MANTOVA CHI?

Se la sfida con Mantova doveva essere l’esame della verità per la Tezenis e per Marco Crespi, la risposta è stata una sola e categorica: Verona c’è. La risposta della squadra dopo la sconfitta casalinga con Treviglio e a conclusione della settimana più lunga – caratterizzata dalla fiducia incondizionata rinnovata dalla società al progetto e a Crespi – è coincisa con la miglior Tezenis della stagione.
E’ noto che se giochi male e fai tanta fatica in attacco, difendendo bene puoi solo migliorare. E contro Mantova è stato così. Conforta che Verona abbia schiantato la capolista con il centro titolare ancora poco concreto e troppo falloso, ma la difesa non ha concesso nulla, e ogni vittoria parte da lì. E dal lavoro in allenamento, curato con attenzione maniacale in ogni dettaglio. Poi le buone percentuali aiutano molto. Ed anche la conduzione dalla panchina è sembrata più lucida, favorendo la serenità mentale della squadra.
Così, se la Tezenis ha asfaltato Mantova (mai in partita fin dalla palla a due) ed ha sbagliato il tiro per andare al supplementare in casa di Brescia, si può guardare con più fiducia, restando però sempre sul pezzo. E’ vero che adesso il calendario dovrebbe aiutare, ma i precedenti con Legnano e Treviglio bastano e avanzano.

SENSO DELLA RESPONSABILITA’

Matteo Da Ros si prese una caterva d’insulti per aver scritto ironicamente un tweet, dopo l’eliminazione della Tezenis contro Agrigento, che queta volta era stata colpa del custode.
Emanuele Rossi non ha mai giocato a Verona, è stato allenato da Crespi a Casale nella prima parte della stagione 2007/2008, poi se ne andò a Treviglio. Dove è tornato l’anno scorso dopo due stagioni a Omegna e altrettante a Chieti. Ha aspettato otto anni per ritrovare Crespi, vincere e attaccarlo su facebook.
Se volete leggere cosa ha scritto lo trovate sul sito.
Al di là della correttezza o meno di rendere pubblico uno sfogo del genere (dopo otto anni lascia il tempo che trova), l’intervento di Rossi tuttavia alimenta le perplessità sul clima dello spogliatoio veronese e sulla tenuta mentale della Tezenis.
Nessuno mette in discussione la competenza di Crespi (lo ha ammesso perfino Rossi), però sono emerse criticità che sembrano imputabili anche dell’accessiva agitazione del tecnico, dietro la quale potrebbe nascondersi una sostanziale insicurezza.
Ecco qualche cambio di giocatori che avevano appena segnato, ma “colpevoli” di un errore difensivo. Ecco la mancanza di lucidità necessaria per gestire finali punto a punto.
Marco Crespi sostene giustamente che la valutazione della performance di un atleta professionista ha tre livelli: un quoziente di energia, uno di responsabilità e quello di saper riconoscere il proprio ruolo. È il quoziente di responsabilità che dobbiamo migliorare.
E dal suo punto di vista Giorgio Pedrollo ha ragione nel credere “ciecamente” nel sostenere il progetto affidato a Crespi. La squadra è stata costruita ad immagine e somiglianza del suo allenatore, cambiare potrebbe essere complicato.
Ma è anche vero che ci sono dei segnali che non vanno ignorati. Pedrollo jr. lo ha capito e ritiene che saranno superati. Il campionato è lungo. Resta da vedere se il tempo sarà galantuomo. Dopo tutto c’è chi ha aspettato otto anni…

AI VERONESI STA A CUORE IL BASKET?

