ROSSO DI VERGOGNA

“I miei cartografi mi hanno rubato più terre dei miei nemici”. (Luigi XIV)

Diciamola tutta: trasferte a parte, il girone della Tezenis non è poi così brutto. Evitare le corazzate Cantù e Udine, e la stessa Torino, non è male. Tuttavia la scelta della FIP, avvallata da LNP, merita qualche considerazione.
Riesce difficile comprendere il criterio geografico che ha portato a creare un girone interamente del Nord (oltre alle siciliane), da Ovest a Est, escludendo però Verona che sta giusto nel mezzo.
Appare anche di non facile comprensione la scelta di un improvviso rigore nell’evitare di dividere squadre della stessa regione, criterio ampiamente ignorato fino a quest’anno. Così le emiliane tutte di qua, le lombarde tutte di là. Le Toscane invece divise: Chiusi di qua, Pistoia di là. E tutte le neopromosse inserite nello stesso girone, assieme pure alla ripescata San Severo.
Quello che sconcerta è la pesantezza in termini di viaggi: le trasferte nel girone rosso infatti dovranno essere affrontate tutte in pullman, con l’eccezione di Roma (Stella Azzurra, perché l’Eurobasket dovrebbe tornare a Cisterna essendo scaduta la deroga) che si potrà fare in treno o in aereo, mezzo – quest’ultimo – difficilmente utilizzabile per andare a Nardò.
Mi sono preso la briga di fare due conti: le 13 trasferte da Verona saranno pari a 6.089 chilometri, ovviamente da moltiplicare per due. Significa una media di 936 chilometri a trasferta, andata e ritorno. Nel girone verde invece i km. totali sarebbero stati 5.126, con una media di 788, comprese però le due trasferte a Trapani e Capo d’Orlando, che pesano da sole 2.795 k. (x 2), ovvero più della metà totale. Trasferte che si fanno in aereo e quindi meno pesanti dei lunghi viaggi in bus. Meglio essere ottimisti, per non diventare rossi: un po’ di vergogna in effetti, i dirigenti del basket italiano, così severi e draconiani su ogni minimo ritardo, ma un po’ distratti sul mancato rispetto di altre regole (come le dirette tv durante tutti gli ultimi playoff), la dovrebbero provare.

12 ORE

“Non c’è tirannia peggiore di quella esercitata all’ombra della legge e sotto il calore della giustizia” (Montesquieu)

