A VOLTE I MIRACOLI ACCADONO

A volte i miracoli accadono. La salvezza del Verona è uno di questi casi. Ricorderemo l’incredibile campionato 2022/2023 come le grandi gesta epiche del passato. Lo spareggio di Busto, quello di Reggio Calabria. Siamo già nel campo della leggenda. Il Verona è riuscito a colmare il gap dallo Spezia, a braccare gli avversari, a fare 26 punti da gennaio a oggi. Ha buttato via anche tante occasioni, ha fatto arrabbiare, disperare, gioire. Mai si erano vissute tante emozioni così contrastanti tutte in una stagione. Oggi è il giorno della festa, ma è giusto fare anche delle riflessioni. Setti ha compiuto un errore madornale di presunzione quando ha pensato che togliendo sessanta gol a questa squadra e quindi di fatto smembrandola, si potesse lo stesso rimanere competitivi. Un errore che si è sommato al fatto che un ciclo storico era finito, con l’addio di Tony D’Amico. Setti ha sbagliato allenatore e direttore sportivo. Marroccu, brava persona ed onesta, non era la figura adeguata per sopportare un simile cambiamento. Cioffi, un allenatore giovane ed inesperto è stato mandato allo sbaraglio, privo di qualsiasi protezione. La squadra era un impasto mal riuscito di una vecchia guardia ormai logora e altri acquisti che mal si adattavano a schemi e abitudini. Il Verona della prima parte del campionato è stato disastroso. Sono stati sbagliati letture e tempi d’intervento. Il 13 novembre prima della sosta il Verona era ultimo a cinque punti. Praticamente retrocesso. Setti in quel momento ha preso la miglior decisione possibile: richiamare Sean Sogliano, il vecchio ds con cui aveva rotto e consegnargli le chiavi del Verona. E’ la mossa decisiva della stagione. Sogliano entra nello spogliatoio e con una straordinaria capacità di analisi diagnostica tutti i mali della squadra. Un lavoro eccezionale di equilibrio e decisionismo. Prima mossa: confermare il giovane ed inesperto Bocchetti che Sogliano non ritiene la causa principale del problema per il semplice fatto che Bocchetti non è mai stato messo nella condizione giusta di allenare. Lo supporta, lo guida, gli affianca una brava e leale persona come Zaffaroni che un po’ fa il mediatore e un po’ il consigliere, oltre che risolvere la grana burocratica del patentino. Il Verona pian piano si riprende. Il mese di gennaio che poteva essere la fase conclusiva del campionato è invece il trampolino verso la rimonta. Con la cappa enorme sulla testa di non poter mai sbagliare una partita, i gialloblù giocano una, due, dieci finali. Una rincorsa che alla fine è logorante. Nella testa prima che nelle gambe. Così ogni volta che l’Hellas sta per spiccare il volo, succede che invece viene riportato sulla terra. Succede con la Fiorentina in casa e poi ancora nel finale di campionato, dopo che con la vittoria straordinaria con il Lecce, si era toccato il cielo con un dito. La sconfitta con il Torino in casa ma soprattutto il pareggio con l’Empoli al 97’ al Bentegodi, sono due mazzate che piegano gambe, morale e testa. Questo ottovolante incredibile condiziona il giudizio sui due allenatori. Il Verona gioca spesso malissimo, frutto di una tensione emotiva che impedisce alla squadra di sviluppare temi tattici, di fare due passaggi di fila. Non si tiene sufficientemente in conto, nel giudizio, che il Verona da gennaio a oggi ha comunque fatto 26 punti andando a una media che sarebbe stata ampiamente sufficiente per salvarsi. Ballardini alla Cremonese, Stankovic alla Sampdoria e Semplici allo Spezia, tutti blasonati tecnici al confronto di Bocchetti, hanno fatto molto peggio di Sasà. Sono dati oggettivi e non vale in questo caso l’ipotesi che con un altro allenatore il Verona si sarebbe salvato prima.

In un modo o nell’altro, il Verona arriva anche allo spareggio. Solo pochi e incredibili tifosi credono a questo punto ancora nella salvezza. In molti hanno abbandonato la barca da tempo. L’Hellas non è favorito nella partita secca con lo Spezia, ma gioca la miglior gara della stagione. Il primo tempo è un capolavoro che riabilita il lavoro di Bocchetti e di Zaffaroni.
Poi nel secondo tempo è il nome di Lorenzo Montipò a essere iscritto a caratteri d’oro nella storia del Verona. Montipò prende tutto quello che c’è da prendere, ma soprattutto para un rigore a Nzola che poteva cambiare l’inerzia della gara. 

