VIETATO RASSEGNARSI

Il Verona non fa niente, ma proprio niente, per aiutarci a credere. Dopo 37 secondi esce di scena a San Siro e la partita finisce lì. Non sono queste le gare da vincere, ci mancherebbe. Basterebbe provare almeno a pareggiarle. Prendere un gol da out è raccapricciante, ti viene voglia di mandarli tutti a quel paese e di dedicarti ad altre passioni.

Ora, questa squadra, purtroppo, ha dei limiti che sono ostacoli insormontabili quando vai a giocare contro queste squadre. Non c’è niente da fare. Illudersi è come credere che esistano i puffi. Eppure mi rifiuto di rassegnarmi. Finchè questo campionato di livello bassissimo ci offrirà un minimo di speranza è giusto alimentarla.

Non è finita finché non è finita dicevamo qualche settimana fa. E non è finita. Crotone, Spal, Sassuolo, Chievo, ci siamo tutti dentro. Il Verona non è meglio né peggio di queste concorrenti, dire adesso che siamo già in B sarebbe un errore madornale.

A Benevento ci giochiamo tantissimo. Non tutto ma tantissimo. Aspettiamo che l’Hellas ci mandi un segnale per non frantumare l’ultima cosa che ci rimane. La fede.

TUTTI ZITTI

Più o meno deve essere andata così. Setti compra il Verona che costa molto meno del Bologna e lo fa con l’aiuto dell’amico Volpi. Setti sceglie Sogliano che in quel momento è il più rampante ds giovane d’Italia. Con Volpi allestisce una strategia. Non c’è solo il Verona ma anche il Rjieka e lo Spezia. Pensano persino di acquistare una società in Spagna, e un mezzo pensiero di prenderne una in Inghilterra lo hanno fatto. Setti fa lo sborone. Si stente stra-coperto dai soldi e dalla potenza finanziaria di Volpi, spende e spande. Sogliano ha il compito di cercare talenti e lo fa egregiamente sbagliando qualche colpo come è nella logica del calcio. Setti vola altissimo. Non gliene frega un cazzo della città, degli imprenditori locali e i tifosi sono perfetti solo come clienti a cui vendere orribili magliette Nike con i colori sbagliati. Parla di internazionalizzazione del brand perchè l’obiettivo è un trading di calciatori mondiale. Il Verona conosce un periodo di vacche grasse come da tempo non si vedeva. Poi ad un certo punto Volpi (e qui non si capisce cosa sia successo) si allontana da Setti. Le parole o gli accordi verbali li porta il vento, Volpi nel Verona non c’è mai entrato, il suo era solo un appoggio strategico. Al massimo il contatto è un prestito obbligazionario in cui l’Hellas Verona, comunque pare non centrare anche se l’Espresso (mai smentito) dice che quei soldi servivano proprio a finanziare la societa scaligera.

E Setti si caga addosso. Resta da solo con il cerino in mano e con i conti fuori controllo. Dietrofront. Sogliano paga gli anni di vacche grasse, non è più l’architrave del progetto, nel frattempo Gardini porta Bigon e i due inchiodano ancora di più la società con l’aggravante della retrocessione.

Setti procede a colpi di paracadute e diritti televisivi, finanziariamente è tenuto a galla solo da questo, e meno male. Il Verona subisce una pesantissima cura da parte del “dottor” Fusco il quale cerca di salvare capra e cavoli. Da una parte il bilancio e dall’altra il risultato sportivo. Tornando in serie A, Fusco centra l’obiettivo e Setti gli affida totalmente la guida dell’auto Hellas Verona. Fusco si arrabatta come può, invoca coerentemente il modello Crotone sapendo in anticipo a che razza di sofferenza sarà condannata la squadra che sta per allestire.

Il Verona ora costa così poco che anche una eventuale serie B non è più uno spauracchio, anche e soprattutto per il fatto che c’è sempre un paracadute da 25 milioni di euro. E’ ovvio, però, che restare in serie A con una prospettiva di prenderne 40 è tutta un’altra storia.

