Magari mi sbaglio (come capita spesso) ma, riguardo alla vicenda Monte dei Paschi, ho l’impressione che questi nostri grandi (?) banchieri siano più pirla che ladri. Pirla come noi risparmiatori che eravamo convinti di fare i soldi comprando i bond argentini o le obbligazioni Parmalat.
Ricordo quando Telenuovo la mattina mandava in onda una serie di rubriche, dalle ricette agli animali. Erano gli anni del boom della borsa: Il cuoco arrivava col Sole 24 Ore sotto il braccio, il veterinario anche. Fuori trasmissione ti spiegavano come guadagnare il 10% in una settimana comprando quale azione. Tutti finanzieri, tutti pirla: loro che pensavano di esserlo, noi che li ascoltavamo.
Pirla come quei funzionari dei comuni che li hanno mandati in dissesto finanziario comprando derivati. Loro, i funzionari, non i sindaci che spesso nemmeno venivano interpellati sugli investimenti fatti. E loro investivano i soldi in cassa (che non potevano essere spesi) e magari lo facevano in buona fede, convinti cioè di fare l’interesse del comune stesso, ma lo facevano da pirla: troppo banale comprare titoli di stato, meglio la Lehmann Brother che rende di più. Pensavano di essere diventati finanzieri e si son fatti tosare come pecorelle…
Ho l’impressione che questi nostri banchieri non siano tanto diversi. Magari hanno fatto un paio d’anni alla City di Londra e si son convinti di aver appreso i segreti della grande speculazione internazionale…si reputavano i Soros de noaltri! E hanno comprato derivati a raffica sicuri di fare affari d’oro per la propria banca. Invece l’hanno distrutta.
Forse è sfuggito loro un dato strutturale: un colonia (prima statunitense e poi tedesca) non può fare affari ma solo donazioni. Non li fa l’ultimo dei coloni, il risparmiatore, e nemmeno il primo cioè il banchiere. Gli affari li fanno solo i colonizzatori. Quelli, tanto per dire, che oggi ci impongono di contribuire a ripianare il debito greco per garantire il rientro alle banche tedesche che si sono esposte con la Grecia…
La tragedia è che da noi i pirla vengono promossi: dal vertice di Monte dei Paschi al vertice dell’Associazione bancaria italiana. Giuseppe Mussari: promozione per merito di dissesto.
La tragedia è che Bankitalia, che dovrebbe controllare, oggi si lamente che i controllati non si siano fatti controllare, cioè non abbiano fornito spontanamente la documentazione dei loro disastrosi tramacci.
La tragedia è che i pirla sono più nefandi dei ladri. Perchè i farabutti sanno fare gli affari, mentre i pirla sanno solo prenderlo in quel posto.
CATTOLICI E ISLAMICI UNITI CONTRO I GAY
Nella mega manifestazione di Parigi contro le nozze gay mi sembra interessante sottolineare la presenza – accanto a centinaia di migliaia di cattolici – di decine di migliaia di mussulmani. Della serie: cattolici e islamici uniti contro i gay…
Uniti coerentemente alle loro religioni che non contemplano la completa libertà individuale, che non mettono al primo posto i diritti civili, ma l’obbligo di sottostare ai dettami della legge divina. Perchè l’individuo appartiene a Dio e quindi non è padrone della propria vita e delle proprie scelte ma deve, appunto, sottostare a quanto prescrive la sua religione. E la religione cattolica, al pari di quella islamica, condanna le pratiche omosessuali.
E interessante notare che anche i regimi dittatoriali, comunismo in testa, considerano l’omosessualità addirittura un reato da perseguire. La logica è la stessa: l’individuo appartiene allo Stato e quindi non è libero di scegliere lui i comportamenti, compresi quelli sessuali.
In quasi tutto l’Occidente oggi, per fortuna, le libertà e i diritti civili vengono riconosciuti. Il 56% degli stessi francesi è favorevole alle nozze gay. Da noi perfino il Cavaliere si è espresso a favore, se non delle nozze, dei diritti gay (al pari di Bersani). Anche se non formalizzate e normate, le libertà sessuali vengono comunque riconosciute: nessuno si sogna di perseguire i gay perchè sono gay.