Il Verona si è salvato, ma Setti non deve scambiare questo straordinario risultato come il frutto della sua bravura. Il rischio corso è stato elevatissimo, il baratro era veramente ad un passo, il futuro della società messo a repentaglio.

Bisogna però oggettivamente osservare che il prossimo sarà il nono anno in cui questo presidente così anafettivo e poco empatico, mantiene la squadra in serie A nei suoi undici anni di permanenza a Verona. Come mi ha fatto notare un vecchio tifoso dell’Hellas, memoria storica della squadra gialloblù stamattina alle 2 mentre il pullman entrava in piazza Bra, solo il mitico Saverio Garonzi ha fatto meglio di Setti nella storia di questa società, con 10 campionati nella massima serie. Nel momento in cui si critica questa presidenza (e noi lo abbiamo sempre fatto) dobbiamo anche pensare che Verona e i suoi imprenditori hanno guardato da un’altra parte e spesso hanno messo la testa sotto la sabbia quando si trattava di prendersi cura di questo bene prezioso per la città. A Setti va fatto capire che il Verona va vissuto con passione e non solo come fonte di guadagno. Nessuno gli ha mai chiesto di fare il passo più lungo della gamba, nessuno gli ha mai fatto una colpa di non essere ricco come Moratti o Berlusconi. Ma stride, in questo contesto di morigeratezza, uno stipendio faraonico che è legittimo ma moralmente foriero di un messaggio contrario al lacrime sudore e sangue imposto ai tifosi. C’è molto da lavorare quest’estate, tante decisioni da prendere e una certezza. Mai più una stagione del genere. 

È LO SPEZIA AD AVER BUTTATO LA SALVEZZA DIRETTA. PER IL VERONA LO SPAREGGIO È GIÀ UN SUCCESSO

Ce la giocheremo. Come forse è giusto che sia. Noi contro loro. Non per scegliere la migliore ma la meno peggio. Pensare che il Verona di Malesani retrocesse a 39 punti e oggi il Verona di Bocchetti farà lo spareggio a 31 ci dà l’idea di quanto il calcio italiano sia peggiorato in questi vent’anni. Probabilmente oggi la squadra di Malesani non sarebbe retrocessa ma si sarebbe giocata un posto in Europa League. Ma noi è in questo campionato e inn questo calcio che dobbiamo stare ed è con questa squadra che ci dobbiamo salvare. 

Non mi piace questo gioco al massacro che si sta facendo sul Verona. Vedo cose strane attorno all’Hellas. Troppo strane. Come se volessero farci pagare la debolezza di un presidente che appare ormai inadeguato a guidare la società scaligera. L’arbitraggio di Valeri a Milano è stato scandaloso, ma non vi sarà sfuggito cosa è successo a Roma. 15 minuti di recupero, un rigore negato alla Roma, lo Spezia tenuto in partita. Non sono d’accordo con chi vede uno Spezia favorito. La squadra di Semplici si è fatta risucchiare dal Verona, ha perso otto punti nei nostri confronti, non è riuscita a scrollarsi di dosso il povero Hellas che il 13 novembre era morto e sepolto. Questa è già la nostra vittoria ed è la sconfitta dello Spezia che arriva a questo spareggio avendo incassato le fortunate vittorie con Inter e Milan. Il Verona ha sciupato tante occasioni, è arrivato col fiato corto a questo spareggio. Ma forse non così corto come potrebbe sembrare. L’Hellas recupererà giocatori importanti, c’è una settimana per lavorare sulle gambe e sulla testa dei nostri ragazzi che sono ormai abituati a questi “spareggi” visto che è da gennaio che li giocano, ogni settimana una partita da dentro o fuori. Non è finita, finchè è finita. Domenica prossima sapremo il nostro destino. 