Tramonto sul Conero. Lo stesso mare che, più a Sud, sarà stato agitato dalla furia del presidente Gianluigi Pedrollo, in una vacanza funestata dalla penalizzazione di 3 punti. Questa sanzione, comminata per un ritardo di 12 ore nel pagamento della 1ª rata alla FIP, spropositata rispetto alla tenuità del mancato rispetto della scadenza (sebbene prevista ogni anno in sede di riaffiliazione e versamento della 1ª rata), mi fa correre il pensiero al presidente e al figlio Giorgio, vicepresidente della Scaligera Basket. Al verosimile sentimento misto fra delusione, irritazione, rabbia e sconcerto per una punizione legittima nei regolamenti, ma che punisce una Società ed una proprietà che hanno sempre puntualmente rispettato tutti gli impegni nei confronti dei tesserati, della Federazione e di LNP. La cifra di 13.300 euro, per capirci, ammonta a meno del 10% dei contributi che la Scaligera versa annualmente alla FIP. Per capirci ancora meglio, i ritardi nel pagamento delle successive rate vengono sanzionati con una multa per i primi 7 giorni e con la penalizzazione solo per ritardi più gravi.
E penso al responsabile amministrativo, collaboratore preciso e affidabile, mortificato da questo “disservizio nella procedura di iscrizione”, come è stato definito in via Crisfofoli. Un “pasticcio” che nessuno in casa Scaligera Basket meritava, né lo meritava la Verona dei canestri.
Le scuse della Società a tifosi e sponsor sono lodevoli, ora rimane solo la speranza che questa partenza ad handicap possa dare ulteriori stimoli e motivazioni ai giganti di Ramagli.
Nota a margine, ma non tanto a margine. In questi anni ne abbiamo viste di ogni. Una squadra di una città appena salita in serie A fallita in precedenza un paio di volte a campionato in corso. Un’altra squadra di capoluogo di regione cancellata dalla serie A e rientrata dalla finestra in A2 l’estate dopo, arrivata quest’anno due volte ad un secondo dalla serie A ma restando ancora sotto il controllo del proprietario di un’altra franchigia del massimo campionato: tutto permesso, ma non è certamente il massimo. Sempre quest’anno l’amministratore delegato di un’altra squadra promossa in A, che nonostante l’inibizione era a bordo campo durante i playoff ed ha ripetutamente insultato un arbitro donna, venendo squalificato per 6 mesi. Società che faticavano ad arrivare a pagare gli stipendi fino a gennaio. Altre che lo hanno fatto a singhiozzo sistemando le cose a stagione abbondantemente conclusa. Non vorrei essere tacciato di benaltrismo, semplicemente in Italia è noto che la giustizia stavolta ha due pesi e due misure, chi ruba una mela va in galera e fior di truffatori restano bellamente in libertà.
Per non parlare del calcio (dai decreti spalmadebiti per Lazio&C. alla farsa Salernitana fino all’agonia del Chievo) o della pallavolo, dove proprio a Verona il titolo sportivo è passato di mano tre volte in due anni. Tutto regolare, per carità, ma qualche perplessità è legittima. Così sarebbe bello se tornasse d’attualità Miguel De Cervantes con la bilancia della giustizia che dovrebbe inclinarsi non sotto il peso dei doni, ma per un impulso di misercordia. Quella che non è di casa alla FIP. Dura lex, sed lex.
Buone vacanze a chi le sta facendo e a chi le farà.

LA MUSICA E’ FINITA

“Ecco, la musica è finita, gli amici se ne vanno, che inutile serata amore mio. Ho aspettato tanto per vederti ma non è servito a niente”. (La musica è finita, parole di Franco Califano e Nisa, musica di Umberto Bindi”.

Game over. La maledizione del secondo turno dei playoff, mai superato dal ritorno in A2, si è abbattuta ancora sulla Verona del canestri.
Un epilogo crudele, nella partita del ritorno del pubblico all’AGSM Forum. Una serie marchiata dall’occasione di gara-1 dissolta in un terzo quarto sciagurato, fino all’illusione della rimonta mancata di un soffio.
Se l’energia aveva fatto la differenza delle due partite a Torino, questa volta è stata la durezza mentale a decidere la gara nello sprint finale. La Tezenis negli ultimi 4 minuti e mezzo non ha più segnato dal campo, raccogliendo un misero punticino dalla lunetta con Jones. Gli errori ai liberi dopo aver toccato il massimo vantaggio sul +11 (48-37 a 3’30”dall’ultima pausa) hanno pesato, ma soprattutto ha inciso lo scarso rendimento dalla panchina: 7 punti dei gialloblù, 25 per la Reale Mutua. Sacchetti, relegato ai margini delle rotazioni, ha messo solo un libero, al punto ci si chiede se sia stato un investimento vantaggioso. 2 punti Caroti, Pini e Severini, con il professore costretto sempre a spendersi troppo in difesa. La coppia americana ha fatturato 18 punti e se il duo Usa di Torino aveva raccolto 2 punti all’intervallo, il canestro del sorpasso ha la firma di Clark.
Capitan Tomassini (top scorer con 17 punti) e Rosselli (vicino alla tripla doppia con 8 punti, 8 rimbalzi e 7 assist) non potevano bastare.
Così adesso è già tempo di bilanci. La Scaligera deve partire da quanto di buono fatto dopo il cambio di allenatore che ha prodotto una metaformosi nella squadra. Una squadra, tuttavia, con troppi giocatori “agè” e qualche altro, a cominciare da Candussi (in particolare dopo l’ultima evanescente prestazione) sui quali è legittimo porsi degli interrogativi. La garanzia resta l’impegno della famiglia Pedrollo, che non si è mai tirata indietro.
In arrivo una rivoluzione? Ma come quest’anno Verona aveva puntato sul blocco della stagione precedente, una scelta che non ha pagato. O meglio, che è stata pesantemente condizionata dal rendimento nella prima parte del campionato. Poi la musica è cambiata. Ora la speranza è che, in un modo o nell’altro, non sia finita.
Nota a margine. Complimenti a Torino, un po’ meno al patron Sardara (teoricamente in tandem con Ataman) che tra gli annunci di disimpegno a Sassari non ha ancora risolto l’equivoco della doppia proprietà. Il coach Cavina è sposo promesso alla Dinamo, ma se Torino – come è altamente probabile – salirà in serie A ci troveremo con un nuovo caso Lotito? Buone vacanze a tutti gli amanti della palla a spicchi.

