Se non fosse tutto tristemente vero, qualcuno potrebbe pensare di essere finito su “Scherzi a parte”. Purtroppo non è così. Che i rapporti tra la Scaligera Basket e Marco Crespi (e tra il coach e la squadra) non siano più idilliaci non è certo un segreto, e nemmeno una novità. Ed anche la considerazione nei confronti del d.s. Petronio ha visto giorni migliori. E’ sufficiente andare a risentirsi le interviste negli ultimi due mesi, con Crespi che ha continuato battere il tasto dell’organico ridotto invocando l’arrivo di qualche rinforzo e soprattutto le dichiarazioni dopo l’ingaggio di Ian Miller, facendo capire chiaramente che l’esigenza primaria era di sostituire adeguatamente Chikoko.
La sconfitta con Recanati ha solo fatto deflagrare un rapporto già logoro, confermato dal tentativo avviato in precedenza di cambiare allenatore, provando a sondare Corbani, strada impraticabile per regolamento.
Poi dieci giorni fa la situazione è precipitata e ci sono stati i contatti con Sandro De Pol (che possiamo definire uno “di famiglia”) e con Marcelo Nicola, che Giorgio Pedrollo conosce fin dai tempi quando l’argentino giocava a Treviso. A prescindere dall’esito scontato della partita con la derelitta Matera.
Alla fine si è deciso di continuare con Crespi. Scelta legittima, tacendo però il principale motivo: il blindatissimo contratto del tecnico, che in questo momento obbligherebbe la società a una soluzione sanguinosa. Tutto il resto, ovvero il ritorno ad avere nove giocatori (peccato che manchi ancora un centro titolare) e le motivazioni di Crespi, passano in secondo ordine. Il presidente Gianluigi Pedrollo si è chiamato fuori da tempo; il figlio Giorgio ha una passione sconfinata per il basket e probabilmente a volte compie scelte dettate dall’emotività. Ma c’è un limite.
Non va invece sottaciuto il ritornello che continua a girare sulle assenze che hanno impedito di lavorare in modo adeguato. Qualcuno forse ha la memoria corta, allora è bene ricordare le sconfitte in casa con Legnano, Treviglio, Bologna incassate con un solo giocatore infortunato. Fino alla figuraccia con Recanati. L’anno scorso (regular season chiusa 26-4, quest’anno siamo 14-12 con nove squadre di Silver…) avete mai sentito Ramagli lamentarsi per le assenze? Eppure ci furono, al punto che – vista l’inesistenza di giocatori dalle giovanili – fu costretto a chiamare ad allenarsi il fratello di Gandini dal Gemini di serie D.
Alla fine resta solo l’inadeguatezza di come è stata gestita questa vicenda, come altre. Esporre al pubblico ludibrio giocatori e staff, sventolare velleitari provvedimenti contro il reprobo di turno, proclamare fiducia incondizionata all’allenatore, il giorno dopo avviare casting per sostituirlo, il giorno seguente dichiarare pubblicamente che si era pensato di mandarlo via ma alla fine resta perché ha le motivazioni per chiudere bene la stagione. Certe magagne per favore lasciamole al calcio e a gente come Zamparini.
L’URGENTE SENSO DELL’URGENZA
La figuraccia contro Recanati ha messo impietosamente a nudo l’inadeguatezza delle scelte compiute dalla Tezenis in questa disastrosa stagione. Nemmeno il più fosco pessimista si sarebbe immaginato, a cinque giornate dalla fine della regular season, di dover mettersi a fare i conti sulla differenza-canestri negli scontri diretti tra Verona, Bologna e Trieste per vedere che, in questo momento, la Scaligera sarebbe ancora nei playoff, occupando un misero ottavo posto (l’ultimo buono), solo grazie alla classifica avulsa.