ULTIMA FERMATA MILANO

Illudersi e poi tornare sulla terra. Anzi sotto. Illudersi e poi morire. Illudersi per l’ennesima volta, soffrire come bestie, accarezzare l’idea di essersi quasi salvati e poi rimettere tutto in discussione. Dopo Lecce, oggi, dopo l’Empoli. L’Hellas ha buttato alle ortiche una vittoria che l’avrebbe avvicinata al sogno di salvarsi, ha trovato un Empoli che ha onorato l’impegno sino alla fine, con senso sportivo così elevato da far notizia. Noi che siamo italiani non ci siano abituati. Infatti ci fa strano e ci chiediamo perchè l’Empoli già salvo abbia giocato gli ultimi dieci minuti come se dovesse andare in Champions. In realtà dovremmo chiederci perchè non lo fanno tutte e non lo fanno sempre. Tipo l’Udinese qualche settimana fa contro il Lecce in una partita stucchevole o lo stesso Lecce contro lo Spezia.

Ora siamo tutti a criticare quegli ultimi sette minuti di recupero in cui la squadra, scarsa e piena di problemi, non è riuscita nemmeno a rendere la gara un carnaio, una guerriglia urbana in ogni zona del campo. E’ questo che fa incazzare. Almeno vedere un Verona brutto, cattivo e soprattutto sporco che azzanni qualche caviglia degli avversari, che spari la palla verso le tribune, che perda tempo. Niente, niente, niente… Accidenti a voi… Djuric che è in campo solo per spizzare e difendere palloni là davanti cade senza nemmeno un sussulto, Abildgaard rincula come se avesse un elasticone che lo tira verso la porta, Magnani che tocca col ginocchio il tiro di Stojanovic deviandolo in porta.

Ora manca l’ultima battaglia che solo grazie al generale Ivan che ha “rullato” lo Spezia come una delle sue sigarettine fatte a mano, ci permette di tenere viva la speranza. Sarà un’ultima battaglia, a Milano, col Milan rivale storico. Mai l’Hellas nella sua storia ha vinto a San Siro, nemmeno negli anni d’ora di Bagnoli. C’è sempre una prima volta, si dice. Sarebbe bello che il momento fosse arrivato. Vai Hellas, fino alla fine. Quando, tra l’altro si faranno i conti di questa pazzesca annata. Non è finita, finchè non è finita.

CREDERCI ANCORA NON COSTA NIENTE

Mi pare di essere uno di quei preti che devono spiegare l’esistenza di Dio a chi ha appena subito un lutto. E non solo: devono anche dire che Dio è buono. Dicono che per tutto c’è un disegno e forse è vero. Non so quale sia il disegno che la divinità ha in serbo per noi del Verona, so che crederci oggi è un atto di fede estrema. Beato chi ce l’ha.

Cerchiamo di procedere allora non con la cieca fede gialloblù ma con la più illuminante ragione. Non è finita perché la matematica ancora non ci condanna. Non è finita perché senza la papera di Montipò a Bergamo il Verona ha dimostrato di non essere ancora morto. Non è finita perché le nostre avversarie non stanno messe tanto meglio di noi. Non è finita perché è la legge suprema della sport che impone di crederci fino in fondo.

Oggi è facilissimo farsi prendere dallo scoramento e dal pessimismo. E francamente ci sono pochi segnali confortanti che arrivano dal campo. A cosa, a chi ci aggrappiamo? Vedi un guerriero come Faraoni che ormai sventola bandiera bianca e ti viene voglia di andare al Lago a bere lo spritz domenica prossima alle 12.30. Bisogna battere l’Empoli. Non c’è scampo stavolta. In un modo o nell’altro bisogna batterlo. Giocando bene, giocando male, buttandola dentro con il didietro. Bisogna vincere. Magari con un rigore, come quello di Bergamo su Gaich e con un arbitro che magari si faccia venire il dubbio.

Per mio carattere odio perdere senza lottare. Odio tutti i messaggi whatsapp che puntualmente mi arriveranno da domani mattina: ormai siamo in serie B. Ma accidenti… Che cosa aggiungete con il vostro sfigopessimismo al già sfigatissimo Hellas Verona che ha dovuto in un anno solo sorbirsi: le svendite di Setti, le conferenze stampa di Marroccu, Cioffi prima predestinato poi scaricato, Bocchetti, Bocchetti e Zaffaroni? Crediamoci, o popolo di infedeli. Che cosa ci costa in fondo? E non mandatemi più messaggi su whatsapp. Fino a dopo la gara con il Milan. Grazie.