Del resto i diritti civili costano meno delle riforme economiche!
Ed il paradosso è appunto questo, in Italia in particolare: le libertà economiche non hanno lo stesso riconoscimento delle cosiddette libertà civili-sessuali. Trovi più ostacoli (burocratici e fiscali) ad aprire una partita iva che ad aprirti ad una relazione gay! Puoi separarti tranquillamente dal tuo patner, mentre è vietato farlo dal tuo dipendente! Con conseguenze devastanti anche per lui, per il dipendente (e non solo per il datore di lavoro).
Il dramma dei tanti nostri cinquantenni che, perduto il lavoro, non trovano un altra occupazione, è infatti una diretta conseguenza della mentalità da posto fisso: adagiato nella certezza di averlo per tutta la vita, nessuno si attrezza né acquisendo diverse competenze e nemmeno mentalmente ad un cambio di mansioni. E quando la realtà te lo impone sei del tutto impreparato.
Nelle società economicamente libere ed aperte avviene il contrario. In Inghilterra, ad esempio, il posto fisso praticamente non esiste: solo contratti a termine che vengono rinnovati o meno a seconda dei risultati. Ma in questo modo tutti sono attrezzati e pronti (e vitali) a cambiare lavoro in qualsiasi momento della loro vita.
Molti sostengono che la libertà di relazioni sessuali, il cambio del patner, contribuiscono a tenerti vivo e vitale, a non farti invecchiare; mentre le relazioni monogame porterebbero ad una progressiva pace dei sensi… Non so se è vero. Ma se è così, lo stesso vale anche per i monogami del lavoro: è più salutare aprirsi ad una pluralità di esperienze lavorative…
BOATENG, L’EROE FURBETTO
La guerra contro il razzismo, tra Capodanno e l’Epifania, ha trovato il suo eroe: il calciatore del Milan Prince Boateng. Tutti a celebrare, osannare e glorificare, quel suo gesto tanto coraggioso: il pallone scagliato contro i tifosi della Pro Patria e l’uscita sdegnata dal campo di gioco!
Il primo a dissociarsi dal coro conformista è stato Zeman che ha osservato: “lo avesse fatto un calciatore bianco, l’arbitro lo avrebbe espulso”. Invece, avendolo fatto un nero, lo abbiamo assunto ad eroe…
Il razzismo è così drammaticamente serio che è vergognoso scambiarlo con la maleducazione e ancor di più pensare di sconfiggerlo con le pagliacciate. Serio. Pensiamo al razzismo religioso, cioè alle decine di cristiani che quotidianamente vengono massacrati solo perchè sono cristiani. Contro chi lo scagliamo il pallone? Contro i fanatici mussulmani o induisti? Dov’è lo sdegno unanime, dove la rivolta, dove gli spot Uefa, dove la scritta “No racism” di fronte ai fatti, cioè ai massacri?
Tutti pronti invece ad insorgere e a mobilitarci se i tifosi “uheggiano” all’indirizzo di un calciatore di colore. Tra l’altro non è chiaro se quelli della Pro Patria ce l’avessero con il colore della pelle di Boateng o con le sue frequentazioni amorose (Melissa Setta). In ogni caso siamo alle grida, alle parole, che pesano assai meno dei fatti. C’è comunque una vena di razzismo dietro a queste parole, dietro ai fischi? C’è. Anche se più sottile della richiesta avanzata in questi giorni dai cittadini di Trapani di allestire una linea apposita di trasporto pubblico da riservare a quegli sporcaccioni degli immigrati…
Richiesta degna dell’Alabama del secolo scorso! Ma che sui media non ha avuto lontanamente il risalto riservato al caso Boateng. Sarà mica perchè Busto Arsizio è al Nord e Trapani al Sud? Vien da pensarlo tornando a quanto osservato sempre dall’allenatore della Roma Zeman: che cioè puoi lanciare ogni genere di insulto, di fischi, di improperi o di grida, purchè rivolti all’arbitro o ai calciatori bianchi e nessuno si sogna che sia razzismo; mentre, se appena manchi di rispetto ad un calciatore nero, subito scatta l’accusa. Come mai? Non è razzismo alla rovescia questo che consente di insultare il bianco e lo proibisce solo se lo fai al nero?
