LA VITTORIA DELLA CONCRETEZZA

Sono le vittorie come quella conquistata oggi a San Benedetto del Tronto dal Padova che più di ogni altra consegnano ai tifosi l’idea, anzi la certezza, di avere a che fare con una squadra concreta, emotivamente forte, di grande sostanza.

Non era semplice brillare dopo 25 giorni passati a non disputare una partita ufficiale. Dopo aver provato sulla propria pelle per la prima volta l’esperienza del Covid, anche se fortunatamente con soli 3 giocatori. Dopo aver dovuto accettare il rinvio della prima sfida dell’anno il 10 gennaio perché era l’avversario (il Carpi) ad essersi ritrovato a fronteggiare una trentina di casi di contagio.

Invece il Padova oggi ce l’ha fatta. E ce l’ha fatta perché è riuscito a scendere in campo lasciandosi alle spalle questi pesi e sfoderando una prova di orgoglio e saggezza allo stesso tempo. Sono particolarmente contenta di aver visto segnare Jelenic perché era giusto che toccasse anche a lui dopo le tante prestazioni positive non coronate dal sigillo personale. Lì davanti è poi rientrato Paponi che sarà, ne sono certa, uno degli acquisti di gennaio più importanti, dopo un girone d’andata caratterizzato da un infortunio e da diversi acciacchi fisici ad esso collegati. E’ stato poi emozionante rivedere Rossettini in difesa: aveva lasciato Padova nel 2007 da ragazzino, andando a conquistarsi la meritata serie A (categoria in cui ha messo insieme qualcosa come 300 presenze, mica 5 o 6 di sfuggita…), ora è tornato da uomo maturo per diventare un altro elemento in campo che distribuisce qualità nelle giocate e tranquillità mentale quando ce n’è bisogno. E soprattutto è tornato per riportare da protagonista il Padova in B.

Non abbiamo visto all’opera ancora Biasci, ma basta guardare i gol che ha realizzato a Carpi fino a prima di venire a Padova per capire che lì davanti farà il diavolo a quattro quando si riapproprierà della giusta condizione. Mi è invece piaciuto nel finale Santini, capace, ancora una volta, di far reparto da solo e di tenere alta la squadra.

Sabato prossimo inizia il girone di ritorno. Contro quell’Imolese che all’inizio del campionato ha rifilato al Padova la prima delusione di stagione. Vediamo di farla andare giù, valà, che son sicura che ce l’abbiamo ancora tutti sulla bocca dello stomaco.

P.S.: la vittoria della Virtus Verona in quel di Modena dimostra una volta di più quanto il girone B di serie C sia quanto di più equilibrato e terribile sia mai stato concepito in terza serie!

P.S. 2: un grazie di cuore a tutti per il pensiero che avete avuto nei miei confronti per il lutto che ha colpito la mia famiglia a dicembre. Non sono riuscita a rispondervi singolarmente. Mando in questo post un abbraccio (virtuale) e un ringraziamento a tutti!

UNA LOTTA PUNTO A PUNTO

 

Ci ha provato il Padova a chiudere l’anno (solare) in bellezza. Ci ha provato, sebbene contro il Modena si sia visto che lo smalto non è quello dei tempi migliori. Bastava un pareggio per salutare il 2020 da primi in classifica da soli con il Sudtirol a -1 e il Modena che rimaneva a -3 e invece il gol di Spagnoli ha disegnato l’attuale graduatoria con tre prime della classe a 33 punti.

Da una parte ha ragione Ronaldo quando dice che questa sconfitta (la quarta dopo quelle contro Imolese, Perugia e Feralpi) non deve far buttare all’aria tutto quello che di buono si è fatto, dall’altra ha ragione chi dice che questo stop insegna una volta di più, se ancora ce n’era bisogno, che questo girone B è davvero complicato e non sarà facile spuntarla alla fine. Sarà una lotta punto a punto e il Padova deve cominciare a farsi anche un po’ più cinico e concreto, anche a discapito della propria “bellezza”.