SMETTIAMOLA CON LE FAZIONI. SI SALVA IL VERONA E NON SETTI

C’è un fatto che in molti dimenticano: la cosa più importante è la salvezza del Verona e non che Setti abbia ragione. Dopo una stagione del genere, Setti non può e non potrà mai avere ragione così come non ce l’aveva l’anno di Grosso in cui rischiò di non andare in serie A. Ci ricordiamo ancora dell’accusa alla banda Maalox, della incredibile claque a lingua spianata di molti cagnolini che ogni tanto emerge ancora nelle pieghe dimenticate di qualche social, dello spettacolo indegno che suddetti soggetti continuano ad offrire scendendo e risalendo dal carro a seconda della convenienza e dell’aria che tira.

E’ il mondo che va così, non ce ne stupiamo. Ma su una cosa non si transige a mio parere. Sul Verona. Nessun presidente, allenatore, direttore sportivo, cialtrone o altro è mai riuscito a togliermi l’amore per la mia squadra. Non ci riuscì Pastorello, nè Cannella, nè Ventura che applaudiva sotto la Curva dopo la serie C mentre in tasca aveva già firmato il contratto con il Pisa. Il mio pensiero nei confronti di questa gente è chiaro, mi sono sempre esposto, ma mai ho gufato contro il Verona. Su Setti ho un giudizio che ho espresso a più riprese. L’uomo ha una terribile supponenza e scarsi mezzi finanziari. Non è un segreto, perchè è documentato, che il Verona rappresenta il suo business più importante. Ma di questo nessun veronese può e potrà mai fargliene una colpa. Setti prese il Verona mentre mezza città si girava da una parte e l’altra metteva la testa sotto la sabbia. Al povero Martinelli fecero una campagna di stampa contro persino perchè Agsm era diventata sponsor dell’Hellas per un paio di stagioni. Era il tempo in cui esisteva una banca cittadina che aveva un rapporto privilegiato e strettissimo con l’altra squadra della città. Sono cose che vanno ricordate quando si contesta Setti. Martinelli ad un certo punto, prostrato dalla malattia e isolato dal contesto cittadino, si rivolse persino ad un certo Parentela che per un mese fu il proprietario in pectore dell’Hellas. L’affare non si chiuse, il Verona tornò in B e sfiorò la serie A, Setti ebbe il merito storico di credere nel potenziale del Verona e di Verona. Questo dice la storia.

Sappiamo anche che Setti non è lo stesso di allora, quando poteva vantare l’amicizia stretta e probabilmente un rapporto finanziario con il magnate Volpi. Ma sotto di lui il Verona ha conosciuto più serie A che serie B, ha visto grandi campioni passare di qui, ottimi campionati con ottimi allenatori e anche qualche scempio. Più in generale va chiesto al presidente se lui è ancora in grado di reggere una società ambiziosa come l’Hellas ed è quello che mi auguro di fare, con molta trasparenza, a fine campionato. Ora però serve un fronte compatto non le fazioni pro e contro Setti. Va salvaguardata una categoria, la serie A, da cui sarà più facile programmare il futuro. Con o senza Setti. Non importa.

TUTTO DA RIFARE. UN’ALTRA VOLTA

Inutile farsi illusioni. Questo campionato del Verona si risolverà solo all’ultimo. E’ stata solo un’illusione essersela cavata con la vittoria di Lecce. Perché poi le partite vanno giocate e possiamo fare tutti i calcoli del mondo ma se poi lo Spezia batte il Milan e tu perdi in casa col Torino è chiaro che è come non aver fatto nulla.

Inutile star qui a parlare della gara con i granata. Juric, giustamente, non ha concesso niente e il Verona, questo Verona, non è all’altezza di giocare una partita a questi ritmi e con una squadra allenata da un fuoriclasse come Ivan. Aggiungiamoci che il Verona non fa gol nemmeno a porte spalancate e avremo chiarissimo il quadro della situazione.

Ci sarebbe da capire come mai si alternano buone/ottime partite come quella con il Lecce a prestazioni così sottotono. Ma l’analisi non è difficile. Il Verona è una squadra costruita malissimo e che a novembre era in serie B. Una squadra che sta tentando una disperata rimonta e che non ha proprio il dna per resistere a tanta pressione psicologica. Infatti crolla ogni volta che ha cullato l’idea di aver completato la rincorsa. E’ già successo due volte e per due volte poi la squadra è risorta. Il primo miracolo con la rete di Gaich al Sassuolo, il secondo con quella di Ngonge a Lecce.

