LA DIFFERENZA LA DEVE FARE GROSSO

Partita bloccata, brutta. Verona abulico. La Salernitana è il paradigma della serie B. Come lo è stato lo Spezia. Partite così ce ne saranno tantissime. Il problema è che il Verona è la più forte di tutte, lo deve essere, per forza. Partite così le sblocchi dalla panchina. Con un’idea, un’intuizione. Ma soprattutto facendo giocare quelli bravi. Pazzini dentro a 10 minuti dalla fine è un’altra bestemmia calcistica (ormai serve l’esorcista qui…), soprattutto con un Verona che a quel punto giocava nell’area avversaria. Torniamo su un tema che rischia di diventare un’incredibile tormentone e non per colpa dei tifosi che invocano il nome di Pazzini, ma perchè un Pazzini in panchina è un’insulto alla logica calcistica.

Fin qui la partita, ma se vogliamo dirla tutta: perchè il Verona ha giocato in questo modo? A Crotone abbiamo dato dimostrazione di forza e allora continuiamo su quella strada. Invece la sensazione che abbiamo avuto tutti è della classica squadra con il braccino. Grosso ha un sacco di scelte, le ha volute lui, doppioni e triploni che forse rischiano anche di fare confusione. Fuori Colombatto, è rimasto come play il granatiere Dawidowicz che con tutto il rispetto non si può proprio vedere come regista arretrato. A centrocampo c’è una girandola di giocatori che ricorda molto il gioco di Pecchia, Matos è un’illusione. Quando pensi che possa diventare un bomber, ecco la smentita. Tupta è un bel giocatorino, va tutelato e non bruciato. In zona gol è frenetico, va fatto maturare con calma.

In quanto a identità, questa squadra è ancora lontanissima da un livello accettabile. Troppo compassata, troppo lenta. E’ stata così con Padova, Spezia e Salernitana e in parte col Carpi. L’eccezione positiva a questo punto diventa la gara (quasi perfetta) di Crotone.

Preso il gol, il Verona meritava il pareggio. Ma il problema è quello che non ha fatto prima e soprattutto vanno riviste le scelte di Grosso che poteva cambiare la partita dalla panchina con tre giocatori: Laribi (entrato) Lee e appunto Pazzini in campo ormai quasi al novantesimo. E’ lui che deve fare la differenza. E a Salerno è lui che non l’ha fatta.

 

ORO COLATO

Non serve un genio per dire che la partita vinta oggi contro lo Spezia è persino più importante del successo ottenuto a Crotone. Per un’infinità di motivi. Il primo è che il Verona non ha giocato bene. Ma è proprio quando non si è al massimo che la vittoria è molto più importante. E poi, francamente, lo Spezia è apparso avversario molto più ostico e ben allenato del Crotone ed anche per questo i tre punti sono oro colato.

Ora qualche considerazione in ordine sparso su quello che s’è visto: il Verona non è ancora una squadra. Ha ragione Grosso. Eppure vince. E quindi vuol dire che è molto forte per questa serie B. Ma per diventare fortissima e per superare quelle avversità che giustamente l’allenatore prevede per il futuro, c’è ancora tantissimo da lavorare. In secondo luogo: ci sono giocatori imprescindibili. Tra questi c’è Pazzini che pur non al massimo della forma ha permesso con un’invenzione tutta sua a Matos di segnare. Ed è proprio Matos la più bella notizia della serata. Mvp per distacco, ha segnato e ha fatto un assist decisivo. Forse siamo al (suo) anno zero. Vedremo se riuscirà a confermarsi e a diventare un giocatore da serie A. Gustafson molto indietro (Dawidowicz incomprensibilmente in panchina), mentre Zaccagni match winner che entra dalla panchina è un segnale. C’è qualità anche tra le riserve. Laribi, invece, avrebbe potuto partecipare come comparsa al film Ghost. Da uno come lui è lecito attendersi molto di più. Soprattutto di non astrarsi così dal match.

E’ la fuga giusta? Non pensiamolo neanche per un secondo. Il Verona deve vincere, vincere, vincere e mai guardarsi indietro né lasciarsi cullare da facili entusiasmi. Gli unici che possono far festa sono i tifosi. Sono gli unici che se lo meritano.