Il Palaolimpia è stato terra di conquista anche per la penultima in classifica, che ha impartito una lezione di umiltà ai giganti di Crespi. Quell’umiltà che avrebbe consigliato meno proclami da “ganassa” per motivare l’attesa nelle operazioni di mercato (“Tanto giochiamo contro le ultime due in classifica”). Una squadra senza né capo né coda in attacco, in manifeste condizioni di inferiorità nel reparto lunghi dopo la cessione di Chikoko. A questo proposito, dopo i 13 e i 16 punti segnati nelle prime due partite con il Bayern è legittimo chiedersi per quale motivo non abbia mai toccato questi bottini in gialloblù. Non stiamo parlando di trentelli: ma di un contributo costante e redditizio in attacco.Troppa pressione? Incompatibilità con l’allenatore? Giochi inadatti per lui? Vallo a capire. Ormai anche questo fallimento è passato in archivio.
La stagione è ampiamente compromessa, tuttavia resta la speranza di provare almeno a salvarla operando quegli innesti invocati da tempo: un lungo passaportato (ammesso che si trovi) e un play-guardia con punti nelle mani e in grado di far girare la squadra. tutto questo incardinato in un campionato e una Lega ridicoli, dove le regole non sono mai state chiare e solo a metà marzo (sic!) si è capito che si possono muovere giocatori vistati anche all’interno della stessa A2. Perché se è vero che la difesa ti consente di tener botta nei momenti di emergenza, per vincere bisogna segnare un punto in più. E se non fai canestro non va da nessuna parte. Questo è il vero, reale e unico senso di urgenza alla Tezenis.
IL SILENZIO E’ D’ORO
Dopo l’ennesima beffa appare sempre più evidente che l’impianto di gioco scelto da Crespi e avallato dalla Scaligera mostra troppe crepe. E non è solo colpa degli infortuni, senza i quali la posizione della Tezenis sarebbe stata verosimilmente tra il secondo e il terzo posto.
La prova non c’è, invece abbiamo ormai la certezza che per gli infortuni e per problemi tecnici bisognava mettere mano a questa squadra. E più di un play italiano all’altezza difficile da trovare, il vero senso dell’urgenza era modificare l’assetto.
Se risponde al vero che Chikoko ha richieste in serie A o dall’estero (fare il cambio per 5’ è tutt’altra cosa avere il peso della responsabilità in una squadra di A2 che punta alla promozione), sarebbe stato opportuno fare un tentativo con Siena per Di Liegro, cercando poi un play-guardia Usa. Il buy-out era un problema? Difficile credere che non fosse possibile trovare un accordo con una società alla canna del gas. In ogni caso il mercato di A2 chiude oggi, resta aperta la possibilità dell’arrivo di un giocatore passaportato non formato dalla serie A o dall’estero, oppure di un centrone straniero al posto di Chikoko.
C’è ancora tempo per tentare di porre rimedio a una stagione finora disgraziata. Altrimenti si dimostrerebbero senza senso i ripetuti proclami sull’arrivo certo di un rinforzo, così come andrebbe blindata nello spogliatoio la gestione dei rapporti personali, senza mettere in piazza liti e scazzi, alimentando dannose tensioni. Il silenzio è d’oro.
