E ha capito il messaggio che i fatti di questa settimana gli hanno inviato a più riprese.

Ha capito che se vuole fare strada la squadra deve assolutamente diventare un GRUPPO. I problemi ci sono dentro lo spogliatoio, inutile nasconderli, ma i giocatori, oggi per la prima volta, ce l’hanno messa tutta per provare a risolverli. Melchiorri che segna e va a dedicare il gol ai giocatori in panchina, soprattutto a quel Trevisan che (forse) a Cittadella gli aveva rivolto una frase offensiva. Trevisan stesso che entra in campo, va incontro ai compagni, allarga le braccia per festeggiare quel gol e poi si mette a piangere, perché la rabbia per aver perso la fascia di capitano e per essere finito ai margini è troppo grande e non vuole che finisca così. La squadra tutta che segue Melchiorri e va ad abbracciare tutti coloro che sono seduti in panchina. Il sessantenne Mutti che esulta come un ragazzino. Pasquato che a momenti entra in Tribuna Fattori quando segna il gol della vittoria, alzando la maglia e indicando il cuore. Un cuore biancoscudato.

Ecco questi sono i SEGNALI giusti. Che mi fanno capire che forse non è finita. Che anzi, il campionato è appena cominciato. E forse può finire molto ma molto meglio di come è andato fino ad adesso.

SI RIPIOMBA NEL CUORE DEL TUNNEL

Non eravamo venuti fuori dal tunnel dopo la vittoria contro il Varese. Saremmo stati dei folli a pensarlo anche solo per un istante. Però i tre gol fatti in una partita sola, la piacevole sorpresa di Melchiorri, la grinta di Pasquato, la resurrezione di Ciano e la grande reazione della squadra tutta dopo l’uno-due di Pavoletti ci avevano fatto vedere una luce in fondo a quel tunnel che, fino alla sfida di Modena, era buio che più buio non si poteva.

Oggi il Cittadella ci ha fatto capire che quella luce era un tir che, viaggiando in contromano, stava per venirci addosso. E, purtroppo, l’abbiamo preso in pieno, facendo il peggiore dei passi indietro che potessimo fare.

Certo non ci siamo proprio liquefatti dopo il vantaggio di Coralli, come magari era successo in altre occasioni nelle prime giornate di campionato, ma la reazione dei biancoscudati è stata troppo nervosa e poco costruttiva. Prendere solo un palo, con Cuffa, nella ripresa, è troppo poco per sperare di portare a casa un risultato utile da Cittadella. Dove il derby è una di quelle partite che dire sentite è dire poco.

Questa sconfitta, ahimè, ahinoi, mi (ci) fa capire tante cose. Che purtroppo Bortolo Mutti aveva ragione a dire che di santo qui a Padova c’è solo Sant’Antonio, altro che San Bortolo! E che la squadra è quella che è. Con qualche buon giocatore, ma anche con evidenti limiti. In attacco, ma non solo.

“Non possiamo reinventarci niente – ha ribadito oggi l’allenatore biancoscudato – questi siamo e bisogna che questi giocatori sbaglino il meno possibile e raggiungano un certo equilibrio”.

Tutto giusto. Aggiungo solo che bisogna agire in fretta. E che i primi a ricominciare a crederci e a trascinare il resto della ciurma devono essere i più esperti, protagonisti oggi degli errori più evitabili (su tutti Santacroce).

Perché qua a forza di parlare di spareggi salvezza (e lo è proprio il match di sabato prossimo contro la Juve Stabia) non vorrei che la squadra cominciasse a pensare davvero che oltre gli ultimi posti in classifica non può puntare. Se si spegnerà anche l’ultimo barlume di autostima, saranno dolori… dolori forti!

ORA E’ TUTTO CHIARO

Alla luce della prestazione di stasera, in cui il Padova è riuscito, in 90 minuti, a fare tutto quello che non era riuscito a fare in sette giornate, la chiosa di Matias Cuffa dell’altro ieri risulta ancora più chiara.

E’ evidente che qualcuno il cuore prima non lo metteva. Magari non remava contro di cattiveria, ma non impegnandosi fino all’ultima goccia del suo sudore comunque contribuiva a non risolvere la situazione di difficoltà. Penso a Ciano, per esempio: negli spezzoni di partita disputati con Marcolin si è divorato gol fatti e non ha procurato il benché minimo pericolo al portiere avversario. Stasera in pochi minuti ha preso un palo, preso punizioni a go go e segnato un calcio di rigore. Una coincidenza? Non credo.

Dunque è vero che il cuore non tutti ce lo mettevano. Ed è altrettanto vero che in spogliatoio c’era chi pensava troppo alle proprie qualità di singolo e troppo poco al gruppo.

La bella notizia è che il vento è cambiato. La squadra ha capito che sbagliava e ha invertito la rotta. Dispiace che a rimetterci sia stata la professionalità di Marcolin ma, oggi più che mai, son convinta, e lo siamo tutti, che il cambio andava fatto. L’ingaggio di Bortolo Mutti ha portato la scossa sperata. E abbiamo d’ora in avanti un Federico Melchiorri in più nel motore. Un attaccante dalle grandi qualità, fisiche e umane.

Finalmente possiamo andare a dormire per una volta sereni dopo una partita del Padova.

Avanti scudati!