Concludiamo però il 2020 sul campo con la consapevolezza che la squadra sta lavorando bene e ha ancora margini per crescere. Che Nicastro, il bomber, era fuori. Che Paponi non è in forma. Che quando giochi contro una squadra che ha la miglior difesa perché è bravissima a chiudersi non è facile trovare spazi. E guardiamo anche stavolta il bicchiere pensando che sia mezzo pieno e non mezzo vuoto. A gennaio ci sarà il mercato e dunque la possibilità da parte di Sogliano di equilibrare dove c’è da equilibrare e di fornire alcune alternative in qualche ruolo. Il resto lo faranno l’allenatore e i giocatori sul campo.

 

Auguri di cuore a tutti voi!

 

UN SANTINI IN PARADISO

… ma soprattutto in campo!

Dedico questo post a Claudio Santini. Di cui già avevo parlato benissimo in occasione del suo ingresso insieme a Soleri nella parte finale di Ravenna-Padova. In quell’occasione, con la collaborazione dell’attaccante romano, aveva buttato in rete il 3-1 della tranquillità. Oggi ha fatto molto di più: col Padova in 10 per l’espulsione di Gasbarro è stato chiamato a dare il suo contributo in campo in un momento in cui c’era proprio bisogno di uno che spaccasse la partita. Mentalmente e tatticamente. E ci è riuscito alla grande segnando due gol (il secondo su un rigore da lui stesso procurato) e facendo espellere un avversario.

Ecco, Santini è l’esempio del lavoro che paga. Del sacrificio che esalta. Dell’atteggiamento che ti porta a vincere le partite. Della capacità di stare sul pezzo che ti fa rendere al massimo in campo anche se vieni chiamato in causa pochi minuti. Santini è il simbolo di un Padova che, grazie a questo stesso approccio, è riuscito oggi a riconquistarsi la vetta della classifica del girone B di serie C.

Nessuno in questo girone regala nulla. Men che meno il Gubbio che si è dimostrato avversario tosto, gagliardo. Ma se il Padova fa il Padova non ce n’è per nessuno. Le partite si vincono. I punti si portano a casa e la classifica non può che sorridere. Mercoledì contro il Modena l’ultima partita del 2020, poi ci si rivedrà a gennaio. Con un mercato che aprirà e un diesse Sogliano che dovrà capire se e in che modo la rosa va arricchita da una parte e sfoltita dall’altra.

Credo che Santini oggi abbia fatto intendere che da qui non si vuole schiodare, dimostrando di voler rimanere e di voler essere ancora protagonista. Vedremo chi rimarrà insieme a lui e chi invece prenderà il volo verso altri lidi.

L’IMPORTANZA DELLA GIUSTA MENTALITA’

D’accordo, c’è Francesco Nicastro che è già arrivato a 7 gol, consacrandosi bomber del momento dopo l’infortunio di Paponi alla prima di campionato: è indubbiamente lui ora il punto di riferimento nell’attacco biancoscudato, anche se a Ravenna non è riuscito a segnare.

Della Latta ha ormai finito di stupire per la sua prolificità sotto porta: anche al “Benelli” si è presentato puntuale all’appuntamento con il gol, di testa, alla sua maniera, cioè inserendosi al momento giusto come una faina e svettando sugli avversari con uno stacco imperioso. Fanno già 6 reti in totale, una garanzia davvero.

Saber fino a sabato era stato impeccabile in tutte le caratteristiche che lo rendono uno dei centrocampisti più forti della categoria, condendo le prestazioni oltre che con grinta e temperamento anche con una serie di assist e con un palo a Salò che gridava ancora vendetta: in terra romagnola il suo sigillo, di pregevole fattura, è una perla che si aggiunge ad una stagione fin qui strepitosa. Il giusto merito.

Oggi però voglio sottolineare ancora una volta quanto sia importante la mentalità di questa squadra che sta un po’ alla volta diventando quella di una realtà che vuole guardare tutti dall’alto fino alla fine del campionato. Il gol preso e la mancanza della giusta cattiveria in occasione dei tiri di Bifulco e Della Latta che potevano chiudere la partita ben prima del 94′ rappresentano aspetti ancora da limare e rivedere, ma la reazione dopo il pari dei ravennati e soprattutto l’ingresso in campo con la miglior concentrazione di chi è subentrato a partita in corso rappresentano vittorie nelle vittorie per Andrea Mandorlini. Solo così, ha detto anche l’allenatore, si può arrivare in fondo da vincenti. Solo questo, ha ribadito, è lo spirito giusto.

