GHE LA FEMO?

Non è finita finché non è finita. E infatti non è finita. E stramaledetto sia il calcio che è il gioco più bello del mondo. E benedetto sia il Verona che ogni settimana ci riserva un’emozione diversa, spostandoci dalla depressione all’esaltazione in un battito di ciglia. E ora che diciamo? Che Pecchia e Fusco avevano ragione quando ci dicevano che non è finita finché non è finita e che la squinternata campagna di rafforzamento almeno ha avuto una logica mettendo centimetri e peso in una squadra che aveva l’illusione di poter fare il tiki taka senza Mascherano, Messi e Iniesta? Certo che lo diciamo perché questo dice ora il campo che resta un giudice, anzi il giudice supremo di ogni considerazione nello sport in genere e nel calcio in particolare. Spesso invece si assiste ad una guerra per bande in cui ci si azzuffa per partito preso in base ad antipatie e/o simpatie che non tengono mai presente che l’unica cosa che vale dovrebbe essere il Verona Hellas. Ora però è il momento di stare al  fianco di questa anomala armata guidata da Brancaleone Pecchia, che come ogni visionario ha sfiorato fino a toccarlo il ridicolo e ora si prende una giusta rivincita. Ma tutto, è bene ricordarlo, prenderà un senso solo nel momento in cui il Verona si salverà, cancellando con quella impresa alcune delle pagine più umilianti che squadra veronese ha purtroppo scritto in questo campionato. E allora potremmo essere riconoscenti a Filippo Fusco e Fabio Pecchia, due che magari si ritaglieranno un posticino nella storia del Verona. Intanto gioiamo per questo derby che parallelamente getta il Chievo nella bagarre e nella depressione in piena lotta salvezza. Campedelli imiterà Setti nel confermare Maran o darà una scossa ad una squadra che sta precipitando inesorabilmente verso la retrocessione?

TUTTE STORIE (BELLE)

C’è il Verona che trascina il pubblico. Finalmente. E Calvano, fuori rosa, quasi fuori dal calcio che dice: “Capisco chi non credeva in me”. E poi c’è Mattia Valoti che diventa uno splendido airone. E c’è il Verona che torna a due punti dal Crotone (in realtà sono tre…) che perde contro la Spal. E c’è un finale tutto da scrivere che potrebbe diventare bellissimo dopo che abbiamo vissuto la rassegnazione. E c’è stata una settimana in cui Setti ha accusato (ancora) Sogliano e Sogliano che non aveva mai parlato che ha risposto con una lettera dettagliata.

Essere tifoso del Verona è una delle esperienze più incredibili che la vita ti concede. Non ci potrà mai essere normalità né banalità. Un eterno ottovolante che ci divora l’anima, facendoci passare dall’infinita tristezza all’entusiamo più incredibile, in cui tante storie orribili si intrecciano poi con tante storie belle come quelle di oggi. A Setti che mi diceva che il Verona non è una public company ho detto che nessuna azienda privata muove tanto sentimento come il Verona. Di certo non lo farà mai la sua (bella) azienda di moda. Il Verona è una cosa diversa che ti prende sotto la pelle e diventa sangue e si trasforma in passione. E’ un sorriso e una litigata, è poi un abbraccio quando Valoti segna e quando Nicolas si butta per terra dopo una parata banale.

Ho stimato Sogliano e mi piaceva quello che aveva costruito con Setti. Quei due favolosi anni in serie A, più la promozione, sono la credibilità che ha legittimato Setti a Verona. L’inizio di un progetto che poteva essere corretto, ma secondo me mai distrutto. Sogliano e Mandorlini che qualcuno voleva in concorrenza, in realtà erano una “strana-coppia” che funzionava benissimo. E abbiamo visto calcio fantastico e campioni che ora ci sembrano lontanissimi. Ma che in realtà sono ancora vicini a noi. Sarà un caso, ma Mattia Valoti e Simone Calvano, a Verona li ha portati proprio Sogliano. Il resto, chiacchiere che il vento gelato si porterà via. Così come si porterà via Pecchia e Fusco e un giorno Setti che venderà appena troverà un acquirente all’altezza. Perché solo il Verona resta. E in molti se ne dimenticano…

NON CI RESTA CHE PIANGERE

Ahinoi. Dopo la settimana delle chiacchiere è arrivato il lunedì della partita. E ogni considerazione, ogni tentativo di poter ancora credere in un miracolo sportivo si è infranto sull’altare di una gara indecente. Il Verona è poca cosa, Pecchia è ingarbugliato tra la pochezza della sua rosa e l’astrusità delle sue scelte, Setti è preoccupato per il bilancio che viene prima di tutto, anche della dignità sportiva. Poteva finire 8-0, è finita solo 2-0.

