SIAMO IN CRESCITA. ANZI NO

Siamo in crescita ripeteva come un mantra sino alla gara della matematica serie B Fabio Pecchia. Il mantra non è cambiato con Grosso. Altre parole, stesso concetto. Lavoriamo per migliorarci. Solo che il Verona non migliora mai. Un passo avanti e due indietro, pare un valzer viennese.

La crescita non si vede, l’illusione di due gare in cui si era giocato per salvare la panchina al tecnico ha lasciato il posto all’ennesima delusione. Salto di qualità rimandato, intanto lavoriamo per migliorarci. Certo, in Puglia gli alibi non mancano. Infortuni a catena e un arbitraggio che di certo non ha aiutato. Ma è sufficiente a spiegare l’ennesima prova senza carattere? Non si era parlato di “rosa profondissima” per descrivere questa squadra? O era una fake news anche questa? E una squadra come il Verona non dovrebbe essere in grado di ribaltare il risultato?

Il campo ha detto di no e ha riportato la questione a due gare fa. L’Hellas non convince, non conquista, non trascina. E nel frattempo spreca occasioni su occasioni, mentre le altre concorrenti giocano al ciapanò. Che tristezza, però, dover sperare nelle disgrazie altrui, invece di costruirci da soli le nostre fortune con 25 milioni di paracadute alle spalle. Ma del resto: siamo in crescita. Anzi no.

RESTIAMO SCETTICI

Non riesco proprio a togliermi dosso lo scetticismo. Chiamatemi scettico di professione. A me questo Verona, anche quello che vince, proprio non esalta. Capisco l’importanza dei tre punti di venerdì sera, soprattutto nell’ottica di salvare la panchina a Grosso, ma continuo ad avere perplessità su questa squadra. Il gioco mi annoia terribilmente, non vedo fiammate, non vedo intensità, non vedo gioia. Vedo, questo sì, un attaccante relegato in panchina ad ammuffire che ha segnato la sua nona rete in una delle sue rare apparizioni e continuo a chiedermi quale gigantesca cavolata sia ritenerlo uguale a tutti gli altri. Vedo giocatori mescolati come giocatorini del subbuteo, misteriosamente accantonati e poi riproposti, senza una logica, senza senso, con il rischio di metterli alla berlina, di esporli a figuracce.

Vedo gare che restano in bilico quando dovrebbero essere chiuse e sepolte contro avversari mediocri, vedo una squadra che avrebbe dovuto ammazzare il campionato e che invece è ancora lì dietro e chissà dove sarebbe finita senza questi sei punti. Mi chiedo quale prospettiva, quale progetto, quale entusiasmo si crea con questo modo di giocare, che sbocchi avremo se mai si dovesse raggiungere la serie A. Insomma, resto scettico, lo sono in fondo anche per Grosso che ha detto che vuole provare a convincere tutti quelli come me (e siamo in tanti) a suon di vittorie. Almeno il nostro scetticismo sarà servito a qualcosa. Sarà difficile, comunque, perché neanche un risultato positivo e oggettivamente importante come questo è riuscito a liberarmi da questo nodo di perplessità che mi porto dentro.

IL SIGNIFICATO DI UNA VITTORIA

Vincere a La Spezia ha salvato, dunque, la panchina di Grosso. Cosa resterà di questa vittoria lo vedremo nelle prossime settimane. Grosso era stato messo clamorosamente sulla graticola dalla società che aveva affidato a questa gara il destino futuro dell’allenatore. La questione è capire se questa partita è una svolta o uno dei tanti fuochi fatui a cui siamo abituati dallo scorso campionato. Abbiamo bene nella testa la vittoria di Pecchia a Firenze dopo il crollo casalingo con il Crotone e abbiamo ancora nelle orecchie le dichiarazioni di Setti che vaticinava di una carriera tra Juve, Inter e Milan per il suo allenatore. Com’è andata e che schifo di campionato abbia fatto da lì in poi il Verona lo sappiamo tutti benissimo.

