LA STRADA E’ GIUSTA

Assolutamente vietato storcere il naso. Certo, ancora una volta stiamo parlando di una partita in cui il Verona non esce premiato per il gioco espresso e le occasioni create. Ma lo sapevamo dall’inizio che questa squadra avrebbe sofferto. Anzi: in molti temevano che il Verona fosse addirittura una squadra materasso, pronosticandola retrocessa già a dicembre come gli ultimi due Verona.

A cinque punti invece si respira un’aria buona e anche questo punticino diventerà prezioso. Il Verona non prende gol, su azione praticamente non ha segnato nessuno, il problema è che fa una fatica pazzesca a segnare. E questo è un problema, il vero e unico problema di questa prima parte del campionato. Ora bisogna capire perchè. Si può azzardare che sia la scarsa qualità degli attaccanti ed è un’ipotesi, come si può imprecare alla sfortuna (il doppio palo di Stepinski), ovvero della voglia di strafare.

In realtà è un mix di tutto questo, perchè di Toni non ce ne sono tanti in giro e quello che abbiamo avuto qui ce lo dobbiamo dimenticare. E’ ingiusto anche dare giudizi finali su Stepinski che forse poteva fare meglio su quel pallone, ma d’altro canto si deve dar merito a Musso che ha fatto una parata pazzesca. E non si può neanche pensare che Verre, Zaccagni e Pessina improvvisamente diventino cinici e spietati. E’ impossibile, però, che giocando così non si raccolgano frutti.

Io dico che è meglio godersi questo bel Verona e che la strada imboccata è quella giusta. Un mese fa, visto il calendario, ci avremmo messo la firma di fare cinque punti nelle prime cinque partite.

CHE RABBIA

Vedere il Verona giocare così non succedeva da anni. Juric ha dato praticamente tutto a questa squadra. Ci ripetiamo: c’è una precisa idea di gioco, c’è identità, ci sono ore di lavoro sul campo, c’è carattere. Manca forse un po’ di qualità ed è per questo che il Verona non ha vinto contro la Juventus e ha raccolto zero punti. Ma questo non deve per nulla al mondo diventare un fattore di scoramento. Anzi, deve solo far arrabbiare di più in vista delle due sfide con Udinese e Cagliari.

Abbiamo la consapevolezza che questa squadra se la giocherà ovunque e con chiunque e darà filo da torcere a tutti gli avversari. Ed è in fondo quello che chiediamo da tanto tempo. Stiamo partecipando al torneo più duro degli ultimi dieci anni, e poter comunque contare su una squadra che contro Milan e Juventus è uscita ingiustamente senza raccogliere punti è confortante.

La salvezza sarà comunque un traguardo durissimo da raggiungere. Per questo il Verona dovrà fare due grandi partite sia martedì sia domenica per mettere fieno in classifica e colmare così lo zero raccolto con Milan e Juventus.

Ma questa squadra ha ricongiunto finalmente il Verona con la città. E si sa che quando succede non c’è traguardo che non sia possibile.

CI SIAMO ROTTI IL C…

Mi sono rotto il cazzo. E portate pazienza se l’immagine è forte e volgare ma quando ci vuole ci vuole. Mi sono rotto il cazzo di dovermi difendere, come tifoso del Verona dalle accuse di razzismo. Che è purtroppo una cosa molto più seria di quanto il banalissimo dibattito odierno ci costringe a fare e dove vige una vergognosa strumentalizzazione mediatica. Per carità: a Verona non siamo verginelle. Abbiamo purtroppo a che fare con una miriade di teste di minchia che in questi anni ha spesso aiutato gli spala-letame a infangarci.

Gente che bisognerebbe ridurre al silenzio e che purtroppo invece trova nell’indignazione del politicamente corretto il terreno fertile per diventare protagonista. Non c’è nessun cittadino di questo paese che abbia però subito un continuo e costante processo come lo abbiamo subito noi veronesi in questi anni. E, credetemi, non c’è nessuna tifoseria che si sia così profondamente interrogata sulle sue distorsioni.

