UN MERCATO RICCO E (FINORA) INCOMPLETO

Premessa, il mercato è (ancora) lungo e molto si delineerà negli ultimi giorni. Ma un fatto balza all’occhio ed è un paradosso: si sono spesi tanti soldi (e ne abbiamo dato atto a Setti nello scorso topic), ma la squadra appare ancora incompleta e soprattutto sguarnita in alcuni ruoli chiave. L’avvio promettente (e costoso) della campagna acquisti ha creato (legittimamente) delle aspettative che tutt’ora permangono (con Toni e Pazzini non puoi parlare di salvezza), ma gli infortuni, le prime amichevoli vere e le successive operazioni di mercato qualche piccola riflessione la inducono. Lo stesso Pazzini, allo stato attuale, mi sembra la ciliegina di una torta ancora da sfornare. Setti ha dichiarato: “L’obiettivo è fare più punti della scorsa stagione”, per riuscirci la rosa va puntellata con almeno tre tasselli importanti.

C’è la questione del terzino sinistro che auspico che non si risolva con la scelta tra Albertazzi e Souprayen; c’è un “buco” nel reparto dei centrali dove Bianchetti rimane un’incompiuta (felice di essere smentito, ma non ne capisco il riscatto), Helander ha talento ma è da valutare in Italia, mentre i titolari Marquez e Moras in coppia hanno già palesato evidenti difficoltà. Anche a centrocampo, nel ruolo chiave di metodista, siamo scoperti finché Viviani non recupera (e i suoi tempi di guarigione sono ancora tutti da valutare) e per come va il calcio, sino al 31 agosto non darei per scontata la permanenza di Sala (e le parole di Mandorlini a Sky non sono né casuali né banali e forse tradiscono una lieve irrequietezza). Su Toni e Pazzini concordo con Vighini e non aggiungo nulla a quanto già scritto da Gianluca nel suo blog.

In sintesi le incognite non mancano, per questo mi attendo qualche altro squillo di tromba dalla dirigenza. Quanto fatto sinora non basta ed è meglio dirlo ora, senza troppi giri di parole.

IL SETTI CHE PREDICA MALE E RAZZOLA BENE

Storia recente. Il 26 maggio Setti a Telenuovo parlò di numeri, bilanci, plusvalenze ridimensionate e a rate, di spese per i procuratori (che però non vivono d’aria) e ammise di aver coperto di persona ammanchi di cassa (5 milioni). A sentirlo sembrava che la gestione del suo management fosse stata scellerata. A distanza di poco più di un mese però sono arrivati Pazzini e Viviani, investimenti milionari, senza contare l’acquisto di Helander, il riscatto di Bianchetti, le conferme (al momento) di Sala e Romulo, e una campagna acquisti che un paio di colpi, credo, li riserverà ancora.

Da decenni il Verona non investiva questi denari. Gardini assicura che i conti tornano e non ho motivo per non credergli. Ciò significa che in questi anni si è lavorato egregiamente. Dunque non capisco il Setti del ‘Vighini Show’: perché ha predicato male (sminuendo involontariamente anche il suo lavoro) per (poi) razzolare bene? A sentirlo parlare per tre ore di numeri, bilanci e commissioni ai procuratori, quella sera qualche domanda sulle possibilità economiche del Verona me l’ero fatta. Ecco perché anche le parole sono importanti: se Setti avesse pure predicato bene ci saremmo risparmiati un po’ di preoccupazioni. In ‘sti tempi di crisi – anche nel calcio, con società storiche che saltano – non è poco.

Quindi presidente le domando: visto che finanziariamente può e lo ha dimostrato, la prossima sera che viene in tv parliamo solo di calcio?

‘SUD’ AGLI OSPITI: UN PROBLEMA IN PIÙ

Le cose stanno così. Per anni la North Side chiede (comprensibilmente) di avere la curva nord. Volontà anche legittima: due tifoserie nella stessa curva sono un’anomalia tutta veronese, c’è la voglia dei clivensi di distinguersi e, soprattutto, la Sud è da sempre il tempio laico della tifoseria dell’Hellas. Così Campedelli (altrettanto comprensibilmente) accontenta i suoi sostenitori, ma cosa fa? Sposta (meno comprensibilmente) i tifosi ospiti in sud superiore. Dico, era proprio necessario? No. Non si potevano mettere altrove? Sì. Sarebbe stato burocraticamente più complesso, ma non nascondo che avrei apprezzato questo sforzo di volontà. Così non è stato.