Vincere con lo Spezia, tranne che salvare la panchina a Grosso, quindi non ha alcun significato. Qui si tratta di capire, semplicemente, se con questo allenatore si può andare in serie A. Oggi la classifica dice di no. E pure il gioco che continua a non convincere. Di Carmine continua terribilmente a soffrire il fantasma di Pazzini, bomber della squadra e relegato in panchina. Ma Grosso resta sulla panchina, dopo che la società aveva contattato Cosmi con cui aveva persino trovato un accordo (fake news anche questa signor D’Amico?). Magari dopo Salernitana, Lecce, Venezia e Perugia ne sapremo di più. E capiremo se questa vittoria, oltre a salvare Grosso ci ha restituito la corazzata del campionato.

COME UN GATTO IN TANGENZIALE

In quanto tifosi del Verona pensavamo di averle viste tutte. Invece no. Ci mancava Tony D’Amico e la sua simpatica band. L’attuale, mai presentato ds del Verona, si è immolato sull’altare delle brutte figure per salvare la panchina dell’amico Grosso. Il risultato ha prodotto uno dei pateracchi più incredibili della storia del Verona. Grosso resta, ma, come da dilettantesco comunicato, la gara con lo Spezia sarà “decisiva”. Nel frattempo è stato contattato Serse Cosmi, ma non solo. Cosmi ha trovato l’accordo, ma è in stand-by. In un colpo solo, insomma, si sono bruciati due allenatori.

Grosso è di fatto delegittimato. Che senso ha una fiducia a tempo con un altro allenatore che come un corvo aspetta sull’uscio? E cosa cambierà di sostanziale se il Verona vincesse con lo Spezia? Si pensa forse di ricucire con la piazza? Dopo quanto successo nell’ultima stagione, Setti non è più credibile. Non basta una gara per riportare entusiasmo a Verona. Quindi è presumibile che, anche andasse bene a La Spezia, poi Grosso avrebbe lo stesso destino di un gatto in tangenziale. Destino segnato anche per D’Amico, l’uomo che non ha paura di nulla. Neanche di affermare che il Verona non perde da dieci giornate dopo essere scivolato a nove punti dalla vetta. A D’Amico, infine,  vorrei ricordare che l’unica gigantesca fake news riportata dalla nostra emittente in questi mesi e di cui ci scusiamo con i lettori e con i telespettatori, sono le sue dichiarazioni abbinate a quelle di Grosso in cui si annunciava di voler riportare entusiasmo tramite il gioco. Questa sì la più grande delle cavolate. Almeno fino alla prossima puntata.

UN UOMO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

Antonio Tony D’Amico, un passato calcistico di alto livello (ha giocato nel Chieti, nella Cavese, nel Foggia, nell’Empoli, nel Gela e nel Lecco), attuale ds del Verona, ha pensato bene di presentarsi finalmente alla città. Nella sua prima conferenza stampa al Bentegodi invece di parlare dell’ennesimo incolore pareggio della squadra da lui allestita e guidata dal tecnico che lui ha scelto, nonostante un ricchissimo plafond di 25 milioni,  ha pensato bene di attaccare l’unica voce che in questi mesi ha fatto qualche critica al suo operato. Lo ha fatto con metodi che si giudicano da soli e che qualificano il personaggio.

Voleva farci paura per l’ennesima volta, intimidirci dopo le querele pretestuose? Non ci conosce. Se invece la sua è una strategia comunicativa per alzare l’ennesima cortina fumogena e per evitare di mettere lo sguardo su una squadra che sta fallendo tutti gli obiettivi, beh lì basta guardare la classifica per avere le risposte.

Come diceva Renzi a Letta: stia sereno signor d’Amico.

PS: SCRIVO QUI DOPO AVER LETTO TUTTI I MESSAGGI DI SOLIDARIETA’. IO E GIOVANNI RINGRAZIAMO TUTTI I TIFOSI. AVETE PERFETTAMENTE CAPITO ADESSO CHE COSA INTENDEVO QUANDO QUALCHE MESE FA CI FU NEGATO L’ACCREDITO PER LA PRESENTAZIONE DI GROSSO: LA NOSTRA BATTAGLIA E’ LA VOSTRA BATTAGLIA.