Qui invece vince chi è più furbo degli altri, chi si indigna per primo, chi fa un comunicato strappalacrime con qualche hashtag accattivante. In realtà del razzismo non frega niente a nessuno. Il problema è questo. Poi, per carità, ci si può interrogare se un bu o un uh fatto allo stadio e durante una partita sia razzismo, se sia paragonabile a dare del ladro all’arbitro e dove sia il confine tra lo sfottò e un coro che discrimini.

Nessuno ci ha spiegato se urlare offese contro un giocatore bianco e magari biondo abbia la stessa valenza che urlarle ad un giocatore africano e per limite estremo se urlare offese è ancora permesso allo stadio.

La tifoseria del Verona, per aggirare le accuse di razzismo e dimostrare l’assoluta ipocrisia del sistema, si inventò di urlare a Balotelli “Mario Mario” ogni volta che toccava la palla. E così la coscienza dei politicamente corretti quella volta non s’indignò.

Mi chiedo anche che armi abbia la società, o un semplice tifoso non razzista ma semplicemente innamorato del Verona, se un deficiente accanto a lui urla “scimmia” o fa uh. Cosa possiamo fare? Ci mettiamo a menare le mani? Smettiamo di tifare per il Verona, dandola vinta a loro?  E se dieci venti, cento imbecilli lo fanno, possiamo ogni volta generalizzare e buttare merda su Verona? Sarebbe come dire agli interisti che sono tutti pluripregiudicati adesso che è arrivato un delinquente a dirigere la loro curva. Ho tanti dubbi e poche certezze, ve lo assicuro su questo argomento che non è figlio del calcio, ma della politica e delle incredibili “bombe” sociali che sono state create in questi anni di miopia sociale. So solo che io non sono razzista, che la mia città non è razzista e che sono stufo di difendermi da chi fin dai tempi di Marsiglia (il professore di religione che finse un’aggressione per non essere trasferito) continua a costruire tribunali mediatici su questa città.

SOLO APPLAUSI

Sappiamo riconoscere una squadra che merita gli applausi. Una squadra organizzata in cui tutti hanno un ruolo e in cui tutti sanno cosa fare. Una squadra che lotta. Una squadra che anche se perde esce vincitrice.

Ha fatto bene Juric dopo la gara con il Milan a non parlare dell’arbitro e della Var. Ma se non lo fa lui, lo facciamo noi. Dopo questa partita ci resta un vago sapore di vomito in bocca. Il fallo di Stepinski era abbondantemente sanzionato con il primo giallo, ma poi Orsato, addetto alla Var, quello che non sanzionò la gamba tesa di Pjanic in Inter-Juventus della scorsa stagione ha pensato bene di attirare l’attenzione di Manganiello, il quale in evidente soggezione al cospetto del collega più famoso, più esperto, più carismatico, ha cacciato fuori il polacco. Stepinski tocca prima la palla, con evidente irruenza, ma non poteva certo segarsi il piede per non andare sulla faccia di Musacchio. Il giallo era sufficiente, l’espulsione di Stepinski ha rovinato la partita del Verona.

Il resto è stato una conseguenza. Nonostante l’handicap, il Verona ha costruito due lapalissiane palle gol con Verre, bravissimo quanto sfortunato a concludere. Il rigore c’era, così come era giusto annullare il gol di Piatek. L’ultima vergogna è stata sul fallo subito da  Pessina: Dentro? Fuori? sulla linea? Perchè Manganiello che in precedenza aveva sempre guardato le immagini non è andato a verificare? Il dubbio è che si voglia lasciare il… dubbio per potersi tenere un margine di discrezionalità. Fa male non aver raccolto punti con una squadra  che qualche collega ha definito “imbarazzante”. Ma state sicuri: giocando così ci si salva. Applausi.

LA FATAL VERONA

E perchè no? Perchè non è possibile sognare un colpaccio? Arriva il Milan e sappiamo che il Verona per i rossoneri è come uno specchio che si rompe il venerdì, come un gatto nero che attraversa la strada, come uno spillone vudù piantato nel costato.