Il resto è storia di oggi, una parte ancora da scrivere. E un futuro che con il Setti attuale non può non essere mediocre. Setti ha cambiato strategia. Senza Volpi e il suo appoggio si è messo a fare il modesto e a invocare l’aiuto di quei tifosi e di quella città che lui stesso snobbava. Ecco perchè non sarà mai simpatico. Ma ecco perchè il Verona non può fare a meno di lui. In un modo o nell’altro Setti ha pilotato il Verona in questi anni, con i soldi di Volpi lo ha fatto benissimo dal punto di vista del risultato sportivo, mentre la città ha sempre guardato da un’altra parte. Verona ha questo peccato originale. Si merita Setti e lo sa.

COME ROCKY BALBOA

Siamo così abituati a prenderne che pugno più pugno meno non fa differenza. Come Rocky Balboa, la cifra di questo Verona mi pare ormai chiara. E’ scarso, prende pugni, barcolla, cade, poi si rialza. Non importa quanti ne prende. L’importante è che poi si rialza. Magari quando meno te lo aspetti, magari quando pensi che il ko sia vicino.

Non cambia nulla, nemmeno dopo il terribile cinque a zero con l’Atalanta. La classifica è sempre la stessa, lo score dei gol presi è pessimo (56, solo il Benevento ha fatto peggio), ma resta il dato che vincendo a Benevento il Verona avrebbe gli stessi punti della Spal. Ne mancherebbero undici, dodici alla salvezza, quattro vittorie che sono possibili.

Vuol dire che siamo contenti così? Nemmeno un po’. Perdere con l’Atalanta ci sta (eccome, essendo una delle migliori formazioni viste quest’anno al Bentegodi), ma non così. Così fa malissimo, perché la cosa che non si può perdonare mai alla nostra squadra è la resa incondizionata. Quella l’abbiamo vista troppe volte in questa stagione ed è il fattore primo del disamore che poi si tramuta in onda contraria e in atmosfera negativa.

Il Verona è incapace di dare continuità ai risultati. E’ una squadra che ad una mediocrità tecnica unisce una fragilità emotiva che incredibilmente poi si tramuta in imprese quando tutto sembra giocare contro.

Con la faccia tumefatta, incapace forse di reggersi in piedi, ma con la solita capacità di non voler gettare la spugna, il 4 aprile alle 17, il Rocky Balboa Verona andrà a Benevento a giocarsi un campionato intero. La gara con l’Inter solo un intermezzo per non perdere il gusto e l’abitudine di prendere pugni in faccia.

GHE LA FEMO?

Non è finita finché non è finita. E infatti non è finita. E stramaledetto sia il calcio che è il gioco più bello del mondo. E benedetto sia il Verona che ogni settimana ci riserva un’emozione diversa, spostandoci dalla depressione all’esaltazione in un battito di ciglia. E ora che diciamo? Che Pecchia e Fusco avevano ragione quando ci dicevano che non è finita finché non è finita e che la squinternata campagna di rafforzamento almeno ha avuto una logica mettendo centimetri e peso in una squadra che aveva l’illusione di poter fare il tiki taka senza Mascherano, Messi e Iniesta? Certo che lo diciamo perché questo dice ora il campo che resta un giudice, anzi il giudice supremo di ogni considerazione nello sport in genere e nel calcio in particolare. Spesso invece si assiste ad una guerra per bande in cui ci si azzuffa per partito preso in base ad antipatie e/o simpatie che non tengono mai presente che l’unica cosa che vale dovrebbe essere il Verona Hellas. Ora però è il momento di stare al  fianco di questa anomala armata guidata da Brancaleone Pecchia, che come ogni visionario ha sfiorato fino a toccarlo il ridicolo e ora si prende una giusta rivincita. Ma tutto, è bene ricordarlo, prenderà un senso solo nel momento in cui il Verona si salverà, cancellando con quella impresa alcune delle pagine più umilianti che squadra veronese ha purtroppo scritto in questo campionato. E allora potremmo essere riconoscenti a Filippo Fusco e Fabio Pecchia, due che magari si ritaglieranno un posticino nella storia del Verona. Intanto gioiamo per questo derby che parallelamente getta il Chievo nella bagarre e nella depressione in piena lotta salvezza. Campedelli imiterà Setti nel confermare Maran o darà una scossa ad una squadra che sta precipitando inesorabilmente verso la retrocessione?

