FEDERPOLPOT

Il buon cittadino è quello che non può tollerare nella sua patria un potere che pretende d’essere superiore alle leggi. (Marco Tullio Cicerone)

Nelle ultime ore circola l’ipotesi di una modifica della composizione dei gironi nel prossimo campionato di A2. Il Settore Agonistico della Fip avrebbe proposto una divisione “alternativa” (per usare un eufemismo…) che prevede lo spostamento di Piacenza nel girone Ovest dove ci sarebbero tutte le squadre lombarde, nell’Est finirebbero Cagliari (che ha rilevato i diritti da Ferentino), Napoli, Scafati e Reggio Calabria.
A parte che non ci capisce cosa c’entri Napoli (e pure Scafati) con il girone Est, ma dietro questa bizzarra suddivisione – che dovrà passare all’esame della Lega Pallacanestro – ci sarebbe la volontà della Lombardia di tenere assieme tutte le sue squadre (la retrocessa Cremona, Mantova, Treviglio, Legnano e la neopromossa Orzinuovi).
Chiedere risposte alla Fip risulta alquanto complicato, tenuto conto, tra l’altro, che gli uffici romani sono rimasti chiusi due giorni per la festività dei santi patroni Pietro e Paolo, che cadeva giovedì 29, ma già che c’erano non si sono lasciati scappare l’occasione di chiudere anche venerdì 30 regalandosi, grazie al Coni,  un bel ponte di quattro giorni. In via Vitorchiano dovrebbero avere la cortesia di spiegare i motivi di una scelta talmente insensata da faticare a credere che possa essere stata presa in considerazione.
L’ultima stagione ha dimostrato in modo chiaro che il girone Est è di un altro livello rispetto all’Ovest, allora l’unica cosa serie sarebbe aggiustare l’equità competitiva, magari rimodulandola sulla base dei piazzamenti del campionato 2016/2017. Altrimenti si mescolerebbero solo le spese di viaggio, con buona pace di una Federazione forte con i deboli (tipico delle gestioni dittatoriali) e debole con i forti, come purtroppo hanno dimostrato i recenti Europei femminili. E con buona pace dei buonisti.

VIVA RADIO ADIGE!

“La radio lancia la notizia, la tv la fa vedere, il quotidiano la spiega”. (Hubert Beuve-Méry)

Domani, 30 giugno, sarà l’ultimo giorno di trasmissioni di Radio Adige. La storica emittente, fondata nel 1976, ha ceduto la frequenza a Radio Freccia del Gruppo Suraci (Rtl) e cessa l’attività. Era la radio più ascoltata dai veronesi. Ha raccontato con la voce memorabile di Roberto Puliero lo scudetto e tante altre imprese dell’Hellas Verona, e ha raccontato per una sola stagione anche le vicende della Verona dei canestri.
Era la Müller che sotto la guida di Pippo Faina arrivò fino alla semifinale scudetto contro la Fortitudo, conquistando una storica qualificazione all’Eurolega.
Poi l’allora presidente di Confindustria si mise di traverso, “imponendo” il ritorno delle radiocronache alla radio del gruppo, ma quell’avventura mi è rimasta nel cuore, assieme a quasi 30 anni di collaborazione.
Dai tempi della mitica sede con il balcone su piazza Bra, a via Cappello, fino a piazza Nogara. Dai microfoni di Radio Adige (che ebbe tra i suoi fondatori il direttore-editore di Telenuovo, Luigi Vinco) sono passati fior di professionisti e tanti amici, è continuata l’oculata gestione della famiglia Grigolini, ma soprattutto è rimasta, per 41 anni, la passione incondizionata per quello straordinario e meraviglioso strumento di comunicazione inventato dal genio di Guglielmo Marconi, che è stato rivoluzionato dal web.
Così il…fiume diventa amaro. Alla tristezza per la scomparsa di una voce nel mondo dell’informazione, una lacrima ma anche la fierezza di un sorriso sulle ultime note e sulle ultime parole in onda.

