IL MONDO VA AVANTI

“La verità mi fa male, lo so…La verità mi fa male, lo sai!” (“Nessuno mi può giudicare” di Pace e Panzeri, canta Caterina Caselli)

L’estate mette allegria e a sostenere questo sentimento c’è anche il frizzante riscatto della Scaligera Basket. Colpi in serie: al completamento della squadra di Fratese mancano ormai solo i due extracomunitari ed il sesto esterno, che sarà sicuramente un under. Non male dopo settimane tormentate dalle tensioni tra i soci, spazzate via dalla saggia scelta di Sandro Bordato di cedere a Gianluigi Pedrollo il 35% delle quote della società. Il vicepresidente, che aveva tentato di imbastire una cordata per cambiare l’assetto nella Scaligera, con il suo gesto ha dimostrato attaccamento al destino della Verona dei canestri e resta in società con il 10%. La stessa quota di Giuseppe Vicenzi: “Rimango in un angolo a tifare e a soffrire per questo meraviglioso sport, rimango con il mio simbolico 10 per cento e con le mie opinioni” ha scritto lo storico patròn della Scaligera Basket in una lettera inviata all’Arena.
Una lettera che ha molto il tenore di “excusatio non petita accusatio manifesta”.

Un industriale del rango e dell’esperienza di Vicenzi (4 stabilimenti, oltre 350 dipendenti, il progetto di quotazione in Borsa) è tutt’altro che uno sprovveduto, quindi lascia alquanto perplessi che abbia manifestato un certo stupore per il passaggio di quote seguito alla scadenza dei patti parasociali, stipulati 5 anni fa, come prevede il Codice Civile. Stupisce e sorprende perché risulta che Gianluigi Pedrollo abbia costantemente tenuto informato Giuseppe Vicenzi, presidente onorario della Scaligera Basket, attraverso il suo rappresentante di fiducia. Però all’ultimo momento è stato comunicato che nessuno si sarebbe presentato dal notaio per la firma.
Il presidente onorario può aver ragione nel contestare la mancata rotazione della cariche sociali, ma se Pedrollo è rimasto in sella e la base societaria non si è allargata, quanti nuovi soci hanno portato Vicenzi e Bordato? Zero.

Poi Vicenzi, con un passaggio forse anche poco elegante, ha ricordato che “nel 2011 a Pedrollo e Bordato avevo ceduto al prezzo simbolico di un euro e 45 per cento cadauno delle quote societarie, riservando per me un 10 per cento come garanzia programmatica ed affettiva”.
Allora le cifre vanno precisate nel loro complesso. All’ingresso di Pedrollo e Bordato, nel 2010, è corrisposto il “contributo” annuale di 200mila euro per socio, a fronte di una quota del 16% ciascuno. Questa quota è stata versata per tre anni successivi da Pedrollo e Bordato (e da nessun’altro).
Nella prima stagione in A2 (2010/2011: “conquistata” rilevando la società di Pavia) il budget raggiunse i due milioni e 400mila euro, l’allenatore fu esonerato e il campionato si concluse con la retrocessione. E fu solo “grazie” alla retrocessione che si riuscì a tagliare il compenso di qualche giocatore, come previsto dal Contratto Collettivo in caso di retrocessione. Anche la stagione successiva non mancarono gli “extrabudget” (esonero di Garelli dopo tre giornate, taglio di Dušan Vukčević e ritorno di Waleskowski) e la squadra non arrivò ai playoff. Poi arrivò Alessandro Giuliani. Quindi Petronio, d.s. operativo con Giorgio Pedrollo responsabile dell’area tecnica. E siamo al presente. Nell’ultima disastrosa stagione il budget ha superato i due milioni di euro e il contributo dei due soci (che insieme controllavano il 55% delle quote societarie) è stato pari a 15.600 euro (dei quali 4.000 da saldare ad agosto). Quindicimilaseicento euro. Adesso qualcuno avrà le idee più chiare sulle legittime pretese della famiglia Pedrollo di avere più mano libera in Scaligera.

Non c’è altro da aggiungere. Se non di augurare buon vento al presidente Pedrollo e al vice Bordato, e soprattutto a Frates e Della Fiori. A Giuseppe Vicenzi (e a chi ha lavorato al suo fianco e al fratello Mario, che se n’è andato troppo presto) va l’eterna riconoscenza per le imprese, forse irripetibili, della Verona dei canestri. Se il basket gialloblù c’è ancora lo si deve a lui. Ma il mondo va avanti.