Ci chiediamo perchè nessuno abbia mai insultato un giocatore nero serio come Seedorf, e tutti invece siano pronti a farlo con quel Boateng al cubo che è Mario Balotelli? E’ questione di pelle o di cialtroneria?
Quanto al calcio italiano anche qui il problema vero sono i fatti, cioè la violenza. Il problema sono quei tifosi del Napoli che hanno devastato (nel silenzio dei media o quasi) il nuovo Juventus stadium di Torino: distrutti i sedili del settore loro riservato e, non bastasse, spaccati anche lavandini e vater dei bagni.
Finchè circola gentaglia del genere nessuno potrà mai realizzare quegli stadi moderni su modello inglese, perchè tutti i servizi connessi (negozi, ristoranti, cinema, palestre) sarebbero a rischio devastazione della teppaglia. E così il nostro calcio resterà quello che è: il più arretrato d’Europa.
Chiudendo con l’eroe furbetto, Boateng cercava un buon pretesto per andarsene dal Milan in qualche squadra tedesca o inglese. Pare però che nessun di questi club europei abbia avanzato offerte. E così dovremmo tenerci l’eroe per un giorno e continuare a celebrarlo.
ANTONELLA E MARCO PANNELLA
Stamani la nostra giornalista Antonella Manna, come fa ogni giorno, ha accompagnato i suoi due figli all’asilo nido prima di venire in redazione. Li ha portati dentro e quando è uscita, pochi minuti dopo, ha trovato la sorpresa: le avevano rubato la borsa lasciata in macchina. Dentro aveva del contante, appena prelevato per pagare l’affitto, la carta di credito, i documenti, le chiavi di casa.
Ha fatto denuncia, inevitabile quando ti rubano i documenti anche se inutile quanto a risultati, e, oltre al danno subito, deve anche spendere per cambiare le serrature dell’abitazione. Era così depressa e traumatizzata che non ha nemmeno condotto Rosso & Nero, come fa ogni Mercoledì a ora di pranzo.
Parlo di Antonella perchè ce lo ha raccontato. Ma quante sono state, sempre oggi, le donne che in Veneto hanno subito un uguale trattamento? Quanti gli appartamenti derubati? Ogni tanto i media ne parlano: è una notiziola di cronaca quotidiana , a meno che il derubato non vanga anche pestato o ucciso. Ne parlano ogni giorno i cittadini al bar e nei luoghi di ritrovo. Lo Stato invece tace, sembra che il fenomeno non esista, che non sia un problema.
Veniamo a Marco Pannella. Condivido fino in fondo la sua battaglia: la situazione delle nostre carceri è vergognosa. Dirò di più: è una barbarie indegna di un Paese civile anche il 41 bis ai mafiosi. Se le carceri devono diventare un luogo di tortura, tanto vale scioglierli nell’acido che facciamo prima e ci costa meno…
Ma quella di Pannella è una battaglia di nicchia, lontanissima dal comune sentire: come fai a proporre l’amnistia a cittadini in balia delle bande di predoni? Vorrebbero anzitutto vederli in carcere, vorrebbero essere tutelati. E, solo dopo, arriveranno a porsi il problema del trattamento riservato ai detenuti.
Nessun reato, nemmeno quelli sicuramente più gravi, crea un allarme sociale così capillare come gli scippi, i furti, le rapine. C’è una Procura della repubblica che metta questi delitti tra le priorità da perseguire? Se vi risulta, segnalatemela.