EMMENTAL E CANNOLI

“Chi si loda, s’imbroda” (proverbio popolare)

E’ un’estate di sfoghi. Prima quello, legittimo, di capitan Boscagin. Poi quello, meno comprensibile, di Marco Portannese. Il siciliano-rossocrociato, fresco di convocazione nella nazionale elvetica, ha scelto la pagina ufficiale di Facebook (quella di atleta, non la sua personale) per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Libero di esprimere la sua opinione, se non avesse tirato in ballo il ventilato taglio (“manifestato quasi subito”), la stima di molti suoi compagni e l’affetto dei tifosi.
Sarebbe opportuno lasciar dire agli altri gli attestati di stima, altrimenti si corre il rischio di autoincensarsi, per non parlare delle lamentele a scoppio ritardato. E bisogna distinguere il bravo ragazzo dal buon giocatore, visto e considerato che, fino a prova contraria, cuore e altruismo dovrebbero sempre far parte delle qualità di un atleta, senza la necessità di tirare il ballo il contratto.
Poi ci sono i tifosi e tanti hanno osannato il ragazzo di Agrigento (e adesso pure un po’ di Berna…). Giustissimo. Però veder paventare, come ho letto sui social, il mancato rinnovo dell’abbonamento o lo sciopero del tifo, invita a una domanda molto semplice: ma si tifa per la squadra o per un giocatore? Altrimenti suggerisco di trasferirsi a Treviso, o a Scafati o dove sarà la prossima destinazione dell’ultimo numero 8 gialloblù, che sicuramente rispetterà la tradizione degli ex in gran spolvero quanto ritrovano Verona da avversari .
La seconda domanda invece è un po’ più intrigante: nessuno si è mai chiesto perché Portannese, escluso il biennio a Capo d’Orlando, ogni anno cambia squadra? E perché dopo essere approdato in serie A alla Virtus Bologna è finito a Latina, in A2 Silver? Magari si potrebbe chiederlo ai suoi compagni…

LE RAGIONI DEL CUORE

“Non piangere per chi non merita il tuo sorriso”. (Jim Morrison)

Adesso che è tutto finito, che tutto è stato affidato alle parole dei comunicati ufficiali e delle dichiarazioni di rito, l’addio a Giorgio Boscagin (o meglio, la rinuncia unilaterale) è la sublimazione del nuovo corso della Verona dei canestri.
Come spesso accade quando si prende una decisione dolorosa, subentra un problema di metodo e uno di merito.
Il primo è legato alle ragioni del cuore, il secondo alle ragioni della testa. Non bisogna essere ipocriti: la logica dice che il progetto tecnico della Scaligera Basket che vedrà la sua graduale crescita e realizzazione nelle prossime stagioni, prevede un percorso senza Giorgio Boscagin.
Il cuore tuttavia dice esattamente il contrario. E siamo alla questione di metodo. Il Capitano, bandiera di questi sei anni di “alti e bassi” (lo ha ammesso il Bosca, con grande onestà intellettuale) non ha avuto la possibilità di salutare ed essere salutato come si deve dalla sua gente. Ma non era prevedibile la piega che poi hanno preso gli eventi.
Fin qui questa commedia dal triste epilogo, perché io appartengo ad una generazione un po’ nostalgica, che crede ancora nelle bandiere, anche se le bandiere non ci sono più. Bisogna farsene una ragione.
Poi i fenomeni da tastiera che hanno parlato di soldi (riferendosi a uno che un anno fa ha rinegoziato il contratto) o di età avanzata dovrebbero provare vergogna. Giorgio Boscagin merita solo rispetto. E a chi parla di un giocatore in declino, ricordo che è sempre stato l’ago nella bilancia dello spogliatoio, e che nella stagione disgraziata di Crespi ha sempre dato tutto quando chiunque altro, al posto suo, avrebbe preso armi e bagagli e se ne sarebbe andato. Stiamo parlando del giocatore veronese con più presenze in Nazionale. Ci mancheranno soprattutto la sua carica umana e professionale. Adesso la “veronesità” della Tezenis sarà tutta sulle spalle di Leonardo Totè.
Quest’anno il Capitano ha firmato una delle vittoria più belle, all’imbattuto Palaverde. Io quella sera ero in ospedale e a fine partita mi ha salutato. Non potrò dimenticarlo. Mai. Grazie Bosca, in alto i cuori. E goditi Leonardo, il tuo canestro più bello.

FAME E VOGLIA DI MIGLIORARE

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare” (Sir Winston Churchill).