ROBIN HOOD E LO SCERIFFO DI NOTTINGHAM

Scrivo da Nottingham, patria di Brian Clough, il più grande allenatore di calcio inglese, che fece grande il Derby County e grandissimo il Nottingham Forest. Alla sua storia è dedicato un bel libro e un magnifico film, “Il maledetto United”, il migliore ambientato nel calcio. Oibó, tutte queste righe per lo sport minore…che c’azzeccano?
Per ricordare, a chi se lo fosse scordato, che un bravo allenatore e un manager preparato fanno la differenza, in qualsiasi sport.
Un anno fa la Tezenis era cosa fatta. Allenatore, giocatori. Poi alcune scelte si sono rivelate fallimentari, ma quello è un capitolo chiuso. Bisogna guardare avanti, ma l’orizzonte mostra poco. Solo la stella di Leonardo Totè, che tutti speriamo possa brillare dei colori gialloblù. Il coach in pectore e un nuovo d.s. che arriva onusto del peso di aver lavorato con l’oligarca russo-elvetico di Cantù, impegno paragonabile alle proverbiali fatiche di Sisifo. A Della Fiori (e a coach Frates) buon lavoro, perché dovrà ricostruire una squadra azzerata dallo stallo societario e dalla fuga (si spera momentanea) dello sponsor.
E qui si apre un altro capitolo, molto più triste. Beghe o non beghe, baruffe o non baruffe, tra passioni e ambizioni più o meno legittime si è incrinato il rapporto con il Gruppo Calzedonia, che durava da otto anni.
Ho già detto come la penso e c’è poco altro da aggiungere, almeno che se non si vuol far valere l’articolo quinto, conta l’articolo “terso”: ci no gha i schei gha perso (Massimiliano cit.).
Ma qui non è questione di vincere o di perdere, perché se lasceremo per strada il marchio Tezenis sarà una sconfitta per tutta la Verona dei canestri. Con rsponsabilità precise, che non possono essere addossate alla famiglia Pedrollo o ai risultati deludenti. Quelle sono scuse. Tuttavia suscitano profonda tristezza le mosse di un manager che è stato protagonista di tutti i trionfi del basket gialloblù ed ha cercato di scombinare le carte, millantando “se vinco io, porterò quell’allenatore”.

Le battaglie si fanno a viso aperto, come Robin Hood, senza seminare zizzania e tramando nell’ombra, manco si fosse lo Sceriffo di Nottingham.
Bisogna metterci la faccia, se poi si mette anche il taccuino, tanto meglio. Come ha sempre fatto Gianluigi Pedrollo, con tutti i difetti che gli si possono riconoscere.
Se qualcuno ha necessità di rinfrescarsi la memoria faccia un giro dalle parti di San Bonifacio per vedere com’è ridotta la Sambonifacese: con Pedrollo era in Legapro e vinse addirittura 5-2 al Bentegodi un derby di Coppa Italia.
Adesso stacco lo smartphone. Le ferie sono già cominciate.

55 GIORNI

Il campionato è finito, Brescia ha conquistato la promozione in serie A.
I playoff sono durati 55 giorni, tanto tempo è trascorso dalla prima partita degli ottavi di finale all’ultima della finale.
Una lunghezza a dismisura che conferma quanto assurda sia la formula di quello che, legittimamente, viene considerato il vero campionato italiano.
Per le due promozioni se ne riparlerà dalla stagione 2017/2018, il Consiglio Federale della FIP ha già l’argomento in agenda, ma è la stessa Federazione che ha deciso da un anno all’altro di accorpare due campionati, provocando questo demenziale pastrocchio con una sola promozione per 32 squadre. E’ la stessa Federazione che demanda l’organizzazione della serie A (quella vera) alla Legabasket e poi non riesce a imporsi per far spostare di una gara della finale scudetto (la finale!) in concomitanza con la partita dell’Italia agli Europei di calcio. Della serie: ormai il basket non ha più spazio sui giornali (basta sfogliarli, tantissima Nba e l’A2 confinata nelle brevi), togliamogli visibilità anche in tivù…
Eppure i beneinformati sostengono che sono le stesse società a chiedere di giocare il più possibile, perché un maggior numero di partite nei playoff garantisce buoni incassi e quindi liquidità per pagare i giocatori, che comunque sono sotto contratto fino al 30 giugno.
Sarà anche così, ma il bubbone sportivo rimane: 32 squadre sono un’enormità, una sola promozione una follia.
Ma noi siamo veronesi, tutti matti…