Dall’altra parte c’è il Verona, ci sono Setti e Gardini, senza il potere di incidere nella fattispecie (lo stadio è del Comune), ciò non toglie che avrei desiderato da parte loro un maggiore pressing per evitare che tutto questo accadesse, anche perché presumo non abbiano vissuto con giubilo la faccenda, anzi.

Il punto è che i tifosi del Verona lamentano pericoli per l’area esterna (il monumento) ed interna alla curva sud; il Chievo però assicura che non ci saranno problemi e che tutto è stato studiato nei particolari. In realtà, penso io, un tifoso ospite potrebbe tranquillamente saltare dalla sud superiore all’inferiore: al Chievo non lo escludono, tuttavia mi spiegano che le eventuali ‘teste calde’ saranno segnalate e punite. Anche il Verona, assicura la dirigenza, è pronto a tutelare in qualsiasi modo la sua tifoseria. Eppure la mia sensazione è che ora ci sia un problema in più, non in meno.

CON PAZZINI MENO SCUSE E PIÙ CORAGGIO

Non ho ricordi, nel Verona, per esborso economico e valore tecnico del giocatore, di un acquisto dell’importanza di Giampaolo Pazzini. Premendo il tasto review e senza scomodare la prima metà degli anni ’80 (epoca a parte per l’Hellas), mi viene in mente Stojkovic, fuoriclasse di altra levatura certo, ma paragonabile per investimento e aspettative al Pazzo. Il decennio successivo ha visto altri grandi vestire il gialloblu, come Mutu, Camoranesi e Morfeo, ma il primo era ancora una promessa, l’indio uno sconosciuto, mentre il genio pupillo di Prandelli un prestito. Nemmeno le recenti intuizioni di Sogliano, Toni e Iturbe, reggono il paragone, perché Toni due estati fa era annoverato già tra i pensionabili, mentre Iturbe solo un giovane in rampa di lancio. Lo stesso vale per due fuoriclasse come Saviola e Marquez, ingaggiati dal Verona al tramonto della carriera (ma a mio avviso ancora in forze per questa serie A; spero che almeno Marquez lo possa dimostrare). Pazzini invece, che è tra i due-tre migliori attaccanti italiani (Toni è fuori classifica), giunge nel pieno della maturità (31 anni nel calcio moderno non sono poi così tanti): l’ingaggio quinquennale di circa 1,2 milioni annui attesta le speranze che Setti e il club ripongono su di lui, bomber prolifico in rapporto alle presenze (101 gol in A in 11 campionati, solo cinque di questi da titolare fisso) e dall’ottimo curriculum anche nei grandi club.

L’ex rossonero e lo stesso Viviani (altro investimento di rilievo per cartellino e contratto) credo siano le cartine di tornasole del nuovo corso del Verona. Un Verona che anche senza Sala (come sarà probabile) guarda più alla parte sinistra della classifica che alla zona retrocessione. Ma per riuscirci, oltre alle tante cose buone fatte, mi aspetto da Mandorlini e squadra qualche alibi in meno e un pizzico di coraggio in più.