PER QUALCHE ABBONAMENTO IN PIU’

“Bisogna avere paura delle malattie e della miseria” (Alessandro Ramagli, citando la nonna). 

Playoff.
Alla vigilia dell’inizio delle decisive sfide che determineranno le due squadre che saranno promosse in serie A, LNP ancora una volta non brilla per acume e lungimiranza.
La deroga cortesemente concessa per le dirette durante la 1ª fase e la fase a orologio, non è stata rinnovata, quindi Telenuovo potrà trasmettere le partite dei playoff solo in differita.
Per qualche abbonamento in più LNP priva gli appassionati di poter usufruire di un servizio live che avrebbe comunque contribuito a promuovere i playoff del campionato di A2. Il senso di questa decisione, che non può essere giustificata dai quattro spiccioli che eventualmente entreranno con i nuovi abbonamenti, risulta incomprensibile. Ed è arrivata anche un po’ in ritardo la richiesta del presidente Basciano al sottosegretario Vezzali per ottenere la deroga al pubblico nelle semifinali e nelle finali dei playoff. Sere B compresa.
Playoff.
Alessandro Ramagli ha chiuso la regular season con un bilancio di 14-3, con la striscia record di 13 vittorie consecutive e la sconfitta nella partita ininfluente a Roma. E’ il coach che ha giocato più partite di playoff sulla panchina di Verona ed ora la riporta nel post season dopo la sciagurata serie con Agrigento. Ma la paura bisogna averla solo per le malattie e la miserie. E se lo dice la nonna del Reverendo non possiamo fare altro che sottoscrivere.

IL BASKET E I SOGNI

“…populus duas tantum res anxious opotat panem et circenses” (“il popolo desidera ansiosamente due sole cose: pane e giochi circensi” – Giovenale, Satira X)

