CIOFFI O BOCCHETTI, IL RISULTATO NON CAMBIA. ED E’ DRAMMATICO

Era solo un’illusione pensare che i problemi del Verona fossero rappresentati da Cioffi. La verità che emerge da Sassuolo è molto più profonda e per certi versi drammatica: il Verona è un squadra fragile, scarsa in qualità e con due enormi problemi. Prende sempre gol e non ne segna. Una tempesta perfetta che se non sarà risolta porterà ad una sola conseguenza: la retrocessione. Alla sesta sconfitta consecutiva e dopo aver cambiato un allenatore, il Verona ha oggi pochi alibi. Bocchetti ha cercato di portare i concetti di Juric e Tudor ma si è trovato ad allenare una squadra in cui la qualità è drammaticamente calata e in cui ci sono interpreti che non sono adatti purtroppo a quel tipo di calcio. Non è colpa di nessuno se non di chi ha costruito una squadra improvvisando sul mercato, senza una chiara idea di dove andare a parare. E’ più che evidente che Henry e Hien non appartengono a questo calcio. Nessuno discute se siano o no buoni giocatori. Ma certamente non possono più giocare in un Verona che li respinge come se fossero organi trapiantati. Henry non riesce a legare il gioco, non si sa mai come servirlo, non pressa, sbaglia persino stop banali. Dovrebbe forse stare in mezzo all’area ad aspettare qualche cross, ma è chiaro che non è così che si sviluppa il gioco del Verona. Se ricordate il lavoro incredibile che faceva il Cholito Simeone e lo paragonate a quello di Henry, avrete trovato facilmente la radice del problema. Era Simeone che permetteva a Caprari e Barak di triangolare, che creava la profondità, che permetteva le sovrapposizioni. Anche quando non segnava, le sue gare erano sempre valutate benissimo tenendo conto del suo eccezionale lavoro “sporco”. Era probabilmente l’unico “incedibile” tra i tre dell’attacco. 

Hien è un giocatore dal motore potente ma non ha mai giocato a uomo. E’ un pesce fuor d’acqua, soprattutto come “braccetto”, ne sta combinando peggio di Bertoldo. La difesa del Verona era il tallone d’Achille anche della scorsa stagione. Le pessime performance dei difensori erano mascherate dai gol degli attaccanti. Era il primo reparto da rinforzare. E infatti Cioffi aveva indicato in Pablo Marì l’uomo giusto per cercare di alzare l’asticella. Qualcuno la scorsa settimana s’è illuso che potesse essere Magnani il nostro Beckenbauer.

Bocchetti non ha la bacchetta magica. Potrà diventare un ottimo allenatore, ma adesso si fa durissima anche per lui. Il suo imbarazzo, anche dialettico, è emerso forte nel dopo gara. Non è che sia diventato un grande allenatore solo perchè ha firmato un contratto di cinque anni. Come Cioffi, più di Cioffi, ha necessità di essere accompagnato e protetto dalla società. Deve avere accanto uno staff di valore, sulla scia che aveva indicato Juric con l’accompagnamento fondamentale di D’Amico. Non è finita finchè non è finita, questo è sicuro e celebrare ora funerali anticipati sarebbe un terribile autogol. Purtroppo però i precedenti di questa società, capace in pochi mesi, se non settimane, di dilapidare quanto di buono era stato costruito, non induce all’ottimismo.

COM’E’ DURA VIVERE IN SIMBIOSI

Stenderei un velo pietoso sugli eventi della scorsa settimana. Per ritrovare un simile grado di improvvisazione bisogna ritornare a tempi che parevano finiti per sempre. Vi ricordate i casini con Beppe Cannella-Colomba-Davide Pellegrini-Sarri-ancora Davide Pellegrini? Ecco pareva di essere tornati proprio lì con una magica macchina del tempo.