A CIASCUNO IL SUO

Sono giorni cruciali per il futuro della Verona dei canestri. E non solo e non principalmente per il rinnovo della sponsorizzazione Tezenis, che è in dirittura d’arrivo.
Un po’ di “tempesta” si annuncia nelle stanze di via Cristofoli, tra il rigore finanziario preteso con precisione da Gianluigi Pedrollo e le ambizioni del vicepresidente Sandro Bordato. Con Giuseppe Vicenzi garante degli equilibri con la sua quota del 10%.
Chi conosce bene l’attuale presidente della Scaligera Basket sa che è un “one man show”, che mal sopporta la condivisione con altri soci dei suoi progetti, aziendali o sportivi che siano.
Da qualche giorno si sussurra di una cordata Bordato-Vicenzi che punterebbe ad un avvicendamento ai vertici della società gialloblù e ad un cambio della direzione dell’area tecnica; nel frattempo Fadini si è interessato al bilancio della Scaligera su mandato di Giuseppe Vicenzi, che ne ha pieno diritto e tra l’altro vanta il diritto di prelazione sulla cessione delle quote degli altri due soci.
Non è un attacco alla famiglia Pedrollo, ma piuttosto un tentativo di salvaguardare la società nel caso di un abbandono dell’attuale presidente. Ma per venerdì è annunciata la riunione del Cda, una sorta di “resa dei conti”.

Allora se si vuole comandare, prima di tutto bisogna rispettare il celebre e sempre attuale articolo quinto: “ci ghà i schei, ghà vinto”. Tutto il resto è fuffa, aria fritta che non aiuta certo il basket gialloblù. Perché è bene ricordare che la Scaligera Basket non è né di Pedrollo, né di Bordato, ma è un bene della città di Verona e in questo momento (a qualcuno spiacerà, ma è così) la pallavolo dà segnali di coesione tra soci e partner.
Poi, come sta scritto sulla testata di un prestigioso quotidiano (non italiano): unicuique suum. A ciascuno il suo…presidente, dirigente, conto corrente.

TROPPI CONDIZIONALI, POCHE CERTEZZE

Nessuna nuova, buona nuova. Peccato che nello sport non sia così. E’ passato più di un mese dalla fine della stagione della Tezenis per mano di Scafati, era il 7 maggio.
In questo campionato demenziale con i playoff che durano 50 giorni, molti club si sono già mossi per il futuro, invece l’home page della Scaligera invita alla depressione: solo news delle giovanili e del Minibasket, oltre ai complimenti del presidente Pedrollo a Milano per la fresca conquista del 27° scudetto.
E’ un dejà vu. Ogni anno la solita manfrina dell’incontro con i vertici del Gruppo Calzedonia per avere la conferma della sponsorizzazione, che in caso di promozione sarebbe stata confermata automaticamente, con sostanzioso adeguamento.
Non credo che Sandro Veronesi si tirerà indietro, forse sarà limata la cifra destinata al basket, forse sarà più o meno la stessa con l’impegno a investirne una parte (finalmente) nel settore giovanile. Sarebbe ora! E se così fosse auspico un coinvolgimento di Franco Marcelletti, “padre nobile” degli allenatori veronesi, per un ruolo attivo in società proprio per lavorare sullo sviluppo e la crescita del vivaio.
In ogni caso Gianluigi Pedrollo andrà avanti. Sostanzialmente da solo, giacché gli altri soci per un motivo o per un altro si sono più o meno chiamati fuori.
Tante ipotesi, troppi condizionali, pochissime certezze. L’unica notizia è la partenza di Spanghero, destinazione Brindisi. Torna in serie A dopo una stagione che ha definito “difficile sia dal punto di vista degli infortuni che dal punto di vista mentale”. (Per la seconda motivazione citofonare Crespi).
Anche il d.s. Petronio ha le valigie pronte. L’impressione è che il mercato sarà confezionato in una sorta di “autogestione”, con l’aiuto di preziosi consiglieri esterni. E non si sa ancora se al responsabile marketing e social manager Raffaele Ferraro sia stato chiesto di restare.
L’allenatore sarà individuato soltanto dopo la certezza del budget, in base al conseguente profilo di squadra. Mazzon mai contattato. Pozzecco pure, e ha vinto il titolo con il Cedevita. Fabio Corbani, uno dei presunti pupilli di Giorgio Pedrollo, ha firmato con Roma, sponda Virtus. Roma che avrà due squadre in A2 con la promozione dell’Eurobasket guidata da Davide Bonora, che la scorsa estate sarebbe venuto a piedi a Verona. Guarda che piega prendono le cose quando si affida la gestione di una squadra a persone sbagliate, in campo e non solo…

P.S. La Fortitudo Bologna è in finale dei playoff con un solo americano. Però non ho mai sentito Boniciolli lamentarsi per le assenze.

