MACERIE

Questo campionato non lascerà i conti a posto. Lascerà macerie. Come un terremoto. Solo che i terremoti sono eventi imprevisti mentre la retrocessione che sarà è un evento ben programmato. Fin dal momento in cui Setti ha elaborato il suo teorema. Prima i bilanci, poi il risultato sportivo. In quell’esatto momento il Verona è finito.

L’aridità di quelle parole, l’incapacità di fare calcio, di investire, la cruda verità che è emersa dalle parole del presidente hanno spento la luce. E reso paradossalmente tutto chiaro. Con Setti non c’è possibile di investire, quindi il Verona sarà condannato sempre alla mediocrità. E’ evidente che il Verona dei primi tre anni era il frutto di altri investitori e altre disponibilità. Finito Volpi, finito il Verona, gridava un tifoso esacerbato a Setti. Nella sua estrema sintesi, la spiegazione di tutto ciò a cui abbiamo assistito.

Ora restano macerie. Sottoforma di delusione, di disaffezione, di stanchezza generale. Dopo la vergognosa retrocessione di due anni fa costellata di errori ed alibi, questa è ancora più grave. Allora almeno c’erano dei giocatori, qui c’è solo da fare tabula rasa. Andremo incontro a delusioni ancora più gravi se la società penserà di poter ricostruire su qualcuno di questi giocatori. Quello che c’è da fare è un piano serio di ricostruzione che parta da un direttore sportivo qualificato e onesto, un allenatore di spessore, e investimenti onerosi.

La squadra prima di tutto. Altroché. Il resto (nuovo stadio compreso, caro sindaco) sono solo cazzate.

 

RICOSTRUIRE

Addio serie A. Solo la matematica tiene ancora aperte le speranze. Non il Verona di Setti. Perché questo è il Verona di Setti, prima che di Fusco e prima di Pecchia. Poi, certo, vengono loro due che hanno accettato e avallato ogni scellerata scelta dirigenziale. Ma questo è il Verona di Setti, non dimentichiamocelo. Uno dei più brutti Verona che abbiamo mai visto, un Verona che ci sta facendo disamorare (ma non succederà, statene certi, nonostante i vostri sforzi) e che non ha ancora toccato il fondo.

La sconfitta con il Sassuolo è un’altra pietra tombale su questo campionato. L’ennesima. Dopo Crotone, dopo Benevento, dopo Bologna. Si chiude una delle peggiori pagine della storia gialloblù. Una retrocessione figlia degli errori del passato e dell’inconsistenza economica del suo presidente.

Compito di un’azienda è produrre qualcosa. Chi fa i tortellini cerca di fare dei buoni tortellini. Chi fa i pandori deve cercare di fare buoni pandori. Chi fa calcio deve produrre risultato sportivo.

Certo, se sei la Juventus e hai un alto fatturato devi vincere lo scudetto. Se sei il Verona devi cercare di salvarti e devi farlo in maniera onorevole. Come fa l’Atalanta, ad esempio.

Setti da due anni (gli ultimi due di serie A) è stato altamente incapace di raggiungere questo risultato. Non è all’altezza di una piazza come la nostra. Sarebbe utile che ne prendesse coscienza e con un atto di onestà si facesse da parte.

Cosa vuol dire questo? Vuol dire per esempio dare una valutazione congrua al Verona. Sparare “70 milioni” significa dire che il Verona, Setti non lo venderà mai. Nessuna persona sana di mente, neanche l’imprenditore più innamorato dell’Hellas potrebbe mai iniziare una trattativa a queste cifre in una società con un patrimonio azzerato come questo Verona, senza un centro sportivo, senza nessun asset, se non il marchio che tra l’altro non appartiene più alla società ma è stato ceduto per far quadrare i conti ad un’altra società collegata.

L’aggravante di Setti è stata l’incapacità di gestire la più alta quota di denaro garantito che il sistema abbia mai dato ad un presidente del Verona. Una montagna di denaro che doveva essere sufficiente a garantire un futuro solido in serie A per tanti anni, come nessuno ha mai avuto. Nè il povero Giovanni Martinelli, nè prima Arvedi, nè tantomento Pastorello che quando andò in serie B non prese una lira.

Senza contare che Setti non ha mai (dico mai) “sacrificato” un giocatore per far godere la piazza. Ha sempre ceduto tutti quelli che avevano un minimo di mercato e fornivano una minima plusvalenza, da Jorginho, sacrificato addirittura a gennaio e venduto non al miglior offerente ma al Napoli che lo svalutò inizialmente, agli ultimi.