Alessandro Ramagli come Alberto Bucci. La Tezenis 2021 come la Glaxo 1991. Eguagliato il record di vittorie consecutive in A2 stabilito 30 anni fa da quella che venne definita “la diciassettesima squadra di A1”.
Tanti ricordano come andò a finire quella stagione, incorniciata dal trionfo in Coppa Italia, ma è opportuno e doveroso abbassare prontamente le mani per gli scongiuri di rito, continuando a guardare partita dopo partita. Perché, completando una citazione cara al coach gialloblù, “le parole le porta via ‘r vento, le bicirette i livornesi e i bischeri nessuno”.
Rincasando dall’AGSM Forum mi sono arrivate sullo smartphone le immagini degli assembramenti indecenti a Milano per lo scudetto dell’Inter. Giusto festeggiare, ci mancherebbe, difficile e complicato bloccare l’accesso a orde di tifosi, anche se appare evidente che il problema non sia stato minimamente preso in considerazione in sede di Cosp (il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica) e qualche domanda al Prefetto andrebbe fatta. Solo in prossimità del coprifuoco c’è stato l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno disperso i tifosi dopo avere già evitato – per modo di dire – che si ammassassero sul sagrato del Duomo e in Galleria. Tuttavia nasce spontaneo il sospetto che abbia prevalso una sindrome da “tre scimmiette”, sull’onda della vecchia ma sempre attuale regola “panem et circenses”, più che mai attuale in questi tempi di difficoltà per tanti.
Ma il punto non è questo, e non è assolutamente questione di moralismo. Il problema è che questo bizzarro e bellissimo Paese, talvolta un po’ cialtrone, è lo stesso che per timore dei contagi vieta di bere un caffè al banco, di pranzare o cenare al chiuso (a meno di ricorrere ad trucchetto della mensa aziendale), di andare in palestra o in piscina, di ospitare più di mille spettatori in Arena, di avere il pubblico nei palasport. Invece per cedere al ricatto della Uefa è stata prontamente concessa l’autorizzazione per gli spettatori allo stadio Olimpico agli Europei.
Eventi internazionali, serie A, serie A2 e….serie Z. Quella di governanti che hanno costretto per mesi e mesi i nostri ragazzi a fare lezione a casa, che hanno concesso ai professori universitari (che fanno lezione a distanza) di vaccinarsi prima dei lavoratori dei supermercati, a cominciare dalle cassiere. La serie Z di un Paese dove tutt’ora ai bambini è permesso fare Minibasket solo all’aperto, pur con i salti mortali che la FIP s’è dovuta inventare per consentire l’attività almeno alle categorie giovanili.
Del resto questo è un Paese nel quale uno scrittore di grande successo, Maurizio De Giovanni, i cui personaggi sono diventati anche protagonisti di diverse fiction, interpellato dal Tg1 sulla Superlega ha dichiarato: “Il calcio non è il basket. Nel calcio c’è bisogno che i bambini sognino”.
Io sono 50 anni che sogno. E continuerò a farlo, nonostante De Giovanni e il calcio.

L’ORA GIUSTA

“A volte anche gli orologi fermi segnano l’ora giusta” (proverbio)

La classifica della 1ª fase rispecchia sostanzialmente i valori indicati all’inizio della stagione. Sia nel girone Verde, sia in quello Rosso.
Verona è sicuramente in credito con la fortuna, gli infortuni ripetuti (e grazie al cielo solo un caso di Covid tra i giocatori, sebbene prolungato) possono avere inciso su alcune prestazioni, ma con l’avvento di Ramagli c’è stato un netto cambio di passo, nonostante altri guai fisici, da ultimi gli ennesimi che hanno colpito Caroti e Pini.
Il Ramagli-2 finora ha un bilancio di 9-2, compresa la sconfitta all’esordio a Biella, con un allenamento e mezzo dopo il cambio di allenatore.
Proprio le due sconfitte con i lanieri, ma anche il doppio ko con Casale pesano sulla classifica gialloblù. Sarebbe bastata solo una vittoria in più per entrare nel girone delle migliori.
Tant’è, il nuovo corso della Verona dei canestri ha dimostrato che la Tezenis può giocarsela con tutti, è vero che Diop sposta gli equilibri più di qualunque
altro giocatore in A2, però la Scaligera ha battuto la capolista senza Pini e Caroti.
Il cammino nella fase a orologio è ancora incerto, troppi recuperi in calendario con l’incubo di nuovi casi di contagio che continua ad incombere, minando la regolarità di un campionato che non è stato regolare fin dal principio. Basti pensare al nuovo regolamento che sancirà la sconfitta a tavolino alla squadra che, causa casi di Covid, non sarà in gradi di scendere in campo nei playoff. Tutto questo in manifesto contrasto con le disposizioni dell’Autorità Sanitaria locale che può imporre la quarantena e con la Giustizia Sportiva “costretta” ad accettare, com’è già successo in altri casi, su tutti Juventus-Napoli.
Intanto carichiamo la molla dell’orologio e scattiamo verso i playoff, con l’ora giusta.