SUSSURRI E GRIDA
Dicono che il presidente Pedrollo non ha più voglia. Dicono che (francesismo) Pedrollo sr. si è rotto i coglioni. Dicono che la squadra va in palestra senza voglia. Dicono che il gruppo non c’è. Dicono che c’è da salvare solo il capitano. Dicono che Crespi non fa mai autocritica. Dicono che Crespi ha un contratto blindatissimo. Dicono che Giorgio Pedrollo dà sempre la colpa solo ai giocatori. Dicono che il caso Cortese è stato gestito malissimo. Dicono che volevano cedere Spanghero ma si è infortunato. Dicono che volevano tagliare Chikoko per prendere un play americano e un centro italiano. Dicono che volevano fare ancora un tentativo con D’Ercole. Dicono che vincendo a Treviglio si poteva provare a prendere Marino. Dicono che non verrà nessuno perché la società non è capace. Dicono che non verrà nessuno perché il budget è esaurito. Dicono che non verrà nessuno perché non gli garba essere allenato da Crespi. Dicono che due-tre giocatori non sopportano il coach. Dicono che qualcuno rema contro. Dicono che senza gli infortuni non ce n’era per nessuno. Dicono che gli infortuni muscolari sono colpa del sovraffaticamento. Dicono che la squadra si allena troppo. Dicono che il recupero di Boscagin è stato prodigioso. Dicono che ci vuole pazienza perché il basket di Crespi deve essere assimilato. Dicono che Crespi è insicuro. Dicono che Crespi a Siena ha fatto miracoli ottenendo il massimo da tutti. Dicono che Crespi mette troppa agitazione. Dicono che la difesa di Crespi non ha eguali. Dicono che Chikoko prima o poi esploderà. Dicono che Chikoko non vale un braccio di Monroe. Dicono che la squadra dell’anno scorso nel girone di quest’anno avrebbe perso al massimo una partita. Dicono che non serve a niente perchè poi tanto ci sono i playoff. Dicono che ai playoff non ci andremo. Dicono che dopo Mantova il calendario è favorevole. Dicono che abbiamo già perso 10 partite. Dicono che c’è da rimpiangere Ramagli. Dicono che è stato buttato via un altro anno. Dicono che c’è chi ha strappato l’abbonamento. Dicono che i veri tifosi non mollano mai. Dicono che sono buoni a criticare solo con la tastiera. Dicono che viene meno gente al Palaolimpia perché il gioco fa schifo. Dicono che la gente viene solo se si vince. Dicono che in società sono in confusione. Dicono che a parte marketing e social nel club sono dei dilettanti. Dicono che a fine stagione andranno a bussare alla porta di Vicenzi. Dicono che tornerà Fadini. Dicono che ne vedremo ancora delle belle. Dicono tutto e il contrario di tutto. Dicono.
EMERGENZA, SOFFERENZA, DIVERGENZA
Se segni 7 punti in un quarto, 30 negli ultimi 30’ dopo averne messi 27 nei primi 10’, riuscire a vincere diventa una sorta di “mission impossible”. Eppure, nonostante una media da squadra Under 13, la Tezenis ha avuto il tiro per vincere a Ferrara. Gestendolo male.
Un epilogo specchio della partita a due velocità dei giganti gialloblù: un quarto pimpante e all’arrembaggio, poi una grande sofferenza sul cambio difensivo di Ferrara. Una sofferenza comunque esagerata.
E tirare in ballo le rotazioni ridotte non ha molto senso, visto che gli estensi hanno ruotato 7 giocatori concedendo pochissimi minuti a due ’96, mentre Verona ha utilizzato pure sette uomini, oltre a Bernardi, rimasto in campo 10’, più di Michelori, ad esempio. Sotto l’aspetto tecnico troppi tiri dal perimetro e troppi secondi sprecati con il povero Saccaggi a pompare palla.
Ma il problema è più profondo e sta nelle parole di Marco Crespi, che con garbo ma con estrema oggettività ha detto che con un solo giocatore in più tutto poteva essere diverso e sarebbe stato lo stesso anche se la bomba di Cortese fosse entrata. Il coach della Tezenis ha parlato di “una situazione di emergenza oltre che per la partita anche per gli allenamenti, come dico da tempo”.
Non ci vuole molto per capire che il tecnico sollecita “da tempo” un innesto per alzare la competitività (a cominciare dagli allenamenti) e aumentare le rotazioni, un’opinione in divergenza con la società che non ritiene che sul mercato ci siano giocatori per i quali vale la pena operare con un movimento. E a questo punto della stagione (i trasferimenti degli italiani si chiuderanno il 28 febbraio) non ha nemmeno più senso cercare un inserimento.
C’era l’ipotesi di rinunciare a Chikoko per ingaggiare un play americano e cercare un lungo italiano, che però non si trova. E sulle disgrazie della Mens Sana non si può far conto, dopo tutto Siena ha vinto ancora ed è terza in classifica, a due punti dal secondo posto.