Esonerato Cioffi mancava un piano B, ma anche il C e il D erano stati smarriti. Abbiamo atteso quattro giorni per sapere il nome del nuovo allenatore mentre sul Verona aleggiavano corvacci di ogni risma. Marroccu ha risposto alle poche domande concesse dopo la presentazione di Bocchetti con “supercazzola” degna del Conte Mascetti (non il Ciccio, ma l’impareggiabile Tognazzi di Amici Miei), mentre Setti abbandonava frettolosamente la sala stampa prima che qualcuno avesse l’ardire di fargli un paio di domande.

Alla fine è arrivato Sasà Bocchetti, ovviamente secondo Marroccu “la prima scelta, fin dall’estate scorsa” quando lui l’avrebbe proposto a Setti come miglior alternativa al dopo Tudor. Peccato che al suo posto sia poi arrivato via Udinese Gabriele Cioffi, alias “il predestinato” (sic dixit Marroccu) bruciato in sole nove gare dalla stessa società che lo aveva scelto. 

Qualcosa nella comunicazione “simbiotica” tra presidente e ds non deve aver funzionato in quel momento e per la verità la “simbiosi” ha avuto qualche problema anche lunedì scorso quando girava per la sede il fidato Diego Lopez, uomo che Marroccu porta nel taschino come una pochette personale. Era lui il prestanome scelto per permettere a Bocchetti di allenare? Qui siamo nel campo delle variabili. Un po’ come la parola incedibile. Che vuol dire sì “incedibile” ma fino a quando un giocatore ti chiede di essere ceduto. E allora non sei più incedibile. Roba che a pensarci su un attimo ti viene il mal di testa con annesso senso di nausea.

Terminata questa meravigliosa farsa che Roberto Puliero avrebbe saputo raccontare con la straordinaria forza della sua satira, siamo arrivati dunque a Sasà Bocchetti. Che senza tutto quel circo sopra descritto, sarebbe stata una bella e coraggiosa idea da perseguire senza dubbio. Bocchetti rappresenta quella continuità che si cercava, un Tudor 2.0, erede di Gasp, Juric e appunto di Igor. Un ragazzo che ha visto come si fa e ha praticato spogliatoi importanti. E infatti gli effetti del suo lavoro si sono già visti contro il Milan. Il Verona si è ripreso quell’intensità da cui non si può prescindere e avrebbe meritato di non perdere questa gara, così come, non avrebbe meritato di perdere a Salerno, peraltro.

Il problema è che ora le sconfitte sono cinque di fila e che in qualche maniera la classifica va corroborata. Aspettarsi una reazione così dopo l’esonero di Cioffi era lecito, ma ora anche per Sasà viene il difficile. Bisogna far finta di niente dopo una partita in cui la sfiga ci ha visto benissimo e fare una grande partita (e soprattutto punti) anche a Sassuolo. Da lì riparte il nostro campionato.

E IO VADO CONTROCORRENTE. SE IL VERONA E’ QUELLO DEL SECONDO TEMPO SI SALVA SENZA PROBLEMI

Sarebbe semplicissimo oggi sparare sulla croce rossa, ammazzare Cioffi, Marroccu, Setti. Sarebbe facile perché il risultato è sovrano e ha detto che il Verona ne ha perse quattro di fila, l’ultima con la Salernitana, quella gara che avevamo detto essere “l’ultima spiaggia” soprattutto per l’allenatore. Ma è un gioco che non mi piace e che non ci porta da nessuna parte.