TUTTE STORIE (BELLE)

C’è il Verona che trascina il pubblico. Finalmente. E Calvano, fuori rosa, quasi fuori dal calcio che dice: “Capisco chi non credeva in me”. E poi c’è Mattia Valoti che diventa uno splendido airone. E c’è il Verona che torna a due punti dal Crotone (in realtà sono tre…) che perde contro la Spal. E c’è un finale tutto da scrivere che potrebbe diventare bellissimo dopo che abbiamo vissuto la rassegnazione. E c’è stata una settimana in cui Setti ha accusato (ancora) Sogliano e Sogliano che non aveva mai parlato che ha risposto con una lettera dettagliata.

Essere tifoso del Verona è una delle esperienze più incredibili che la vita ti concede. Non ci potrà mai essere normalità né banalità. Un eterno ottovolante che ci divora l’anima, facendoci passare dall’infinita tristezza all’entusiamo più incredibile, in cui tante storie orribili si intrecciano poi con tante storie belle come quelle di oggi. A Setti che mi diceva che il Verona non è una public company ho detto che nessuna azienda privata muove tanto sentimento come il Verona. Di certo non lo farà mai la sua (bella) azienda di moda. Il Verona è una cosa diversa che ti prende sotto la pelle e diventa sangue e si trasforma in passione. E’ un sorriso e una litigata, è poi un abbraccio quando Valoti segna e quando Nicolas si butta per terra dopo una parata banale.

Ho stimato Sogliano e mi piaceva quello che aveva costruito con Setti. Quei due favolosi anni in serie A, più la promozione, sono la credibilità che ha legittimato Setti a Verona. L’inizio di un progetto che poteva essere corretto, ma secondo me mai distrutto. Sogliano e Mandorlini che qualcuno voleva in concorrenza, in realtà erano una “strana-coppia” che funzionava benissimo. E abbiamo visto calcio fantastico e campioni che ora ci sembrano lontanissimi. Ma che in realtà sono ancora vicini a noi. Sarà un caso, ma Mattia Valoti e Simone Calvano, a Verona li ha portati proprio Sogliano. Il resto, chiacchiere che il vento gelato si porterà via. Così come si porterà via Pecchia e Fusco e un giorno Setti che venderà appena troverà un acquirente all’altezza. Perché solo il Verona resta. E in molti se ne dimenticano…

NON CI RESTA CHE PIANGERE

Ahinoi. Dopo la settimana delle chiacchiere è arrivato il lunedì della partita. E ogni considerazione, ogni tentativo di poter ancora credere in un miracolo sportivo si è infranto sull’altare di una gara indecente. Il Verona è poca cosa, Pecchia è ingarbugliato tra la pochezza della sua rosa e l’astrusità delle sue scelte, Setti è preoccupato per il bilancio che viene prima di tutto, anche della dignità sportiva. Poteva finire 8-0, è finita solo 2-0.

Siamo ancora lì, crediamoci, la strada è quella giusta. E via discorrendo. Ma senza i punti non ti salvi e non ti salvi senza una squadra dignitosa. Comunque la si prenda questa vicenda, siamo al cospetto di una squadra scarsa, terribilmente scarsa, indebolita ulteriormente dopo il mercato di gennaio che invece di creare un minimo di entusiasmo ha portato solo rassegnazione. Una squadra scarsa figlia di errori tecnici del passato, ma anche di un’incapacità di analizzare il campionato di serie A, al netto di zero investimenti e con un’unico obiettivo: fare disperatamente plusvalenze.

L’entusiasmo si crea con partite epiche, con grinta, con le vittorie. Non basta una lettera ai tifosi. Non si può chiedere ai tifosi di metterci scintilla e benzina per appiccare il fuoco dell’entusiasmo. La scintilla può arrivare dagli spalti, il combustibile deve arrivare dal campo. E chi era all’Olimpico stasera, gente che non è schierata nè con Pecchia, nè contro di Pecchia, gente che ha cuore solo il Verona si è sentito offeso e preso in giro. Ed è qui che si crea la distanza tra questa squadra e l’ambiente. Purtroppo.