Il problema è che questa altalena pazzesca sta causando un clima di pessimismo che rischia di essere una cappa pesantissima sulla testa di una squadra debole psicologicamente ancor prima che scarsa tecnicamente. Se qualcosa può andar male, lo farà: la legge implacabile di Murphy ha un’applicazione pratica nell’Hellas. Lo Spezia batte il Milan al venerdì, tutto il resto è una conseguenza. L’infortunio a Magnani che lascia il posto a Coppola che fa il buco sul gol di Vlasic, Duda che cambia faccia al Verona nel secondo tempo e poi si fa male eccetera eccetera.

Invece dobbiamo vederla così: eravamo retrocessi a novembre, pensavamo fosse finita a gennaio e invece ce la stiamo ancora giocando a maggio. E’ già un grande successo visto lo schifo che prefiguravamo. Non è finita finchè non è finita. E stasera è tutt’altro che finita.

TUTTI A LECCE (E LA SQUADRA C’ERA)

Solo una gara così poteva lavare la vergogna della sconfitta casalinga con l’Inter. Quattro giorni dopo aver perso il set con i nerazzurri il Verona è riuscito a conquistare la vittoria più importante del campionato.

Lo ha fatto con una prova di carattere, ma soprattutto con intelligenza e dedizione. I tre punti arrivano alla fine di un week-end in cui la classifica viene completamente ribaltata e in cui il Verona non è mai stato così vicino alla salvezza.

La vittoria della Cremonese contro lo Spezia e i tre punti conquistati dall’Hellas in Puglia permettono per la prima volta in questa stagione ai gialloblù di essere salvi. Il Verona meritava un sano ceffone rieducativo dopo il ko con l’Inter, ma oggi merita solo applausi.

La gara con il Lecce, dura, difficile, nervosa, brutta è stata preparata bene e giocata con intelligenza. La panchina, spesso criticata, non ha sbagliato nulla. Il centrocampo a cinque ha inguaiato il Lecce, la difesa a tre, tornata a braccare l’uomo, ha vinto tutti i duelli. In attacco Djuric con il suo gioco primordiale, fatto di spizzate e colpi di testa, è risultato un pugno di ortiche nelle mutande per i difensori leccesi. I cambi, sono stati giusti e sufficientemente tempestivi.

Due parole vanno spese per Ngonge. Un capolavoro di mercato arrivato per un pugno di euro, uomo che sta mettendo una firma sulla salvezza. A Napoli lo avevamo “massacrato” per quel gol sbagliato. Nella città del pasticiotto ha colpito come la spada di Hattori Hanzo.

Il Verona da gennaio ad oggi ha fatto 25 punti, ne ha recuperati 11 allo Spezia, oggi superato, ha praticamente preso il Lecce. Nel girone di ritorno ha fatto gli stessi punti del Torino di Juric. La firma di questo “miracolo” ha un solo nome e cognome: Sean Sogliano. Se ci sarà la possibilità di giocare ancora in serie A, lo dovremmo soltanto a lui. E da lui bisognerà sicuramente ripartire in ogni caso. Ne riparleremo quando ci sarà anche la matematica a confortarci. Intanto, una volta tanto, siamo tornati a godere.

VERGOGNA INFINITA. AVETE TRADITO TUTTI. ORA BASTA ALIBI

Una sola cosa aveva promesso quel galantuomo di Sogliano: “Possiamo anche retrocedere ma lo faremo onorando sempre la maglia”. Sogliano si è esposto per un gruppo che lui non ha costruito e per un allenatore che lui non ha scelto. Lo ha fatto perchè, come mi ha detto qualche settimana fa: “Non ho paura di sporcarmi. Quando si arriva in una situazione del genere o ti butti nell’avventura fino in fondo o è meglio stare a casa. Io ho deciso di buttarmi”. Non so ora cosa starà pensando il ds dell’Hellas davanti all’indegna prestazione di mercoledì sera. 