Io mi sento di andare controcorrente. Se dopo Bari e Napoli ero seriamente preoccupato, e lo ero anche dopo Firenze, la gara con la Salernitana, pur atroce beffa, mi ha assolutamente confortato. Il Verona ha perso per colpa di Ghersini e della compagnia arbitrale che lo ha seriamente penalizzato dall’inizio alla fine, convalidando un gol viziato da un fallo, togliendo un rigore dopo intervento del Var, facendo finta di non vedere una vigliacca entrata di Candreva su Doig, dando sempre ragione alla Salernitana in quei falli da mezzo e mezzo e ancora sorvolando su un altro paio di falli di mano in area, forse ancora più gravi di quello per cui l’arbitro aveva senza dubbio alcuno dato il rigore. Mi fa rabbia che solo a Verona ci sia gente che si martella gli zebedei da sola negando persino queste evidenze. Gente che poi gioca a fare l’utile idiota, peraltro, al servizio dei peggiori sgherri che transitano dalle parti di via Olanda da cui spesso sono imbeccati per oscuri fini. Ma sorvoliamo.

Il Verona mi è molto piaciuto. Ma proprio tanto. Ha giocato mille volte meglio della Salernitana e quando Cioffi lo ha sistemato ulteriormente, ancora di più. Con Djuric, oggi a mio avviso molto più utile del “paracarro” Henry, la voglia e la forza di Sulemana (bravissimo), con Doig e Verdi (sta crescendo e ha qualità, tanta) l’Hellas avrebbe meritato i tre punti. Ha preso una traversa, un palo clamoroso, ha lottato, spinto e finalmente ha avuto anche una forma, un’identità. Alla fine ha sbaglito un solo pallone, quello del 2-1 di Dia, ma giocando così, come nel secondo tempo, il Verona si salverà.

Con Cioffi? Io dico che non c’è nessun mago in giro che possa fare meglio di lui. E se la squadra non lo ha abbandonato, come è parso evidente a Salerno, il Verona deve continuare con lui. Lasciamo stare per favore i paragoni con il passato. Non siamo nelle condizioni di Pecchia che aveva una squadra impresentabile nè di Grosso che parlava scollegato dalla realtà del campo e di ciò che tutti vedevamo.

Cioffi, inesperto sicuramente, è sempre stato presente e credo che nessuno possa imputare a lui il fatto che la società abbia pensato prima a cedere disperatamente tutti i migliori della scorsa stagione e poi ha raccattato su quello che passava il convento. Nella rete sono finiti ottimi giocatori (Doig) e delle misteriose scommesse che vanno aspettate e valutate. Setti ha venduto 40 gol e svariati assist, il succo del discorso è tutto qua. Ma il Verona che abbiamo visto a Salerno è vivo. E prima di fargli il funerale io aspetterei. Se poi pensate che il Verona non debba soffrire in serie A, avete sbagliato squadra.

PRENDETE LA DECISIONE GIUSTA

Con Cioffi o senza Cioffi? Come andrà avanti il Verona? La decisione giusta, adesso spetta a loro. A Maurizio Setti e Francesco Marroccu. Loro hanno creato questa situazione, loro devono sbrogliare la matassa. Hanno preso un allenatore giovane che andava protetto e che andava messo nelle migliori condizioni di lavorare. L’hanno fatto? Ognuno avrà le sue idee in proposito. Ma qui c’è poco da scherzare e da barare. Se chi comanda ritiene che la squadra sia all’altezza e che la colpa sia di Cioffi, allora non c’è tempo da perdere. L’allenatore va esonerato subito, così come fece Tony D’Amico con Di Francesco. Se invece vanno riconosciute delle attenuanti a Cioffi, tipo avergli smantellato la squadra, fatto il mercato in ritardo, dato giocatori fuori condizione, allora al tecnico va concesso del tempo.

Non abbiamo da parte nostra gli strumenti per capire fino in fondo quali sono le responsabilità dell’allenatore e fin dove i suoi limiti. Ci limitiamo a quello che vediamo durante le partite (che non è bello).

Il Verona è ancora un’indistinta compagine che lamenta problemi d’identità evidenti. Davanti alla superiorità dell’Udinese, almeno nel primo tempo, dava l’idea di poter fare del male ad ogni ripartenza. Calati uomini fondamentali come Veloso e Doig, con alcune incongruenze come Piccoli, nel secondo tempo è praticamente sparito dal campo. Ha preso gol al 92′ e questo fa malissimo. Ma per onestà va detto che poteva prenderne almeno tre/quattro in precedenza. Qualche progresso davanti al nulla di Firenze c’è stato ma è troppo poco.