In compenso sento certi discorsi che sembrano giustificare i predatori: “non hanno lavoro, devono mangiare, c’è la crisi…”. Come se la crisi non ci fosse anche per Antonella, che adesso l’affitto dovrà comunque pagarlo anche se le hanno rubato i soldi…
Tornando a Pannella, il modello civile da imitare è certamente quello della Norvegia dove Breivik, il pazzo fanatico autore della strage costata la vita ad oltre 90 ragazzi, è detenuto in una cella che è un vero e proprio mini appartamento di lusso. Ma la Norvegia prima ha tutelato la sicurezza ed i beni dei suoi cittadini, e dopo si fatta cura del trattamento carcerario dei delinquenti.
L’idea che da noi possa avvenire il contrario è un’idea…tutta italiana.
LITIZZETTO LAVORA PER SILVIO
Non sto nemmeno a chiedere cosa sarebbe successo se, su una rete delle Tivù pubblica (o anche privata) un ospiti fisso (in questo pagato dai soldi del canone) avesse esclamato:” Monti, Bersani avete rotto il c…!”. Di Monti, in particolare, sono molti a pensarlo, e pronti ad applaudire l’esclamazione, ma eravamo in Rai e non sul blog di Grillo…
Mi preme invece notare che in questo modo la Litizzetto ha fatto il gioco di quello che tanto gli ha rotto il c…
L’unico modo per pensionare definitivamente Berlusconi è infatti quello di sottrargli i consensi del suo popolo, del popolo di destra che quello di sinistra, ovviamente, mai lo ha votato. E secondo voi quale può essere stata la reazione degli elettori di destra di fronte al grido della Litizzetto che loro giudicano una delle tante stelline da sempre schierate a sinistra? Non credo gli abbia convinti a non votare più per lui, se mai il contrario…
Discorso analogo, anche se il tono è stato serioso e non certo volgare, vale per tutti quei mondi che sono insorti alla notizia del ritorno del Cavaliere. Parlo di Bagnasco o dei giornaloni (Repubblica e Corriere) o dello stesso presidente del Parlamento europeo il tedesco Schulz: tutti a dire che è un disastro, una sciagura per il nostro Paese, che l’Europa non lo permetterà.
Perfino uno zombie della politica come Gianfranco Fini (il suo Fli è dato attorno al 2%) si è affrettato a puntualizzare che “Berlusconi ha già perso”. Vero. Purchè Fini & c. non gli diano una mano a resuscitare ponendolo al centro del dibattito politico.
Lo scenario migliore per il Cavaliere è infatti la riproposizione dell’ennesimo referendum sulla sua persona. Dell’ennesimo scontro pro o contro Berlusconi. Lo scenario peggiore è invece il silenzio. Il silenzio composto che accompagna il funerale, anche quello degli ex leader politici.
Vi immaginate la delusione di Silvio se l’annuncio della sua ennesima ridiscesa in campo fosse stata accolta dal disinteresse generale, riservato alle scelte di un Fini o di un Rutelli? Sarebbe stato il segno tangibile della sua morte politica…La Litizzetto in modo sguaiato, gli altri seriosi e composti, ma ho l’impressione che tutti stiano invece lavorando alla resurrezione del Cavaliere.
SCOCCA L’ORA DEL DOROTEO ROSSO
Scocca l’ora del doroteo rosso
Dopo la netta vittoria su Renzi, e di fronte allo sfaldamento in atto nel centrodestra, oggi non si vede chi se non Pierluigi Bersani possa essere il prossimo premier che governerà il Paese dopo il 10 Marzo.
Scocca l’ora del doroteo rosso. Bersani è una garanzia anche perchè viene da questa tradizione di serietà e buongoverno: quella dei comunisti emiliani, i cosiddetti “dorotei rossi”, che erano l’interfaccia perfetta di quei dorotei del Biancofiore che per tanti anni hanno assicurato prosperità al nostro Veneto.