Perdere con l’Inter, sia ben chiaro, è nel conto di ogni tifoso del Verona. Che però mercoledì era arrivato allo stadio e si era messo davanti alle tv con una piccolissima speranza di vedere la propria squadra lottare. Invece il Verona si è sciolto come neve al sole, è crollato alla prima difficoltà, ha subito la peggior sconfitta della propria storia. Accanto ai tanti traguardi centrati da Setti nella propria gestione, bisognerà ricordare anche queste incredibili sconfitte.

Non serve ora ricordare il perchè siamo arrivati a questa condizione. Il Verona attuale è una somma infinita di errori gestionali, di pressapochismo, di presunzione e di dilettantismo. Tutti ingredienti che uniti alla pochezza finanziaria del proprietario hanno creato questa situazione.

Incredibilmente però e con sforzi sovraumani, e forse anche per la pochezza di un campionato che mai in basso ha visto la partecipazione di squadre di così infimo livello, è ancora in corsa per la salvezza.

Questo fatto induce a usare al massimo l’equilibrio e la logica. Impensabile cacciare gli allenatori in questo momento. A tre giorni dalla sfida clou con il Lecce sarebbe una follia. Anche se a vedere la gara con l’Inter sarebbe francamente opportuno operare il cambio. Bocchetti ha troppi limiti. Lo denunciamo da tempo: non discutiamo la bravura, ma l’inesperienza. La serie A richiede cura del dettaglio, freddezza, lucidità. Basta rivedere i 90 minuti giocati con i nerazzurri per non ritrovare nessuna di queste qualità.

Però Bocchetti, da gennaio ad oggi, va detto, ha anche viaggiato ad una media che sarebbe stata sufficiente per raggiungere la salvezza in una modalità più che tranquilla. Ed è a questo dato che ci dobbiamo aggrappare e si deve aggrappare ora la società.

Il resto lo dovrà fare Sogliano, che guarda caso, ieri sera non era in panchina perchè squalificato. Oggi bisogna andare a chiedere conto ad un gruppo che sta tradendo tutti i tifosi del Verona e che sta calpestando la passione di ognuno di noi. Ragazzi che forse non si stanno rendendo conto dei misfatti che hanno compiuto, fin dal momento in cui, orfani di Juric hanno palesemente chiesto la testa dei tecnici precedenti. Bocchetti è figlio di quelle rivolte ed ora non può essere scaricato in questa maniera. La società lo sa benissimo ma, grazie ai risultati che coprivano tutto, ha girato la testa dall’altra parte, creando il pateracchio che abbiamo sotto gli occhi e che in qualche modo è stato tamponato fino a questo momento. Discorsi che affronteremo a fine anno, quando arriveranno i verdetti. Ora, più che mai, invece non bisogna mollare. Ma soprattutto non devono mollare loro. A Lecce la prova verità…

E’ TUTTO UN EQUILIBRIO SOPRA LA FOLLIA

Ogni volta che devo commentare una partita come quella con la Cremonese sono costretto ad attingere alle mie (poche) qualità zen. Devo cercare di razionalizzare al massimo quanto ho visto e tutta la delusione che inevitabilmente affiora in momenti del genere.

E’ un esercizio complicato, complicatissimo. Perché, diciamoci la verità, la voglia di mandare tutti a quel paese (da Setti a Marroccu a Bocchetti fino a Zaffaroni) è la prima pulsione. Poi però mi accorgo che questo atteggiamento disfattista andrebbe solo ad aumentare il senso di pessimismo che inevitabilmente si fa largo tra il popolo dell’Hellas in queste occasioni mancate.

Abbiamo tutti voglia di chiuderla questa lotta per la salvezza, di tirarci fuori da questa melma che ci avvolge dal primo minuto di questo campionato, di archiviare errori/orrori di una società ormai inadeguata a mantenere un livello decente di calcio, incapace soprattutto di alzare il livello nonostante le botte di fortuna degli anni passati. Oggi il destino ci offriva l’ennesima occasione per dare finalmente uno scossone allo Spezia, di respirare aria leggermente migliore.

Il Verona è una squadra costruita senza capo nè coda, una squadra che spesso si complica la vita con scelte che lasciano veramente stupefatti. Paghiamo una panchina con poca esperienza che fa degli errori da lasciare interdetti con scelte al limite del pornografico. Kallon, il piccolo calimero del Verona, sulla destra a smazzarsi davanti a De Paoli rientra in questo ambito. Non è certamente colpa del generoso Kallon, ma evidentemente esiste un problema in chi lo mette in campo.