Bisogna poi capire se la squadra è ancora con l’allenatore. O se c’è mai stata. Quel dietro-front sul sistema di gioco accettato da Cioffi probabilmente è il peccato originale che sta segnando questa stagione. Il gruppo storico ricerca sempre il gioco “alla Juric” e rigetta qualsiasi altra proposta. Cioffi per salvare la panchina ha accettato il compromesso ma nel momento stesso in cui lo ha accettato ha indebolito la sua figura. E la società ha assistito a tutto questo senza imporre, o da una parte o dall’altra, la sua visione.

Problemi che chiunque arrivasse, nel caso Cioffi dovesse saltare, si ritroverà in mano come una bomba inesplosa. A questo proposito vedere Paulo Sousa in tribuna al Bentegodi, uomo vicino al potente Busardò, principale consigliere di Setti, non è stato francamente un bello spettacolo. Una delegittimazione di Cioffi che è già da tempo sulla graticola, con voci incontrollate, molte delle quali provenienti dalla pancia della società. Il Verona pare debolissimo in questo senso, in balia di pettegolezzi strumentali addirittura innescati dagli avversari (come l’Udinese…), procuratori, intermediari, venti malefici e adesso pure in crisi di punti e risultati, un’aggravante che inquina ogni giudizio.

E quindi torniamo al punto: Setti e Marroccu devono prendere la decisione giusta. Quella che tolga ogni alibi sulla squadra e sull’allenatore che loro, non certo noi o i tifosi, avevano scelto per salvare il Verona. Quello che ora, o forse fin dall’inizio, ha più di tutti il cerino in mano.

LIBERARSI DEL FANTASMA DI JURIC PER IL BENE DEL VERONA

Considero Juric uno dei migliori allenatori che ho conosciuto. Non il migliore ma tra i migliori. Il Verona ha avuto la fortuna di ingaggiarlo e grazie a lui la storia recente del club è cambiata. Juric ha prodotto un calcio bellissimo e tantissime plusvalenze che hanno permesso a Setti di vivere in serie A pur senza investimenti e anzi traendo dal Verona lauti guadagni. Dio solo sa dove sarebbe oggi l’Hellas senza quelle plusvalenze e, bisogna pur dirlo, senza la miracolosa risalita dalla serie B di Aglietti.

Probabilmente oggi staremmo vivendo tutta un’altra storia, molto più simile a quella che abbiamo conosciuto bene qualche anno fa, piuttosto che questa in serie A. Dato a Juric quel che è di Juric, oggi è necessario voltare pagina. In fretta e per il bene del Verona. Non è possibile che il Verona intero sia “prigioniero” del fantasma di Juric quasi che il calcio stesso a Verona si sia fermato con il croato. Il suo “modello” di calcio è difficilmente replicabile, lo devono capire in fretta Setti e poi Marroccu, ma lo devono capire in fretta anche molti giocatori che cercano in “automatico” di adottare quel tipo di calcio che ha fatto la loro fortuna assieme a quella del Verona.

L’errore grossolano compiuto da D’Amico nella scorsa stagione fu proprio quello di chiedere a Eusebio Di Francesco, ottimo allenatore tra l’altro, di abiurare il suo calcio per “imitare” quello di Juric. Ne venne fuori un abominio che venne terminato alla terza partita, quando D’Amico capì che si sarebbe solo peggiorata una situazione che la squadra non sentiva sua. A maggior ragione oggi si sta ricommettendo quell’errore.

Cioffi non è Juric e non è Tudor, che ha proseguito quel lavoro proprio grazie agli input di D’Amico e a quelli dell’amico Ivan, inutile che stiamo qui tanto a girarci intorno.