Siamo ancora lì, crediamoci, la strada è quella giusta. E via discorrendo. Ma senza i punti non ti salvi e non ti salvi senza una squadra dignitosa. Comunque la si prenda questa vicenda, siamo al cospetto di una squadra scarsa, terribilmente scarsa, indebolita ulteriormente dopo il mercato di gennaio che invece di creare un minimo di entusiasmo ha portato solo rassegnazione. Una squadra scarsa figlia di errori tecnici del passato, ma anche di un’incapacità di analizzare il campionato di serie A, al netto di zero investimenti e con un’unico obiettivo: fare disperatamente plusvalenze.

L’entusiasmo si crea con partite epiche, con grinta, con le vittorie. Non basta una lettera ai tifosi. Non si può chiedere ai tifosi di metterci scintilla e benzina per appiccare il fuoco dell’entusiasmo. La scintilla può arrivare dagli spalti, il combustibile deve arrivare dal campo. E chi era all’Olimpico stasera, gente che non è schierata nè con Pecchia, nè contro di Pecchia, gente che ha cuore solo il Verona si è sentito offeso e preso in giro. Ed è qui che si crea la distanza tra questa squadra e l’ambiente. Purtroppo.

Nulla è ancora deciso ma francamente per salvarci serve un’impresa sportiva che questa squadra non sembra in grado di compiere. Mancano tredici partite, bisogna fare 18/19 punti almeno, più di quelli racimolati fino ad oggi. Bisogna vincere almeno sei gare e pareggiarne un paio. Ma dove? Con chi? E giocando come contro la Lazio o la Sampdoria o la Roma? E’ francamente durissima perché alle parole non seguono i fatti, perché non si intravvede un appiglio, perché stiamo ancora parlando della gestione Sogliano, quando, paradossalmente abbiamo fatto tre campionati meravigliosi, spendendo molto sì, ma incassando pure fior di plusvalenze, quelle dimenticate, e non parliamo dello sciagurato campionato in cui siamo arrivati ultimi creando la corrosa situazione di oggi.

Prima il bilancio, poi il risultato sportivo. Certo: se la vediamo così allora la situazione ideale è paradossalmente  la terza categoria. Mantieni il Verona in vita e non ti costa niente.

 

UNO STUDIO TELEVISIVO NON E’ UNA GOGNA

Certo: c’era chi si aspettava lancio di pomodori, insulti. Forse anche un’esecuzione con esposizione finale della testa grondante sangue dopo che un’affilata ghigliottina aveva svolto il proprio lavoro. Per questo popolo desideroso di tornare al medioevo e al post rivoluzione francese sicuramente è stata una delusione.

Per chi invece si vuole fare un’opinione, chi vuole capire, chi non si accontenta dei main-stream, dei pensieri dominanti, di chi ama la libera espressione, la serata con Fabio Pecchia è stata un’opportunità. Ognuno oggi avrà il suo giudizio, magari cambiato, magari rimasto uguale. Ma almeno, ora, qualcosa di più s’è capito. Ed è questo, al di là di tutto la funzione di una televisione, di un mezzo informativo.

Ospitare idee diverse, esprimerle, esprimere il parere del pubblico. Cambia qualcosa? Secondo me sì. Nel senso che al di là del professionista si è capito che Pecchia è anche un uomo, un ragazzo, una persona con i propri dubbi e le proprie certezze. Uno che accetta il dialogo, che ribatte puntigliosamente, che a volte si aggrappa sugli specchi ma che ha anche la dote (rara) di dire ho sbagliato. Non era facile venire a rispondere in una trasmissione pubblica come ha fatto Pecchia ieri sera. Personalmente, se serve la mia opinione, credo sia stato sfuggente su alcuni argomenti tecnico tattici, molto diretto su altri. Passerà come tanti altri tecnici a Verona. Lo farà comunque a testa alta.