Il problema è che il calendario non aiuta. Contro Brescia capitan Boscagin (forse) andrà in panchina a fare da “feticcio” motivatore; poi ci saranno le trasferte a Treviglio e Mantova. Sempre senza Spanghero.
E il ritornello ormai infinito che conta arrivare in forma ai playoff sembra ormai l’unico appiglio a cui si aggrappa la Tezenis.
SENSE OF EMERGENCY
L’emergenza fa la forza. Possiamo rimodulare così l’antico detto, adattandolo alla Tezenis che nel momento di maggiore criticità sul fronte degli infortuni ha risposto con due vittorie del gruppo. Vittorie costruite in difesa, magari contro avversari non di prima fascia, ma va assolutamente sottolineato il merito proprio dei giganti gialloblù di avere ridotto ai minimi termini il potenziale offensivo avversario, a Legnano, come al Palaolimpia contro Ravenna, arrivata pur sempre con la chance di agganciare Verona in classifica.
Invece la squadra di Crespi si è rilanciata, grazie alla prestazione del collettivo, dimostrando una crescita nella tenuta mentale e trovando nell’emergenza nuove rotazioni con Petronio (a Legnano) e Bernardi (contro Ravenna). Giovani che forse non segneranno il canestro decisivo, ma comunque possono dare un contributo prezioso nel momento del bisogno.
Quanto al mercato, i 20 minuti d’impiego di Lollo D’Ercole nella vittoria di Sassari contro Varese (segnando i suoi 8 punti già nella prima parte della gara) appaiono come un segnale preciso che la partita su questo fronte sia chiusa. Prima la società lo avrebbe liberato volentieri, ma il giocatore ha tirato la corda lasciando cadere la proposta di Verona. Adesso il club campione d’Italia cambia indirizzo, dopo una lunga serie di n.e. per il play pistoiese. E in ogni caso, con quali motivazioni sarebbe arrivato in gialloblù?
Il problema è che la Tezenis sul mercato può cercare solo quello che invece non c’è: un giocatore italiano da quintetto, in grado di essere il sostituto di Spanghero. E soprattutto in grado di entrare nei meccanismi del gioco di Crespi, che necessitano di tempo. Per questo l’opzione di un “gettonaro” non ha senso, anche perché in giro non c’è davvero nulla. A meno che di far arrivare ciccioni, ex giocatori o rompicoglioni dei quali in Scaligera vogliono decisamente fare a meno.
TROVA LE DIFFERENZE
La sconfitta con la Tezenis ha lasciato il segno. I giocatori hanno dato tutto quello che avevano, finché non è finita la benzina. Non tutti però. Così l’atteggiamento sconcertante e inaccettabile di Ricky Cortese ha scatenato il putiferio, mandando su tutte le furie Pedrollo jr. L’impressione, tuttavia, è che in questo momento così delicato si stia cercando il capro espiatorio, come – per diversi motivi – un po’ lo sono stati in precedenza Chikoko e Spanghero.
Se fossi un compagno di squadra di Cortese sarei il primo a incazzarmi di brutto con lui, perché in una squadra ci si esalta e si va a fondo tutti assieme. Ma sono altrettanto convinto che il Presidente non sia della stessa idea e preferirebbe, se lo volesse, prendere decisioni più drastiche. E forse Cortese non soffre di attacchi influenzali, ma di allergia al coach.
Il figlio Giorgio ha ribadito che l’allenatore non è in discussione e non dubitiamo che continui fortemente a credere nel progetto avviato la scorsa estate. Un progetto che puntando dichiaratamente alla promozione ha portato la società, per le pretese economiche di qualche giocatore e per scelte tecniche, a rivoluzionare completamente la squadra che aveva dominato la regular season, venendo però buttata fuori da Agrigento al primo turno dei playoff. Nove giocatori nuovi, con l’unica conferma di Boscagin (ci mancherebbe altro), una panchina più profonda e maggiori rotazioni a disposizione.
Allora vi propongo una specie di gioco, come quello che troviamo sulla “Settimana Enigmistica” e potremmo chiamarlo “Trova le differenze”.