FINALMENTE

Era da più di un anno che non si vedeva una partita di calcio giocata così bene dal Verona. Sarà anche per questo che la vita stasera sembra più gialloblù del solito. Il Verona ha vinto e convinto. Crotone deludente? Sì, certo, ma lo diciamo stasera solo perché il Verona è stato (quasi) perfetto. Il Crotone è una candidata per salire in serie A e la squadra di Grosso gli è stata superiore pur senza Pazzini e Di Carmine. La freschezza di Tupta, che non ha trovato il gol che meritava un po’ per frenesia, un po’ per sfiga, ha conquistato tutti. Sarebbe stato bello vederlo all’opera anche nell’ultimo sciagurato campionato, forse avrebbe dato un po’ di senso a quella squadra scriteriata. Grosso pare abbia trovato un equilibrio tattico puntando sulla qualità che paga sempre. Ma non solo: ci sono un paio di gladiatori che in B fanno solo che bene e che tirano anche quattro scarpate. L’esame è stato superato a pieni voti, altri ne arriveranno ma l’importante ora è non perdersi perché come ha dimostrato anche la partita di Crotone, basta pochissimo per far tornare in gara gli avversari. Fatto passare il giusto entusiasmo per quello che abbiamo visto in campo a Crotone dico che questo è il minimo che ci aspettiamo dal Verona, da Grosso e da questa società. Riconquistata la serie A avranno solo fatto il loro dovere e sanato lo scempio compiuto. Ora sotto con lo Spezia e poi dopo Salerno faremo un primo bilancio.

TRE VOLTE PAZZINI

Il calcio è semplicissimo. Pazzini in serie B è un bomber che fa la differenza. Non farlo giocare è una bestemmia, la riprova si è avuta oggi quando Pazzini ha giocato (perchè Di Carmine era infortunato) e ha segnato tre gol. Può essere un problema Pazzini per il Verona? Neanche per sogno. E’ una risorsa, ma non quando sta in panchina, come qualcuno ha scritto nella scorse settimane. Non deve diventare una guerra di religione, ma semplicemente l’ovvietà per riportare il Verona in serie A. Pazzini non può essere nemmeno la riserva di Di Carmine. Se proprio va fatta una scelta tra i due (io non la farei), deve giocare lui.

Che Verona ho visto? Molto superiore ad un Carpi imbarazzante, ma ancora con tanti problemi ed equivoci. Ad esempio in difesa. Ricordiamoci che sul 2-0 il Carpi ha colpito un palo per con la nostra difesa dormiente che poteva anche riaprire il match. E poi abbiamo preso un altro gol in fotocopia a quello preso col Padova. Riportiamo i giocatori nel loro ruolo (Dawidowicz in difesa, Marrone a centrocampo), sistemiamo qualche equivoco, giochiamo con più cattiveria. Manca ancora un’anima, si spera che la vittoria aumenti l’autostima. Pazzini ha fatto il leader e la sua guida può essere utile per far crescere in velocità la squadra. E un leader, come mi disse un allenatore qualche anno fa, non lo può fare uno che va in panchina, ma solo chi lotta in campo.

In mezzo a tutto questo m’è piaciuto Laribi e come Grosso gli abbia ritagliato un ruolo nel posto giusto, dove viene valorizzato molto di più di quando viene sistemato interno a centrocampo. E poi Henderson, un talento che non va sprecato a cui va data continuità e che potrà regalarci grandi soddisfazioni.

C’è moltissimo da lavorare e da crescere e soprattutto si attendono avversari all’altezza per tracciare un giudizio . Dopo Crotone avremo qualche notizia in più su questa squadra.

IL MODULO (NON) E’ MOBILE

Il modulo è mobile dice Grosso. Come la donna. Cioè per l’attuale mister del Verona, come per quello (mister) dell’anno scorso, giocare a quattro in difesa è la stessa cosa che a tre. L’importante, dice, è lo spirito. La metafisica applicata al calcio.  Quale non si sa, tra l’altro,  visto il mezzo flop col Padova. Col Cosenza, dove non s’è giocato, Grosso ha già fatto una mezza rivoluzione. Cambiato il centrocampo e un pezzo d’attacco. L’unico punto fermo è rimasto Pazzini. In panchina. Il modulo non è la pietra filosofale, siamo d’accordo. Ma è la base di ogni buon progetto calcistico.

