Non ho molto da dire al termine della partita odierna. Se non che considero il punto portato a casa contro il Verona un punto d’oro. Che apprezzeremo senz’altro tra qualche mese più di quanto stiamo facendo oggi. Il girone di ritorno ormai è cominciato e i punti si fanno più pesanti, contro chiunque li si debba conquistare. L’obiettivo, nei prossimi due mesi, dovrà essere innanzitutto quello di perdere il meno possibile per poi tirare una bella volata in primavera, dopo aver consolidato questa posizione in classifica. Mentalità da perdente? No, ritengo che questo sia solo sano realismo. Sono convinta che con Cacia di nuovo in pista dal punto di vista della condizione e magari Succi finalmente senza più acciacchi potremo dire abbondantemente la nostra, recuperando un po’ della brillantezza che ora ci manca negli ultimi sedici metri. Per ora, mi accontento (si fa per dire!) di aver rivisto un Padova solido (il centrocampo a rombo aiuta moltissimo in questo senso!) e “mentalmente” sul pezzo. Il Verona non era una bestia facile da addomesticare.
RICOMPATTIAMOCI E RIPARTIAMO
Partita bruttissima quella di stasera a Bari. Non è la prestazione negativa in sé che mi ha fatto star male: può capitare una serata no in un campionato e così male, in effetti, poche volte ricordo di aver visto il Padova giocare. Purtroppo il problema è che questo mercato ha impresso un segno negativo nella testa di molti giocatori, non solo in quella di Cacia, lasciato a casa proprio perché, parole di Dal Canto, “con la testa è altrove e io ho bisogno di scendere a Bari con gente che pensa solo alla partita”. Per mesi abbiamo rincorso un difensore (prima Pesoli, poi Acerbi, poi il terzino Felscher): alla fine non è arrivato alcun rinforzo (a parte Bentivoglio che è un centrocampista) ma forse tutto questo dire che la difesa andava aggiustata non ha fatto bene ai giocatori che quella difesa la compongono dalla scorsa estate che, guarda caso, stasera sono stati tra i peggiori in campo. Si è inoltre parlato della possibile cessione di Milanetto e Cacia e pure di quella di Portin che invece sono rimasti tutti alla corte di Marcello Cestaro. Mi chiedo: Cacia a parte, che forse voleva lui andare a giocare di più altrove oppure tentare la rotta di avvicinamento alla serie A senza passare per altri sei mesi in B, con che testa questi ragazzi sono rimasti qui?
Alla luce di quello che ho appena scritto, credo che il compito più delicato che spetterà nei giorni prossimi a mister Dal Canto non sia quello di capire cosa tatticamente o tecnicamente non ha funzionato stasera a Bari, ma piuttosto quello di ricompattare lo spogliatoio per ripartire di slancio, con tutti allo stesso livello di motivazione. Trevisan e Legati saranno squalificati e dunque sabato scatterà nuovamente l’ora di Portin al centro della difesa: ecco bisognerà fare in modo che sia il miglior Portin, convinto che, se è rimasto a Padova è perché, anche se ha giocato poco fino a questo momento, è utilissimo alla causa, come tutti gli altri. Come ho scritto nelle pagelle, c’è da “rimotivare quelli che dovevano partire e non sono partiti e far risentire importanti coloro che, come tutti gli altri, lo sono ma magari adesso si sentono meno considerati”. Dal Canto in questo si è sempre dimostrato il numero uno fin dal giorno in cui si è seduto sulla panchina biancoscudata: anche stavolta non mancherà di mettere la sua personalità, la sua schiettezza e la sua grinta al servizio della causa. Del resto, dalle situazioni difficili, finora, è sempre uscito a testa alta e con il gruppo dalla sua parte. E quale migliore occasione del più sentito dei derby…
OCCHIO A NON TIRARCI LA ZAPPA SUI PIEDI
Il Padova è tornato a vincere all’Euganeo. Se si esclude la strana gara col Torino, iniziata il 3 dicembre e conclusa il 14 per via dei blackout ma ancora sub judice, non succedeva dall’1 novembre (vittoria per 1-0 sul Livorno, gol di Cutolo). Il Padova ha conquistato il suo secondo successo consecutivo, dopo la goleada di lunedì scorso in quel di Reggio, riportandosi a ridosso delle prime due posizioni e a più dieci dal settimo posto, ovvero il primo fuori dai playoff. Il Padova ha vinto il derby di ritorno col Citta dopo essersi aggiudicato anche quello d’andata (4-1 al Tombolato): credo non fosse mai successo nella storia dei derby tra Padova e Cittadella in campionato.