Stesso radicamento territoriale: qui con le cooperative bianche e la Coldiretti, là con la Lega e la Cia e la Cna; stesso controllo sul sistema bancario locale; stesso modello di sviluppo puntato sulle piccole e medie imprese. Uguale alla fine la cultura del lavoro e dell’impegno, che l’Emilia ha dimostrato anche con il terremoto rimboccandosi le maniche ed evitando inutili lamentazioni.
Il doroteo rosso si è subito qualificato dichiarando, in vista della battaglia per le politiche: “Non si può vincere ad ogni costo, non si può vincere raccontando favole, perchè poi non si governa!”
Più chiaro di così: non si può vincere con la demagogia di Renzi che prometteva 100 euro subito a tutti, ma nemmeno con il populismo della sinistra vendoliana che interpreta la ricetta keynesiana come una ripresa di spesa pubblica a 360 gradi.
Bersani ha fatto capire che si potranno fare passi concreti ma piccoli; che ci aspettano anni di cinghia da tirare; che non puoi rottamare l’agenda Monti né i vincoli europei; che potrai solo essere un po’ meno “ragionieristico” dei tecnici nel gestire i conti pubblici; che non esistono soluzioni miracolistiche per uscire dalla crisi.
Breve considerazione sullo sconfitto. Col senno di poi Renzi è stato il miglior alleato di Bersani: gli ha infatti consentito di rottamare tutta quella oligarchia soffocante che fin qui gli aveva impedito di essere il vero leader del Pd. Da qui in avanti D’Alema, Marini, la Bindi, Franceschini, Veltroni contano come il due di picche.
Nel bene o nel male, con successo o meno, a decidere tutto sarà il doroteo rosso. E potrà farlo grazie al sindaco di Firenze.
CHE LE PRIMARIE NON LE ABBIA VINTE…GRILLO!
Non vorrei che la primarie, alla fine, le avesse vinte…Grillo! Cioè l’antipolitica, o l’antipartitica (che per me sono la stessa cosa). Il dato più preoccupante è infatti quello della partecipazione: 3 milioni e 100 mila elettori – dopo tutto lo spazio mediatico e l’interesse che sembravano aver suscitato – non mi sembrano granchè. Anche tenendo conto che le primarie del solo Pd, per scegliere il segretario tra Bersani e Franceschini, nell’indifferenza o quasi dei media, avevano portato ai seggi 3 milioni e 300 mila cittadini.
Certo i tempi da allora (era l’Ottobre 2009) sono cambiati. Ma sono, appunto, cambiati: oggi il vento dell’antipolitica soffia impetuoso. Ed è il dato più preoccupante per chi creda che il Paese deve comunque essere governato. E per chi creda che non possono riuscirci dei politici improvvisati, che vantano un’onesta dovuta…alla mancanza di occasioni (Ricordate che in Tangentopoli non vi fu un solo esponente del Msi coinvolto? Per forza: erano tutti fuori dalla stanze dei bottini. Ma, una volta entrati, molti sono…Fioriti).
Il popolo del Pd può consolarsi col confronto ipotetico: fossero così folli da andare a primarie quelli del Pdl, porterebbero ai seggi più candidati che elettori!
Tuttavia resta profonda la sfiducia dei cittadini verso i partiti e verso la politica. Tale da temere che il 10 Marzo trionferanno Grillo e il non voto.
Il risultato di Bersani non è trascendentale. Resta però il probabile vincitore del ballottaggio (Vendola non può che appoggiarlo) e l’unico in grado di riunire poi una maggioranza (magari taroccata con i premi) che dia un governo politico al Paese, chiudendo la parentesi dei tecnici.
Chi creda a questa soluzione non ha la scelta tra un candidato premier del centrodestra, uno del centrosinistra e uno del centrocentro: può scegliere solo tra Bersani e Bersani.
Ciò detto Renzi ha ottenuto un risultato strepitoso: perchè tutto l’apparato del partito e tutta la Cgil erano con Bersani e lui, Renzi, che doveva intercettare i voti dei reazionari orfani di Berlusca, ha vinto invece proprio nelle Regioni Rosse!
