IL SOLITO VERONA

Ma quale crescita, quale scintilla, quale autostima ritrovata… La verità è sempre quella: il Verona non è mai cambiato. Dopo due discrete partite, ecco il solito Verona. Lento, lezioso, prevedibile. Ti aspettavi il salto di qualità, invece è arrivata l’ennesima delusione. L’Ascoli ha fatto un figurone, meglio dirlo subito, il risultato va strettissimo ai marchigiani. L’incapacità di Grosso di creare movimenti che sorprendano gli avversari è ormai nota. Così come l’assurda rotazione degli uomini. Prendete la difesa dove è tornato Marrone, ripiombata come d’incanto nei vecchi difetti, nelle solite incertezze, nelle amnesie che ne hanno caratterizzato il campionato. Cinque tiri in porta dell’Ascoli contro i due del Verona. La fotografia del match sta tutta qui.

Ora sappiamo già gli argomenti che verranno usati per spiegare questa litania: 1) il campionato è ancora lungo. 2) L’avversario era fortissimo. 3) La squadra comunque lavora sempre per migliorare. 4) Ci rifaremo alla prossima. Nel frattempo il campionato sta inesorabilmente scappando di mano. L’unico dato che mantiene l’ago verso l’ottimismo è che stiamo assistendo ad uno dei peggiori tornei di serie B degli ultimi anni, così livellato verso il basso, che persino questo Verona impacciato, noioso e indisponente è ancora lì che può sperare nella promozione diretta. Ma è davvero troppo poco. Basta solo che una delle nostre avversarie si mette un attimo a marciare con regolarità e noi la A la vediamo col binoccolo. Setti che aveva ingaggiato Cosmi, tranne poi riconfermare Grosso, ormai non può più fare niente. E questa francamente è la cosa che più di tutte crea rabbia e disamore nella gente.

QUELLO CHE (NON) SAPPIAMO SUL NUOVO STADIO

Il primo presupposto che un nuovo impianto sportivo deve avere è che ci siano delle squadre che lo facciano vivere e che ci giochino dentro. Banalissimo, ma non scontato. Nell’attuale Bentegodi ci giocano Verona e Chievo che riempiono il gigantesco impianto in minima parte per diversi motivi.

L’amministrazione comunale ha messo le basi per la costruzione di un nuovo impianto. Quello che sappiamo è che sarà costruito da imprese esterne alle due società, che resterà di proprietà comunale, che sorgerà nell’area dell’attuale Bentegodi e che nessuna offerta è stata presentata fino ad oggi. Si sa anche che ci sarebbe un fondo interessato alla costruzione, rappresentato dall’ex del Verona Thomas Berthold.

Ora qui non ci interessa tanto animare un dibattito sulla necessità di costruire o meno un impianto del genere. Ci interessa sapere se tutto questo sarà un volano per portare in alto l’Hellas Verona e dare alla società risorse che non siano solo quelle legate ai diritti televisivi, un meccanismo perverso con l’assurdo premio a perdere del paracadute che ha creato in questi anni solo disaffezione e pensieri oscuri nella tifoseria (ipotizzando retrocessioni programmate con squadre costruite con un basso monte ingaggi solo per intascare poi la lauta “ricompensa”). La risposta è semplice: assolutamente no. E vi spieghiamo perché: poiché non pensiamo che eventuali costruttori possano elargire denaro senza avere niente in cambio, è chiarissimo che chi costruirà lo stadio vorrà avere a propria disposizione, come minimo, la gestione dell’impianto e gli spazi commerciali che verranno creati (bar, centri commerciali, cinema) per tutta la lunghissima durata del contratto.

Verona e Chievo, quindi, a fronte di una riduzione ipotizzabile del canone d’affitto, non potranno più ricavare potenziali risorse da quello che per altre società è invece un asset fondamentale: appunto uno stadio di proprietà. Senza contare che l’appeal commerciale di Verona e in misura minore del Chievo, in presenza di un impianto che non è di proprietà delle società, nel momento in cui dovessero essere cedute, sarebbe notevolmente ridotto. Quale investitore sarebbe pronto a investire su società calcistiche che abbiano precluso il progetto di uno stadio di proprietà?

C’è poi la questione iniziale: chi giocherà in questo nuovo impianto? Il Verona che sta toccando il minimo storico di coinvolgimento della propria tifoseria, con un presidente contestato e lontanissimo dalla città, incapace di investire proprie risorse quando la situazione lo richiede? Il Chievo che sta tornando in serie B e deve ripensare completamente il proprio modello calcistico e che ufficiosamente si è già tirato fuori dalla questione nuovo stadio? Il rischio di costruire una cattedrale nel deserto insomma è fortissimo con questi presupposti.