Ci sono distanze da rispettare, movimenti da effettuare, affiatamenti da trovare che richiedono lavoro e tempo. Le famose catene hanno necessità di tanto tempo e tanto lavoro per funzionare al meglio. Cambiarle ad ogni gara non porta a nessuna parte come il pubblico dell’Hellas ha potuto constatare.

Prendete Jorginho in nazionale. Come mai al Chelsea è un fenomeno e appena arriva in azzurro fa pena? Semplice: perché là c’è Sarri che ha cucito un vestito perfetto attorno al suo regista, abituato da mille allenamenti al millimetro, mentre in nazionale non c’è tempo per adattarlo, sempre che Mancini abbia le doti e la voglia di farlo. Jorginho con Benitez (vice Pecchia) giocava in un centrocampo a due. Venne svalutato al punto che il Napoli voleva rimandarlo indietro. Poi è arrivato Sarri e il Napoli ha rivenuto Jorginho a 60 (sessanta!) milioni. E poi dicono che i moduli non c’entrano.

Cambiare tanto, soprattutto all’inizio, non porta da nessuna parte. La struttura di una squadra ha bisogno di consolidamento e di pazienza. Vedere per esempio che Ragusa, dopo aver ciccato alla prima, a Cosenza era già in panchina mi ha fatto riflettere. Perchè una bocciatura del genere? Non si rischia di creare tanta confusione soprattutto all’inizio? Sono semplici domande a cui Grosso non dà risposta, svincolando come il suo predecessore con alcune frasi fatte.

 

MISERABILE TEATRINO

Che altro c’è da aggiungere che non sia stato detto? Quanta indignazione, vergogna, senso di schifo nei confronti di un movimento che non riesce neanche a organizzare una partita di calcio? Un movimento che fa parte di un paese dove crollano i ponti, sgretolato ormai alla ricerca di responsabili che non pagano mai.

Una tragedia e una partita di calcio che non si gioca sono due episodi lontanissimi, eppure fanno parte dello stesso genitore. L’Italia, quella che dovrebbe essere la nostra nazione, in cui tutti si indignano ma è sempre colpa degli altri. A Cosenza diranno ora che è colpa del Verona che non ha voluto giocare su un campo gibboso, dopo la solita passerella dei soliti politici locali che si vantavano pure per aver rizollato il campo a tempo di record, meno di 24 ore prima della partita. Non pagherà nessuno, statene sicuri, come sempre avviene in un rimpallo di responsabilità burocratiche che non conoscono vergogna.

Si parlerà al massimo fino a mercoledì di questo ennesimo miserabile teatrino e poi ce ne dimenticheremo bellamente, così come ci dimentichiamo dei senzatetto di un terremoto e dei morti di un ponte che crolla. Ha senso ancora guardare il calcio, esultare per la nostra squadra, quando tutto è minato dalle fondamenta, da gente incapace ad ogni livello che ha svenduto per trenta putridi denari la nostra passione e le nostre emozioni? Non serve Cristiano Ronaldo per ridare credibilità al nostro campionato, quello serve solo a vendere un prodotto invendibile, il fiocco rosa su un mucchio di merda.

Eppure torneremo ancora a tifare per il Verona, così come in molti, e lo dico con rispetto, sono tornati ad abbonarsi dopo lo schifo che ci ha propinato Setti nell’ultimo campionato. L’oblio in fondo si offre a tutti, ladri stupratori e assassini. Lo si può offrire anche a un presidente di calcio.

GROSSO DEVE GIA’ CAMBIARE

Gambe molli, poche idee, l’identità di squadra lontanissima e un abominio: Pazzini in campo per appena 8 minuti. In cui tra l’altro ha creato l’occasione più bella della partita. Non m’è piaciuto nulla della gara del Verona contro il modestissimo Padova, che ha però un carattere che qui sotto l’ala dell’Arena ci sogniamo.