Sono tutti motivi per gioire e invece, al fischio finale, è partita la contraerea dei mugugni e dell’insoddisfazione perché oggi il gioco non è stato brillante, perché Dal Canto ha la Ferrari e non la sa guidare eccetera eccetera eccetera.
Non fraintendetemi: contro il Cittadella il Padova non ha disputato la sua migliore partita, anzi. Nel primo tempo, lo ha ammesso lo stesso Dal Canto, c’è stata troppa confusione. Non sono cieca e non ho certo visto una gara entusiasmante. Però, ragazzi, sono preoccupata per l’atteggiamento eccessivamente intransigente che noto in alcuni di voi: dire che il Padova non ha giocato benissimo ci sta. Sottolineare i punti in cui si dovrebbe migliorare anche. Ma penso che, vista la situazione in classifica, si dovrebbe farlo dopo aver gioito per una vittoria preziosissima per mille motivi. Noto invece che i mugugni e l’insoddisfazione di cui sopra prevalgono.
In questo modo rischiamo di tirarci la zappa sui piedi da soli. Credo che a questo punto del campionato, con tutta la primavera davanti e tante partite importanti da giocare e tentare di vincere, sarebbe il peggiore dei freni a mano che possiamo tirare.
Non pretendo di avere ragione al cento per cento. Proviamo però a rifletterci un po’ su. Tutti insieme.
LA SERATA DEL RISCATTO
Bisognava innanzitutto cancellare la sconfitta contro la Sampdoria e il Padova ci è riuscito. Bisognava non lasciare punti alla Reggina per non farla rientrare in corsa per i playoff e il Padova ci è riuscito. Bisognava non perdere terreno nei confronti di Verona, Pescara e Sassuolo che a loro volta non perdono un colpo. Il colpo, anzi il colpaccio su un campo in cui finora solo Torino e Juve Stabia si erano accomodate, l’abbiamo fatto anche noi. Bisognava dimostrare che siamo una squadra che non si fa condizionare dai tanti e importanti singoli assenti e abbiamo disputato una signora partita in trasferta senza Italiano, Bovo, Cacia, Succi e Milanetto, cambiando ancora una volta in corsa l’assetto tattico e molti dei suoi protagonisti.
Sì, senza ombra di dubbio, mi sento di dire che questa è stata la serata del riscatto, per tutti questi molteplici aspetti. E mi sento di ribadire una cosa che penso dall’inizio del campionato e che continuo a pensare: e cioè che Dal Canto, che qualche volta può pure sbagliare visto che è giovane e l’esperienza se la deve fare sulla sua pelle, ha perfettamente capito qual è il materiale umano e tecnico che ha per le mani e lo sa far rendere al meglio senza lasciarsi condizionare dagli umori esterni, neppure quelli del suo presidente che in settimana aveva apertamente detto di non essere convinto delle qualità di Ruopolo.