L’IDENTITÀ RAFFORZA IL MARKETING, MA GARDINI…

In privato e su facebook mi si chiede perché non scrivo delle maglie. La mia opinione è nota, la espressi su questo blog già due anni fa, poi di nuovo l’anno scorso e ancora in tv, dove mi presi del “professore” da Giovanni Gardini, che nell’occasione mi spiegò che “i colori non sono importanti”. Non ho cambiato idea e, a quanto pare, non l’ha cambiata neppure Gardini, ma siccome c’è caldo e repetita in questo caso non iuvant mi taccio, non infierisco (molti tifosi sui social si sono già espressi negativamente) e mi limito a precisare un paio di cose. Qua non si discute di bellezza, ma di identità, e nessuno è contrario al marketing, anzi. Aggiungo a beneficio di quelli che… “l’importante è la serie A”, che categoria e identità sono due sostantivi diversi e slegati e perciò non è bene sommare le mele con le pere. Premesso questo, domando: la seconda e terza maglia (quindi almeno metà delle partite del Verona nel prossimo campionato) senza più il gialloblu neppure nel simbolo sono identitarie? E l’identità espressa con i colori è importante, o è un valore ormai desueto? Prima rispondiamo a questo e poi decidiamo se discutere la scelta di Gardini & C. è un mero sollazzo estivo, o un fatto preminente. Infine marketing e identità possono coesistere? A Wimbledon usano ancora le tradizionali maglie bianche, ciò dimostra una tesi a me cara: l’identità non solo convive con il marketing, ma lo rafforza. A Gardini lo dissi anche vis-à-vis. Ma niente da fare, da quell’orecchio Richelieu non ci sente.

p.s. Sul mercato di Bigon l’impressione è più che positiva. Bene l’ingaggio di Viviani e i rinnovi di Valoti e Gomez. Pazzini sarebbe il botto. Aspettiamo per un giudizio più compiuto.

BIGON E MANDORLINI: QUALE RAPPORTO?

Potremmo chiosarla così: il cardinal Gardini, Sua Eccellenza Richelieu, ha nominato il suo “parroco”, Riccardo Bigon. Ma poi Maurizio Setti s’incazza e torna a rivendicare l’ovvio: che Bigon è una sua scelta ed è stato ingaggiato perché è bravo e non perché amico di Gardini. Come se qualcuno pensasse stupidamente che Setti subisce le scelte, o che Bigon è scarso.

Chiariamo subito: Setti è scafato, chiede, s’informa e ha l’ultima parola su tutto, ma è altrettanto evidente che Gardini, ora come ora, esercita una forte influenza su di lui. E, intendiamoci, di per sé non c’è nulla di male: Gardini fa il direttore generale, non il pizzaiolo (mestiere peraltro affascinante). Ciò che conta sono i risultati: quindi ripetere, se non migliorare, nei prossimi tre anni (in termini di classifica, costi e plusvalenze) quanto fatto negli ultimi tre da Sogliano e Mandorlini. Solo questo sentenzierà se Gardini come deus ex machina sia stata una scelta giusta o sbagliata.

Peraltro non inganni la faccia pretesca di Bigon, o il suo passato napoletano di ds defilato rispetto a De Laurentis e Benitez, o ancora il suo tono di voce quasi remissivo. Ci riferiscono che il figlio di Albertino sia tutt’altro che uno sprovveduto, nel senso che il suo mestiere (cioè costruire una squadra) lo sa fare egregiamente. L’incognita – se vogliamo – è il rapporto che saprà costruire con l’allenatore. Sebbene infatti i mandorliniani più mandorlinisti dello stesso Mandorlini si ostinino a negarlo, nei momenti di crisi Sogliano è stato un appoggio determinante per l’allenatore.

E’ questa la pesante eredità che lascia l’ex ds,  non tanto il suo calciomercato, comunque in attivo nell’unico parametro oggettivo che esista: il rapporto costi-rendimento-qualità (relativamente agli obiettivi). Il mercato di Bigon sarà diverso nel metodo, credo più regolare (meno intuizioni, ma anche meno scommesse e cambiamenti) e forse più in linea con i dettami di Mandorlini, tuttavia adeguato a una salvezza tranquilla. Il punto, ripeto, sarà la quotidianità della dialettica tra Bigon e Mandorlini. Questo farà la differenza.

GARDINI, MANDORLINI E QUEL PARADOSSO…

Era il Verona di Sogliano, sarà il Verona di Gardini. “Richelieu”, che sarebbe pronto a firmare un ottimo triennale, si è confermato abile tessitore della sua tela. Ora ha il diesse che desidera (Bigon) e si consacra regista del nuovo corso. Anche nel biennale a Mandorlini c’è molto del dg, che in questi anni con il tecnico di Ravenna ha costruito un feeling particolare, salvo tuttavia tergiversare sul futuro dello stesso allenatore dopo la pesante sconfitta di Genova. Ricordate la famosa conferenza stampa? Vighini chiese conto a Gardini del futuro del tecnico in caso di sconfitta con la Roma e il Cardinale sorvolò, senza esprimersi.