OVI DURI E VACANZE ROMANE

“Si trovano a Roma vestigia di una magnificenza e di uno sfacelo tali, che superano l’una e l’altro, la nostra immaginazione…. A Verona nei giorni di mercato le piazze sono zeppe di gente, si ride, si scherza per tutta la giornata. Il popolo è tutto bello e buono e bada con occhio acuto ai fatti altrui…” (Johann Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia)

Conquistata la certezza matematica dei playoff con una giornata di anticipo, la Tezenis attende la montagna di recuperi per conoscere il suo cammino nella Fase a orologio.
LNP ha perseverato nella scelta (scellerata, a mio modo di vedere) di far giocare le inutili Final eight di Coppa Italia, costringendo ad un tour de force alcune delle squadre coinvolte nella competizione.
Ferrara dovrà giocare 5 partite tra il 7 e il 21 aprile, posticipando l’ultima uscita 4 giorni prima dell’inizio della 2ª fase. Orzinuovi giocherà 4 partite in 10 giorni.
Una situazione senza senso. Con la spada di Damocle di future criticità che potrebbero mettere a rischio il regolare svolgimento dei playoff, quando le partite saranno molo più ravvicinate. Coppa Italia a parte, annullare la Fase a orologio e rimodulare la formula del campionato passando direttamente ai playoff/playout avrebbe concesso più spazi nel calendario, mettendo le società al riparo da brutte sorprese legate al Covid.

In questo contesto è interessante allargare lo sguardo al piano superiore, approfondendo il bel pezzo di Marco Bonarrigo sul Corriere della Sera. L’articolo ci ha permesso di scoprire che l’Italia, oltre alla Svizzera, è l’unica nazione europea a non avere una squadra della capitale nel massimo campionato di basket.
Detto del dispiacere per gli amici bernesi, Roma non è più caput mundi da un bel pezzo. Non va dimenticata l’autoretrocessione in A2 nel 2015 e la promozione diretta nel 2019 conquistata senza patemi d’animo grazie all’esclusione di Torino decisa d’imperio dal Consiglio Federale (presieduto dal romanissimo Petrucci), salvo poi riammettere in A2 Torino dalla finestra già nella stagione successiva. Gli amici di Capo d’Orlando non hanno certo dimenticato.
Poi se Roma è sparita dalla geografia di vertice della pallacanestro italiana la colpa non è di Toti, che di soldi ne ha messi finché ha potuto. Cosa dovremmo dire di una capitale che ha un palasport da 15mila posti che costa 20mila euro di affitto a partita? E dell’altro palazzetto dello sport (3500 posti) abbandonato da anni? Colpa di Toti? L’Eurobasket, che ha ambizioni ed è diventata la prima squadra di Roma, è stata costretta a giocare a Cisterna, in provincia di Latina. La capitale d’Italia che non è in grado di dare un campo degno di questo nome alle sue squadre di vertice.

Il disegno di Petrucci di prediligere le grandi piazze per aumentare la diffusione e la promozione del basket italiano non è mai stato nascosto: non solo Roma e Torino, ma anche Genova, Bari, Firenze. Tutte città dove la pallacanestro e gli altri sport sono stritolati dal calcio. E’ giusto che Verona per un’eventuale wild card debba avere meno chances di altre piazze solo perché in Veneto ci sono già Venezia e Treviso in serie A? Aggiungiamoci l’inadeguatezza di tanti, troppi dirigenti, e si completa una fotografia impietosa del basket tricolore. Abbiamo avuto i 4 tenori in NBA, ora ce ne sono due più Nico Mannion, ma l’organizzazione di molte società e lo stato di quasi tutti gli impianti sono rimasti fermi agli anni ’80. Quando almeno c’erano i miliardi garantiti dalla presidenza De Michelis alla Lega Basket. Adesso la dirigenza di LBA (e anche di LNP) è convinta che la formula migliore per dare visibilità al nostro sport, quindi alle squadre e ai suoi sponsor, sia quella delle piattaforme a pagamento. Così l’orchestra continua a suonare sul Titanic dei canestri.