A meno che non ci sia qualcosa che non sappiamo e che il sindaco Sboarina, animatore di questa idea e grande tifoso del Verona, abbia in serbo come asso nella manica. Una mossa che renderebbe tutto logico e comprensibile: ovvero che il fondo d’investimento che vuole costruire il Bentegodi sia anche interessato ad acquisire il Verona da Setti. Un Verona forte e proiettato in Europa, stile Atalanta, darebbe un senso anche al nuovo stadio. Altrimenti, se si continuasse con Setti e questa disaffezione, sarebbe solo un’inutile orpello. Lo capiremo a breve.

MA ERA COSI’ DIFFICILE?

Non c’è dubbio che a Perugia sia andato in scena il miglior Verona della stagione. La qualità della vittoria va oltre il gioco. Sono i punti più importanti dell’anno, una vittoria che fa veramente la differenza. Già con il Venezia avevo notato un Verona diverso, in Umbria abbiamo avuto la sensazione che finalmente l’Hellas sia diventata una squadra.

Niente di trascendentale sia chiaro. La gara è rimasta in equilibrio a lungo, con il Verona che teneva il pallino e il Perugia che volontariamente restava coperto. Il gol di Bianchetti ha spezzato l’equilibrio e a quel punto si è giocata la partita. Il Perugia non cambiava il copione e non solo per demeriti propri ma anche perché il Verona occupava bene tutte le zone del campo e continuava a pressare. E’ in quel momento che la squadra gialloblù ha vinto il match.

Non si è accontentata, capendo che il Perugia andava azzannato fino in fondo e ha segnato il 2-0. La sofferenza finale è arrivata improvvisa, un monito a ricordare di non fare troppo gli altezzosi.

Questa vittoria ha un’altra qualità rispetto ad altre. Questo per dire a Grosso che non siamo deficienti e per spiegargli che quando vediamo il Verona giocare bene lo diciamo e basta. Ci sentiamo più deficienti quando vogliono raccontarci quella dell’orso e farci credere che Gesù è morto per il freddo.

Ora il Verona c’è e toccherà alle altre rispondere a questo rientro scaligero ma nell’aria resta la domanda della stagione: ma era davvero così difficile?

UNA SCINTILLA

Chi mi legge sa benissimo che non sono mai stato tenero con questa squadra. Il Verona di Grosso non mi ha mai convinto. Non mi piace il gioco proposto da questo allenatore, non mi piace il possesso palla fine a se stesso, il gioco orizzontale ai due allora, non mi piace il turnover esagerato. Non ho mai capito alcuni commenti entusiasti dopo vittorie arrivate per caso e per fortuna.

Per la prima volta in questo campionato, credo, stasera ho visto qualcosa di diverso. Una piccola scintilla, piccolissima, in una partita contro un avversario modesto e rabberciato. Niente che mi faccia esaltare, ci mancherebbe, ma sicuramente qualcosa che va annotato tra le cose positive. Il Verona mi è sembrato più squadra, più gruppo, con più voglia di vincere e di uscire dalle difficoltà.

Il risultato sta stretto, strettissimo e pareggiare, stavolta avrebbe veramente avuto il sapore della beffa. Dopo il rigore sbagliato da Pazzini non c’è stato il solito titic titoc ma un Verona che voleva comunque chiuderla. Con confusione, ma anche con voglia e determinazione. Forse è stata solo una sensazione, magari sarà colpa della primavera alle porte e di qualche rondine, ma si spera che ora questa scintilla porti ad accendere qualcosa.

E’ più che evidente che ora tocca a Grosso cercare di alimentare questo piccolo fuocherello. A suon di risultati e di vittorie. Ad iniziare da venerdì sera a Perugia.

MA QUANTO VALE IL VERONA SE SI PERDE L’ASSET PRINCIPALE?

Qual è l’asset principale del Verona? Il patrimonio giocatori, azzerato in questi ultimi anni? Il settore giovanile che naviga anonimo? Il centro sportivo che è una chimera da anni? Lo stadio che, semmai venisse costruito, non sarà di proprietà della società?

Non c’è dubbio che la principale ricchezza del Verona, l’unica che ha un peso, e che conta è ancora la passione dei propri tifosi. Se il Verona ha una valenza “politica”, se viene considerata dalle televisioni a pagamento, se conta ancora qualcosa, è perchè gli spalti del Bentegodi non si sono mai svuotati. Sono stati i tifosi a salvare il Verona. Senza quell’eccezionale trasporto, l’Hellas sarebbe già scomparso. Le trasferte oceaniche della serie C, la trasferta di Busto Arsizio per non crollare in C2, gli abbonamenti di massa dopo la retrocessione. Non ci sarebbe marchio senza quella gente. Il marchio del Verona non l’hanno certamente “costruito” i vari gestori della società (compresi alcuni mascalzoni…)  ma solo ed esclusivamente la gente di Verona.