– L’anno scorso 4 partite perse in tutta la regular season; quest’anno siamo già a 8 sconfitte dopo 18 giornate.
– L’anno scorso 1 sconfitta in casa in regular season; quest’anno finora 4 sconfitte al Palaolimpia.
– L’anno scorso vittoria in Coppa Italia; quest’anno fuori dalla Final Eight.
– L’anno scorso campionato con 16 squadre di Gold (due poi si sono perse per strada); quest’anno girone con 5 squadre di Gold (4 + Verona) e una neopromossa dalla serie B, anche se pur sempre la Fortitudo.
– L’anno scorso una rosa di 8 giocatori da minutaggio, quest’anno di 9 giocatori.
– L’anno scorso (capitano a parte) 2 giocatori con esperienza seria in serie A De Nicolao e Ndoja); quest’anno 4 giocatori scesi dal campionato superiore: Spanghero, Cortese, Chikoko e Michelori.
– L’anno scorso miglior allenatore e giocatore Mvp del campionato, però squadra eliminata al primo turno dei playoff; quest’anno vedremo.
I BICCHIERI E LA DAMIGIANA
A Roseto la Tezenis ha rischiato di perdere anche la cospicua differenza canestri accumulata all’andata, quando gli abruzzesi erano incompleti. E questo fa un po’ il paio con la situazione della Scaligera, che senza Rice ha vinto una partita e ne ha perse tre. L’ultima davvero in malo modo.
Ma l’assenza della guardia americana e le condizioni di Da Ros, al rientro dopo uno stop di un mese, non bastano per giustificare uno scivolone troppo pesante per le ambizioni della Verona dei canestri.
In precedenza non ho lesinato critiche alla gestione Crespi, ma è bene tenere ben presente che o si crede in questo progetto oppure è meglio rinunciarci. Dopo tutto il campionato è ancora lungo e l’anno scorso Agrigento da ottava fece il gran colpo, giocandosi poi la promozione fino all’ultimo con Torino, salita in serie A dopo aver chiuso la regular season con 10 sconfitte.
Dall’inizio della stagione i tifosi s’interrogano se questo quintetto sia più forte di quello dell’ultima versione di Ramagli, quello che è certo è che sono arrivati giocatori dal piano superiore (Cortese, Spanghero, Chikoko, Michelori), ma la leadership e la capacità di reggere la responsabilità non si pesano con le statistiche. E la pazienza di veder sbocciare il”centro verticale” preferito a Monroe non può prolungarsi all’infinito. Come le difficoltà di affrontare il pressing senza un playmaker puro. La società può giocare ancora la carta del comunitario, ma la costruzione della rosa è stata fatta in stretta sinergia con l’allenatore.
La squadra è stata plasmata sul gioco e sulla mentalità del coach bustocco, ovvero il famoso trittico emozione, appartenenza, urgenza. La partita con Trieste aveva offerto l’impressione proprio di un senso di appartenenza, la trasferta a Roseto ha palesato invece un preoccupante passo indietro. Marco Crespi analizzando la sconfitta in Abruzzo ha spiegato che la squadra si è persa in 4-5 bicchieri d’acqua. L’impressione è che in realtà sia finita dentro una damigiana.
BUON ANNO GIALLOBLU’
Quello che non torna nel cammino della Tezenis targata Crespi in questo 2015 che va in archivio sono le due sconfitte al Palaolimpia con Legnano e Treviglio, soprattutto la seconda, ma nemmeno troppo, visto che Legnano ha espugnato il Palaverde e Treviglio ha fermato la corsa di Brescia. L’ultima partita dell’anno, invece, fa storia a sè.
E se escludiamo la sfida ad armi impari con Imola, la Tezenis ha vinto in modo netto tutti gli scontri diretti con le squadre che la precedono in classifica o che occupano la stessa posizione, e ha perso d’un soffio (sprecando un’occasione) sul campo della capolista Brescia.