AL PEGGIO NON C’E’ LIMITE

Ogni settimana sembra di rivivere lo stesso film. O se volete lo stesso incubo. Il giorno prima della gara Grosso promette riscatto, battaglia, vittorie. Il giorno della partita la sua squadra fa schifo. O pena. O angossa se siete veronesi. Dopo la partita nell’ordine Grosso dice: che il Verona ha giocato una grandissima gara. Che crede nella propria squadra. Che ci sono grandi margini di miglioramento (di crescita) e che andrà meglio la prossima volta in cui sicuramente si vincerà. Azzerate da tempo le domande vere dopo che alle conferenze stampa sono invitate solo le testate gradite-amiche, si crea un universo parallelo fatto di “superiorità”, “occasioni gol” e via discorrendo.

In quel momento tu che hai appena visto una partita orrenda pensi realmente di essere un deficiente. In mezzo a tutto questo non c’è uno straccio di reazione da parte della società. Setti, defilatissimo non si sente, si vede poco anche se la sua faccia compare su tutti i cartelloni stradali del nord est. D’Amico non ha mai messo la faccia per spiegare chi è e cosa fa nel Verona, Barresi è un personaggio pirandelliano (uno, nessuno centomila), mezza giornata in sede al Verona, mezza al Mantova, nessuno sa che ruolo abbia e cosa pensi.

La Primavera arranca nella sua serie B, eppure abbiamo un progetto legato ai giovani, così giovani che abbiamo preso Munari all’ultimo giorno di mercato. Costruiremo sicuramente un centro sportivo e uno stadio. Se continua così, diamo un consiglio all’amministrazione comunale. Basteranno quattro posti perchè alla fine nessuno vorrà più saperne di questo Verona e di questa società.

MERCATO AL RISPARMIO

Sono partiti: Bearzotti, Fossati, Cherubin, Calvano, Caracciolo, Cappelluzzo, Stefanec, Eguelfi, Cissé. Sono arrivati Faraoni, Di Gaudio , Vitale, Munari. Fatti due conti della serva è stato l’ennesimo mercato al risparmio, in cui il Verona ha ceduto più giocatori di quelli acquistati.

Sono arrivati due buoni giocatori da B come Di Gaudio (che di fatto sostituisce l’infortunato Ragusa) e Vitale. Ingiudicabile l’arrivo di Munari teso, forse a ampliare numericamente il centrocampo e a dare personalità ed esperienza. Gravissima la cessione di Caracciolo.

Non tanto per le qualità modeste del giocatore, ma per il fatto che Caracciolo era stato designato come leader di questo gruppo, tanto da farne il capitano. Ora, è difficile sapere quali dinamiche sono in atto nello spogliatoio di questa squadra, ma mi pare evidente che non siano rose e fiori. Caracciolo non è stato sostituito e quindi Grosso punterà tutto sulle due cariatidi Marrone-Dawidowicz, con Bianchetti atteso all’ennesimo rilancio della sua carriera e le altre ballerine a guardare (da Balkovec a Empereur).

Il problema però non è il mercato. Il problema è che sulla panchina del Verona c’è un tecnico che ha disegnato la squadra a sua immagine e somiglianza. Ruoli assolutamente non rispettati, moduli farraginosi, poca garra, tanto fumo. Restano i problemi di carattere, resta il dualismo Di Carmine-Pazzini, aggravato dal fatto che il Verona ha provato a privarsi di uno dei due, operazione non riuscita e che rischia di lasciare macerie sul terreno.

La verità è che, causa Grosso, non sappiamo che valore ha realmente questa squadra, visto che non ha mai pienamente convinto. La stessa domanda che dovrebbe farsi una proprietà seria. Appunto.

IL SOLCO

Il solco è sempre più profondo. Setti è chiuso nel suo fortino, accerchiato, convinto di avere ragione. Se la suonano e se la cantano. Hanno visto un “grandissimo Verona per ottanta minuti” anche contro il Cosenza.  A volte mi chiedo se sono io che vivo su Marte o sono loro.