PRIMA IL BILANCIO

Poi arriva la gara con la Sampdoria che certifica che le parole non servono se non ci sono i fatti. Pecchia, che nel frattempo è tornato a parlare, sabato diceva che la squadra non è mai stata aiutata. E un po’ è vero se penso ai fischi prevenuti mentre si era ai primi posti in classifica. Ma mi chiedo poi cosa ha fatto questa squadra per essere aiutata? Vince con il Milan e poi fa un disastro a Udine. Crolla con il Crotone in maniera scandalosa e non certo per l’ambiente. Poi vince a Firenze ma ricade in casa con la Roma e poi viene presa a pallate dalla Sampdoria. Come si fa, se non per incredibile atto di fede, a crederci ancora?

Ma questo è il nostro Verona, Il Verona di tutti noi, non di Setti, di Fusco e di Pecchia. E neanche di Mandorlini, Toni o Pazzini. Non lo era di Malesani e di Prandelli prima. Non lo è stato e non lo deve mai essere. E’ il Verona e basta, un concetto che personalmente non abiurerò mai. Ho tifato Verona quando a guidarlo c’era Pastorello, quando è arrivato Cannella, quando Arvedi stava per vendere ad un finto monsignore. Ho tifato Verona a Busto Arsizio e quando al Bentegodi ha segnato Bocalon con il Portogruaro. Ho stratifato Verona quando Martinelli aveva dato il via ad un’improbabile fusione con il Chievo e continuerò a tifarlo, mi siano simpartici o antipatici i personaggi che lo compongono e gestiscono.

Il Verona e non i dirigenti, gli allenatori, i giocatori. E così farò anche stavolta, se non altro per togliere a questi signori l’unico alibi possibile e cioè che la colpa sia dell’ambiente.

LETTERA APERTA A SETTI

Caro presidente Setti,

o meglio, caro Maurizio. Voglio confessarti un mio segreto. Si magari non te ne frega niente e forse non fregherà niente a nessuno, ma vedrai che quello che ti racconto alla fine ti servirà.

Io ho un sogno. Un grande sogno che vorrei realizzare. Una cosa che non mi fa dormire la notte, una cosa che desidero ad ogni costo. Vorrei comprarmi una Ferrari. Sì, caro presidente. Proprio una Ferrari. Mi piace da matti, forse per il fatto di aver passato i 50 anni, forse per la classica crisi di mezza età. Mettila come vuoi tu. Ma io sogno, desidero, voglio fortemente una Ferrari. E ci penso tutte le notti. Mi vedo sfrecciare in tangenziale con quella macchina, penso a farmi da Verona a Carpi con il cavallino rampante, magari potrei venire anche a trovarti in azienda, così mi offri un tramezzino e un’acqua minerale. Penso anche all’emozione di vederti fumare mezzo sigaro e più ci penso più mi viene voglia di prendermela questa Ferrari.

Ho fatto anche due conti: alla fine se faccio un bel mutuo, se tiro via dalla banca due risparmi e se il mio amico Gabriele da Sant’Ambrogio di Valpolicella (che qui dalle mie parti chiamano lo sceicco dell’Amarone) ce la faccio. Che figata. E’ il mio sogno, te lo ripeto. Ma stanotte, mentre dormivo, mi sono improvvisamente svegliato e mi sono chiesto: porca vacca, la Ferrari ce la faccio a prendermela ma poi quanto mi costa? Sono andato su Internet e ho cercato. Sai su internet adesso si trova tutto e si può perfino scrivere a Trump (ti ho dato magari un’idea…).

Bollo, assicurazione, benzina. Non ti sto a dire quanto costa mantenere la Ferrari. E poi ho pensato che dovrei ogni mese pagare le rate del mutuo e restituire i soldi al Gabriele che non è uno che passa tanto per il sottile e poi tutti i giorni me lo ritrovo sotto casa a rompermi i maroni per chiedermi di ritorno quello che mi ha prestato per pura amicizia. No, no, no. Non ci siamo. Il rischio è di avere la Ferrari, ma poi di non riuscire neanche a pagarmi la benzina per venire a Carpi a trovarti. Come si fa? Non è roba per me, almeno finchè campo con lo stipendio da giornalista. Meglio lasciar fare a chi ha i soldi, perchè, sarai d’accordo con me, è inutile avere una Ferrari per poi lasciarla in garage perchè non si hanno neanche i soldi per farci il pieno, magari con qualche creditore che ti suona il campanello. Resterà un sogno, ma almeno così non s’incazza nessuno. Scusa se ti ho disturbato, non so se questa mia confessione ti potrà servire, intanto prepara lo stesso tramezzini e acqua minerale. Vengo a trovarti ma con il mio Maggiolone che è quello che posso permettermi.