Fame e motivazioni. Sono le qualità sulle quali punta la Tezenis del futuro. Guardate la magnifica parabola di Trento: squadra corta, un roster certamente con meno talento degli avversari, eppure ha fatto fuori la leziosa Milano e poi ha cucinato anche la Reyer al debutto nella storica finale scudetto.
Guardate la scalata di Trento: 15 anni fa giocava in C2 contro San Bonifacio, adesso si gioca il titolo di Campione d’Italia. Dietro a tutto questo c’è una parola, semplice e al tempo stesso difficile da applicare: programmazione. Quella programmazione che sta dando solidità alla Scaligera Basket. Un anno fa la Verona dei canestri stava vivendo giornate tempestose, adesso ci sono idee molto più chiare per portare avanti il progetto avviato con Della Fiori e implementato dopo l’arrivo di coach Dalmonte.
La linea è precisa: ai giocatori di “nome” o di pedigree saranno preferiti quelli con “fame”, che si sono costruiti una carriera partendo dal basso, spinti da una forte motivazione. Ecco allora il profilo di squadra che si sta delineando, con le conferme di Amato, Totè, capitan Boscagin e, si spera, di Frazier.
I nuovi arrivi avranno tutti il marchio di fabbrica preferito da Dalmonte, voglia di lottare, cattiveria, agonismo, tenacia. Poi il talento certo non mancherà; l’importante sarà la capacità di combattere. Fino alla fine, forza Verona.

OGNUNO FACCIA LA SUA PARTE

“I can accept failure, everyone fails at something. But I can’t accept not trying – Posso accettare la sconfitta, tutti falliscono in qualcosa. Ma non posso accettare di rinunciare a provarci” (Michael Jordan)

Dopo le lacrime (di emozione) viste a Biella, le lacrime (di delusione) sul volto di Marco Portannese alla fine di gara-3.
A chi si lamenta per l’eliminazione subita per mano di Ravenna, considerata “meno forte di Biella e molto più alla portata di Verona” forse è sfuggito che dall’inizio di gennaio (dopo l’editto di Dalmonte a Roseto sulla merda, giorno dell’Epifania) la Tezenis ha sempre giocato a tutta, senza mai staccare dall’acceleratore.
Poi sono arrivati i playoff, e quando giochi una partita ogni due giorni il serbatoio delle energie psico-fisoche presenta il conto ed è evidente che i giganti gialloblù si sono presentati a questa serie con Ravenna con la luce della riserva già abbondantemente accesa. Per contro i romagnoli, che hanno disputato un campionato straordinario (che non è ancora finito) hanno potuto gestire senza affanni qualche passo falso in regular season, mantenendosi costentemente al quarto posto, con le spalle piuttosto coperte. Poi la serie con Roma, di tutt’altra intensità rispetto a quella tra Biella e Verona, per di più chiusa in anticipo.
Ciò non toglie che la Scaligera abbia avuto in mano il break in gara-2, ma se l’è lasciata colpevolmente strappare di mano. Una sconfitta che è equivalsa ad una mazzata, mentre Ravenna al contrario si è caricata ulteriormente, con il vantaggio di poter giocare senza ansia e pressioni, sebbene prima di un americano. Però la Tezenis ci ha provato, fino alla fine.

Un epilogo che tuttavia non pregiudica la stagione della Tezenis, dopo aver allestito la squadra per ultima, visto che al 15 luglio in casa c’era solo il contratto di Boscagin. Vi ricordate da quanto tempo la Scaligera non passava un turno dei playoff? Tre anni. 2014: eliminata Veroli 3-2 nei quarti vincendo le ultime due partite al supplementare. Il campionato si chiamava “Divisione A Gold”, c’erano ancora solo 16 squadre e fu promossa Trento, che è già andata in Europa ed ora sfida Milano nella semifinale scudetti. Poi ci fu la sanguinosa eliminazione per mano di Agrigento (un po’ quello che è capitato quest’anno a Biella…) e lo 0-3 con Scafati l’anno scorso nella disgraziata stagione con Crespi.

Adesso è il momento di guardare avanti, ripartendo proprio dall’impresa di Biella, che ha riportato grande euforia attorno alla Verona dei canestri, integrando la squadra con la città, come ha dimostrato anche la bella partecipazione di Pini, DiLiegro, Portannese, Basile in piazza la sera del ritorno in serie A dell’Hellas.
Il club si sta consolidando e deve assolutamente ripartire dall’accoppiata Dalmonte-Della Fiori. Il coach è lusingato dalla speranza di un ritorno in serie A, è stato contattato da Cremona appena retrocessa in A2, ma il progetto triennale della famiglia Pedrollo dovrebbe continuare con lui e con il dirigente canturino, che merita di lavorare da g.m., con le mani libere per occuparsi non solo di mercato. La proprietà ha investito dopo avere sistemato un assetto societario che si era incrinato, è l’ora che ognuno faccia concretamente e realmente la sua parte: l’owner faccia il proprietario (come avviene in tutti i grandi club) e lo staff tecnico-dirigenziale lavori per costruire la nuova squadra e poi guidarla sul campo. Con l’auspicio, condiviso da tutti, che i cambiamenti siano limitati. Di rivedere altre nove facce nuove accanto al Bosca non se ne può più.