Poi sento il Bentegodi che contesta Grosso e allora mi tolgo il dubbio. Al di là della rete ci sono anche i cantori di regime, quelli che vivono per mangiare le immondizie che cadono dal tavolo del padrone. Ma di loro ce ne siamo già occupati in altre puntate. Non preoccupatevi: saranno i primi a lasciare la barca quando lo riterranno opportuno e i primi a salire su quella nuova. E diranno (come hanno già fatto): “L’abbiamo sempre detto”.

A noi interessa invece quel solco. Sempre più profondo. Tanto da far vacillare persino sul nostro amore nei confronti del Verona. Ma è davvero, ancora, il Verona, questo informe mostro? Questa è la domanda a cui nel mio cuore faccio fatica a rispondere. Sarò onesto: non riesco più a considerare questo come il “mio Verona”. Non c’è nulla nella società di Setti che incarni la mia IDEA di HELLAS VERONA, specchio fedele di un’identità e di una comunità. Il Verona che mi è stato tramandato da mio nonno, da mio padre e che ho cercato di tramandare ai miei figli.

Pensavo di aver vinto tutte le battaglie. Contro i delinquenti che avevano inquinato l’Hellas e portato ad un passo dal baratro, contro la fusione, battaglie che ci rafforzarono e che ci permisero di sopravvivere e rinascere. Ma ora Setti con i i vari Barresi, D’Amico e Grosso stanno spegnendo questa IDEA. Rassegnarsi però è dare la partita vinta a loro. E per questo non mi rassegno e non ci rassegneremo. Pensavano di zittirmi e farmi paura a suon di querele pretestuose. Non hanno capito niente.

Grosso passerà e speriamo anche Setti. Prima di andarsene logorerà l’ambiente  e un grande compito spetterà al popolo dell’Hellas: ritrovare l’entusiasmo perso. Non è neanche più questione di risultati. E’ una questione “ontologica”, di essenza. Di una cosa sono convinto. Il Verona, l’Hellas, non morirà mai. Non credete nemmeno per un secondo al ricattatorio: “Se non ci sono io non c’è nessuno”. Non è vero. Non era vero ai tempi di Pastorello, non è vero oggi. Non ci sarà nessuno solo se i bilanci non sono chiari, se i conti non tornano, se la domanda è fuori mercato. Ma arriverà un altro Verona. E sarà nuovamente il NOSTRO VERONA. Non questo schifo condito di presunzione e incapacità.

SETTI UNICO RESPONSABILE

Non serve Einstein per capire che Grosso è un allenatore inadeguato per Verona e che con lui alla guida si rischia seriamente di andare in serie A. Ma per non ripetere la manfrina dell’anno scorso e per regalare ulteriori alibi alla società (è sempre colpa dell’allenatore, prima di Pecchia, ora di Grosso), bisogna dire le cose come stanno. Loro sono i meno colpevoli perché il responsabile numero uno, l’unico, di partite indegne come quella di Padova è Maurizio Setti da Carpi. Non c’è dubbio.

La società, così costruita, con  mezze figure e ambiguità, con suggeritori che poi vanno a fare i ds della società satellite, con un direttore sportivo senza esperienza e quindi con giocatori scarsi e un allenatore senza mordente, è solo lui. E’ incredibile, ma veramente, che un presidente assistendo oggi ad una gara come quella con il Padova non abbia un rigurgito di lucidità e non decida di esonerare un allenatore che sta barcamenandosi in un campionato mediocre che dovrebbe vederlo quantomeno nelle prime due posizioni.

Il Verona è un’accozzaglia di giocatori, non ha un minimo di grinta, quando vince lo fa più per demeriti degli avversari che per meriti propri. Mi piacerebbe leggere nella testa di Setti, sapere che cosa gli passa per la mente, quanto sia autonomo nel suo pensiero, quanto condizionato dal suo entourage, capace di raccontargli probabilmente una realtà parallela e il cui unico scopo e obiettivo nella vita è abbattere la critica, pilotarla, delegittimarla come ha più volte tentato di fare con noi. Il risultato è che se la cantano e se la suonano ma poi, siccome il calcio come la vita, non ti concede sconti, lo schifo emerge forte in gare come quella odierna. Setti è l’unico responsabile, cerchiamo di non fare l’errore dell’anno scorso con Pecchia. Il problema non è chi allena il Verona ma chi gli permette di allenare il nostro Hellas Verona.