EPURAZIONE POST MERCATO

Mai si era vista un’epurazione post mercato. Eppure è successo anche questo. Fuori Verde, Heaurtaux, Felicioli e Fossati, tutti per scelta tecnica. Una scelta scellerata. Nessuno ci dirà mai se con qualcuno di questi uomini il Verona avrebbe pareggiato con la Roma. Ma di sicuro avrebbe avuto più possibilità di riuscirci.

E’ evidente che dentro quello spogliatoio volavano missili ad altezza uomo (altrochè “tutti uniti, andate in pace…”), ma far scoppiare un caso del genere a mercato chiuso è una delle più sciagurate decisioni mai prese.

Nel frattempo è arrivata un’altra sconfitta, neppure la peggiore, ma questo acuisce il dolore. Il Verona non vince con il Crotone e non vince neanche contro la Roma.

E nel frattempo da Levante, Giampaolo Pazzini segna un gol storico al Real Madrid che lo consegna alla storia di quella società mentre qui era un orpello inutile. Scelta tecnica anche quella.

TUTTO CHIARO

E’ tutto chiaro, fino alla nausea. Setti non ha più un euro da investire nel Verona, l’unica preoccupazione è contenere i costi e pagare i debiti. La campagna di indebolimento di gennaio non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Il tagliatore di teste Fusco ha lavorato come quei manager che entrano in certe aziende per salvarle dalla bancarotta e ricollocarle sul mercato. Non c’è nessun progetto tecnico. Ma solo il disperato tentativo di tenere in piedi la baracca.

Comunque andrà, sarà un successo. Se in queste condizioni il Verona dovesse salvarsi, Setti avrà centrato la schedina del Superenalotto. Se non ce la farà, ci sarà comunque il ricco e abbondante paracadute ad allietare i pensieri del presidente che a quel punto si troverà una squadra dal costo basso in serie B e 25 milioni di buoni motivi per sorridere.

Questa è la dura e amara verità che dopo cinque anni ha svelato l’inconsistenza economica di Setti. E’ altresì evidente, anche qui fino alla nausea, che Setti aveva nella prima parte della sua avventura a Verona altri finanziatori, nella fattispecie quel Gabriele Volpi con cui ora dovrà, volente o nolente, fare i conti. Ed è su quel Setti, quello che aveva al fianco “l’uomo bianco più ricco della Nigeria”, che il povero Giovanni Martinelli aveva dato garanzie al momento della vendita. Non credo che oggi farebbe altrettanto per questo.

Tutto il resto, è noia, credetemi. Il dibattito su Pecchia, Fusco, Barresi… Non serve a nulla. Sono solo pedine su una scacchiera, possiamo solo annotare che in nessuno di questi personaggi esiste un minimo di rigurgito di verità, tutti pronti ad accettare la sbobba che passa il convento. Li possiamo capire, tutti teniamo famiglia, ma basterebbero schiena diritta e onestà per finirla di raccontare bluff alla gente.

Ecco, un ultimo consiglio. Evitate di spiegarci questo mercato con la solita noiosissima conferenza stampa. Non c’è nulla da spiegare. Da parte nostra, continueremo comunque a tifare per questa squadra, per questo manipolo di prestiti che tenteranno di portarci ad una miracolosa salvezza. Nonostante Setti ce la stia mettendo tutta per farci disamorare.

DOVE STA LA VERITA’?

Chi ci capisce qualcosa è bravo. Mi rendo conto che il compito di un giornalista è di spiegare, ma sono in difficoltà. Non so cosa sia successo da quell’orrenda partita con il Crotone a quella di Firenze. Ma posso presumerlo, facendo appello anche a quello che ho visto in tanti anni di calcio.

Innanzitutto il Verona di Firenze è figlio di scelte “estreme”, molto rischiose ma che hanno almeno portato un po’ di chiarezza. Scelte forti, opinabili, di quelle da “o si vince o si muore”. Ma scelte che hanno sgombrato il campo da tanti troppi equivoci. Il mal di pancia di Bessa, l’imbarazzante posizione di Pazzini erano due situazioni che hanno creato un malcontento generale dello spogliatoio che in un modo o nell’altro si è poi ripercosso sul terreno di gioco.