Grosso ha creato alcuni evidenti equivoci con il suo gioco orizzontale. Matos e Ragusa, uomini di gamba a cui dare spazi e verticalità, così non servono a nulla. La lenta manovra con cui l’Hellas ha cercato di avvolgere il Padova ha ricordato il peggior Verona di Pecchia. Le squadre avversarie si abbassano, ti tolgono profondità, si posizionano e tu continui a spostare il pallone da una parte all’altra con fare masturbatorio.

Il centrocampo non ne ha presa una. Henderson troppo brutto per essere vero. Laribi deve toccare palloni per entrare nel vivo del gioco. Colombatto è cresciuto con Zaccagni. Il Verona è lontanissimo da essere quella squadra che ci faccia dimenticare il pessimo campionato scorso. Tranne un tiro di Laribi e la conclusione in girata di Pazzini ha tirato in porta solo su calcio piazzato. La difesa ha gli stessi identici vizi di quella pecchiana.

Ripeto fino allo sfinimento: Pazzini in panchina in serie B è una bestemmia. Otto minuti in questa categoria sono anche peggio di quello che s’era visto l’anno scorso con il Napoli. Pazzini è l’unico giocatore con carisma, deve giocare al fianco di Di Carmine. Smettiamola di dire che i due non possono coesistere. Sono entrambi intelligenti (vedere l’ultima azione per credere) e troveranno sicuramente il modo di giocare assieme. Saranno affari degli avversari marcarli.

L’unica dolcezza di questa amara domenica è pensare che siamo solo alla prima giornata. Ma chi guida questa squadra deve cambiare. In fretta.

FATECI TORNARE LA PASSIONE

Grosso la può raccontare finché vuole: ma sa benissimo che vale una sola cosa. Vincere. E’ l’unica missione che il pubblico di Verona gli chiede. La vergognosa retrocessione della scorsa stagione che fa il paio con quella di due anni fa, resta una macchia indelebile su questa società. Con una fretta che genera sospetti una parte della critica e anche di tifosi ha voluto mettere la polvere sotto il tappeto, nel tentativo di far dimenticare quanto è avvenuto. Ma qui non ce ne siamo scordati, come vorrebbe un proverbio napoletano. Fusco, scappato a Benevento almeno in facciata, aveva promesso una squadra da battaglia. Per tutta la stagione aveva rimpallato la questione: giudicateci alla fine. Setti aveva giurato che quel Verona avrebbe lottato fino all’ultima giornata perchè era esattamente come lui: uno che non molla mai. Di Pecchia non ne vorrei nemmeno parlare. E’ stato il consenziente parafulmine di quel disastro.

Bisogna partire da lì per spiegare cosa si vuole da questo Verona. Un Verona che non ha voltato pagina, che ha cambiato nella continuità dirigenziale. Barresi è ancora il direttore operativo. D’Amico è il figlio di Fusco, l’attore principale della vergognosa stagione. E con Grosso si ripercorre lo stesso schema che abbiamo visto con Pecchia. Con un ds “amico” di nome e di fatto,  fin quasi alla complicità e che dunque avrà molti problemi nel momento in cui (speriamo di no) dovessero essere prese strade diverse o si dovesse correggere la rotta.

La squadra però appare forte, soprattutto nella mediocrità della serie B. Con venti milioni di paracadute, è il minimo che ci si poteva aspettare. Ma una squadra non è un’accolita di buoni giocatori, lo sappiamo benissimo. Una squadra è spogliatoio, simbiosi con i propri tifosi, è identità di gioco. Tutto quello che il Verona di Grosso non è stato a Catania, prima incredibile battuta d’arresto di questa stagione. Sperando sia solo un infortunio di percorso. Ora si fa sul serio. Vincere deve essere la normalità. Una sconfitta un dramma. Dopo lo schifo fateci tornare un po’ di passione.