Verona è fatale e non è un caso. Il Milan non si è mai liberato del trauma del ’73. Lo ha rivissuto nell’89-’90 con Sacchi in panchina, Berlusconi in tribuna, Sotomayor e Davide Pellegrini in campo e l’arbitro Lo Bello che pareva un killer. Ha perso anche contro il meraviglioso Verona di Mandorlini, Iturbe e Toni alla prima giornata del campionato del ritorno in serie A dopo l’inferno della C e il purgatorio della B.

Ora le cose sono cambiate e a dir il vero non è che ci siano molte speranze di poter vincere una gara così. Ma attenzione a tanti piccoli segnali. Il Milan di Giampaolo ancora non convince, è un cantiere aperto, ha problemi e non scalda il popolo rossonero. Il Verona di Juric è invece tosto, concreto, sa soffrire ed essere cinico. Il divario è comunque enorme. Ma a colmarlo ci penserà il Bentegodi che dopo lo schifo che si è sorbito per due lunghissime stagioni, ora è tornato a palpitare, intravvedendo quelle semplici qualità che si richiedono ad una squadra: applicazione, sofferenza, lavoro.

Dentro un clima positivo si potranno esaltare alcuni giocatori dall’animo guerriero: Rrahmani, Amrabat, Zaccagni. E poi toccherà a Stepinski, alla sua prima al Bentegodi con la maglia del Verona. Insomma, fossimo il Milan non dormiremmo sonni tranquilli. Juric il trappolone lo sta preparando per bene a Peschiera. A porte aperte, nutrendosi dell’amore dei suoi tifosi. Com’è giusto che sia.

IL MIO GIUDIZIO SUL MERCATO

Ora che è arrivato Stepinski è giusto dare un giudizio sul mercato del Verona. Un mercato che Juric ha condotto in prima persona, suggerendo se non impegnandosi direttamente, per far arrivare gli uomini giusti. Il risultato, che non può non tenere conto delle prime due gare, è ampiamente sufficiente. Nel Verona sono arrivati giocatori giovani e con una prospettiva e altre vecchie volpi che Juric conosce bene e a cui ha affidato le chiavi della squadra (Veloso in primis e si spera anche Bocchetti). Personalmente mi hanno lasciato perplesso i troppi prestiti che sono il sintomo di un progetto a breve, brevissimo termine e che generalmente non portano a grandi vantaggi. Tutino, per esempio, potrebbe essere stato un ottimo acquisto, ma il fatto che sia in prestito secco lo riduce a piccolo affare.

Lo stesso discorso, ma al contrario vale per Stepinski. Non è il nome che “scalda” la piazza, quel top player che Setti, sbagliando ancora una volta le tempistiche e i modi per comunicare aveva annunciato, ma è un buon affare. Se ottimo sarà ovviamente il campo a dirlo, ma il fatto che il Verona abbia finalmente investito una cifra considerevole per portare un giocatore giovane e di prospettiva non può che essere salutato con ottimismo. Stepinski è un ragazzo d’oro i cui margini di crescita sono inesplorati. E’ una scommessa ma una scommessa ragionata. In mano a Juric può diventare un top player da cui il Verona potrà trarre una grande plusvalenza.

Ma la più grande plusvalenza che quest’anno il Verona può realizzare è la salvezza che può dare finalmente una stabilità economica alla società dopo le balzane stagioni precedenti. Raggiungerla sarà un’impresa e i primi due risultati postivi non devono illudere. Ma il segnale che è arrivato dal campo è stato chiaro: questo Verona se la giocherà sicuramente fino all’ultimo e finalmente la società ha imboccato una strada pragmatica e meno “sborona”, segno che le lezioni sono servite e che Setti, al di là delle dichiarazioni al limite del ridicolo sui meriti di Grosso nella serie A acciuffata per una incredibile congiunzione astrale unita alla bravura di Aglietti, si è reso conto di quanti errori ha commesso in questi due anni. Perciò dò un 6,5 al mercato premiando anche la scelta coraggiosa di aver preso Juric. Speriamo di non essere smentiti.