Per questo la china che ha preso il Verona di Setti, la freddezza fino alla disaffezione di queste giornate sta creando un danno irreparabile. Il Verona sta perdendo la passione della sua gente, sta perdendo il suo principale asset. Setti ha spento l’entusiasmo, la scelta di collaboratori inadeguati ha allontanato la città, gli abbonati sono crollati in questi anni, il Bentegodi è sempre più vuoto. “Prima il bilancio” è stato il motto che ha tolto i sogni ai tifosi, il resto lo sta facendo Grosso con una squadra che non riesce a emozionare.

Senza gente, senza passione, allora quanto vale il Verona? Settanta milioni di euro come dice Setti? Cosa acquisterebbe un eventuale acquirente se non il valore di quel marchio che, come è dimostrato, ha valore solo perché ha avuto un incredibile seguito? Il Verona senza tifosi vale zero.

SIAMO IN CRESCITA. ANZI NO

Siamo in crescita ripeteva come un mantra sino alla gara della matematica serie B Fabio Pecchia. Il mantra non è cambiato con Grosso. Altre parole, stesso concetto. Lavoriamo per migliorarci. Solo che il Verona non migliora mai. Un passo avanti e due indietro, pare un valzer viennese.

La crescita non si vede, l’illusione di due gare in cui si era giocato per salvare la panchina al tecnico ha lasciato il posto all’ennesima delusione. Salto di qualità rimandato, intanto lavoriamo per migliorarci. Certo, in Puglia gli alibi non mancano. Infortuni a catena e un arbitraggio che di certo non ha aiutato. Ma è sufficiente a spiegare l’ennesima prova senza carattere? Non si era parlato di “rosa profondissima” per descrivere questa squadra? O era una fake news anche questa? E una squadra come il Verona non dovrebbe essere in grado di ribaltare il risultato?

Il campo ha detto di no e ha riportato la questione a due gare fa. L’Hellas non convince, non conquista, non trascina. E nel frattempo spreca occasioni su occasioni, mentre le altre concorrenti giocano al ciapanò. Che tristezza, però, dover sperare nelle disgrazie altrui, invece di costruirci da soli le nostre fortune con 25 milioni di paracadute alle spalle. Ma del resto: siamo in crescita. Anzi no.

RESTIAMO SCETTICI

Non riesco proprio a togliermi dosso lo scetticismo. Chiamatemi scettico di professione. A me questo Verona, anche quello che vince, proprio non esalta. Capisco l’importanza dei tre punti di venerdì sera, soprattutto nell’ottica di salvare la panchina a Grosso, ma continuo ad avere perplessità su questa squadra. Il gioco mi annoia terribilmente, non vedo fiammate, non vedo intensità, non vedo gioia. Vedo, questo sì, un attaccante relegato in panchina ad ammuffire che ha segnato la sua nona rete in una delle sue rare apparizioni e continuo a chiedermi quale gigantesca cavolata sia ritenerlo uguale a tutti gli altri. Vedo giocatori mescolati come giocatorini del subbuteo, misteriosamente accantonati e poi riproposti, senza una logica, senza senso, con il rischio di metterli alla berlina, di esporli a figuracce.

Vedo gare che restano in bilico quando dovrebbero essere chiuse e sepolte contro avversari mediocri, vedo una squadra che avrebbe dovuto ammazzare il campionato e che invece è ancora lì dietro e chissà dove sarebbe finita senza questi sei punti. Mi chiedo quale prospettiva, quale progetto, quale entusiasmo si crea con questo modo di giocare, che sbocchi avremo se mai si dovesse raggiungere la serie A. Insomma, resto scettico, lo sono in fondo anche per Grosso che ha detto che vuole provare a convincere tutti quelli come me (e siamo in tanti) a suon di vittorie. Almeno il nostro scetticismo sarà servito a qualcosa. Sarà difficile, comunque, perché neanche un risultato positivo e oggettivamente importante come questo è riuscito a liberarmi da questo nodo di perplessità che mi porto dentro.