Anche il pubblico voleva la testa di Ruopolo dopo la pessima prestazione contro la Sampdoria, lui invece non l’ha tolto e gli ha affiancato Hallenius. Risultato: ‘Ciccio’ è stato il migliore in campo, Linus tra i migliori. Dietro di loro Dal Canto ha rispolverato al momento giusto anche Drame, dopo averlo risollevato dall’anonimato in cui era finito a causa delle troppo abbaglianti sirene di mercato che lo riguardavano. Risultato: il franco maliano ha corso come un pazzo, sfiorando anche il gol, che sarebbe stato il secondo dopo che il primo lo aveva segnato proprio nella gara di andata contro la Reggina all’Euganeo. Già senza diverse pedine di qualità, il mister ha poi deciso di sacrificare Cutolo in nome di maggiore fisicità in mezzo al campo e Schiavi sulla linea della difesa. Altre decisioni che, alla fine, gli hanno dato ragione. Queste scelte particolari e apparentemente azzardate potevano sembrare quelle di un tecnico in confusione che le prova tutte e invece, al triplice fischio, si sono dimostrate il frutto di una lucidità che non è mai venuta meno nella sua testa.
La quinta vittoria fuori casa dall’inizio del campionato ci ha regalato un gruppo in salute e ricco di tanta forza caratteriale. A questo punto il mercato non è più un’ancora di salvezza, ma un’occasione per arricchire senza stravolgere una realtà che ha già tanto da dire e da dare. E che dirà e darà ancora tanto.
I LIMITI DEL PADOVA
Quante volte, al termine di partite in cui l’arbitro ci aveva messo lo zampino in maniera negativa, mi son sentita dire che non prendevo mai posizione, che non sottolineavo certe ingiustizie. Se non lo facevo, era perché ritenevo che, anche senza quelle ingiustizie, il Padova non ce l’avrebbe fatta e preferivo evitare di trovar fuori alibi inutili e sterili ai fini della crescita della squadra.
Stavolta invece prendo posizione, eccome se la prendo. Senza l’espulsione di Bovo, son convinta che ce l’avremmo fatta a portare a casa un pari più che meritato perché stavamo mettendo sotto la Sampdoria in quel momento e Romero già qualche brivido sulla schiena lo aveva provato.
Ciò premesso, però, il problema non è quello che di giusto stavamo facendo nel momento in cui Bovo è stato espulso, ma quello che non abbiamo fatto prima, complicandoci la vita. Andando sotto di due reti nelle uniche due iniziative messe in atto dai doriani, ai quali, l’aiuto per andare in porta, l’abbiamo servito su un piatto d’argento attraverso una leggerezza di Bovo (quella sì criticabile, altro che l’espulsione!) e un anticipo nettamente sbagliato da Schiavi. Certo avevamo di fronte la Sampdoria, che resta insieme al Torino la squadra più attrezzata del campionato seppur in crisi, ma è evidente che qualche limite c’è, se si vuol puntare ad un traguardo più importante dei playoff (leggi secondo posto).
Senza Cacia e con Succi non pienamente recuperato facciamo fatica. Dietro Schiavi sta evidentemente soffrendo le voci che parlano di un Pesoli sulla strada di Padova. Battiamo dunque meglio che si può (e in questo Foschi è un maestro!) la strada del mercato e ritroviamoci qui i primi di febbraio.
Solo allora capiremo fino in fondo chi siamo e dove possiamo arrivare. E occhio alla Reggina tra due lunedì perché, dopo aver rimesso in pista la Sampdoria, il peggio del peggio potrebbe essere proprio quello di fare la stessa cosa con Bonazzoli e i suoi amici.
E’ LA SERIE B, BELLEZZA!
La categoria in cui ci ritroviamo a giocare è la serie B. E meno male visto che negli undici anni antecedenti al 2009 ci siamo dovuti ciucciare ogni domenica che Dio mandava in terra la serie C, giocando, e a volte pure perdendo, contro Pizzighettone, Moncalieri, Montichiari, Legnano e compagnia briscola (con tutto il rispetto ovviamente per questi club). La B è questa: capita che il Torino faccia 0-0 in casa contro l’AlbinoLeffe e che perda a Gubbio, così come capita che il Padova, non disputando la sua migliore partita, vinca ad Ascoli. Certo poi c’è il Pescara che viaggia ad una media di più di due gol a partita, ma quella è Zemanlandia, una terra franca in cui vive e imperversa un’idea particolare e senz’altro spettacolare di calcio, ma assolutamente improponibile e riproducibile in altri luoghi se appunto non hai Zeman in panchina.