 

L’INUTILE ESERCIZIO DEL PAGELLONE POST MERCATO

Nulla è più inutile del pagellone post mercato. E’ un giochetto a cui non ci siamo sottratti in passato ma, sinceramente dopo una stagione come quella scorsa, in cui l’entusiasmo dei tifosi si è svuotato mentre parallelamente si gonfiavano le gonadi, ha lasciato un senso di profonda delusione e di un’assoluta mancanza di credibilità in questa società e nelle sue promesse.

Detto in breve: io non ci credo più. Sarà il campo a dirmi e a dirci che cos’è questo Verona. Di sicuro ci sono due dati: con 20 milioni di paracadute, questa campagna acquisti è il minimo che ci si potesse aspettare. Ho letto di “colpi”, una parola abusata e che, come spesso s’è visto, poi non corrisponde alla realtà del campo. E poi ho letto che Setti è tornato a spendere: un’altra balla colossale. Setti ha prima incassato vendendo tutto quello che era possibile vendere per costruire qualche plusvalenza e poi ha preso dei giocatori con varie formule: qualcuno in  prestito secco, qualcuno con l’obbligo di riscatto, qualcuno svincolato (e quindi senza esborso di denaro).

D’Amico non è riuscito a risolvere i casi più spinosi. Fossati ad esempio, il cui accantonamento francamente continua a rimanere un mistero. La mia idea è che Fossati abbia pagato i suoi rifiuti ad andarsene al mercato di gennaio e che la situazione sia ancora la stessa. A dimostrazione che D’Amico persegue gli stessi indirizzi che gli ha dato Fusco. E poi c’è Pazzini. Che non può essere un caso. Non in serie B, almeno. Pazzini in serie B, per definizione, deve essere considerato un titolare fisso e inamovibile come lo fu due anni fa. Sentire Grosso che ne parla come di un giocatore da trattare alla stregua degli altri mi fa salire la pelle d’oca. Ogni minuto che Pazzini passerà in panchina sarà una bestemmia. E poco importa che sia arrivato Di Carmine. Pazzini va fatto giocare sempre e comunque. Altrimenti è stata una follia tenerlo.

Adesso la parola al campo. Dove Fabio Grosso è chiamato a pilotare questa barca senza tentennamenti, mettendo da parte esperimenti ameni, con chiarezza di progetto e di ruoli. Una squadra che abbia un’anima e che riavvicini la gente vincendo tantissimo. Ed evitando fiaschi colossali come l’eliminazione dalla Coppa Italia contro la “corazzata” catanese.

LA CONFUSIONE DI GROSSO

Non eravamo fenomeni una settimana fa quando per molti il Verona era già in serie A, non siamo dei brocchi oggi dopo che il Catania ci ha eliminato. Ci sta in questo momento della stagione, altre formazioni anche di A sono andate in difficoltà.

La preoccupazione, però, è un’altra e porta direttamente al tecnico. Alcune scelte di ieri lasciano perplessi, molto, ed entrano nel campo degli esperimenti eccessivi. Non mi piace, intanto, e non mi piacerà mai la duttilità di ruoli e moduli. La specializzazione è fondamentale al pari della conoscenza che si acquisisce sul campo ripetendo e ripetendo i movimenti fino a farli diventare automatici.

Catapultare un giocatore a destra, a sinistra, al centro, in mezzo, in attacco, significa creare e creargli solo imbarazzo. Ci sono distanze, automatismi che si trovano solo con la specializzazione e la costante applicazione in una specifica zona del campo. Bagnoli la applicava negli anni ’80, senza usare paroloni. Un terzino deve fare il terzino e un’ala, l’ala. Punto. Marrone ieri è stato schierato centrale difensivo, Crescenzi che aveva sempre giocato a sinistra è stato spostato a destra, ad un certo punto del match, quando si perdeva 2-0, Ragusa è stato sostituito da Dawidowicz, mentre Pazzini languiva mestamente in panchina fino al 30′ del secondo tempo. Incomprensibile.

Aggiungiamoci il fatto che il Verona dal punto di vista fisico è apparso imbarazzante e il risultato è stato la logica conseguenza.

Tutta questa confusione è quella che ha seppellito Pecchia. Leggo che a Bari Grosso ha cambiato 21 formazioni in 22 partite. Speriamo che a Verona la musica sia diversa.