Ora non so se domani ci sarà qualcuno disposto a iniziare una trattativa per l’acquisto del Verona. E’ probabile che tutti si tengano alla larga, soprattutto in presenza delle sparate di cui sopra. E quindi toccherà a Setti iniziare la ricostruzione del Verona. Una ricostruzione seria, che preveda investimenti veri, che preveda un direttore sportivo all’altezza, che consegni a questa città un allenatore che sappia accendere l’entusiasmo e giocatori che ci facciano dimenticare lo schifo di questo mercoledì 18 aprile 2018. Non sono sicuro che accadrà.

INSANABILE FRATTURA

Solo una serie di eroiche partite avrebbe potuto rinsaldare il legame tra questo Verona e l’ambiente.

Niente di tutto ciò sta avvenendo. Il Verona, oltre a incredibili limiti tecnici e tattici,  denuncia una mancanza di carattere che è frutto della condotta societaria. Nell’ennesima esternazione post Benevento, Setti prometteva battaglia ovunque. Puntualmente e con buona dose di culo, il Verona ha salvato la panchina a Pecchia vincendo contro un Cagliari allo sbando. Poi ha perso di nuovo a Bologna. Con la solita partita orribile, tutti-indietro-speriamo-che-qualcosa-succeda-davanti e sempre più sparato sta dirigendosi verso la logica retrocessione con paracadute.

Ma le conseguenze di una stagione del genere sono incalcolabili. Mai il Verona e una dirigenza sono stati così lontani dalla gente. Ma quel che è peggio, mai un Verona è stato tanto indifferente alla gente. Molti tifosi si sono stufati. Senza la possibilità di sognare, con la logica mera dei numeri, dei bilanci, il calcio è finito. Setti ha mandato un messaggio pericolosissimo che creerà disaffezione e lontanza. Macerie che poi sarà difficilissimo ricostruire. Dopo gli anni durissimi di Pastorello, in cui però orgoglio e testimonianza permisero al Verona di attraversare il lungo deserto della Lega Pro, adesso resta solo il menefreghismo. Pastorello però, al contrario dei presuntuosi dirigenti attuali, accettava le critiche, anche le più dure e mai si è sognato di togliere gli accrediti ai giornalisti o di querelare qualcuno anche in presenza di critiche ben più dure e feroci di quelle riservate a Setti. Un fair-play che va riconosciuto al vecchio presidente che in quanto a conoscenza calcistica si metteva Setti e i suoi seguaci in un taschino. E lo diciamo noi che a Pastorello non abbiamo mai risparmiato niente.

Dura anche richiamare adesso a raccolta il popolo: dire ora “state con noi”, “aiutateci”, dopo che per anni l’opinione della gente è stata sbeffeggiata, è un’operazione di maquillage inutile. L’antipatia epidermica di Setti ha colpito e ha esondato in ogni settore della società. Non c’è traccia di progetto, persino quello dei giovani è andato a farsi benedire con la Primavera che sta retrocedendo. Una deriva che per ora non conosce fine e che difficilmente si potrà fermare.

NON VI CREDIAMO PIU’

Perché dovremo credere ancora a questa squadra? Pensate forse di aver lavato l’onta di quella indegna gara di Benevento con lo striminzito rigoretto dato dal Var? No cari signori. Non ci siamo. Troppe volte ci avete fregati, troppe volte ci avete rubato la nostra fede, troppe volte vi abbiamo concesso fiducia. Avete vinto contro il Cagliari semplicemente perchè il Cagliari è una squadra anche peggio di voi, svuotata e spenta, sebbene con qualche nome in più.

Benevento resta una ferita aperta e smettetela anche di essere permalosi. Dobbiamo sopportare ogni domenica le vostre triste gesta, le vostre partite senza capo né coda, la vostra mancanza di una minima idealità, la vostra pochezza tecnica. Questa è la vera sofferenza. Non la vostra che ve ne state in ritiro nell’eremo di Peschiera, ben protetti nei vostri segreti da vigilantes, blindati negli allenamenti a porte chiuse come se qualcuno potesse carpire i vostri schemi alla Harry Potter.

Non vi crediamo più perché ci avete sempre raccontato un sacco di balle, perché avete perso la vostra credibilità, perché siamo stufi. Si, stufi di essere presi in giro.