NON E’ COLPA DEL CUSTODE

Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato. Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti. (cit. Bob Marley)
Un po’ di anni addietro Silvio Baldini, dopo una sconfitta con l’Empoli contro il Chievo, notevolmente irritato per le domande di un collega già un po’ “agè”, lo apostrofò così: “La colpa non è tua, ma chi ti mette in mano il microfono”.
E’ chiaro che questa stagione-agonia non ha un solo colpevole. Ma c’è chi non chiede scusa, nè ammette errori o colpe. Per l’intera stagione, non ho mai sentito o letto una frase, nemmeno mezza parola, uscire dalla bocca di Marco Crespi per ammettere qualche responsabilità personale nei risultati, decisamente insoddisfacenti, della Tezenis.
La colpa è sempre stata di qualcun’altro: infortuni, giocatori, società, pure degli arbitri. Il tutto sempre condito dalla metafora di turno, dichiarando più volte di essere contento o soddisfatto dopo alcune partite perse crudelmente. La quadratura del cerchio è arrivata nella conferenza stampa dopo la disfatta con Scafati al Palaolimpia, che ha sancito l’eliminazione dai playoff.
Precisando di non voler criticare nessuno, il coach della Tezenis ha manifestato il sentimento dicendo di provare grande dispiacere nel non aver potuto operare dal punto di vista umano e professionale come ha sempre fatto. Strano, evidentemente prima c’era un altro Marco Crespi. Perché al di là delle mancate scuse, come invece ha fatto Giorgio Pedrollo un secondo dopo la sirena; al di là della mancata assunzione di responsabilità, come fece Ramagli un secondo dopo l’eliminazione ad Agrigento, resta incontestabile un fatto: Crespi ha voluto questa squadra in un mercato che ha rivoluzionato il gruppo che aveva dominato la scorsa regular season (in Gold, non come adesso con 9 squadre dalla Silver), ha indicato alcuni giocatori scartandone altri, ha scelto l’assetto, tutto con l’avallo della società. E se fosse stato per lui non sarebbe stato confermato nemmeno Boscagin. E soprattutto ha allenato questa squadra.
I primi problemi sono venuti a galla molto prima degli infortuni e della cessione di Chikoko, come il crollo nel secondo tempo a Bologna e la sconfitta in casa con Legnano. Troppi alti e bassi, prove roboanti con le grandi e scivoloni imbarazzanti con avversarie mediocri.
Nel corso della stagione sono stati “distrutti” giocatori che hanno dimostrato di non sopportare la tensione esagerata e lo stress mentale: il primo è stato Spanghero (al punto che si era ventilata una sua cessione, stoppata dall’infortunio), poi è toccato a Cortese, quindi a Chikoko che probabilmente se ne sarebbe andato a Monaco anche per metà ingaggio, infine a Rice. Da Ros, fortemente voluto da Crespi, ci ha pensato da solo. In mezzo un balletto di accuse, processi al reprobo di turno, esternazioni sconcertanti, atteggiamenti a tratti indecenti di qualche giocatore e una società che non è stata in grado di gestire tecnicamente, umanamente e professionalmente la situazione.
Uniche gemme in un clima di profonda depressione, il soldatino Saccaggi, il galantuomo Michelori e il capitano Boscagin, che hanno tirato dritto, facendosi carico di molte più responsabilità di quelle che avrebbero meritato.
Crespi ha detto che il campo è serio e vince chi costruisce. Ma c’è anche il rispetto, che si conquista con i comportamenti e talvolta vale più di una vittoria. C’è il rispetto tecnico (sempre dovuto a chi s’impegna nel suo lavoro, e questo il coach lo ha sempre fatto), e il rispetto umano. E se dai giocatori non ottieni quello, tutte le metafore post-gara diventano solo una coperta corta per coprire altre magagne.
Adesso che la sirena è suonata davvero, sono d’accordo con Crespi su una cosa: il silenzio è la miglior risposta. Mi permetto solo una citazione finale: “Le scuse sono come i buchi del culo, tutti quanti ne hanno una”. (Sergente O’ Neill – Platoon)