Un mio breve video postato su facebook per mostrare il “desolante deserto” del Palaolimpia durante la partita con Ferrara ha sollevato vari commenti. Li riassumo sinteticamente: i veronesi vanno al basket solo quando vince e fa figo andare al palasport, l’anno scorso ha lasciato un pesante segno, la partita il giovedì sera taglia una parte di pubblico, quest’anno c’è poco entusiasmo, la Tezenis non uccide il campionato come la scorsa stagione, ci sono pochi soldi e non distribuiscono biglietti omaggio, ai veronesi del basket non gliene può fregare di meno, un conto è essere tifosi ma se uno ama il basket preferisce fare allenamento o guardare l’Eurolega in tivù, è sempre stato così, i veronesi sono dormiglioni.
Tante opinioni, qualcuna condivisibile, altre decisamente meno. Ma la domanda resta sospesa e legittima.
La Calzedonia di volley contro Modena ha richiamato quattromila spettatori al Palaolimpia. Certo, una partita di cartello in A1 non è paragonabile a una partita infrasettimanale contro una squadra arrivata dalla “Silver”, ma condivido il disappunto (e anche lo sconforto, credo) del patròn Pedrollo. La Scaligera Basket ha una struttura già da serie superiore, sta cercando di investire sul marketing e nella promozione sul territorio coinvolgendo le scuole e le società (magari se lo avesse fatto anche sul settore giovanile fin da quattro anni fa sarebbe stato meglio…) e mediamente ogni domenica arrivano circa 400-500 ragazzi delle varie società veronesi con i genitori, grazie alla campagna promozionale “I like Scaligera”, affidata a Fabio Crivellaro.
E allora cosa manca? Ho l’impressione che lo “zoccolo duro” si sia ridotto un po’, probabilmente -come sostiene la nobile speaker Massimilla – la conferma si potrà avere lunedì 23 novembre, quando al Palaolimpia si sarà il big-match con Mantova. Ahi ahi, un’altra partita infrasettimanale, e di sera…

IL SENSO DELL’URGENZA, DI VINCERE

Palermo, Navarini, Marini, Sacchettini e Allodi. Un americano che giocava in Svizzera (capocannoniere, però), uno che nelle ultime due stagioni è stato in Ungheria e Matteo Frassineti: ve lo ricordate? Sei partite all’inizio della prima stagione di Ramagli. L’anno scorso era finito alla derelitta Forlì. Sono i giocatori di Legnano che hanno confezionato la sconfitta casalinga della Tezenis. Caduta contro una squadra ordinata, umile, arrivata al Palaolimpia con due pullmini.
Pochi fronzoli, insomma, e tanta concretezza e serenità. Quelle doti che sembrano improvvisamente sparite in casa Scaligera. Le due vittorie facili a Trieste e con Roseto forse hanno fatto calare la tensione, perché l’impressione è che sia venuta meno la tenuta mentale. La difesa regge, ma il calo finale in attacco ha mostrato segni evidenti di ansia: le ultime rimesse e le successive gestioni dei possessi sono sotto gli occhi di tutti. C’era paura di sbagliare.
Giocare con i favori del pronostico non è facile, ma la squadra di Crespi non deve pagare dazio per talento ed esperienza. E il senso dell’urgenza è quello della vittoria. Perché un passo falso ci può stare, il secondo forse, ma in casa Pedrollo la parola sconfitta non è gradita.

MEGLIO ADESSO CHE NEI PLAYOFF

Mai dire mai. Il basket è uno sport euclideo, come amava dire il coach-gentleman Mario Blasone, ossia chi è nettamente più forte vince, non come nel calcio dove una squadra nettamente più scarsa si chiude in difesa per 90 minuti e magari riesce a portare a casa lo 0-0.
La sconfitta subita dalla Tezenis a Rimini contro la Fortitudo dimostra che la superiorità della squadra di Crespi decantata a destra e manca (compreso il sottoscritto) in realtà è stata spazzata via al primo esame ostico, sebbene in campo neutro, sebbene contro un’avversaria ancora al palo, sebbene guidata da un 18enne, ma pur sempre capace di raddrizzare una partita fino a quel momento comandata dai giganti gialloblù
Nulla cambia riguardo alle potenzialità di Verona, e con un po’ di filosofia spicciola si può affermare che è sicuramente meglio perdere qualche colpo adesso, piuttosto che nei playoff. Il campionato si dimostra bizzarro: Trieste ridicolizzata dalla Tezenis, dopo due settimane travolge Imola; Roseto ancora incompleta, dopo il netto k.o. al Palaolimpia schianta Brescia, una delle squadre considerate al top. E nel girone Ovest la ripescata Agropoli è ancora a punteggio pieno.
Tutto questo per dire che probabilmente ne vedremo ancora delle belle, ma il break suicida di Rimini e la conseguente sconfitta con la Fortitudo sono una lezione utile per i giganti di Crespi.
Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