BELLE SORPRESE

Erano anni che non vedevamo un Verona così in serie A. Juric ha dato alla squadra gioco, idee e carattere. Il bello è che il miglioramento è costante e dentro al miglioramento del gruppo c’è il miglioramento dei singoli. La vittoria con il Lecce è strameritata e persino stretta nel risultato. Banale dirlo: questa squadra ad oggi è un’incompiuta. Manca un attaccante, non posso pensare che oggi la società non farà il diavolo a quattro per dare al tecnico un bomber che faccia veramente la differenza. Il bilancio del mercato lo faremo dopo la chiusura e nel giudizio conterà tantissimo il nome di quell’attaccante. Ma stasera possiamo finalmente fare alcune considerazioni generali. Il miglior acquisto pare essere stato Juric. Non c’è dubbio. Si tratta di un allenatore in gamba, lontano anni luce dalle due scelte precedenti. Concreto, pratico, fa un calcio che calza alla perfezione con quanto richiesto dalla gente di Verona. Dai e dai anche Setti deve averla capita. Ritmi alti, verticalità, pressing, grinta. Juric, nella pochezza economica che gli è stata messa a disposizione si è costruito una squadra a sua immagine. Uomini fidati, gente che aveva già lavorato con lui o che lui aveva conosciuto.

Belle sorprese come Amrabat, davvero straordinario o come Rrahmani, impeccabile. Coraggiosa la scelta di buttare nella mischia un giovane come Kumbulla, perfetta la posizione disegnata a Zaccagni e la nuova vita di Henderson che si era smarrito nei cunicoli senza senso di Grosso.

Ora non è il caso di suonare marce trionfali, ma quanto meno, dopo due giornate, un ottimo pareggio e una grande vittoria contro una diretta concorrente, possiamo avanzare una previsione. Questo Verona potrà anche retrocedere, ma sicuramente non lo farà nel disonorato modo in cui è retrocesso l’ultimo. Ed è quello, che sinceramente, tutti noi a Verona vogliamo. Una squadra che lotti e che non ci prenda in giro.

C’E’ UN ALLENATORE

C’è un allenatore. E’ questa la notizia di Verona-Bologna. Perchè il pareggio è tutto merito di Ivan Juric che ha dato un senso ad una squadra senza qualità, in cui però ordine tattico, disciplina e carattere hanno fatto la differenza. C’era il rischio di sbracare, in dieci contro undici dopo la cavolata di Dawidowicz, il rigore e l’espulsione. Invece il Verona ha tenuto, ha trovato il pareggio con il piede di uno dei pochi che hanno serie A alle spalle, ha rischiato pochissimo, ha sofferto il giusto.

Juric parla di calcio, spiega: il perchè di una sostituzione, il perchè delle sue scelte. Il suo è un calcio muscolare, ma non solo, il Verona è ancora un abbozzo della sua idea. Troppi uomini fuori condizione, troppo poco il tempo per sistemare i meccanismi. Ma quello che è evidente è che c’è un’idea calcistica. In questa idea anche qualche buon giocatore: Amrabat è una sorpresa molto positiva, Rrahmani è stato solido, Silvestri una garanzia. Tutino si è sbattuto nonostante non fosse la sua partita. Lazovic deve crescere ancora moltissimo, Faraoni può fare molto meglio, Verre nè carne nè pesce, mentre Henderson ha finalmente trovato una sua dimensione e può diventare un giocatore importante.

Basterà per salvarsi? No, assolutamente no. Il Verona ha bisogno come l’aria di un attaccante che faccia la differenza e l’unico nome vero che può aiutarci è quello del giovane Simeone. A Firenze, s’è capito, non giocherà mai e non dovrebbe avere nè Barcellona nè Real Madrid che lo inseguono. A Verona troverebbe un allenatore che stravede per lui e una piazza che è pronta ad infiammarsi ai suoi gol. Dovrebbe pensarci pochissimo in realtà: Verona è la miglior soluzione che possa trovare. Arriveranno anche Pessina e Salcedo. Poi bisognerà vendere perchè la rosa è francamente troppo ampia e ci sono troppe situazioni che possono generare tensione. Bessa è un problema ma neanche eccessivo. E’ un buon giocatore che va riconsegnato alla causa. Se il 2 settembre sarà ancora qui, sarà semplice rimetterlo in rosa.