IL SIGNIFICATO DI UNA VITTORIA

Vincere a La Spezia ha salvato, dunque, la panchina di Grosso. Cosa resterà di questa vittoria lo vedremo nelle prossime settimane. Grosso era stato messo clamorosamente sulla graticola dalla società che aveva affidato a questa gara il destino futuro dell’allenatore. La questione è capire se questa partita è una svolta o uno dei tanti fuochi fatui a cui siamo abituati dallo scorso campionato. Abbiamo bene nella testa la vittoria di Pecchia a Firenze dopo il crollo casalingo con il Crotone e abbiamo ancora nelle orecchie le dichiarazioni di Setti che vaticinava di una carriera tra Juve, Inter e Milan per il suo allenatore. Com’è andata e che schifo di campionato abbia fatto da lì in poi il Verona lo sappiamo tutti benissimo.

Vincere con lo Spezia, tranne che salvare la panchina a Grosso, quindi non ha alcun significato. Qui si tratta di capire, semplicemente, se con questo allenatore si può andare in serie A. Oggi la classifica dice di no. E pure il gioco che continua a non convincere. Di Carmine continua terribilmente a soffrire il fantasma di Pazzini, bomber della squadra e relegato in panchina. Ma Grosso resta sulla panchina, dopo che la società aveva contattato Cosmi con cui aveva persino trovato un accordo (fake news anche questa signor D’Amico?). Magari dopo Salernitana, Lecce, Venezia e Perugia ne sapremo di più. E capiremo se questa vittoria, oltre a salvare Grosso ci ha restituito la corazzata del campionato.

COME UN GATTO IN TANGENZIALE

In quanto tifosi del Verona pensavamo di averle viste tutte. Invece no. Ci mancava Tony D’Amico e la sua simpatica band. L’attuale, mai presentato ds del Verona, si è immolato sull’altare delle brutte figure per salvare la panchina dell’amico Grosso. Il risultato ha prodotto uno dei pateracchi più incredibili della storia del Verona. Grosso resta, ma, come da dilettantesco comunicato, la gara con lo Spezia sarà “decisiva”. Nel frattempo è stato contattato Serse Cosmi, ma non solo. Cosmi ha trovato l’accordo, ma è in stand-by. In un colpo solo, insomma, si sono bruciati due allenatori.

Grosso è di fatto delegittimato. Che senso ha una fiducia a tempo con un altro allenatore che come un corvo aspetta sull’uscio? E cosa cambierà di sostanziale se il Verona vincesse con lo Spezia? Si pensa forse di ricucire con la piazza? Dopo quanto successo nell’ultima stagione, Setti non è più credibile. Non basta una gara per riportare entusiasmo a Verona. Quindi è presumibile che, anche andasse bene a La Spezia, poi Grosso avrebbe lo stesso destino di un gatto in tangenziale. Destino segnato anche per D’Amico, l’uomo che non ha paura di nulla. Neanche di affermare che il Verona non perde da dieci giornate dopo essere scivolato a nove punti dalla vetta. A D’Amico, infine,  vorrei ricordare che l’unica gigantesca fake news riportata dalla nostra emittente in questi mesi e di cui ci scusiamo con i lettori e con i telespettatori, sono le sue dichiarazioni abbinate a quelle di Grosso in cui si annunciava di voler riportare entusiasmo tramite il gioco. Questa sì la più grande delle cavolate. Almeno fino alla prossima puntata.

UN UOMO SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI

Antonio Tony D’Amico, un passato calcistico di alto livello (ha giocato nel Chieti, nella Cavese, nel Foggia, nell’Empoli, nel Gela e nel Lecco), attuale ds del Verona, ha pensato bene di presentarsi finalmente alla città. Nella sua prima conferenza stampa al Bentegodi invece di parlare dell’ennesimo incolore pareggio della squadra da lui allestita e guidata dal tecnico che lui ha scelto, nonostante un ricchissimo plafond di 25 milioni,  ha pensato bene di attaccare l’unica voce che in questi mesi ha fatto qualche critica al suo operato. Lo ha fatto con metodi che si giudicano da soli e che qualificano il personaggio.

Voleva farci paura per l’ennesima volta, intimidirci dopo le querele pretestuose? Non ci conosce. Se invece la sua è una strategia comunicativa per alzare l’ennesima cortina fumogena e per evitare di mettere lo sguardo su una squadra che sta fallendo tutti gli obiettivi, beh lì basta guardare la classifica per avere le risposte.

Come diceva Renzi a Letta: stia sereno signor d’Amico.

PS: SCRIVO QUI DOPO AVER LETTO TUTTI I MESSAGGI DI SOLIDARIETA’. IO E GIOVANNI RINGRAZIAMO TUTTI I TIFOSI. AVETE PERFETTAMENTE CAPITO ADESSO CHE COSA INTENDEVO QUANDO QUALCHE MESE FA CI FU NEGATO L’ACCREDITO PER LA PRESENTAZIONE DI GROSSO: LA NOSTRA BATTAGLIA E’ LA VOSTRA BATTAGLIA.