Gabriele, lo dico per l’ennesima volta, è un ragazzo intelligente e per certi versi concreto che sta cercando di portare fuori il Verona da quel fantasma. Ma lo ha fatto tornando indietro, abbracciando un’altra filosofia di gioco, diversa dalla sua, quando si è accorto che la squadra stava “rigettando” la sua proposta.

Ma il Verona di Firenze, purtroppo, ha dimostrato di non essere ancora nè carne nè pesce. Nel frattempo ci sono giocatori che sembrano spaesati, sia tra i nuovi sia tra i vecchi. Coppola non può marcare a uomo uno veloce come Ikonè, Hien è fortissimo ma probabilmente a zona, a centrocampo c’è un problema enorme con Veloso che ha al massimo sessanta minuti, Tameze che non è più lui. Hongla che resta un Ufo e Ilic che va a corrente alternata, senza un vero progetto tattico disegnato su di lui. E poi manca sempre il braccetto di sinistra, vecchio problema non risolto dal mercato, perchè Doig, ottimo per spinta e propositività quel ruolo adesso non può farlo e Cabral deve essere atteso con pazienza.

Il problema non è Cioffi, dunque, ma “filosofico” di impostazione e parte da lontano. Qualsiasi allenatore arrivasse a Verona in questo momento si troverebbe davanti a questo problema: quello di una transizione che deve essere affrontata però con forza e personalità. Senza cedimenti, nè ricatti, nè compromessi. Che già probabilmente sono stati eccessivi e forse, speriamo di no per il bene dell’Hellas, costeranno cari al povero Cioffi. Abbiamo il dovere tutti noi di liberarci del fantasma di Juric prima che sia troppo tardi.

TEMPO SCADUTO. ADESSO NON SI SCHERZA PIU’

La prima cosa che voglio dire è che considero Cioffi il minore responsabile di questa situazione. Le attenuanti nei suoi confronti sono talmente tante e pesanti che non si può tirargli ora la croce addosso.

Gabriele è un ragazzo d’oro e un bravo tecnico che sta affrontando una specie di scalata dell’Everest senza ossigeno. Ha dovuto affrontare troppi ostacoli fino ad oggi per poter essere giudicato senza condizionamenti.

Non si concede un attacco da 40 gol e svariati assist in maniera indolore. Ma ancora di più: la squadra è stata costruita tardi, senza un chiaro progetto, prima per il 3-4-2-1, poi per il 3-5-2, infine di nuovo per il 3-4-2-1, in una girandola di operazioni che ci hanno fatto venire il mal di testa per tutta l’estate.

Cioffi ha cercato con pazienza la via migliore, cercando nei giovani nuove energie ma al contempo cercando di non perdere per strada gli uomini che hanno fatto le fortune del Verona negli ultimi tre anni. E così Lazovic, Günter, Tameze solo per fare tre nomi che hanno rischiato di non giocare per il Verona il primo settembre, devono essere recuperati alla causa, lavorando sulla testa ancora prima che sulle gambe. Ma parallelamente bisogna fare punti (obiettivo primario) migliorando il gioco, mettendo tutti nelle condizioni di poterlo fare. Non è facile con giocatori che hanno saltato la preparazione e non hanno partecipato al pre-campionato. Verdi e Hrustic, gli ultimi arrivato sono l’emblema di un Verona che è stato un cantiere fino a questa domenica. La sconfitta di Firenze è un passo indietro evidente.

Il Verona ha deluso proprio quando ci si aspettava un nuovo salto di qualità. Lo ha fatto sia dal punto di vista della proposta di gioco, sia a livello morale dove la squadra appare smarrita in certi frangenti come se rigettasse il lavoro settimanale o peggio ancora non fosse convinta. Ora però le attenuanti stanno per finire. Davanti ci sono 15 giorni di lavoro, l’occasione di recuperare giocatori importanti e in cui Cioffi deve trovare a tutti i costi un’identità tattica a questa squadra.