La serata con il Bologna, non esaltante, ci ha fatto capire tre cose: 1) il Verona non è spacciato. 2) il Verona non è spacciato perché questa volta, a differenza delle altre, ha trovato un allenatore capace. 3) Se il Verona si vuole salvare deve prendere Simeone.

MERCATO, VERONA INCARTATO

Il Verona è incartato. Non ha soldi e quelli che aveva li ha già spesi. Della serie: gli errori del passato, si pagano adesso. Così, la stagione scorsa è stata pagata oggi, smentendo quelli che l’anno scorso dicevano che Setti era tornato a spendere. Col cavolo. Setti l’anno scorso ha speso i soldi di quest’anno.  Di Carmine, Dawidowicz e tutti gli altri riscatti, obbligatori in caso di promozione hanno pesato sulla campagna di quest’anno. D’Amico, poverino,  si è arrabattato tra un prestito e l’altro, il resto lo ha fatto Juric che ha personalmente condotto le trattative più importanti.

La sconfitta con la Cremonese ha evidenziato che molto s’ha da fare per rendere competitiva una squadra che, senza Badu, è per ora quasi improponibile per la serie A. Manca, un attaccante lo vedrebbe persino un esperto di bocce. Posto che trovare un altro Luca Toni è come fare un sei al Superenalotto, la questione doveva essere risolta da tempo, invece si è trascinata oltre misura. Ora devi racimolare quello che passa il convento sperando che qualcuno all’ultimo abbassi i prezzi. Insomma è come brancolare nel buio, altro che progetto. Paloschi non è la stessa cosa di Babacar, per dire. Faccio notare che comunque se anche si dovesse trovare un bomber da oltre dieci gol, questi non sarebbero sufficienti se non arrivasse il contributo anche degli esterni e di qualche centrocampista.

A non far pendere l’ago della bilancia verso il baratro c’è per il momento Juric. Si vede il suo gioco e si vede la sua mano. Questo è confortante. Ma l’allenatore sa benissimo che non si può andare alla guerra con un esercito armato si stuzzicadenti e alla fine c’è il rischio che anche lui cada in depressione quando vedrà che a tanti sforzi non corrisponde il giusto risultato.

La morale della storia è sempre quella: quando non hai soldi da spendere devi avere uomini capaci di idee straordinarie e di tanta capacità. Il Verona questi uomini, com’è risaputo, e come i fatti e i risultati testimoniano, non li ha.

IL RE E’ NUDO

C’era una volta un imperatore che amava così tanto la moda da spendere tutto il suo denaro soltanto per vestirsi con eleganza. Non aveva nessuna cura per i suoi soldati, né per il teatro o le passeggiate nei boschi, a meno che non si trattasse di sfoggiare i suoi vestiti nuovi: possedeva un vestito per ogni ora del giorno, e mentre di solito di un re si dice: “E’ nella sala del Consiglio”, di lui si diceva soltanto: “E’ nel vestibolo”.

Nella grande città che era la capitale del suo regno, c’era sempre da divertirsi: ogni giorno arrivavano forestieri, e una volta vennero anche due truffatori: essi dicevano di essere due tessitori e di saper tessere la stoffa più incredibile mai vista. Non solo i disegni e i colori erano meravigliosi, ma gli abiti prodotti con quella stoffa avevano un curioso potere: essi diventavano invisibili agli occhi degli uomini che non erano all’altezza della loro carica, o che erano semplicemente molto stupidi.

“Quelli sì che sarebbero degli abiti meravigliosi!”, pensò l’imperatore: con quelli indosso, io potrei riconoscere gli incapaci che lavorano nel mio impero, e saprei distinguere gli stupidi dagli intelligenti! Devo avere subito quella stoffa!”.

E pagò i due truffatori, affinché essi si mettessero al lavoro.

Quei due montarono due telai, finsero di cominciare il loro lavoro, ma non avevano nessuna stoffa da tessere. Chiesero senza tanti complimenti la seta più bella e l’oro più brillante, se li misero in borsa, e continuarono a così, coi telai vuoti, fino a tarda notte.

