E’ il nodo di questi giorni. Mandorlini sì, o Mandorlini no? Maurizio Setti e Sean Sogliano si son dati qualche giorno di riflessione. Il redde rationem che sancirà il prosieguo del rapporto, o il divorzio, con tutta probabilità si avrà all’inizio della settimana prossima. Setti, non è un mistero, non ama granché il tecnico ravennate, il feeling tra i due non è mai scattato, eppure questo non sarà decisivo ai fini della storia. Il presidente del Verona è un uomo pragmatico: “Non decideremo in base ai sentimenti, ma a valutazioni tecniche” ha detto durante i festeggiamenti di sabato. Questo può valere in un senso, ergo “non lo amo, ma possiamo continuare assieme”, o nell’altro – “la piazza lo ama, ma noi decideremo diversamente”. Questa, in linea generale, è una buona premessa.
Impressioni? Le quotazioni dell’allenatore sono in risalita, ma la partita è tutta da giocare. A favore di Mandorlini i risultati e il cambiamento, nel corso della stagione (in particolare dopo la sconfitta di Novara), del rapporto col diesse Sogliano, finalmente gerarchico e non più alla pari anche nella gestione quotidiana del gruppo (l’allenatore in qualsiasi società è un sottoposto del direttore sportivo). Sogliano ha ricevuto “carta bianca” da Setti e fin dal suo arrivo ha sempre ribadito: “Il mercato lo faccio io e partecipo anche alla gestione del gruppo durante la settimana, io nello spogliatoio ci entro, sono un rompiscatole”. Insomma, è chiaro chi comanda.
A sfavore dell’allenatore alcune valutazioni che la società sta facendo sul campionato del Verona nel suo insieme. Deludente fino alla sconfitta di Novara, altalenante fino al Brescia (coi pareggi indigesti di Cesena e col Cittadella) e convincente sul finire. E in via Torricelli sono persuasi di aver messo a disposizione del tecnico una “Ferrari” per questa serie B. “Potevamo fare 90 punti. Ci siamo svegliati tardi” il Setti pensiero. Appunto. E la serie A non è la B. Sullo sfondo, ma neanche troppo, l’ombra di Devis Mangia (più di Sannino, che balla tra la conferma al Palermo e il Chievo), allenatore emergente e che gode di grande considerazione tra gli addetti ai lavori. La frase di Setti “punteremo sui giovani, vedremo cosa ne pensa Mandorlini”, appare criptica al cospetto di un allenatore (Mandorlini) che – come molti suoi colleghi in realtà – preferisce i giocatori esperti. Mangia, al contrario, come il Prandelli che fu (nel 1998 al suo arrivo a Verona) viene dalla gavetta dei settori giovanili e delle categorie minori, in più l’esperienza in Under 21 gli ha permesso di ampliare il raggio di conoscenza sui giovani calciatori europei. Sogliano ha una stima infinita per il tecnico varesino – meno gestore e più tattico di Mandorlini, propulsore di un 4-4-2 molto offensivo sugli esterni e aggressivo in mezzo al campo – e ancora qualche mese fa faceva trapelare confidenzialmente la possibilità di metterlo sotto contratto dopo l’Europeo.
Mangia o Mandorlini? Se la società ne è convinta pienamente e gli costruisce una squadra adatta al suo calcio, io dico Mandorlini. Perché lo merita moralmente, per la continuità tecnica e per la solidità difensiva delle sue squadre (in A fattore importante). Altrimenti meglio cambiare subito, perché repetita non semper juvant e gli equivoci e le ambiguità della stagione appena conclusa nel rapporto società-allenatore non ce le possiamo più permettere. La serie A non perdona e il Verona, da sempre e per sempre, è il bene supremo.