Insomma: è tutto nella norma. Anzi: tre punti ad Ascoli sono grasso che cola in una classifica che dice che il Padova ha chiuso il girone d’andata a quota 38, mica bruscolini!
Ciò premesso, un po’ di preoccupazione c’è per un Padova che non ha più il gioco spumeggiante di una volta e, a tratti, continua a dare l’impressione di dipendere dagli spunti dei singoli. Ma ci sono partite e partite: quella di oggi, contro un Ascoli chiuso in difesa così come avevano fatto Grosseto e Gubbio, poteva trasformarsi nell’ennesima trappola! Invece i biancoscudati, pur non pungendo mai fino in fondo, hanno avuto il pregio di tenerla in mano senza commettere ingenuità difensive fino al momento in cui Lazarevic, aiutato dalla fortuna e da Peccarisi, l’ha sbloccata. E’ soprattutto portando a casa match come questi che si fa strada e si mantiene la parte alta della classifica.
Spero quindi che questa vittoria sia di rilancio per le motivazioni e lo smalto dei giocatori e abbia, se non eliminato, almeno messo da parte le scorie prodotte dalla vicenda calcioscommesse. Avanti con la Sampdoria!
VOGLIO PROVE NON “SENTITO DIRE”!
Sono laureata in giurisprudenza. E’ quindi normale che, con questo corso di studi alle spalle, io sia innocentista. Lo dice chiaro e tondo il secondo comma dell’art. 27 della Costituzione che, vi assicuro, all’università di Padova mi hanno fatto studiare come l’Ave Maria: "L’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva". Si chiama "presunzione di innocenza". Anche se ci fossero a carico dei biancoscudati le prove più schiaccianti, aspetterei comunque l’ultimo grado di giudizio prima di essere sicura che le cose stiano come recita la sentenza.
Ciò premesso, a carico di Vincenzo Italiano, Omar Milanetto e Francesco Ruopolo non c’è al momento alcuna prova concreta. Certo, rispetto a qualche giorno fa in cui si parlava di coinvolgimento del Padova senza che ci fosse alcun nome del Padova tra gli indagati, un passo avanti è stato fatto: ci sono le parole della confessione fiume di Gervasoni. Ora gli inquirenti le devono esaminare e vedere se, alle parole dell’ex difensore del Piacenza, corrispondono appunto dei fatti. Certo, non saranno ore tranquille nè per me nè per voi tifosi quelle che ci apprestiamo a vivere. Ma ci andrei piano prima di vedere il Padova già retrocesso in Lega Pro: sbaglio o l’altro ieri è venuto fuori che in un’intercettazione Santoni avrebbe detto che Buffon, Gattuso e Cannavaro sono malati di scommesse? Pareva la fine del mondo, invece, lo stesso Santoni ha ritrattato, dicendo di aver fatto tre nomi a caso al momento del colloquio telefonico.
Scusatemi dunque ma, alla luce di tutto questo, parole come "I fratelli Cossato mi dissero che tra i loro referenti c’era anche Italiano che aveva confidato loro che il Padova aveva comprato la partita con l’AlbinoLeffe del 2009" non sono una prova, bensì il riporto di un sentito dire. Non mi bastano per redigere una sentenza di colpevolezza. E non basteranno nemmeno al giudice, in assenza di riscontri oggettivi.
Quindi, per concludere, è normalissima e più che legittima la preoccupazione che ha invaso il nostro stato d’animo ma proviamo ad aspettare che la giustizia faccia il suo corso prima di fasciarci la testa. Se andiamo a vedere anche solo la prima trance delle indagini, sono diversi i nomi di giocatori tirati in ballo che poi ne sono usciti puliti perchè non c’entravano nulla.