Non si scherza più insomma. Anche perchè guardando alla classifica non c’è più tempo per scherzare. L’allegra inconscienza del “tanto tre peggio di noi le troviamo” che alberga anche in società, purtroppo, sbatte contro la realtà del campionato.

Il Verona dovrà sudare, soffrire e lottare come mai ha fatto negli ultimi tre anni per riuscire a salvarsi anche in questo campionato. Ci sono avversari più attrezzati (Monza) e altri che lottano col coltello (Cremonese, Lecce) e perdere altri punti significherebbe arrivare in quella partita che “valgono doppio” con l’acqua alla gola e un solo risultato possibile. La possibile condizione per ogni squadra, un terno al lotto da cui può uscire qualsiasi scenario. Anche il peggiore. Meglio continuare a ricordarlo a chi crede che sia solo una fastidiosa formalità da espletare.

LA STRADA È GIUSTA. MA ORA A CIOFFI SERVE TEMPO

Più che giocatori ora a Cioffi bisogna dare tempo. Quello che in realtà manca al Verona costruito in ritardo e per questo con tanti uomini fuori condizione e ancora acerbi.
Il Verona contro la Lazio se l’è giocata al massimo delle sue possibilità attuali con quegli uomini che in questo momento l’allenatore reputa più in forma. Difficile chiedere di più. Certo è evidente a tutti che abbiamo problemi in attacco, che la manovra offensiva non scorre fluida, che le fasce sono poco praticate, che a volte siamo lunghi, a volte lunghissimi e che tutto è migliorabile. Cioffi è il primo a saperlo e non ci racconta favolette fuori dalla realtà. Ma il Verona anche all’Olimpico se l’è giocata a testa altissima, punito da errori clamorosi, oltretutto penalizzato pesantemente da un arbitro che non aveva nessuna intenzione di mettersi contro il il circo mediatico sollevato dalla Lazio in settimana e che non ha nemmeno avuto un dubbio sul fallo da rigore su Kallon.

Il tempo dunque è il principale ingrediente che serve al Verona che aspetta Verdi e Hrustic, ma anche Faraoni e la miglior forma di tutti. La sosta del 25 settembre cade a fagiuolo, Poi dal 3 ottobre contro l’Udinese credo si potrà avere un’idea chiara di cosa potrà essere il Verona in questo campionato. Per questo serve pazienza e capacità di analizzare la sconfitta laziale che la squadra gialloblù non meritava, men che mai di questa proporzione.

LA VITTORIA È COME LA PECUNIA: NON OLET

Il figlio dell’Imperatore Vespasiano, Tito, era scandalizzato dal fatto che il padre avesse imposto una tassa sugli orinatoi pubblici da dove si raccoglieva la preziosa ammoniaca che serviva sia a conciare le pelli sia a lavare i panni. Un giorno tiró in senso di disprezzo delle monete in uno di questi orinatoi, monete che il padre raccolse e annusandole disse la frase poi diventata famosissima: “Pecunia non olet” e cioè il denaro non ha odore. Il significato da quel giorno si allargò. In pratica è inutile star lì a questionare tanto da dove arrivano i soldi e far tante distinzioni. I soldi son soldi e non hanno odore anche se provengono da un orinatoio.

Lungo preambolo per dire che la vittoria del Verona contro la Sampdoria è proprio come i soldi lanciati da Tito e raccolti dal padre Vespasiano. Il valore di questi tre punti va molto al di là di come è avvenuta.

Star qui a far filosofia sul gioco del Verona, su quello che evidentemente ancora non funziona in questa squadra è un esercizio inutile e non tiene in conto di quanto è successo al recente calciomercato.

Vincere è troppo importante per una squadra come quella di Cioffi che deve ricreare praticamente da zero un’identità e un progetto tattico. Regala certezze, regala serenità, regala la prospettiva di poter lottare per la salvezza.