Nulla è ancora deciso ma francamente per salvarci serve un’impresa sportiva che questa squadra non sembra in grado di compiere. Mancano tredici partite, bisogna fare 18/19 punti almeno, più di quelli racimolati fino ad oggi. Bisogna vincere almeno sei gare e pareggiarne un paio. Ma dove? Con chi? E giocando come contro la Lazio o la Sampdoria o la Roma? E’ francamente durissima perché alle parole non seguono i fatti, perché non si intravvede un appiglio, perché stiamo ancora parlando della gestione Sogliano, quando, paradossalmente abbiamo fatto tre campionati meravigliosi, spendendo molto sì, ma incassando pure fior di plusvalenze, quelle dimenticate, e non parliamo dello sciagurato campionato in cui siamo arrivati ultimi creando la corrosa situazione di oggi.

Prima il bilancio, poi il risultato sportivo. Certo: se la vediamo così allora la situazione ideale è paradossalmente  la terza categoria. Mantieni il Verona in vita e non ti costa niente.

 

UNO STUDIO TELEVISIVO NON E’ UNA GOGNA

Certo: c’era chi si aspettava lancio di pomodori, insulti. Forse anche un’esecuzione con esposizione finale della testa grondante sangue dopo che un’affilata ghigliottina aveva svolto il proprio lavoro. Per questo popolo desideroso di tornare al medioevo e al post rivoluzione francese sicuramente è stata una delusione.

Per chi invece si vuole fare un’opinione, chi vuole capire, chi non si accontenta dei main-stream, dei pensieri dominanti, di chi ama la libera espressione, la serata con Fabio Pecchia è stata un’opportunità. Ognuno oggi avrà il suo giudizio, magari cambiato, magari rimasto uguale. Ma almeno, ora, qualcosa di più s’è capito. Ed è questo, al di là di tutto la funzione di una televisione, di un mezzo informativo.

Ospitare idee diverse, esprimerle, esprimere il parere del pubblico. Cambia qualcosa? Secondo me sì. Nel senso che al di là del professionista si è capito che Pecchia è anche un uomo, un ragazzo, una persona con i propri dubbi e le proprie certezze. Uno che accetta il dialogo, che ribatte puntigliosamente, che a volte si aggrappa sugli specchi ma che ha anche la dote (rara) di dire ho sbagliato. Non era facile venire a rispondere in una trasmissione pubblica come ha fatto Pecchia ieri sera. Personalmente, se serve la mia opinione, credo sia stato sfuggente su alcuni argomenti tecnico tattici, molto diretto su altri. Passerà come tanti altri tecnici a Verona. Lo farà comunque a testa alta.

PRIMA IL BILANCIO

Poi arriva la gara con la Sampdoria che certifica che le parole non servono se non ci sono i fatti. Pecchia, che nel frattempo è tornato a parlare, sabato diceva che la squadra non è mai stata aiutata. E un po’ è vero se penso ai fischi prevenuti mentre si era ai primi posti in classifica. Ma mi chiedo poi cosa ha fatto questa squadra per essere aiutata? Vince con il Milan e poi fa un disastro a Udine. Crolla con il Crotone in maniera scandalosa e non certo per l’ambiente. Poi vince a Firenze ma ricade in casa con la Roma e poi viene presa a pallate dalla Sampdoria. Come si fa, se non per incredibile atto di fede, a crederci ancora?

Ma questo è il nostro Verona, Il Verona di tutti noi, non di Setti, di Fusco e di Pecchia. E neanche di Mandorlini, Toni o Pazzini. Non lo era di Malesani e di Prandelli prima. Non lo è stato e non lo deve mai essere. E’ il Verona e basta, un concetto che personalmente non abiurerò mai. Ho tifato Verona quando a guidarlo c’era Pastorello, quando è arrivato Cannella, quando Arvedi stava per vendere ad un finto monsignore. Ho tifato Verona a Busto Arsizio e quando al Bentegodi ha segnato Bocalon con il Portogruaro. Ho stratifato Verona quando Martinelli aveva dato il via ad un’improbabile fusione con il Chievo e continuerò a tifarlo, mi siano simpartici o antipatici i personaggi che lo compongono e gestiscono.