DIMISSIONI

Nessuno dà le dimissioni in Italia. Fusco le ha date. Ma sono dimissioni vere o sono il tentativo estremo di dare una scossa alla squadra e salvare ancora la panchina di Pecchia?

Il Verona a Benevento è arrivato al capolinea. Fine. The end. E game over. E scusate se avevo parlato di evitare la rassegnazione nell’ultimo blog. Non avevo fatto i conti con quella che è una delle peggiori squadre che abbiamo mai visto a Verona. I nodi, alla fine, vengono al pettine e pur materia stranissima il calcio non perdona.

Setti è un presidente senza soldi, senza capacità d’investire e per quello che abbiamo visto nei due anni di serie A, inadeguato per questa città. Si tenga presente che nessun presidente della storia ha potuto godere di proventi garantiti come è successo a lui. Il mimino era allestire squadre decenti. Invece per la seconda volta in tre anni il Verona sta naufragando in modo disastroso, togliendo e rubando la passione ai veronesi.

Mai una società e una squadra sono state così distanti dalla gente. Lo schifo ha lasciato il posto alla disaffezione che è il peggiore dei sentimenti.

Le dimissioni di Fusco arrivano comunque tardi. E il sospetto che sia l’ennesimo teatrino è forte. Fusco, come Socrate, ha preferito bere la cicuta piuttosto di prendersi l’unica responsabilità che avrebbe dato forse una speranza di salvezza. Esonerare Pecchia, il quale non è l’unico colpevole, ma è certamente è un colpevole. Si riveda l’allenatore la gara di oggi di Benevento. Con calma. E si chieda se lui può ancora essere l’allenatore di quella squadra che sembra non sopportarlo più.

Ora l’unica cosa vera e sensata che deve fare il presidente è costruire il futuro. In pochi anni ha cambiato più dirigenti che vestiti, non ha dato stabilità, non c’è un progetto a lungo termine che sia stato portato avanti.

La sbandierata Primavera che aveva sfornato i Donsah e i Fares rischia  di retrocedere, uomini che amavano il Verona e che portavano risultati sono stati allontanati inspiegabilmente. Parlare di progetto è ridicolo, come è ridicolo parlare di bilanci senza risultato sportivo.

Il Verona ha bisogno di investimenti. Forti. Ma soprattutto ha bisogno di un presidente che faccia un enorme bagno di umiltà per riabbracciare la sua gente. Sempre che non sia troppo tardi.

VIETATO RASSEGNARSI

Il Verona non fa niente, ma proprio niente, per aiutarci a credere. Dopo 37 secondi esce di scena a San Siro e la partita finisce lì. Non sono queste le gare da vincere, ci mancherebbe. Basterebbe provare almeno a pareggiarle. Prendere un gol da out è raccapricciante, ti viene voglia di mandarli tutti a quel paese e di dedicarti ad altre passioni.

Ora, questa squadra, purtroppo, ha dei limiti che sono ostacoli insormontabili quando vai a giocare contro queste squadre. Non c’è niente da fare. Illudersi è come credere che esistano i puffi. Eppure mi rifiuto di rassegnarmi. Finchè questo campionato di livello bassissimo ci offrirà un minimo di speranza è giusto alimentarla.

Non è finita finché non è finita dicevamo qualche settimana fa. E non è finita. Crotone, Spal, Sassuolo, Chievo, ci siamo tutti dentro. Il Verona non è meglio né peggio di queste concorrenti, dire adesso che siamo già in B sarebbe un errore madornale.

A Benevento ci giochiamo tantissimo. Non tutto ma tantissimo. Aspettiamo che l’Hellas ci mandi un segnale per non frantumare l’ultima cosa che ci rimane. La fede.