Aggiungiamoci poi letture poco chiare, l’incapacità di variare il copione e si ha più chiara la situazione. Poi però dobbiamo aiutarci con la ragione, con le cifre e i numeri. Bocchetti e Zaffaroni da gennaio ad oggi, diciamo da quando è arrivato Sogliano, hanno fatto 22 punti. Hanno colmato 8 punti di gap con lo Spezia, ridato speranza ad una squadra morta e sepolta, non una ma due volte. La prima a novembre (cinque punti) la seconda prima della vittoria miracolosa con il Sassuolo. Sempre la ragione mi dice: il 13 novembre 2022 avresti firmato in bianco di essere in questa posizione a sei gare dalla fine. Certo, poteva essere meglio, ma francamente poteva andarci anche peggio. Poteva essere una lunga, infinita, triste via crucis verso la serie B, come altre volte questa società ha offerto.

Invece siamo ancora in corsa, siamo vivi, nonostante tutto e nonostante tutti. E’ questo che oggi dobbiamo apprezzare. Il vuoto pessimismo dei ciarlatani da tastiera, professionisti del copia e incolla, capaci di salire e scendere dal carro con la velocità di un coito di un roditore, non appartiene alla fiera gente dell’Hellas che anche oggi viaggiava trepidante verso Cremona. Come direbbe Vasco: è tutto un equilibrio sopra la follia. E come si sa non c’è nulla di più folle di un veronese che ama la propria squadra.

E’ NATO UN NUOVO VERONA

Finalmente. Finalmente il Verona ha dato un calcio al suo passato recente e finalmente si è tolto di dosso la pesante eredità del dopo Juric. E’ successo, doveva succedere, dopo una “prigionia” che per troppo tempo ha tenuto in ostaggio tutta la società.

Sia ben chiaro: non ci stiamo rimangiando tutto ciò che di buono abbiamo detto di Juric. L’allenatore croato resta un fenomeno che ha cambiato la storia del Verona e che avrebbe potuto cambiarla ancora di più se fosse rimasto qui. Il problema è che un allenatore del genere segna così tanto l’ambiente e il modo di lavorare che quando se ne va, lascia inevitabilmente un vuoto. Vuoto che il Verona l’anno scorso, dopo aver ciccato Di Francesco rigettato dalla squadra proprio perchè abituata al gioco e ai modi di Ivan, è stato colmato da Tudor, guarda caso suggerito proprio dal tecnico di Spalato.

Uscito Tudor dopo la rivoluzione estiva, Setti ha commesso lo stesso errore che commise con Di Francesco: ha preso Cioffi e gli ha chiesto di fare Juric. In questo caso l’errore è stato doppio e triplo. Perchè accanto a questo equivoco ci sono stati anche gli incredibili errori commessi sul mercato dove purtroppo un brav’uomo come Marroccu ha dimostrato la sua totale inadeguatezza come direttore sportivo.

Così, altra giravolta: prendiamo Bocchetti che costa poco, che ha fatto il vice di Tudor, che ha giocato sotto Juric. Un altro pateracchio. Bocchetti, pur bravissimo, giovane ed inesperto ne ha combinate di tutti i colori cercando di scimmiottare maestro Juric. L’arrivo di Zaffaroni e soprattutto di Sogliano pareva aver creato una “mediazione”, ma ancora non sufficiente a liberarsi di quel fantasma. E’ servita l’ultima crisi e forse un aut aut a Bocchetti per provocare il taglio definitivo dal cordone ombelicale.

Stasera con il Bologna il Verona ha fatto una partita intelligente, attenta, di attesa. Ha giocato con il 4-4-2 dando un senso a Verdi che non poteva fare il trequartista alla Juric, dando una logica ad una squadra che la logica aveva perso ancora in estate. Evviva dunque. Festeggiamo perchè non solo il Verona ha vinto e per un giorno ha ripreso lo Spezia. Ma perchè finalmente è nato un nuovo Verona. In cui tutti, ma veramente tutti ora possono dare il loro contributo. E che forse a fine stagione ricorderemo come la squadra che ha conquistato una miracolosa salvezza. Destinata nel suo piccolo, anch’essa, al grande Libro di Storia gialloblù.