E i suoi ragazzi, ancora una volta, hanno risposto presente. Non lo hanno deluso. Ad esempio Hallfredsson, una volta entrato, si è messo davanti alla difesa a recuperar palloni e a impedire agli avversari di ripartire e ci è riuscito benissimo. Idem per Fazzi sulla fascia, nonché, lì davanti, per Soleri e Santini, protagonisti del 3-1 della tranquillità a una manciata di secondi dal fischio finale: Soleri è andato a rompere le scatole a dovere al difensore del Ravenna su una rimessa laterale, impossessandosi del pallone con personalità e servendo a Santini un assist d’oro, davanti alla porta, raccogliendo il quale il centravanti (che fin qui era stato protagonista solo con la bellissima rovesciata contro la Fiorentina in Coppa Italia) non ha sbagliato la mira. Tirando forte e angolato.

Non deve essere facile tenere tutti sulla corda e far sentire l’intero gruppo squadra ugualmente importante e magari qualcuno può non gradire la panchina. Così come la sostituzione se parte titolare. E’ normale: non fosse così sarebbe un brutto segnale. E invece questa è la strada giusta: pensare al Padova e ai risultati che può ottenere con le qualità di tutti. Che sono tante. Che sono quelle giuste per una squadra che ambisce al primato e al salto di categoria.

 

DEVASTANTI (IN TUTTI I SENSI)

Ottava vittoria. Vetta riconquistata. 5 gol fatti. Bel gioco. A guardare bene questa fredda domenica di fine novembre gli aspetti positivi in casa Padova sono davvero tanti. Sarà anche prematuro dire che questo gruppo è in grado di ammazzare il campionato, ma è indubbio che la marcia che sta tenendo è quella della grande squadra. Di una realtà coi numeri, costruita per fare cose importanti.

C’è però un però: l’unica cosa che questa vittoria, splendida per molti versi, non è riuscita a scacciare in maniera definitiva sono infatti i fantasmi visti a Perugia e a Salò. A tratti anche contro la Vis Pesaro in effetti si sono viste disattenzioni evitabili, che sono costate gol presi altrettanto evitabili. Anche stavolta la mentalità da macchina schiacciasassi (che ha portato il Padova sul 3-0 dopo appena 21 minuti) è andata a corrente alternata, vivendo alcuni abbassamenti di tensione che devono continuare a far riflettere e contro i quali si deve seriamente lavorare affinché non accadano più.

Pur partendo di gran carriera a sottolineare i tanti e reali aspetti positivi del successo odierno, anche l’allenatore Mandorlini ha ammesso che sì qualcosa si è perso ultimamente nella fase difensiva e che è proprio lì che il lavoro, che è stato sempre intenso in questi primi mesi di campionato, deve farsi ancora più mirato e deciso. Il tutto, ovviamente, senza fare drammi, visto che siamo di fronte ad una squadra che è tornata prima in classifica e che conserva il miglior attacco con ben 26 reti segnate (il Sudtirol ne ha 21, ben 5 in meno).

Chiudo con una menzione speciale a Nicastro, salito, coi suoi 7 gol segnati, sul trono dei bomber biancoscudati (oggi seconda doppietta personale) e con due menzioni altrettanto sentite per Ronaldo e Saber. Il capitano è stato superlativo, anche e anzi soprattutto mentalmente, Saber è uno di quelli, non l’ho mai nascosto, che, se sta bene, secondo me deve giocare sempre.

 

HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA

Al fischio finale di FeralpiSalò-Padova ho fatto fatica a trovare le parole giuste per commentare e comprendere la sconfitta per 3-1 rimediata sulle rive del lago di Garda. Mi sono sentita come un pugile suonato, incapace di riprendermi dai tre “pugni” sferrati con decisione dalla squadra di Pavanel ai biancoscudati.

Son sincera: di pancia la prima cosa che mi è venuta in mente (e che ho detto in diretta tv) è stato che la modalità del k.o. di Salò è stata molto simile a quella che ha portato due settimane fa alla sconfitta di Perugia. In entrambe le situazioni infatti, una volta sotto, siamo stati incapaci di mettere in campo una reazione degna di tal nome. Con la differenza però che a Salò in vantaggio ci siamo andati noi, facendoci riprendere subito dopo e superare qualche minuto più tardi.