CONTA VINCERE

L’attesa è finita, si comincia. La nuova avventura della Tezenis di Marco Crespi parte da Trieste. Trasferta non irresistibile ma tutt’altro da sottovalutare per la Verona dei canestri che si affaccia a questo campionato di A2 con i gradi di grande favorita per la promozione e con una preseason che l’ha vista competere anche con le squadre più attrezzate del piano superiore.

Tuttavia quei risualtati lasciano il tempo che trovano, è fondamentale invece che la mentalità e il gioco di Crespi comincino a consolidarsi nel gruppo dei giganti gialloblù. Emozione, appartenenza, urgenza, però alla fine la parola d’ordine è una sola: vincere. Tutto il resto è noia (Califfo cit.).

LA SINDROME DI TAFAZZI

In questo Europeo che per merito della capillare copertura di Sky ha coinvolto tanta gente, anche non fedelissima del basket, il rammarico degli appassionati veronesi per il quinto posto degli azzurri viene un po’ mitigato dal premio di Mvp assegnato a Leonardo Totè nell’All Star Game Under 18 giocato a Lilla.
Spiace dover tornare sull’argomento, ma grida vendetta al cospetto degli dei cestistici vedere lontano dai colori gialloblù un siffatto talento, veronese Doc, cresciuto in una piccola società (Carlo Steeb), passato in Scaligera e poi finito alla Reyer Venezia.
Mi si perdoni il paragone un po’ “grossier”, ma è come se dopo aver frequentato una bellissima e disponibile fanciulla la lasciassimo cadere nelle braccia di un altro senza batter ciglio.
Totè è stato inserito al 18°posto nel ranking Nba dell’annata ’97 ed in questo precampionato con Brescia è stato impiegato con una ventina di minuti di media. Invece in riva all’Adige si è preferito puntare su un cavallo di ritorno, ma non è questo il problema, visto che ogni allenatore è legittimato a costruire la squadra che ritiene più adatta al suo gioco e agli obiettivi che vuole raggiungere.
Il problema è che una società con la storia e le ambizioni della Scaligera non doveva lasciarsi scappare un giocatore come Totè. Non ci sono giustificazioni: ce l’avevamo in casa e l’abbiamo lasciato andare. Un autolesionismo degno del miglior Tafazzi.
E la lista può allungarsi con i gemelli Czumbel di Pescantina, ma c’è la possibilità di rimediare: sono solo in prestito a Trento…

PRUDENZA E PAZIENZA

Mai giudicare una squadra dal precampionato. Una vecchia, saggia regola non scritta, che invita alla prudenza e soprattutto alla pazienza. meglio aspettare.
La prima uscita della Tezenis è stata confortante sotto certi aspetti, un po’ preoccupante sotto altri. Positivo l’impegno del collettivo e lo sforzo di trovare sempre la soluzione migliore per andare a canestro; tra questi anche le motivazioni che animano l’unico giocatore gialloblù che – almeno in principio – dovrà fare i conti con il fardello di muoversi sotto il giudizio costante dei tifosi, ovvero il “figliol prodigo” Da Ros. Luci in cabina di regia con la premiata ditta Spanghero-Saccaggi, qualche ombra nel pitturato, dove il nuovo centro Chikoko non ha mai fatto canestro.
Ma è presto, troppo presto per esprimere giudizi compiuti. Due stagioni or sono la Tezenis di Ramagli fece praticamente percorso netto, e poi ricordiamo come andò a finire.
Per non parlare dell’ultima stagione. Ci vogliono prudenza e pazienza.