PARTITA E’ FINITA QUANDO SIRENA SUONA

Riflessioni dopo una sconfitta sanguinosa, che fa molto più male di quella già beffarda in gara-1 e ridà fiato ai seguaci del Rev., intesi come bestemmiatori.
La partita era praticamente vinta. Ma, per dirla alla Boskov, “partita è finita quanto sirena suona”. Sarebbe bastato che Michelori si mettesse il pallone sotto la maglia e non ci sarebbe stato quell’epilogo assurdo. Ma chi adesso dà tutta la colpa al centro milanese non sa di cosa parla. Stiamo parlando di un giocatore con 22 anni di carriera in serie A, che ha vinto due scudetti e vestito la maglia della Nazionale, ma soprattutto stiamo parlando di un professionista serio, che in questa stagione “sbalestrata” non ha mai dato segni di cedimento o di insofferenza, dando sempre il massimo. Ancor di più quando, dopo la cessione di Chikoko, si è ritrovato sulle spalle, a 38 anni, tutta la responsabilità del ruolo di centro. E merita rispetto, non per il suo passato, ma per l’impegno dimostrato sul campo con la maglia gialloblù.
Stiamo parlando dello stesso giocatore che subito prima aveva realizzato il canestro del sorpasso. Quindi chi ha insinuato di una palla buttata via volutamente, chi ha sentito “puzza di marcio”, evidentemente non ha mai messo piede su un campo da basket e non ha vissuto la tensione e la pressione che possono indurre a commettere errori anche clamorosi e incomprensibili. La colpa dell’overtime, poi, per dirla tutta, va spartita equamente con l’assurdo fallo di Rice su Portannese. Ma, come si è visto, anche Scafati ha commesso la stessa colossale ingenuità su Cortese. E Cortese, come Portannese, ha sbagliato un tiro libero decisivo.
E’ opportuno ricordare che la Tezenis in questa stagione ha perso tutte le partite decise in volata, con uno scarto entro i tre punti: a Brescia, con Treviglio, a Ferrara, a Mantova e le due gare dei playoff a Scafati. Unica eccezione la vittoria a Recanati.
Queste due partite, zeppe di rimpianti e di rammarichi, ci hanno offerto una squadra trasformata, nonostante l’assenza del suo capitano, sotto l’aspetto della determinazione e della coesione. Confermando che i playoff sono una stagione a parte, spesso completamente diversa da quella regolare. Rimontare una serie dallo 0-2 è impresa improba, ma finché “sirena non suona”…

LA NUOVA STAGIONE

Playoff dovevano essere e playoff sono. La vittoria con Jesi è stata molto più sofferta del previsto, ma fino all’intervallo sono emerse ancora le tossine mentali che troppe volte in questa stagione hanno frenato i giocatori della Tezenis.
Adesso comincia una nuova stagione (Ian Miller cit.) che la Scaligera potrà giocare senza pressioni, perchè non avrà niente da perdere (Andrea Michelori cit.). Se Verona esce contro Scafati il pronostico e i valori espressi dalle rispettive classifiche saranno rispettati, se i giganti gialloblù passeranno il turno avranno fatto l’impresa. Per poi magari incorciare la strada con la Siena di Ramagli; il tabellone dei playoff riserva anche questa possibilità.
Quanto ai ripetuti proclami della società riguardo agli innesti da operare nel roster, le ultime trattative (in particolare Mortellaro, finito ad Agrigento) sono sfumate perchè la società è stata costretta ad attendere la certezza dei playoff, mentre i giocatori contattati non volevano aspettare. Oppure dovranno giocare i playout, come Callahan con Roma.
Così hanno preso corpo altre ipotesi, in definizione in queste ore, con l’obiettivo di non stravolgere completamente l’assetto voluto da Crespi ad inizio stagione e pienamente avallato dalla società. D’altro canto per sostenere le ambizioni della proprietà è inevitabile rafforzare un organico che ha mostrato limiti soprattutto di tenuta mentale.
Intanto la campagna di delegittimazione dell’allenatore è già cominciata da tempo, con buona pace della sacra regola che i processi si fanno a fine campionato e le crisi si gestiscono all’interno dei muri dello spogliatoio. E comunque, al posto di Pedrollo manderei un bel regalo a Negri: il suo tiro che ha condannato Treviglio vale 70mila euro, il bonus previsto nel contratto di sponsorizzazione Tezenis per la qualificazione ai playoff. E adesso sotto con questa nuova stagione.