“Mi piacerebbe sapere a che punto stanno con la stoffa!”, pensava intanto l’imperatore; ma a dire il vero si sentiva un po’ nervoso al pensiero che una persona stupida, o incompetente, non avrebbe potuto vedere l’abito. Non che lui temesse per sé, figurarsi: tuttavia volle prima mandare qualcun altro a vedere come procedevano i lavori.

Nel frattempo tutti gli abitanti della città avevano saputo delle incredibili virtù di quella stoffa, e non vedevano l’ora di vedere quanto stupido o incompetente fosse il proprio vicino.

“Manderò dai tessitori il mio vecchio e fidato ministro”, decise l’imperatore, “nessuno meglio di lui potrà vedere che aspetto ha quella stoffa, perché è intelligente e nessuno più di lui è all’altezza del proprio compito”.

Così quel vecchio e fidato ministro si recò nella stanza dove i due tessitori stavano tessendo sui telai vuoti. “Santo cielo!”, pensò, spalancando gli occhi, “Non vedo assolutamente niente!”

Ma non lo disse a voce alta.

I due tessitori gli chiesero di avvicinarsi, e gli domandarono se il disegno e i colori erano di suo gradimento, sempre indicando il telaio vuoto: il povero ministro continuava a fare tanto d’occhi, ma senza riuscire a vedere niente, anche perché non c’era proprio niente.

“Povero me”, pensava intanto, “ma allora sono uno stupido? Non l’avrei mai detto! Ma è meglio che nessun altro lo sappia! O magari non sono degno della mia carica di ministro? No, in tutti casi non posso far sapere che non riesco a vedere la stoffa!”

“E allora, cosa ne dice”, chiese uno dei tessitori.

“Belli, bellissimi!”, disse il vecchio ministro, guardando da dietro gli occhiali. “Che disegni! Che colori! Mi piacciono moltissimo, e lo dirò all’imperatore.”

“Ah, bene, ne siamo felici”, risposero quei due, e quindi si misero a discutere sulla quantità dei colori e a spiegare le particolarità del disegno. Il vecchio ministro ascoltò tutto molto attentamente, per poterlo ripetere fedelmente quando sarebbe tornato dall’imperatore; e così fece.

Allora i due truffatori chiesero ancora soldi, e seta, e oro, che gli sarebbe servito per la tessitura. Ma poi infilarono tutto nella loro borsa, e nel telaio non ci misero neanche un filo. Eppure continuavano a tessere sul telaio vuoto.

Dopo un po’ di tempo l’imperatore inviò un altro funzionario, assai valente, a vedere come procedevano i lavori. Ma anche a lui capitò lo stesso caso del vecchio ministro: si mise a guardare, a guardare, ma siccome oltre ai telai vuoti non c’era niente, non poteva vedere niente.

“Guardi la stoffa, non è magnifica?”, dicevano i due truffatori, e intanto gli spiegavano il meraviglioso disegno che non esisteva affatto.

“Io non sono uno stupido!”, pensava il valente funzionario. “Forse che non sono all’altezza della mia carica! Davvero strano! Meglio che nessuno se ne accorga!” E così iniziò anche lui a lodare il tessuto che non riusciva a vedere, e parlò di quanto gli piacessero quei colori, e quei disegni così graziosi. “Sì, è davvero la stoffa più bella del mondo”, disse poi all’imperatore.

Tutti i sudditi non facevano che discutere di quel magnifico tessuto. Infine anche l’imperatore volle andare a vederlo, mentre esso era ancora sul telaio. Si fece accompagnare dalla sua scorta d’onore, nella quale c’erano anche i due ministri che erano già venuti, e si recò dai due astuti imbroglioni, che continuavano a tessere e a tessere… un filo che non c’era.

“Non è forse ‘magnifique’?”, dicevano in coro i due funzionari; “Che disegni, Sua Maestà! Che colori!”, e intanto indicavano il telaio vuoto, perché erano sicuri che gli altri ci vedessero sopra la stoffa.

“Ma cosa sta succedendo?”, pensò l’imperatore, “non vedo proprio nulla! Terribile! Che io sia stupido? O magari non sono degno di fare l’imperatore? Questo è il peggio che mi potesse capitare!”