TUTTI ZITTI

Più o meno deve essere andata così. Setti compra il Verona che costa molto meno del Bologna e lo fa con l’aiuto dell’amico Volpi. Setti sceglie Sogliano che in quel momento è il più rampante ds giovane d’Italia. Con Volpi allestisce una strategia. Non c’è solo il Verona ma anche il Rjieka e lo Spezia. Pensano persino di acquistare una società in Spagna, e un mezzo pensiero di prenderne una in Inghilterra lo hanno fatto. Setti fa lo sborone. Si stente stra-coperto dai soldi e dalla potenza finanziaria di Volpi, spende e spande. Sogliano ha il compito di cercare talenti e lo fa egregiamente sbagliando qualche colpo come è nella logica del calcio. Setti vola altissimo. Non gliene frega un cazzo della città, degli imprenditori locali e i tifosi sono perfetti solo come clienti a cui vendere orribili magliette Nike con i colori sbagliati. Parla di internazionalizzazione del brand perchè l’obiettivo è un trading di calciatori mondiale. Il Verona conosce un periodo di vacche grasse come da tempo non si vedeva. Poi ad un certo punto Volpi (e qui non si capisce cosa sia successo) si allontana da Setti. Le parole o gli accordi verbali li porta il vento, Volpi nel Verona non c’è mai entrato, il suo era solo un appoggio strategico. Al massimo il contatto è un prestito obbligazionario in cui l’Hellas Verona, comunque pare non centrare anche se l’Espresso (mai smentito) dice che quei soldi servivano proprio a finanziare la societa scaligera.

E Setti si caga addosso. Resta da solo con il cerino in mano e con i conti fuori controllo. Dietrofront. Sogliano paga gli anni di vacche grasse, non è più l’architrave del progetto, nel frattempo Gardini porta Bigon e i due inchiodano ancora di più la società con l’aggravante della retrocessione.

Setti procede a colpi di paracadute e diritti televisivi, finanziariamente è tenuto a galla solo da questo, e meno male. Il Verona subisce una pesantissima cura da parte del “dottor” Fusco il quale cerca di salvare capra e cavoli. Da una parte il bilancio e dall’altra il risultato sportivo. Tornando in serie A, Fusco centra l’obiettivo e Setti gli affida totalmente la guida dell’auto Hellas Verona. Fusco si arrabatta come può, invoca coerentemente il modello Crotone sapendo in anticipo a che razza di sofferenza sarà condannata la squadra che sta per allestire.

Il Verona ora costa così poco che anche una eventuale serie B non è più uno spauracchio, anche e soprattutto per il fatto che c’è sempre un paracadute da 25 milioni di euro. E’ ovvio, però, che restare in serie A con una prospettiva di prenderne 40 è tutta un’altra storia.

Il resto è storia di oggi, una parte ancora da scrivere. E un futuro che con il Setti attuale non può non essere mediocre. Setti ha cambiato strategia. Senza Volpi e il suo appoggio si è messo a fare il modesto e a invocare l’aiuto di quei tifosi e di quella città che lui stesso snobbava. Ecco perchè non sarà mai simpatico. Ma ecco perchè il Verona non può fare a meno di lui. In un modo o nell’altro Setti ha pilotato il Verona in questi anni, con i soldi di Volpi lo ha fatto benissimo dal punto di vista del risultato sportivo, mentre la città ha sempre guardato da un’altra parte. Verona ha questo peccato originale. Si merita Setti e lo sa.

COME ROCKY BALBOA

Siamo così abituati a prenderne che pugno più pugno meno non fa differenza. Come Rocky Balboa, la cifra di questo Verona mi pare ormai chiara. E’ scarso, prende pugni, barcolla, cade, poi si rialza. Non importa quanti ne prende. L’importante è che poi si rialza. Magari quando meno te lo aspetti, magari quando pensi che il ko sia vicino.

Non cambia nulla, nemmeno dopo il terribile cinque a zero con l’Atalanta. La classifica è sempre la stessa, lo score dei gol presi è pessimo (56, solo il Benevento ha fatto peggio), ma resta il dato che vincendo a Benevento il Verona avrebbe gli stessi punti della Spal. Ne mancherebbero undici, dodici alla salvezza, quattro vittorie che sono possibili.

Vuol dire che siamo contenti così? Nemmeno un po’. Perdere con l’Atalanta ci sta (eccome, essendo una delle migliori formazioni viste quest’anno al Bentegodi), ma non così. Così fa malissimo, perché la cosa che non si può perdonare mai alla nostra squadra è la resa incondizionata. Quella l’abbiamo vista troppe volte in questa stagione ed è il fattore primo del disamore che poi si tramuta in onda contraria e in atmosfera negativa.

Il Verona è incapace di dare continuità ai risultati. E’ una squadra che ad una mediocrità tecnica unisce una fragilità emotiva che incredibilmente poi si tramuta in imprese quando tutto sembra giocare contro.