Il Verona e non i dirigenti, gli allenatori, i giocatori. E così farò anche stavolta, se non altro per togliere a questi signori l’unico alibi possibile e cioè che la colpa sia dell’ambiente.

LETTERA APERTA A SETTI

Caro presidente Setti,

o meglio, caro Maurizio. Voglio confessarti un mio segreto. Si magari non te ne frega niente e forse non fregherà niente a nessuno, ma vedrai che quello che ti racconto alla fine ti servirà.

Io ho un sogno. Un grande sogno che vorrei realizzare. Una cosa che non mi fa dormire la notte, una cosa che desidero ad ogni costo. Vorrei comprarmi una Ferrari. Sì, caro presidente. Proprio una Ferrari. Mi piace da matti, forse per il fatto di aver passato i 50 anni, forse per la classica crisi di mezza età. Mettila come vuoi tu. Ma io sogno, desidero, voglio fortemente una Ferrari. E ci penso tutte le notti. Mi vedo sfrecciare in tangenziale con quella macchina, penso a farmi da Verona a Carpi con il cavallino rampante, magari potrei venire anche a trovarti in azienda, così mi offri un tramezzino e un’acqua minerale. Penso anche all’emozione di vederti fumare mezzo sigaro e più ci penso più mi viene voglia di prendermela questa Ferrari.

Ho fatto anche due conti: alla fine se faccio un bel mutuo, se tiro via dalla banca due risparmi e se il mio amico Gabriele da Sant’Ambrogio di Valpolicella (che qui dalle mie parti chiamano lo sceicco dell’Amarone) ce la faccio. Che figata. E’ il mio sogno, te lo ripeto. Ma stanotte, mentre dormivo, mi sono improvvisamente svegliato e mi sono chiesto: porca vacca, la Ferrari ce la faccio a prendermela ma poi quanto mi costa? Sono andato su Internet e ho cercato. Sai su internet adesso si trova tutto e si può perfino scrivere a Trump (ti ho dato magari un’idea…).

Bollo, assicurazione, benzina. Non ti sto a dire quanto costa mantenere la Ferrari. E poi ho pensato che dovrei ogni mese pagare le rate del mutuo e restituire i soldi al Gabriele che non è uno che passa tanto per il sottile e poi tutti i giorni me lo ritrovo sotto casa a rompermi i maroni per chiedermi di ritorno quello che mi ha prestato per pura amicizia. No, no, no. Non ci siamo. Il rischio è di avere la Ferrari, ma poi di non riuscire neanche a pagarmi la benzina per venire a Carpi a trovarti. Come si fa? Non è roba per me, almeno finchè campo con lo stipendio da giornalista. Meglio lasciar fare a chi ha i soldi, perchè, sarai d’accordo con me, è inutile avere una Ferrari per poi lasciarla in garage perchè non si hanno neanche i soldi per farci il pieno, magari con qualche creditore che ti suona il campanello. Resterà un sogno, ma almeno così non s’incazza nessuno. Scusa se ti ho disturbato, non so se questa mia confessione ti potrà servire, intanto prepara lo stesso tramezzini e acqua minerale. Vengo a trovarti ma con il mio Maggiolone che è quello che posso permettermi.

EPURAZIONE POST MERCATO

Mai si era vista un’epurazione post mercato. Eppure è successo anche questo. Fuori Verde, Heaurtaux, Felicioli e Fossati, tutti per scelta tecnica. Una scelta scellerata. Nessuno ci dirà mai se con qualcuno di questi uomini il Verona avrebbe pareggiato con la Roma. Ma di sicuro avrebbe avuto più possibilità di riuscirci.

E’ evidente che dentro quello spogliatoio volavano missili ad altezza uomo (altrochè “tutti uniti, andate in pace…”), ma far scoppiare un caso del genere a mercato chiuso è una delle più sciagurate decisioni mai prese.

Nel frattempo è arrivata un’altra sconfitta, neppure la peggiore, ma questo acuisce il dolore. Il Verona non vince con il Crotone e non vince neanche contro la Roma.

E nel frattempo da Levante, Giampaolo Pazzini segna un gol storico al Real Madrid che lo consegna alla storia di quella società mentre qui era un orpello inutile. Scelta tecnica anche quella.