“Ma è bellissimo”, intanto diceva. “Avete tutta la mia ammirazione!”, e annuiva soddisfatto, mentre fissava il telaio vuoto: mica poteva dire che non vedeva niente! Tutti quelli che lo accompagnavano guardavano, guardavano, ma per quanto potessero guardare, la sostanza non cambiava: eppure anch’essi ripeterono le parole dell’imperatore: “Bellissimo!”, e gli suggerirono di farsi fare un abito nuovo con quella stoffa, per l’imminente parata di corte.

“‘Magnifique’!, ‘Excellent’!”, non facevano che ripetere, ed erano tutti molto felici di dire cose del genere.

L’imperatore consegnò ai due imbroglioni la Croce di Cavaliere da tenere appesa al petto, e li nominò Grandi Tessitori.

Per tutta la notte prima della parata di corte, quei due rimasero alzati con più di sedici candele accese, di modo che tutti potessero vedere quanto era difficile confezionare i nuovi abiti dell’imperatore. Quindi fecero finta di staccare la stoffa dal telaio, e poi con due forbicioni tagliarono l’aria, cucirono con un ago senza filo, e dissero, finalmente: “Ecco i vestiti, sono pronti!”

Venne allora l’imperatore in persona, coi suoi più illustri cavalieri, e i due truffatori, tenendo il braccio alzato come per reggere qualcosa, gli dissero: “Ecco qui i pantaloni, ecco la giacchetta, ecco la mantellina…” eccetera. “Che stoffa! E’ leggera come una tela di ragno! Sembra quasi di non avere indosso nulla, ma è questo appunto il suo pregio!”

“Già”, dissero tutti i cavalieri, anche se non vedevano niente, perché non c’era niente da vedere.

“E ora”, dissero i due imbroglioni, se Sua Maestà Imperiale vorrà degnarsi di spogliarsi, noi lo aiuteremo a indossare questi abiti nuovi proprio qui di fronte allo specchio!”

L’imperatore si spogliò, e i due truffatori fingevano di porgergli, uno per uno, tutti i vestiti che, a detta loro, dovevano essere completati: quindi lo presero per la vita e fecero finta di legargli qualcosa dietro: era lo strascico. Ora l’imperatore si girava e rigirava allo specchio.

“Come sta bene! Questi vestiti lo fanno sembrare più bello!”, tutti dicevano. “Che disegno! Che colori! Che vestito incredibile!”

“Stanno arrivando i portatori col baldacchino che starà sopra la testa del re durante il corteo!”, disse il Gran Maestro del Cerimoniale.

“Sono pronto”, disse l’imperatore. “Sto proprio bene, non è vero?” E ancora una volta si rigirò davanti allo specchio, facendo finta di osservare il suo vestito.

I ciambellani che erano incaricati di reggergli lo strascico finsero di raccoglierlo per terra, e poi si mossero tastando l’ariamica potevano far capire che non vedevano niente.

Così l’imperatore marciò alla testa del corteo, sotto il grande baldacchino, e la gente per la strada e alle finestre non faceva che dire: “Dio mio, quanto sono belli gli abiti nuovi dell’imperatore! Gli stanno proprio bene!”

Nessuno voleva confessare di non vedere niente, per paura di passare per uno stupido, o un incompetente. Tra i tanti abiti dell’imperatore, nessuno aveva riscosso tanto successo.

“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”, disse a un certo punto un bambino.

“Santo cielo”, disse il padre, “Questa è la voce dell’innocenza!”. Così tutti si misero a sussurrare quello che aveva detto il bambino.

“Non ha nulla indosso! C’è un bambino che dice che non ha nulla indosso!”

“Non ha proprio nulla indosso!”, si misero tutti a urlare alla fine. E l’imperatore rabbrividì, perché sapeva che avevano ragione; ma intanto pensava: “Ormai devo condurre questa parata fino alla fine!”, e così si drizzò ancora più fiero, mentre i ciambellani lo seguivano reggendo una coda che non c’era per niente.

 

PS: Ogni riferimento a fatti e persone è assolutamente voluto.