BILANCIO (DI FINE ANNO)

L’ennesima occasione sprecata. Con Pazzini in campo per colpa dell’infortunio di Di Carmine (ottavo gol per il Pazzo),  il Verona rischia di perdere a Foggia, una gara che aveva in pugno ma che purtroppo non ha saputo chiudere. Dopo diciotto partite possiamo tirare un bilancio del Verona di Setti-Barresi-D’Amico-Grosso.

Come ho già detto più volte tutto sta nel mettersi d’accordo. Io credo che il Verona per un dovere morale minimo dopo la vergognosa stagione passata, per blasone e soprattutto per disponibilità finanziaria esagerata grazie al paracadute e alle plusvalenze effettuate, avesse l’obbligo di stravincere questo campionato. Invece, dopo 18 giornate abbiamo capito che il Verona se va bene “se la giocherà”. E già questo aumenta il turbinio dei miei zebedei da tifoso.

E a Foggia abbiamo avuto la riprova che il Verona “se la giocherà”. Grosso è un tecnico bravino ma senza anima. Ci sono difetti strutturali di questa squadra che ci porteremo dietro fino alla fine, sperando che l’infimo livello di questo torneo possa alla fine farci emergere. Credo che a questa squadra non vada mai aperta una linea di credito. Sarà anche un caso, e non lo è, ma da quando la tifoseria ha preso un certo tipo di atteggiamento, uscendo dal torpore e dalla disaffezione che questa società aveva dispensato a piene mani, i risultati sono iniziati ad arrivare. Sarebbe bellissimo, ma capisco anche utopico, che anche la critica facesse il suo. Purtroppo e non mi stupisce affatto, il mondo è pieno di gente con esagerate ghiandole salivari pronte a distendere tappeti di lingue per un loro miope tornaconto. A questa gente, va detto con forza, del Verona non frega niente. E’ gente che ama sedere al tavolo con i potenti, poter pranzare con le briciole che cadono da quel tavolo, essere in qualche maniera interlocutori. Lo hanno fatto sempre e con tutti la masnada di faccendieri che si sono approcciati in questi anni nel Verona. La loro forza è avere la faccia come il culo. Si ripresentano come se niente fosse appena cambia la gestione e si rimettono in moto con saliva e lingua.

Grosso è soprattutto un allenatore fuori luogo. Solo un tecnico con la coda di paglia ribadisce in sala stampa di non prendere ordini dal proprio presidente. Io francamente spererei per lui che fosse così. Perché se davvero fosse sua la scelta di tenere fuori Pazzini per gran parte di questo girone d’andata sarebbe da implorare Di Maio e Salvini di ripristinare seduta stante il ritorno dei manicomi. D’Amico non lo conosco. Ho visto poco tempo fa una sua dichiarazione fatta in mezzo ad una strada ad un giornalista con il cellulare in mano. Dice che non lo capiamo. Probabilmente è lui che non ci ha capiti.

Non ho parlato di Setti. Credo che la sua presunzione e la sua arroganza abbiano sorpassato il limite del fair-play. Insofferente ad ogni critica, dopo aver provato con altri metodi a fare pressioni sul sottoscritto, ha sporto nei miei confronti ben tre querele, credendo forse di farmi paura o di mettermi in difficoltà. Mi ha querelato persino per un articolo in cui chiedevo di fare chiarezza sulla società. Sarà stupendo chiarire appunto in tribunale queste vicende così anche la tifoseria del Verona capirà meglio. Sempre che ci sia un giudice che ravvisi in un doveroso esercizio di critica gli estremi della diffamazione.

Chiudo facendovi tantissimi auguri di buon anno. Sarà un anno di battaglia, di testa alta, di coerenza e speriamo di tantissimo Hellas Verona. Perché il Verona è e resterà sempre nostro. Malgrado loro.