CAPOLAVORO DALMONTE

“Alcune squadre sono costruite per la stagione e alcunE per i playoff. La squadra con più fame, più concentrata, più dura e più cattiva ha vinto. Complimenti a Verona…squadra, tifosi, e città…hai meritato di vincere. Vai avanti e vinci tutto!” (Mike Hall, su Twitter, Facebook e Instagram)

Ho visto gente piangere. Tifosi in lacrime per l’emozione vissuta al Biella Forum. L’inviolato fortino dell’Angelico sventrato dalla Tezenis con una prova superlativa di agonismo, coraggio, determinazione, forza e durezza mentale. Tutte qualità di cui per un’intera stagione si è detto che i giganti gialloblù difettassero, invece nel momento topico sono emerse tutte e la Verona dei canestri ha prevalso con la sua panchina più profonda, ma soprattutto con il cuore. Il cuore che ha permesso a Dane DiLiegro di tornare in campo a tempo di record, grazie al lavoro stupefacente dello staff medico della Scaligera (a volte le partite si vincono anche in ambulatorio…), segnando 10 punti fondamentali. Il cuore che ha gonfiato l’immenso talento di Micheal Frazier, 32 punti, dei quali 5 di fila che hanno affossato i lanieri nell’overtime. Il cuore che ha caricato Andrea Amato, chirurgico con le sue triple, in particolare quella del controsorpasso che ha spianato la strada al parzialone 12-0 gialloblù nel supplementare. Il cuore di capitan Bosca, collante dello spogliatoio, giocatore che risponde sempre “presente!”.
Il cuore di Marco Portannese, un mix di talento e “ignoranza” agonistica che fa impazzire i tifosi. Il cuore che ha trascinato Dawan Robinson, il play-pivot scaligero, miglior difensore del campionato, pur con il deprecabile “incidente” sui titoli di coda. E poi il capolavoro di Luca Dalmonte, un capolavoro tattico e agonistico, forgiato dal coach specialiste delle rimonte impossibili, giacché si contano sulle dita di una mano quelle dallo 0-2 al 3-2 e Dalmonte fu l’artefice di un’impresa simile anche con Pesaro contro Cantù. Infine il popolo gialloblù: 322 persone nella magica sera di Biella, arrivate con 4 pullman e tante auto private, per rivivere emozioni come nell’epoca più gloriosa, consapevoli che il basket può essere meraviglioso o crudele (come due anni fa, a ruoli invertiti, nella serie con Agrigento). Così ‘a nuttata è passata, e adesso sotto con Ravenna, ne vedremo ancora delle belle.

HA DA PASSA’ ‘A NUTTATA

“Ha da passà ‘a nuttata” (Napoli milionaria! – Eduardo De Filippo)

La nottata è passata, e pure tutta la giornata, consumata tra comunicati, controcomunicati, smentite, precisazioni. Su quello che è successo a Biella c’è poco da dire: Mike Hall ha perso la brocca e Daniele Della Fiori è stato aggredito e malmenato. Le immagini parlano chiaro e non possono essere interpretate. E meno male che il nostro operatore Emanuele Zantedeschi ha documentato nei dettagli il parapiglia scatenatosi mezz’ora dopo la fine di gara-2.
Dicono che è stato DiLiegro a insultare Hall. Anzi, no, Della Fiori ha aggredito Hall. Dicono che la Tezenis rosica perché è sotto 2-0 nella serie. Dicono che quelli di Verona hanno picchiato come fabbri, comprese gomitate in faccia e botte nei coglioni dei malcapitati giocatori di Biella. Dicono che la tensione è stata creata ad arte per caricare la squadra di Dalmonte che non può sbagliare gara-3. Dicono che i tifosi veronesi sputavano come fossero dei lama.
Ne hanno dette e scritte tante. Di tutto e di più. Ma le immagini non si commentano, perché parlano da sole. Audio compreso. Tutto il resto è aria fritta, aria per i ‘boccaloni’  e far agitare un po’ i fenomeni da tastiera sui social.
Una cosa è chiara e incontrovertibile: un soggetto colpito da Daspo non può stare in un palazzetto poco dopo la fine di una partita. E’ il custode? Peggio per lui. E per chi gli ha affidato l’incarico.
Un’altra cosa è altrettanto evidente: troppe persone sono rimaste indifferenti a guardare quello che succedeva al d.s. gialloblù e nessuno ha mosso un dito per fermare i deliri di Hall, nell’infuocato partita e anche su twitter.
Infine certe piazzate in gara, adatte più alla sceneggiata napoletana, hanno tutta l’aria di provocazioni belle e buone. E nessuno dovrebbe cascarci, né gli arbitri, né i giocatori della Tezenis.
Infine meritano di essere sottolineate le parole del patron Angelico: “Auspico che per il prosieguo della serie playoff, venerdì le squadre si affrontino con la stessa intensità mostrata in gara 1 e gara 2 e che sia il campo a decretare quale delle due meriti di continuare. Qualora si dovesse disputare gara 5, invito la tifoseria veronese al Biella Forum per sostenere la propria squadra in un contesto sereno e senza alcun timore”.