Il che fa pensare (o sperare) che sia in atto un cambiamento epocale anche tra gli elettori della sinistra italiana.
SE LO CHEF BACCHETTA IL GIP
Lo chef in questione è Giorgio Chiesa, titolare di un noto ristorante di Cuneo, che ha criticato la decisione del gip di Roma di rilasciare, due giorni dopo, il figlio Cristopher, matricole a Scienze Politiche, fermato dopo gli scontri no global-polizia di mercoledì scorso.
Intervistato dal Giornale lo chef ha detto:”Altro che semplice firma, dovevano tenerlo dentro più a lungo. Se restano impuniti li glorifichiamo. Senza una punizione gli togliamo perfino il senso di colpa”.
Non che papà Giorgio sia stato un modello di educazione (mantiene il figlio, tutt’altro che studente modello già bocciato due volte a liceo, con tanto di appartamento a Monte Mario…) ma certo le istituzioni non aiutano i genitori nel difficile compito di educare.
Non sarà colpa del gip, quanto del legislatore, ma non c’è dubbio che i no global ne escono comunque e sempre impuniti. E ne deriva qualla certezza di impunità che diventa una vera e propria istigazione a ripetere i reati.
Emblematico il caso dell’allora leader dei centri sociali del Nordest, Luca Casarini, che ricevette il foglio di via dal questore di Padova e lui venne tranquillamente a Padova per bruciare in piazza lo stesso foglio di via: pubblica dimostrazione della totale impunità di cui godeva e gode.
Non si può poi non pensare a Pierpaolo Pasolini che, fin dal ’68, si schierò dalla parte dei poliziotti sostenendo che i veri proletari erano loro. Cristopher Chiesa lo conferma in pieno: lascia il suo lussuoso appartamento a Monte Mario per andare allo scontro con agenti modestamente retribuiti che certe abitazioni le vedono solo al cinema…
Il padre Giorgio, in fine, dimostra di conoscere la storia politica del nostro Paese quando aggiunge:” Comunista mio figlio? Ma nemmeno quello! I comunisti sono legalitari, lui è iscritto ad un centro sociale.” Verissimo: i comunisti erano e restano legalitari; ed infatti il vecchio Pci non aveva alcuna simpatia per ’68, sessantottini e derivati vari.
ALLUVIONE E CASTA DEGLI AGRICOLTORI
La paura per l’alluvione, tornata a farsi sentire in queste ore, ci ha fatto scoprire l’esistenza dell’ennesima casta: quella degli agricoltori. Anche loro, come tutte le altre corporazioni, intenti a perseguire i propri interessi in barba a quelli più generali. Nella fattispecie in barba al pericolo che Vicenza e Padova finiscano sott’acqua.
Un pericolo che per Verona, dove gli allagamenti erano abituali, non esiste più da quando è stata realizzata la grande galleria che consente di travasare nel Garda l’acqua dell’Adige in piena.
la soluzione è sempre quella: bisogna dirottare fuori a monte le acque del Bachiglione e del Brenta evitando che vadano a invadere le città. La soluzione sono i grandi bacini di laminazione, vaste aree agricole contigue ai corsi dei fiumi che possono, appunto, essere utilizzate in caso di necessità come scolmatoi. Come mai non sono state realizzate in questi due anni successivi all’alluvione del Novembre 2010?
Si potrebbe pensare che mancano i fondi o che siamo di fronte all’abituale lentezza di tutte le opere pubbliche. La ragione invece è un’altra: la casta degli agricoltori, dei proprietari dei terreni interessati che hanno messo in atto un braccio di ferro per lucrare quanto più possibile.
I danni alle culture dei terreni, se e quando vengono adoperati per contenere le acque, sono relativi. In ogni caso è stato offerto ai proprietari un robusto indennizo a prescindere, cioè versato in anticipo anche se il bacino non viene utilizzato: ben il 70% del valore dei terreni stessi! E – attenzione – non si tratta di un esproprio, bensì solo di un permesso d’uso lasciando loro la piena proprietà! Ma agli agricoltori non basta; sfruttando lo stato di necessità vorrebbero lucrare ancora di più. E la Regione è costretta a trattare. Perchè l’alternativa sarebbe l’esproprio dei terreni stessi con costi e tempi esorbitanti.