Con la faccia tumefatta, incapace forse di reggersi in piedi, ma con la solita capacità di non voler gettare la spugna, il 4 aprile alle 17, il Rocky Balboa Verona andrà a Benevento a giocarsi un campionato intero. La gara con l’Inter solo un intermezzo per non perdere il gusto e l’abitudine di prendere pugni in faccia.

GHE LA FEMO?

Non è finita finché non è finita. E infatti non è finita. E stramaledetto sia il calcio che è il gioco più bello del mondo. E benedetto sia il Verona che ogni settimana ci riserva un’emozione diversa, spostandoci dalla depressione all’esaltazione in un battito di ciglia. E ora che diciamo? Che Pecchia e Fusco avevano ragione quando ci dicevano che non è finita finché non è finita e che la squinternata campagna di rafforzamento almeno ha avuto una logica mettendo centimetri e peso in una squadra che aveva l’illusione di poter fare il tiki taka senza Mascherano, Messi e Iniesta? Certo che lo diciamo perché questo dice ora il campo che resta un giudice, anzi il giudice supremo di ogni considerazione nello sport in genere e nel calcio in particolare. Spesso invece si assiste ad una guerra per bande in cui ci si azzuffa per partito preso in base ad antipatie e/o simpatie che non tengono mai presente che l’unica cosa che vale dovrebbe essere il Verona Hellas. Ora però è il momento di stare al  fianco di questa anomala armata guidata da Brancaleone Pecchia, che come ogni visionario ha sfiorato fino a toccarlo il ridicolo e ora si prende una giusta rivincita. Ma tutto, è bene ricordarlo, prenderà un senso solo nel momento in cui il Verona si salverà, cancellando con quella impresa alcune delle pagine più umilianti che squadra veronese ha purtroppo scritto in questo campionato. E allora potremmo essere riconoscenti a Filippo Fusco e Fabio Pecchia, due che magari si ritaglieranno un posticino nella storia del Verona. Intanto gioiamo per questo derby che parallelamente getta il Chievo nella bagarre e nella depressione in piena lotta salvezza. Campedelli imiterà Setti nel confermare Maran o darà una scossa ad una squadra che sta precipitando inesorabilmente verso la retrocessione?

TUTTE STORIE (BELLE)

C’è il Verona che trascina il pubblico. Finalmente. E Calvano, fuori rosa, quasi fuori dal calcio che dice: “Capisco chi non credeva in me”. E poi c’è Mattia Valoti che diventa uno splendido airone. E c’è il Verona che torna a due punti dal Crotone (in realtà sono tre…) che perde contro la Spal. E c’è un finale tutto da scrivere che potrebbe diventare bellissimo dopo che abbiamo vissuto la rassegnazione. E c’è stata una settimana in cui Setti ha accusato (ancora) Sogliano e Sogliano che non aveva mai parlato che ha risposto con una lettera dettagliata.

Essere tifoso del Verona è una delle esperienze più incredibili che la vita ti concede. Non ci potrà mai essere normalità né banalità. Un eterno ottovolante che ci divora l’anima, facendoci passare dall’infinita tristezza all’entusiamo più incredibile, in cui tante storie orribili si intrecciano poi con tante storie belle come quelle di oggi. A Setti che mi diceva che il Verona non è una public company ho detto che nessuna azienda privata muove tanto sentimento come il Verona. Di certo non lo farà mai la sua (bella) azienda di moda. Il Verona è una cosa diversa che ti prende sotto la pelle e diventa sangue e si trasforma in passione. E’ un sorriso e una litigata, è poi un abbraccio quando Valoti segna e quando Nicolas si butta per terra dopo una parata banale.

Ho stimato Sogliano e mi piaceva quello che aveva costruito con Setti. Quei due favolosi anni in serie A, più la promozione, sono la credibilità che ha legittimato Setti a Verona. L’inizio di un progetto che poteva essere corretto, ma secondo me mai distrutto. Sogliano e Mandorlini che qualcuno voleva in concorrenza, in realtà erano una “strana-coppia” che funzionava benissimo. E abbiamo visto calcio fantastico e campioni che ora ci sembrano lontanissimi. Ma che in realtà sono ancora vicini a noi. Sarà un caso, ma Mattia Valoti e Simone Calvano, a Verona li ha portati proprio Sogliano. Il resto, chiacchiere che il vento gelato si porterà via. Così come si porterà via Pecchia e Fusco e un giorno Setti che venderà appena troverà un acquirente all’altezza. Perché solo il Verona resta. E in molti se ne dimenticano…