Ovviamente non è sufficiente. Lo sappiamo benissimo e lo sa per primo Cioffi che ha l’enorme, storico, merito di essere uscito solo con le sue mani da un’imbarazzante situazione in cui la società lo ha ficcato con un mercato al limite della follia.

Ecco perché era troppo importante battere la Sampdoria: ora il futuro non può che essere più roseo. Ci sono tanti segnali che indicano che il barometro volge al bello. Potremmo parlare di Doig, di Henry, di Terracciano, di Hien. Ma anche di Veloso che ha recitato un ruolo importante in queste ultime due partite, al fatto che nella vittoria di oggi non ci fossero Faraoni e parzialmente Tameze, due tra i migliori della scorsa stagione e che Verdi e Hrustic i fiori all’occhiello della campagna acquisti non si siano ancora palesati.

Ma è chiaro che i problemi da risolvere per Cioffi non mancano. C’è una manovra che è tutta da costruire, oggi allo stato primitivo del “palla lunga e pedalare”, transizioni inesistenti che concedono pericolose ripartenze da cinquanta e più metri agli avversari, situazioni da palla da fermo ancora inefficaci nonostante centimetri e fisicità in abbondanza. Tutto lavoro da fare, tantissimo e che allontana di molto l’effimera gioia di questi tre punti.

Ma vuoi mettere lavorare col sorriso e con la serenità che arriva da una classifica che racconta che stiamo persino facendo meglio della scorsa stagione? Sembra incredibile ma è proprio così.

LA CORSA AD OSTACOLI DI MISTER CIOFFI

Povero Cioffi… Da quando è arrivato a Verona pare che facciano di tutto per rendergli la vita difficile. Voci di mercato, partenze non preventivate, situazioni imbarazzanti da affrontare. La sua corsa veronese che doveva essere su una pista semplice e ben battuta è diventata una specie di Parigi-Dakar a piedi.

Questi due mesi veronesi sono stati un corso accelerato di vita e di esperienza per il tecnico toscano. Come se avesse passato due anni da un’altra parte. Cioffi ha affrontato ogni problema con la testa alta e la schiena diritta. Questa è la sua forza. Accanto non ha un ds che lo protegge, certe voci di esonero strumentali e speriamo non alimentate dalla società, potevano metterlo in ginocchio.

Cioffi ha resistito e pian piano si sta tirando fuori dalla melma in cui era precipitato assieme al Verona. E’ un ragazzo intelligente. Anche a Empoli ha toccato il fondo ed è risalito. Forse anche lui si era illuso che il peggio fosse passato. Come noi ha assistito attonito alla prova al limite dell’osceno della sua squadra. Poi l’ha rivoltata come un calzino. E’ quando sei disperato e non sai che piatto mettere in tavola che ti escono delle pietanze da Masterchef.

Doig, Hien, Veloso e Kallon, un impasto tra la freschezza dei giovani e l’attaccamento del vecchio leader hanno ribaltato la partita fino a ottenere un punto prezioso. Ma soprattutto hanno dato a Cioffi valide alternative che ora alzeranno il livello di tutta la squadra.Ribadiamo: il Verona non è un’armata Brancaleone, ha le carte per salvarsi, essere disfattisti non serve a niente, pungolare Marroccu e Setti è però un dovere.