Così anche la casta degli agricoltori conferma l’assunto di tutte le altre caste: del bene comune me ne frego, penso solo ad ottimizzare il mio interesse personale.
L’ennesima dimostrazione che i privati, noi cittadini, sempre pronti a mettere i politici sul banco degli imputato, se appena ci si presenta l’occasione non siamo affatto migliori di loro. Si può obiettare, a ragione, che l’esempio, l’educazione al senso civico, è compito di chi ci governa.
Prendiamo atto che i politici hanno invece raggiunto in pieno l’obiettivo opposto: diseducare al massimo i cittadini. C’è qualcuno che riuscirà ora a rieducarli? Contiamo su Sant’Antonio e sulla Madonna di Medjugorje…
INNO OBBLIGATORIO, PREGHIERE ANCHE
E’ un provvedimento parziale questo varato dal governo Monti con l’obbligo di recitare l’Inno di Mameli all’inizio delle lezioni. Per completarlo, in nome del Concordato, l’obbligo andrebbe esteso alla recita delle preghiere: si entra in classe e, dopo aver ricordato per quanti secoli siamo stati “calpesti e derisi”, si prosegue recitando tre Pater, Ave e Gloria…
Chiaro che le preghiere obbligatorie non bastono per affollare le chiese, per tornare ad essere cattolici praticanti. E così non basta cantare l’inno nazionale per diventare “italiani praticanti”. Proprio come non serve intonare “Dio salvi la mia casta!” perchè questa sia nei fatti l’unica appartenenza, l’unica “Patria” che riconosciamo e per cui ci battiamo: per preservare i piccoli o grandi privilegi della casta dei politici, dei giornalisti, dei magistrati, dei geometri, dei pubblici dipendenti, dei sindacalisti con distacco, di medici e avvocati, dei bancari etc., etc.
Queste imposizioni ridicole, da Totò a Palazzo Chigi, nessuno si sognerebbe di attuarle coi francesci, gli inglesi, gli americani o gli svizzeri: il loro inno lo cantano già perchè ci credono, perchè hanno l’orgoglio di appartenere alla propria Patria o Nazione che dir si voglia.
Noi no. Solo l’Italia post unitaria ha cercato in tutti i modi di radicare questo sentimento: con la celebrazione del Risorgimento, con l’insegnamento nelle scuole, con i monumenti nelle piazze di ogni città, con poeti come Carducci e Pascoli. Già col fascimo è tornata la frammentazione: con il varo, appunto, delle corporazioni – lascito perpetuo del Regime alla repubblica italiana – col fatto che non contava essere cittadini italiani ma i diritti derivavano anzitutto dall’iscrizione al Partito nazionale fascista.
Poi – coerentemente – è seguita la stagione dell’inno alle ideologie: eravamo prima democristiani o comunisti o socialisti; la nostra patria sono stati i partiti non l’Italia.
L’amministratore delegato dell’Eni Scaroni raccontava di un sindaco francese che aveva accettato di ospitare nella sua città un rigasifficatore, non ostante fossero modesti i benefici occupazionali e tante le critiche per l’impatto ambientale. Alla domanda sul chi glielo avesse fatto fare ad accogliere ugualmente l’impianto, quale sindaco rispose: perchè me lo ha chiesto il mio Paese.
Se e quando saremo disposti a fare qualcosa per l’Italia, contro il nostro interesse personale e di casta, allora sì che avremo cantato – nei fatti – l’inno di Mameli. Senza bisogno di aprire la bocca e di imporre pagliacciate ai nostri ragazzi (che magari canteranno anche ma poi, i più bravi, scapperanno via da questo paese senza Patria e senza futuro).