 

Buona Pasqua a tutti e ovi duri.

IL CACIUCCO DEL PONTINO

“Le parole se le porta via il vento, le biciclette se le portano via i livornesi” (tradizionale detto di Livorno)

Ma cos’è cambiato dalla Tezenis del livornese Diana a quella del concittadino Ramagli? Il coach cresciuto nel quartiere Pontino che appena 20enne allenò il bambino Diana innanzitutto ha cambiato registro alla difesa:molto più intensa, energica, quadrata. I cambi sul pick and roll che Diana prediligeva spesso si erano rivelati letali, lasciando l’area colorata sguarnita per back door sanguinosi o penetrazioni centrali con scarichi ugualmente dolorosi. Così la squadra si trovava spesso scoperta a rimbalzo, pagando dazio perché non c’era sufficiente protezione.
Anche in attacco i giochi sul p&r hanno condizionato il rendimento di Candussi, che adesso invece viene coinvolto molto più spesso in post basso, posizione peraltro preferita da Rosselli che da playmaker aggiunto sia in fase di transizione, sia contro la difesa schierata è in grado di pescare magistralmente i compagni.
La partita a Capo d’Orlando è stata più sofferta per i lunghi gialloblù, ma ci ha pensato Bobby Jones a confezionare un’altra prova di grande solidità (e anche di tenuta mentale) che ha reso sempre più sbiadito il ricordo del giocatore in predicato di fare le valigie, che litigava con arbitri e avversari.
In sostanza il Reverendo da Livorno ha portato del sano pragmatismo, condito da un’energia che prima era emersa assai di rado. La celebre “cazzimma” che Andrea Diana aveva vanamente invocato. Evidentemente la sua lingua cestistica non è stata compresa.
Così con questa prima trasferta vincente in Sicilia, al PalaFantozzi, dove la Tezenis è tornata dopo essersi giocata nel 2014 l’accesso alla finale dei playoff che avrebbe garantito il ripescaggio in serie A, Verona ha messo ancora più nel mirino i primi 4 posti.
La classifica resta indecifrabile, però la Scaligera è in vantaggio con Milano, Udine e Piacenza. Pesa lo 0-2 con Treviglio, che giocherà in casa con Orlandina e Orzinuovi e avrà lo scontro diretto a Milano. Ma l’alto numero di recuperi continua a condizionare la classifica, che al momento vede la Tezenis ancora al sesto posto per la percentuale vinte-perse: 12-11. Tuttavia per la prima volta Verona è sopra il 50% di vittorie, era successo solo dopo la prima giornata. Tanto per capire la portata della svolta.

INTELLIGENTI E STUPIDI

“Un pensiero intelligente si addormenta in un orecchio stupido” (William Shakespeare)