CI DICANO DI CHE MORTE DOBBIAMO MORIRE
Cristiano Doni ha vuotato il sacco. Dopo 5 giorni di isolamento in carcere ha deciso di collaborare e ha ammesso tutto o quasi. Le scommesse, le combine: era tutto vero. Ce ne sarebbero di cose da dire già solo su questo fatto, ma tanto sarebbe un fiume di parole inutili. Dico solo che mi dispiace tantissimo per i tifosi dell’Atalanta che per anni hanno creduto di avere un capitano che esultava tenendo su il mento perché era una persona straordinaria. E hanno creduto alla sua completa innocenza anche dopo che sono partite le indagini lo scorso maggio, difendendolo fino all’ultimo. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto possano essere delusi adesso (ho provato a mettermi nei loro panni, pensando, se una cosa del genere l’avesse fatta un giocatore del Padova, a come avrei reagito e non mi sono certo venuti pensieri comprensivi…).
Ma tant’è il punto che interessa più da vicino noi padovani è un altro: ovvero quel Padova-Atalanta che è ancora nel mirino degli inquirenti perché ritengono che per il pari ci fosse l’accordo delle due società. Doni ieri ha ammesso le combine in Atalanta-Piacenza e Atalanta-Ascoli ma ha detto che di Padova-Atalanta non sapeva nulla, men che meno sapeva che ci fosse in ballo un accordo tra le due società. Queste dichiarazioni, per quanto si tratti solo dell’interrogatorio di garanzia, dovrebbero bastare a tranquillizzare i tifosi del Padova e invece non bastano perché il gip, nonostante non risulti al momento alcun indagato del Padova, nè tra i dirigenti nè tra i giocatori, continua a dire di avere in mano elementi che confermano il quadro probatorio.
Concludo allora con un accorato appello, da tifosa più che da giornalista: dicano chiaro e tondo cosa hanno in mano e ci dicano quindi di che morte dobbiamo morire. A Padova si è infatti venuto a creare un clima di sospetto e ansia a dir poco deleterio. Allora: carte in tavola e fuori gli assi. Se c’è qualcosa, qualunque cosa sia, che venga messa in chiaro perché vivere così davvero ci sta facendo malissimo.
Spero che passiate tutti un buon Natale. Io sono convinta che, sotto l’albero, troveremo l’assoluta estraneità ai fatti del nostro amatissimo Padova!
PAZZO PADOVA
Chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione del post. Mi sono accorta poco fa che quello che ho scritto ieri sera se n’è andato allegramente in fumo (misteri informatici o manifesta incapacità della sottoscritta? Probabilmente la seconda, anche se a me pareva d’averlo pubblicato…).
Vabbe’, pazienza. Provvedo immediatamente a riscrivere i pensieri che hanno affollato la mia mente dopo il fischio finale della partita pareggiata di fortuna (per non usare un termine più colorito ma che renderebbe un po’ meglio l’idea…) contro la Nocerina.
Destino ha voluto che, mettendomi al computer ieri pomeriggio per aggiornare il sito, mi sia capitato a tiro il file con la canzone dell’Inter che un amico mi ha girato per farmi simpaticamente un dispetto qualche tempo fa. L’ho ascoltata anche se, tengo assolutamente a precisarlo, non sono interista, non lo sono mai stata e mai lo sarò. Il motivetto è carino e anche le parole rendono perfettamente l’idea di come un tifoso vive la sua squadra del cuore: "pazza Inter amala, è una gioia infinita, che dura una vita…". Subito ho associato queste frasi al Padova, capace di sfoderare una prova da squadra vera contro le grandi e a far invece venir meno la propria personalità contro le piccole. Quelle squadre che, in assenza di tanta qualità, fanno dell’identità e della forza caratteriale le loro armi.