Sogliano non ha mai amato Mandorlini (“non è il mio allenatore ideale in assoluto, ma per me contano i risultati” ti diceva in privato), ma l’ha sempre difeso e protetto nei momenti di crisi. Confido che Gardini, a maggior ragione perché “mandorliniano”, sì comporti nella stessa maniera, senza quei “balbettii” pre-Roma.

Non vorrei mai che il “nuovo” Mandorlini – quello legittimato dal nuovo contratto – si ritrovasse (apparentemente) più potente, ma in realtà più solo. Bordin, il suo vice storico, l’uomo della fase difensiva, è stato “silurato” (dunque il tecnico ci dà ragione e ammette che esisteva un problema tattico sui tanti gol presi). E Sogliano, colui che ci metteva la faccia, non c’è più. Sarebbe un paradosso.

COMINCIA IL ‘SETTI BIS’

“Dove sono in troppi a comandare nasce la confusione” diceva Luigi Einaudi, che pure era un liberale e non un tiranno. Al Verona, dicono i beninformati, da circa un anno tra Gardini e Sogliano non corre buon sangue. Quello che è certo è che Sogliano se ne andrà, “deluso per come sono mutate le cose” spiega chi lo conosce bene; mentre Gardini diventerà il dominus di via Belgio, sempre più cardinale Richelieu, come lo ribattezzai tre anni fa.

La voce che i rapporti fra i due manager non siano idilliaci nell’ambiente circola da tempo. Scrivevo il 4 febbraio nel pezzo ‘Il Verona e il futuro’: “La sensazione è che in casa Hellas tiri aria di riassetto nei quadri dirigenziali”. In quei giorni si era appena concluso il (non) mercato di gennaio e Sogliano aveva deciso di non convocare la tradizionale conferenza stampa post sessione. Quel silenzio assordante mi sembrava foriero di un presagio. Così è stato.

I motivi di un rapporto mai decollato? Caratteri agli antipodi, ma pare ci sia dell’altro. Forse Gardini ha sempre pensato a un assetto societario diverso, con un ds con poteri più circoscritti. Anche le dichiarazioni dei due a Telenuovo, martedì sera in Gran Guardia, non mi sono sembrate casuali.  “Resto solo se c’è chiarezza e sincerità tra tutte le componenti” ha chiosato secco Sogliano. Più felpato e cerimoniale Gardini: “Ci auguriamo che restino tutti coloro che hanno raggiunto risultati importanti. Poi se qualcuno farà scelte diverse ci dispiace, ma i programmi del presidente vanno comunque avanti”.

Setti ha scelto il ‘modello Gardini’, questo spiegherebbe l’amarezza di Sogliano, consapevole di aver ottenuto risultati sportivi e finanziari di rilievo, e memore del corteggiamento che lo stesso Setti gli fece nel 2012 per ingaggiarlo, o solo un anno fa per convincerlo a non cedere alle sirene milaniste. Le plusvalenze nate dalle intuizioni del ds sono incontestabili: quelle note (i 10 mln di Iturbe, i 2,5+1 del 18enne Donsah, la quotazione milionaria di Sala, quella potenziale di Gollini) e meno note (1 mln Martinho, 500 mila euro Albertazzi, 400 mila euro Cacciatore).

Setti dunque si accolla un bella responsabilità. Idem Gardini. Perché il Verona perde un ds di grande caratura (non per niente lo cerca il Napoli) che con maggiore volontà si sarebbe potuto trattenere; e questo ridisegna radicalmente gli equilibri societari, consegnando alla cronaca l’inizio del Setti bis. Perlomeno si è fatta un po’ di chiarezza, dopo mesi di silenzi e temporeggiamenti presidenziali e  settimane di balletti su trattative americane e offerte milionarie, confermate (da Timossi in primis, mica un pinco pallo qualsiasi) e poi smentite (da Setti). E’ già qualcosa.