OTTO SU NOVE

La Tezenis ha completato il roster e adesso scatta l’attesa per vedere al lavoro la squadra di Marco Crespi. Dire che è rinnovata è fin troppo limitativo, visto che la formazione della scorsa stagione è stata letteralmente rivoluzionata: otto giocatori nuovi tra i nove che saranno utilizzati da coach Crespi per le rotazioni. Una panchina più lunga e maggiori opzioni (in particolare sotto canestro) rappresentano il valore aggiunto del nuovo corso della Verona dei canestri.
La società ha affidato a Crespi le chiavi della Tezenis; il nuovo allenatore è noto per essere molto meticoloso: cura ogni particolare con attenzione maniacale e soprattutto pretende che tutti siano sempre “sul pezzo”.
Per questo è stata allestita una squadra a immagine e somiglianza dell’allenatore; tutti quelli saliti sulla barca gialloblù sono stati scelti dal timoniere che ha plasmato un gruppo che sembra avere le qualità predilette dal tecnico bustocco: intensità, aggressività, dinamismo, spirito di sacrificio. In buona sostanza il trittico ”emozione, appartenenza, urgenza” sui cui poggia il Crespi-pensiero. E in più aggiungerei le motivazioni che sicuramente dovranno dare la carica a Matteo Da Ros, animato da giusti propositi di riscatto e dalla legittima voglia di smentire i mugugni di una parte dei tifosi.
Ma un paio di domande un po’ maliziose restano in sospeso nel cielo del Palaolimpia. Una squadra che ha dominato la regular season e ha vinto anche la Coppa Italia (lasciamo perdere l’infausto epilogo nei playoff…) era proprio tutta da buttare? E non sarebbe stato opportuno riportare a casa un talento come il veronesissimo Leonardo Toté (finito in prestito a Brescia), anche se solo per una stagione? La fotografia del settore giovanile scaligero è nell’ultimo ingaggio: il 18enne Bernardi, arrivato in gialloblù solo perché Trento non fa l’Under 20.
Allora onore a Capitan Bosca e un affettuoso saluto a Sandrino De Pol. Una figura come la sua avrebbe fatto ancora comodo, ma evidentemente le strade si dovevano separare. E comunque 8/9 è un’ottima percentuale di tiro…

EMOZIONE, APPARTENENZA, URGENZA

Il nuovo corso della Tezenis è cominciato nel segno della sobrietà. Nessun proclama (come magari capita talvolta al presidente quando prevale il lato “ganassa”), ma piuttosto tanta sana concretezza. Piedi per terra. Così sono stati subiti smentiti quegli antipatici luoghi comuni: tipo “Crespi se la tira, come tutti quelli della scuola milanese”, oppure “Non è adatto all’A2 perché è abituato ad allenare con sette stranieri”, dimenticando che il neocoach di Verona questo campionato l’ha vinto due volte con Biella e Casale.
Crespi ha reso omaggio al suo predecessore Ramagli, ha avuto l’umiltà e l’onestà di ricordare che l’ultima avventura in Spagna a Vitoria non è nemmeno cominciata, ma soprattutto ha subito spiegato che dire che si parte per vincere significa essere ignoranti.
Il nuovo coach gialloblù ha rivolto l’attenzione di tre capisaldi che inquadrano perfettamente la sua filosofia cestistica: emozione, appartenenza al prodotto e senso di urgenza. In tre parole significa scegliere giocatori che abbiano capacità ancora di emozionarsi con la loro professione di trasmettere emozioni; puntare su un modo di giocare che renda l’idea che ogni giocatore è protagonista, a cominciare dal lavoro in allenamento; le partite si perdono anche facendo un paio di brutte difese nel primo quarto e quindi è fondamentale essere sempre sul pezzo, dal primo all’ultimo momento. I giocatori che arriveranno a Verona e qualcuno che potrebbe restare faranno bene a tenerselo a mente.
Tre comandamenti che, nel mio piccolo, ho sempre cercato di trasmettere ai tanti giocatori con i quali ho trascorso un pezzo di cammino comune “on the court”. E uno più chiunque altro rappresenta al meglio tutti questi principi: si chiama Lorenzo Biasi. Perdonate la digressione personale, ma anche nelle ‘minors’ ci sono persone da prendere ad esempio.
Buon lavoro a coach Crespi e adesso me ne vado in vacanza. Appuntamento a fine luglio.