RICORDANDO IL 2015

“Faber est suae quisque fortunae” (“Ognuno è padrone del proprio destino” – Sallustio, Epistulae ad Caesarem senem de re pubblica)

Bello e crudele il basket. Vinci una partita e peggiori la posizione in classifica. Ieri mi sono prodigato fino a notte fonda a spiegare ad amici e conoscenti non molto avvezzi di classifiche avulse come mai la Tezenis è scivolata all’ottavo posto in classifica. Così sarà Biella l’avversaria dei giganti gialloblù negli ottavi dei playoff, colpa della sconfitta, prevedibile, di Roseto sul campo della Virtus Bologna e della vittoria, meno pronosticabile, di Mantova in gran rimonta a Ravenna.

Sembra destino che debba esserci sempre qualche ravennate a far discutere lo sport gialloblù, l’insinuazione del “biscotto”, tuttavia, non ha senso: i romagnoli si giocavano il quarto posto, consegnato peraltro in anticipo dalla sconfitta della Fortitudo. Mentre i virgiliani puntavano appunto al “sorpasso” per evitare la capolista del girone Ovest e affrontare Tortona.
Nota a margine. Le “imprese straordinarie” sono altre. Con queste squadra, che ha goduto del cambio immediato di un americano e delle addizioni (non a budget) di Brkic e Amato, il traguardo dei playoff può essere considerato quasi il minimo sindacale. Un applauso a tutto il gruppo e a coach Dalmonte che ha cambiato la mentalità della squadra, ma se è vero che dopo Roseto c’erano cattivi pensieri, è sacrosanto pensare che questo obiettivo dovesse essere legittimamente centrato.

E allora Biella sia. Unica squadra imbattuta in casa in tutto il campionato di A2. Ma le cabale, si sa, sono fatte per essere sovvertite; così come il primo posto non assicura nessuna garanzia: il 2015 e Agrigento vi ricordano qualcosa?

IL FUTURO E’ GIA’ DOMANI

“Dice il saggio: ‘Tutto è bene quel che finisce bene’-E l’ultimo chiuda la porta!” (Ten-Patsy, “Nick Carter” – Bonvi-Guido De Maria)
Trasferta lunga, la più lunga della regular season. C’è tempo di pensare, di meditare sul pericolo scampato dalla Tezenis e sulla capacità di portare a casa due punti da un campo tutt’altro che facile, in una partita affatto semplice, dopo aver corso il rischio di fare come la famosa mucca di Aza Nikolić che con un calcio rovesciava il secchio pieno di latte appena munto.
Questa squadra, come ha ricordato coach Dalmonte parlando alle aziende partner durante l’incontro B2B, aveva tutti giocatori nuovi, compreso l’unico confermato Boscagin che si è ritrovato attorno undici nuovi compagni. Quei 12 giocatori poi appaiono all’allenatore e devono diventare una squadra che funzioni nel più breve tempo possibile e nel migliore modo possibile.
Ecco perché c’è stata la Tezenis di Roseto e Ancona, ma anche la Tezenis delle 8 vittorie su 8 in casa con Dalmonte e pure la Tezenis dell’incredibile “up and down” di Chieti.
Tutto è bene quel che finisce bene e l’ultimo chiuda la porta. Anzi, la lasci aperta per far entrare l’aria dei playoff e soprattutto per cominciare a guardare al futuro. Se c’è davvero la volontà di portare avanti un programma pluriennale è già ora di pensare a come muoversi in proiezione della prossima stagione.
Per questo in Scaligera dovrebbero fare in modo di tenersi stretto il d.s. Della Fiori, lasciandolo lavorare con ampi spazi di manovra. O vogliamo ricominciare tutto da capo per l’ennesima volta?