Ecco il Padova attualmente è proprio pazzo: schizza da un umore all’altro, ha molteplici identità e non trova continuità. Al tifoso dunque non resta che scegliere tra due strade: quella di amarlo a prescindere, apprezzando i lati positivi (il quarto posto in classifica con 35 punti che non sono proprio pochi…) e cercando di farsi andare giù quelli negativi di cui sopra, oppure quella della critica feroce. Che senz’altro sotto alcuni aspetti ci sta, sotto altri rischia magari di peggiorare una situazione che tutto sommato è assolutamente recuperabile.
Ancora una volta siamo di fronte ad una prova importante per Alessandro Dal Canto che deve assolutamente riuscire a ritrasmettere alla squadra la mentalità che aveva ad inizio anno. Quando non abbassava mai la guardia, non aveva mai paura, se andava sotto recuperava alla grande e non si sentiva mai appagata nè presuntuosa. In questo senso, mi spiace dirlo da tifosa del Padova, il Verona insegna. Avrà meno qualità del Padova ma attraverso l’identità e la forza che ha trasmesso ai giocatori Mandorlini è arrivato oggi al decimo risultato utile consecutivo.
Per quanto riguarda Cacia e la sua pizza in faccia a Pomante seguita da espulsione onestamente ci son rimasta proprio male: avendo il ragazzo manifestato un carattere difficile in tutte le piazze in cui ha militato, faccio fatica a vedere una responsabilità del Padova nel gestirlo. Se davvero l’attaccante vuole andare alla Sampdoria, perché lì ritroverebbe l’allenatore che lo ha lanciato e fatto esplodere, faccia pure. Ma lo dica chiaro e tondo così ci togliamo il pensiero. Se invece, come speriamo tutti, vuol continuare a dare il suo prezioso contributo al Padova, cerchi di capire che è normale, in una rosa così ampia e competitiva, vivere qualche sabato da "sacrificato". Ma è poi altrettanto normale tornare a giocare dal primo minuto e far esplodere lo stadio di gioia quando si va in gol.
Non mi resta che augurare a tutti i frequentatori del blog delle serene feste di Natale. Penso infatti che recuperare serenità in un momento come questo sia la cosa fondamentale. E non sto parlando solo di calcio ovviamente.
HA RAGIONE CESTARO: FINIAMOLA QUI
Padova-Torino è finita sul campo. E il Padova ha vinto. Meritatamente.
Il Toro, però, ha presentato una riserva scritta e orale davanti all’arbitro Calvarese di Teramo, che verrà valutata nuovamente dal giudice sportivo, mentre l’altro ricorso, respinto perché inammissibile dallo stesso giudice sportivo lunedì, finirà sul tavolo della Corte di Giustizia Federale.
La partita dunque, che sul campo ha vissuto il triplice fischio finale, continuerà a vivere tra le carte bollate. Non commento oltre quest’ostinazione della società granata, ho già avuto modo di dire quel che pensavo nel precedente post.
Mi limito a sottolineare, ancora una volta, pochi ma significativi fatti (fatti, non opinioni): 1) sul campo l’arbitro Calvarese, quando è saltata la luce lo scorso 3 dicembre all’inizio della ripresa, ha detto, testuali parole: "Io ci vedo, voi ci vedete, è tutto a posto?" e di fronte a lui i due capitani, Bovo e Bianchi, hanno detto sì. Il gol di Ruopolo dunque era validissimo, perché il consenso a continuare a giocare lo ha dato anche Bianchi del Torino. 2) il Padova, quando è scattato l’ultimo blackout e si è dovuto smettere di giocare perché nel frattempo era sopraggiunto il buio, stava appunto vincendo 1-0. Non avrebbe avuto alcun interesse a staccare di sua iniziativa la spina dei riflettori.
Mi bastano questi due elementi oggettivi per dire che i tre punti sono stati meritatamente conquistati dal Padova sul campo. E che tutto il resto non ha ragione di esistere. Ha ragione Cestaro: finiamola qui. Ci facciamo più bella figura tutti.