GRAZIE TREVISO, GRAZIE CHILLO

I bilanci si fanno sempre alla fine, ma il traguardo che raggiungerà la Tezenis non cambia di una virgola il giudizio su questa stagione. La squadra di Marco Crespi non è nemmeno riuscita a centrare i playoff con le sue forze, ma dovrà ringraziare due volte Treviso, per il rocambolesco successo dopo una clamorosa rimonta a Treviglio (merito anche dei due liberi sbagliati da Chillo) e per la vittoria necessaria sabato contro Ravenna. Infatti battere Jesi al Palaolimpia, come noto, non sarà sufficiente per staccare il biglietto per i playoff.
La Tezenis ha perso prima ancora di entrare in campo sia a Treviso, sia a Imola, ovvero nelle due partite in cui si attendeva il riscatto dei giganti gialloblù, una reazione d’orgoglio che invece non si è vista. Ed è strano notare che in una situazione di grave emergenza la squadra di Crespi è stata beffata di un punto a Mantova, mentre a Treviso e Imola, pur al completo, l’elettroencefalogramma è stato piatto.
Poi sentir dire che i giocatori non hanno assimilato il gioco di Crespi (dopo 29 giornate!), suona ridicolo. Il coach sostiene che la Tezenis ha passato settimane peggiori di questa che porta alla sfida con Jesi; sarà anche vero, ma è difficile scacciare l’impressione che la Verona dei canestri sia vivendo un’agonia, che coinvolge tutti: giocatori, società, pubblico.
Poi nei playoff magari sarà un’altra storia. Agrigento docet.

RIDATECI RAMAGLI E GIULIANI

Per una curiosa legge del contrappasso, nel giorno del trionfo europeo della Calzedonia di volley (18 anni dopo quello della Verona dei canestri in Coppa Korac), la Tezenis ha toccato il fondo, dominata nel derby di ritorno a Treviso in una partita senza storia, scivolando al decimo posto in classifica, addirittura fuori dai playoff.
Giocar male si può, capita a tutti, ma quello che sconcerta è la prestazione senza capo né coda della squadra di Crespi, svuotata nelle energie, con un gioco ostinatamente a senso unico sul tiro da tre. L’assenza di un centro di peso ha impietosamente messo a nudo le incoerenze delle scelte tecniche, che vanno spartite tra società e allenatore.
Il mercato estivo è stato non solo condiviso, ma sostanzialmente guidato dal coach, che poi nell’infinito e imbarazzante tira e molla durante il picco degli infortuni, non ha lesinato lamentele e critiche all’immobilità del club. Del resto provate voi a giocare con Michelori come unico centro. Ma sotto accusa è l’intero impianto di gioco di questa Tezenis, oltre che la gestione delle risorse umane dei giocatori.
Crespi può aver cambiato idea sulla decisione di puntare su un altro esterno per aumentare la cronica capacità offensiva della Tezenis, che ha la migliore difesa di tutta l’A2, ma anche (e di gran lunga) il peggior attacco: segna di più perfino la derelitta Matera. Cambiare opinione è legittimo, tuttavia una squadra ha bisogno di punti fermi, di sicurezza, di serenità, di rispetto. Qualità che difettano molto in questa stagione.
E’ vero che quello che conta è vincere, e se la partita finisce 41-40 il tifoso è contento per i due punti; ma se offri una pallacanestro sostanzialmente inguardabile e perdi pure malamente, il pubblico s’incazza. E i tifosi veronesi finora hanno sopportato anche troppo. Il basket proposto l’anno scorso non sarà stato il massimo, però la Tezenis vinceva, tra l’altro giocando con le top 16 dell’A2, e non con squadre arrivate dalla Silver o dalla serie B. Nessuna nostalgia del passato, solo una semplice constatazione.
L’impressione è che tra giocatori, dirigenza, staff, sia diffuso il sentimento di non vedere l’ora che finisca questa stagione, cominciata in pompa magna e proseguita di male in peggio.
E’ inaccettabile che la Scaligera si ritrovi a lottare allo sprint della regular season per strappare un posticino nei playoff. E questa gestione balorda, tecnica e societaria, ha pregiudicato la crescita compiuta negli ultimi tre anni dalla Verona dei canestri, dal consolidamento in città alla considerazione nel movimento nazionale. L’infausto esito dei playoff 2015 fa parte del gioco e chi doveva pagare ha pagato. Adesso, invece, ci stiamo facendo ridere dietro da mezza Italia.