Un dato che deve far riflettere sulle potenzialità della Scaligera. La filosofia spicciola ci dice che è meglio vincere sempre o il più possibile, il sano pragmatismo invece insegna che bisogna vincere quando conta.
Buon anno, rigorosamente gialloblù.
GRAZIE SILVIO
Il ricordo più netto che ho di Silvio Bertacchi, il coach – scomparso sabato a 73 anni – che portò la Citrosil in A2 e tenne a battesimo il Palaolimpia, non è legato ad un campo di basket. Trasferta a Trieste, nella stagione che sarebbe finita con la retrocessione per ambedue le squadre: il pullman è sulla camionale che porta in città, dall’alto si scorge l’ippodromo di Montebello con una corsa in svolgimento. Bertacchi riconosce cavallo e fantino al comando. Nel frattempo Diego Arrigoni, suo scudiero in campo e sodale in sala corse, sfogliando “Trotto Sportsman” con un bestemmione fa presente al suo coach l’imperdonabile dimenticanza di non aver puntato su un cavallo di nome Stecchino.
La passione per l’ippica e la relativa competenza di Bertacchi erano superiori anche al basket, che lo aveva portato a diventare assistente di Pippo Faina all’Olimpia Milano, nella stagione dell’Innocenti. E fu lui a convincere i gemelli Boselli a lasciare il nuoto per i canestri.
Allenatore (tessera n° 231) e al tempo stesso insegnante di Educazione fisica negli istituti superiori milanesi, come ha scritto Marco Crespi, tracciando su Facebook un bel ricordo del suo “maestro”, che ogni martedì preferiva alle lezioni di Giurisprudenza, trascorrendo quattro ore in palestra a parlare con lui di basket, prima di essere accompagnato in stazione per tornare a Busto Arsizio.
Già, perché Silvio Bertacchi, il professor Silvio Bertacchi, non è stato solo il principe di Novate e il guru di Busto. A lui si deve il primo boom della Verona dei canestri. La sua Citrosil, dopo la promozione conquistata battendo nei playoff Pescara (e agli occhi dei veronesi questo è un merito in più), lasciato il Coni per il palasport non ancora Palaolimpia, perdeva quasi sempre: 9-21 il bilancio finale con ultimo posto e retrocessione. Però, sarà stata la novità, sarà stato il nuovo palasport atteso per anni, la gente veniva. Fino ai cinquemila e passa spettatori nella sfortunata partita con la Corsa Tris Rieti che sancì il ritorno in serie B.
Era la Citrosil di Jay Bilas (anche per quello c’erano tante donne al palazzo) e Scott Meents, e poi di Leo Rautins. Di Zamberlan e Dalla Vecchia. Ma il debutto assoluto a Verona in serie A fu con il botto. 21 settembre 1986: 93-69 su Forlì di “mr. 34 rimbalzi” Mark Landsberger, con un parziale 53-22 nella ripresa. Niente male.
L’addio da Verona fu accompagnato da una specie di esonero a campionato già finito e da uno scontro con l’allora g.m. Ferdinando Torresani. Difficile dar torto a Bertacchi, un gentiluomo, una persona perbene. Fu lui a portare Marco Lamperti a Verona, ricevendo ingratitudine la stagione seguente. E sempre lui gestì con delicatezza il male oscuro di Ugo Govoni.
Aveva smesso di allenare nel 1994, a Legnano, gli Knights che gli hanno dedicato la vittoria a Treviso. Anche la Tezenis saprà onorare la sua memoria. Intanto lo piangono gli amici del mitico Canaglia Club.
Invece non smise certo di frequentare sale corse e l’ippodromo di Siro, che gli ha dedicato una targa emblematica: “Grazie Silvio per il contributo che hai versato all’U.n.i.r.e. (Unione nazionale incremento razze equine) in tutti questi decenni”.
Chiudo con un ricordo molto personale: per il mio matrimonio (due anni dopo la fine dell’esperienza a Verona), mi spedì un telegramma: “E’ la tua telecronaca migliore”. Come ci hai preso! Una tris piena coach. Riposa in pace.