Poi c’è il fattore tecnico: Fusco e Pecchia hanno effettuato una netta inversione di tendenza rispetto all’idea di un tiki-taka tutto tecnica e fantasia di inizio stagione. Preso atto che il Verona non è una squadra che può dotarsi di giocatori tecnicamente superiori agli altri, sono arrivati atleti forti fisicamente. Vukovic ha portato centimetri ed esperienza, Matos solidità e tecnica, Petkovic muscoli e senso tattico. Non sono acquisti eccelsi, ma sono utili.

Aggiungiamoci poi che per la seconda volta in questo campionato, la squadra ha giocato anche per il proprio allenatore. Messa alle strette, si è unita. Era successo a Sassuolo, è successo a Firenze. E’ facile notare che il ritiro ha fatto bene. Non tanto per il fatto di stare insieme, ma perchè si è lavorato di più. Semplicemente. Più allenamenti uguale migliore cura dei particolari, più concentrazione, in sostanza una gara finalmente preparata meglio.

E’ cambiato tutto? Nemmeno un po’. Pecchia ha semplicemente salvato la panchina, ma il Verona è sempre penultimo e il campionato ampiamente deficitario. Non è questa vittoria che può dirci che sia scoppiata la primavera. Semplicemente ha, in parte, rimediato all’indegna gara interna con il Crotone. Ma ora serve continuità. Prima di tutto nelle prestazioni e poi nei risultati. Solo così si può pensare di salvarsi.

Il finale di calciomercato potrebbe infine cambiare faccia al torneo del Verona. Con un paio di mosse azzeccate (penso a Luca Rigoni e a una punta di grande spessore al posto di Pazzini) tutto sarebbe più semplice. Persino acciuffare una salvezza con Pecchia in panchina.

SETTI SFIDA VERONA

Prima di tutto è una sfida alla logica e al buon senso. Se dopo una gara come questa non tenti nemmeno la carta disperata dell’esonero del tecnico significa che non hai voglia di salvarti. E Setti, diciamocelo francamente, ha venticinque milioni di buoni motivi per andare in serie B. E poi è una sfida aperta alla città intera. Che ieri ha assistito impotente e attonita all’ultima farsesca sconfitta che era stata preceduta dall’ultima farsesca dichiarazione del presidente proprio alla vigilia del match contro il Crotone: “Bisogna essere positivi”. “Concordo” ha detto qualcuno della claque che accompagna Setti in queste penose celebrazioni.

Come se la colpa fosse sempre degli altri. Colpa degli infortuni (ricordate due anni fa?), della pioggia, dei giornalisti cattivi, dei tifosi. Colpa di tutti, mai della propria incapacità. Tre anni fa il Verona era un modello di organizzazione. Setti ha spazzato via tutto, si è legato alle mele marce e da allora non ne azzecca più una. Due anni fa, isolatamente denunciavo tutto questo, denunciavo ironicamente il silenzio dei tifosi mentre avveniva la catastrofe, venendo al solito attaccato. Qualche cretino che resiste ancora, in mezzo ad una marea di grandi tifosi e amici che mi hanno sempre dato il loro appoggio contando sulla mia infinita libertà di pensiero e indipendenza.

Una serie di errori infinita, di cui questo non sarà l’ultimo capitolo. Setti non ama Verona, non l’ha mai amata. E’ venuto con la spocchia di sprovincializzarci, ha calpestato persino la storia della società, ignorandola. Ha cambiato i colori, ha parlato di modelli che non poteva mantenere. Ora, forse accecato dalla presunzione, prende una strada precisa per dimostrare al mondo di avere ragione. E’ lui e non Pecchia il responsabile, mi dispiace e chi non vuole capire questo messaggio è in evidente malafede.

Pecchia (e con lui Fusco) sono una conseguenza di queste scelte, tutte sbagliate. Setti sfida Verona tenendo Pecchia, ma perderà anche questa partita. Il problema è che la perderemo tutti noi che assistiamo impotenti a questo teatro che ha già nel suo dna tutti i geni che portano ad una veloce disfatta.

Ma poi, amici miei,  è al nostro interno che dobbiamo interrogarci: è Verona che si deve chiedere cosa fare dell’Hellas Verona. Il nodo è tutto lì. Finché lasceremo la nostra amata Scala nelle mani di modenesi, carpigiani, vicentini non potremo mai essere pienamente a posto con la nostra coscienza.