Tre vittorie di fila. La capolista fermata con un’intensità difensiva che ha mandato in tilt Tortona. Gli alessandrini (4 perse nelle ultime 6) probabilmente sono in flessione, ma Verona ha costruito il successo ancora una volta dalla testa. Nervi saldi, anche con un arbitraggio indecente che ha indispettito tutti. Il QI di Rosselli è da Einstein del basket. La difesa del Professore un manuale da mostrare nei clinic. Bobby Jones ha risposto alla grande all’ipotesi di un ritorno a Rieti nella sua dodicesima stagione italiana. Greene è un cobra pronto a piazzare il colpo mortifero. Candussi troneggia nel pitturato ed alza muri come mai visto prima. Il capitano Tomassini è l’emblema del senso di responsabilità.
Cito i sei giocatori che Ramagli ha utilizzato nella ripresa, limitando al minimo le rotazioni. E vien da sorridere (per evitare di piangere) assistendo al puntuale dissolvimento dopo una striscia di vittorie degli stupidi – pochi grazie al cielo – che sguazzano solo nelle disgrazie.
La classifica è ancora indecifrabile, ci sono troppe partite da recuperare, ma il coach ritornato da Livorno sembra avere dato una svolta alla tormentata stagione della Scaligera e il presidente Pedrollo ha ricevuto un gradito regalo anticipato per il compleanno, Festa della Donna. Giusto 6 anni fa, l’8 marzo 2015, la Tezenis conquistava la Coppa Italia di A2 battendo Ferentino nella finale di Rimini. Un altro bel ricordo, anche per chi ne ha ben più emozionanti. Auguri a tutte le Donne del Basket.

30 ANNI DOPO

“E’ meglio avere bei ricordi che non averne. O averne brutti”. (Osvaldo Bagnoli, allenatore Hellas Verona dello scudetto)

21 febbraio 1991-21 febbraio 2021.
Sono passati trent’anni. Chi c’era era molto più giovane, tanti appassionati non erano ancora nati, ma quella notte al Madison di piazza Azzarita, a Bologna, rimane impressa.
Un marchio indelebile nei ricordi, nell’orgoglio, nel vanto di un’impresa irripetibile: mai più una squadra di A2 potrà conquistare la Coppa Italia.
Un trionfo che ha rappresentato una svolta per la Verona dei canestri, perché la scalata nell’olimpo del basket italiano cominciò proprio quella notte bolognese dopo avere schiantato anche Milano.
Per capire la portata di quel successo: Milano era capolista in A1, allenata da Mike D’Antoni, poi coach di lungo corso in NBA, al suo fianco come assistente Pippo Faina che portò Verona in Eurolega (e secondo assistente un giovane Marco Crespi…), in campo Antonello Riva, uno dei più grandi giocatori italiani di sempre, e Ricky Pittis.
Ma la Glaxo era già stata definita la 17ª squadra di A1 e dopo averla conquistata – sul campo – lo dimostrò nei playoff, senza l’infortunio a Schoene molto probabilmente la corsa dei giganti gialloblù sarebbe andare ben oltre la “bella” con Cantù.
Alcuni protagonisti di quell’impresa non ci sono più, dal condottiero Alberto Bucci al vicepresidente Mario Vicenzi, allo sponsor Mario Fertonani. Ma il patron Giuseppe Vicenzi con il manager Andrea Fadini si tengono stretto quel trionfo.

Trent’anni dopo la Tezenis ha dominato la sfida con Piacenza, arrivata nel momento più difficile: 4 sconfitte di fila con il crollo a Biella, Lollo e Giga out, le voci di mercato su alcuni giocatori chiave. Premesso che finora nessuno ha cercato nessuno, la reazione c’è stata e la mano di Ramagli comincia a vedersi. Nell’atteggiamento, nel gioco, nello spirito in difesa e nella diversa distribuzione delle scelte in attacco. Ovviamente la vittoria contro l’Assigeco non deve restare un episodio, ma trovare conferme e continuità. Solo in questo modo si potrà dare solidità alla classifica.
Ultima annotazione sul disguido informatico che ha interrotto per qualche minuto la diretta su Telenuovo. E’ vero che le macchine sono progettate e installate dall’uomo, ma talvolta s’impallano da sole. E per ripristinare la situazione occorrono dei tempi tecnici. L’alternativa sarebbe stata un bel buco nero. E’ una spiegazione, peraltro già data durante la partita, che dovevamo a chi ha chiesto garbatamente spiegazioni.
Invece i soliti macachi (pochi in verità) che danno fiato alla bocca sui social possono sentirsi privilegiati: le sperimentazioni di laboratorio, per loro fortuna, sono state definitivamente abolite.