P.S. Gardini dice che ha sbagliato ad aumentare i prezzi degli abbonamenti. Mandorlini ammette che Saviola avrebbe dovuto giocare di più perché è un grande campione e grande uomo. Manca all’appello la ragazza che ti molla perché ti vuole bene e non ti merita.

SERVE CHIAREZZA

L’ipotesi nell’ambiente circolava da tempo. Sussurrata, tra il detto e il non detto: Setti vende? Chi mi segue ricorda il mio articolo del 28 aprile: “Cos’ha in testa Setti?”. Lo scrissi – non casualmente – dopo la smentita del presidente su una possibile cessione. Qualche dubbio mi accompagnava da tempo e in quella circostanza Setti non mi aveva convinto. Scrivevo in un passaggio: “Setti prima di pronunciarsi sul futuro dei suoi dirigenti, vuole capire bene il suo”. Troppe cose non quadravano. La questione dei contratti in scadenza di Sogliano &C., continuamente rimandata; il repentino cambio di atteggiamento del presidente negli ultimi mesi – dalla guasconeria “ranzanesca” al low profile – e l’impressione di un possibile ridimensionamento economico dopo il (non) mercato di gennaio.

Ora a chiudere il cerchio emerge la notizia di un’offerta di un gruppo americano. Attenzione, ciò non significa automaticamente che il Verona verrà venduto. Un conto è una trattativa, o la volontà di cedere (e di comprare), un conto è che l’affare vada in porto. Tra il dire e il fare in questi casi c’è di mezzo… un oceano. E non mi stupisce neppure la smentita a stretto giro di posta di Setti, che rientra nel gioco delle parti. Sappiamo infatti come funziona in questi casi: è chi vuole comprare che ha interesse a smuovere le acque per fare pressioni, dunque a mettere in giro la notizia. Il (potenziale) venditore invece minimizza, smentisce per rafforzare il proprio potere contrattuale.

Intanto stiamo alle certezze. Giampiero Timossi, uno degli autori dello scoop, è un giornalista serio e, particolare non marginale, ha lavorato per anni a Genova al Secolo XIX, e sappiamo come il carpigiano Setti sia legato da strette amicizie calcistiche nell’ambiente ligure (Volpi e Marotta, quest’ultimo a lungo dg della Sampdoria). Non per ultimo, chi vuole vendere o comprare un qualsiasi club calcistico sa che questo è il periodo più adatto.

Staremo a vedere, qualsiasi cosa accada però urge chiarezza e tempismo per il rilancio di un nuovo progetto societario e tecnico. Con Setti o senza.

CAMPIONI D’ITALIA (SENZA RETORICA)

Senza retorica è più bello. Senza retorica, come la Curva Sud e la sua spettacolare sciarpata di domenica scorsa. Senza retorica, come Preben Larsen Elkjaer, che in un intervista a Repubblica di ieri ha fermato il tempo a suo modo: “E’ stata una bella avventura. Qualche volta la sera, quando chiudo gli occhi, vedo Verona”. Senza retorica, come Osvaldo Bagnoli – “un duro gentiluomo, un uomo onesto” (cit. Elkjaer), “Schopenhauer” (cit. Gianni Brera) – che ogni volta che riannoda i fili con quel passato sembra avere i lucciconi agli occhi (“mi commuovo e piango anch’io”, disse in una memorabile intervista proprio a Brera). Osvaldo, poi, che a volte finge di dimenticare i particolari, talmente è intimo e pudico nelle sue emozioni. Senza retorica perché siamo veronesi e il “cinema” e le cafonaggini le lasciamo ad altri. Senza retorica per rifuggire alla banalità, perché guai a essere banali nel celebrare il trentennale di uno scudetto che fu unico e straordinario (aggettivo quest’ultimo spesso abusato, ma che nella fattispecie calza a pennello).

Il 12 maggio 1985 il Verona era campione d’Italia e lo ricordiamo anche noi senza retorica, inutili orpelli lessicali e vane ridondanze. Basta l’essenza. Grazie Campioni, la Storia vi è grata.