C’è bisogno che Cioffi vada supportato. E’ assurdo che si sia caricato sulle spalle tutto il peso di questa pesante transizione messa in atto dalla società. C’è bisogno di idee chiare, di giocatori pronti, di un progetto preciso. Siamo partiti con il Verona degli incedibili, che poi sono diventati cedibili, abbiamo tolto un elemento cardine come Caprari (lo dice Cioffi) , siamo passati a riempirci di prime punte, siamo tornati a cercare trequartisti e nel frattempo ci siamo infarciti di difensori. Siamo arrivati in pesantissimo ritardo, all’ultimo giorno di mercato per risolvere complicate situazioni, mentre alcuni giocatori stanno ancora tra coloro che stan sospesi. Verdi e Ilicic non sono la stessa cosa, sono due scommesse ma soprattutto è il ritorno ai trequartisti. Non si poteva pensarci prima? Non si poteva provvedere quando sono partiti Caprari e Barak? Perché tutto questo casino? Cioffi meritava un altro trattamento, altra protezione, altro aiuto. Dice che è colpa del mercato. Sarà anche così: ma è anche questione di bravura, competenza, capacità di allestire le squadre, di avere idee. Se non ci sono soldi e ci sono quelle capacità stai a galla. Altrimenti affondi. Speriamo di non assistere a altre penose farse in questo ultimo giorno di mercato. E che finalmente si aiuti Cioffi, invece di bucargli di nascosto le ruote dell’auto.

SERVE QUALITA’ MA SMETTIAMOLA COL DISFATTISMO

Concetto numero uno: il Verona si è indebolito perché oggettivamente ha perso tre giocatori da 40 gol e che hanno fatto la differenza.

Concetto numero due: il Verona ha bisogno di qualità, subito, pronta non di scommesse rischiose (Ilicic) nè di scommesse future.

Concetto numero tre e non è in conflitto con gli altri due. Smettiamola con il disfattismo. Il Verona si è indebolito ma non è stato smantellato. Se vogliamo vedere senza pregiudizi la gara con l’Atalanta c’è da stare sereni. Il Verona sicuramente lotterà per la salvezza e avrà, giocando così, molte possibilità di salvarsi.

Questo non è il paradiso. Sono anni che lo diciamo e siamo stati per anni gli unici a denunciare la gestione di Setti quando pianificava retrocessioni a tavolino incassando i paracaduti e poi quando sbagliava completamente le altre scelte. Eravamo persino stati tacciati di essere la banda Malox e sono volate querele reciproche. Questo solo per ricordare che noi a Setti non ne abbiamo mai risparmiata una. Ma siccome siamo persone oneste e senza nessuno obiettivo che non sia quello del bene del Verona, altrettanto lo abbiamo elogiato quando ha fatto le cose fatte bene. Che cosa si può imputare a Setti negli ultimi quattro anni? Ha ottenuto grandi risultati, i bilanci del Verona sono sani, abbiamo visto all’opera grandi giocatori e ottimi allenatori. Non è il paradiso ma realisticamente, questo è il migliore dei mondi possibili.

Poi, certo, si può sempre migliorare. Si può finire nelle mani di un ricco americano spendaccione, o in quelle di Berlusconi. Il massimo sarebbe avere una proprietà veronese da scegliere tra tutte le grandissime realtà economiche della nostra città (i nomi fateli voi…). Che però, lo sappiamo, da sempre non ci sono e, per motivi loro, al Verona hanno sempre girato le spalle. E quindi cosa facciamo? Continuiamo a macerarci in questo assurdo gioco da Tafazzi, giocando al disfattismo oppure capiamo una volta per tutte che questo è Setti, che più di così lui non può fare e che alla fine, in un modo o nell’altro anche quest’anno una squadra dignitosa sarà costruita? Se poi mi dite che dobbiamo alzare l’asticella, che dobbiamo esigere dalla società tutto il meglio, che dobbiamo sempre vigilare affinché le cose siano sempre fatte per il bene dell’Hellas… sfondate una porta aperta.

Torniamo al Verona. Contro l’Atalanta ho visto una squadra limitata, certo, ma che ha combattuto. Potevamo pareggiare e non era uno scandalo, sebbene l’Atalanta abbia meritato di vincere. Dopo il Bari e dopo il Napoli ero seriamente preoccupato. Dopo questa gara non lo sono. Il Verona c’è e lotta insieme a noi. E’ già abbastanza, oppure ci siamo così tanto imborghesiti che ci siamo dimenticati il nostro passato? Sarebbe un errore madornale. La sofferenza ci appartiene e non ci spaventa. O forse sì?