Ad illuminarmi (più delle dichiarazioni dell’allenatore che ho visto in grossa difficoltà) le parole pronunciate da Simone Della Latta, anche oggi, come sempre, straordinario e non solo per il quinto gol in campionato. L’analisi che ha fatto della sconfitta e del Padova in generale è stata impeccabile. Da ascoltare e riascoltare più volte per capire da dove riprendere in mano il filo del discorso per non perderlo più.

Della Latta ha detto chiaro e tondo che “qualcosa manca” a questa squadra. E che, alla luce della battuta d’arresto di oggi, “Perugia non è stata solo un episodio” perché “è evidente che qualche lacuna c’è”. Ha poi aggiunto che il Padova in questo momento “non è in grado di ammazzare il campionato” e che invece dovrà “soffrire insieme ad altre realtà per giocarsela fino in fondo” perché in questo momento non è ancora riuscito a “spiccare il volo”.

Il suo pensiero è sembrato perfino troppo duro nei confronti di sè stesso e dei compagni. Nemmeno sull’oggettiva sfortuna legata al palo di Saber (che poteva valere il 2-2 e quindi risollevare almeno in parte le sorti del match) Della Latta è riuscito ad ammorbidirsi affermando che “se un episodio non ti viene a favore è perché ti manca qualcosa”.

Credo che, nonostante l’eccessiva intransigenza, Simone abbia ragione. Questa squadra sta mostrando purtroppo di avere qualche punto critico importante e la prima mancanza sta proprio in una personalità che dovrebbe essere elemento assodato di una rosa che ha certe qualità e una grande esperienza e che invece in alcune situazioni fa fatica ad emergere. Non può essere che a Perugia, dopo aver preso un solo gol, si crolli e se ne prendano altri due con tanto di rigore plateale provocato.  Non può succedere che a Salò, con le braccia ancora alzate per la gioia del vantaggio, si permetta all’avversario di andare a pareggiare nemmeno un giro di lancette dopo. Provocando poi anche in questo caso un rigore in una situazione francamente evitabile (per quanto l’intervento di Andelkovic sembri sul pallone).

La qualità della rosa quest’anno non è in discussione, in tutti i reparti. Il Padova è in grado di ammazzarlo davvero il campionato. Tre sconfitte sono già tante per una realtà che vuole arrivare davanti a tutte le altre ed è stata costruita per questo obiettivo. All’allenatore il compito di fare in modo che la personalità di questo gruppo diventi una costante e che lo stesso gruppo torni ad esprimersi come sa fare. Anche contro il Perugia, la Feralpi e tutte le altre dirette concorrenti che verranno.

LEZIONE IMPARATA (E ALLA SVELTA)

Il bello del Padova di quest’anno (e, va detto, del suo allenatore) è che non gli ci vogliono duecento partite per imparare la lezione di una sconfitta. Che non si incaponisce sui suoi errori spacciandoli per episodi negativi. Che non si intestardisce a voler ripercorrere una strada che ha portato ad una brutta figura per dimostrare chissà che cosa a sè stesso o ai tifosi.

A Perugia Andrea Mandorlini ha provato a schierare la formazione con un inedito 3-5-2 perché gli sembrava il modulo più adatto per contenere il Perugia, messo in campo in maniera esattamente speculare. E’ andata male. Non tanto per il 3-0 che alla fine è stato pure un risultato un po’ bugiardo, ma per il fatto che il Padova ha fatto fatica a creare occasioni e, una volta subito il vantaggio dei padroni di casa, non è stato più in grado di reagire accartocciandosi su sè stesso. Bene: contro il Matelica l’allenatore ci ha messo meno di un secondo a tornare all’antico e dunque al 4-3-3, restituendo ai giocatori le loro certezze e alla squadra il bel gioco al quale ci aveva abituato fino alla vittoria interna contro la Virtus Verona.

Risultato: è arrivato un rotondo 3-0 che ha, almeno per il momento, cancellato la battuta d’arresto di Perugia e restituito ai padovani il primato in solitaria. Non c’era miglior via per dimostrare che la lezione umbra era stata capita, metabolizzata e trasformata nella giusta rabbia per reagire e tornare al successo.

C’è però da aggiungere che il tanto vituperato 3-5-2 di Perugia oggi è stato “ripescato” a gara in corso e non è andata affatto male. Anzi. Con un vantaggio di due reti già in saccoccia, è stato utile a mettere lì il Matelica approfittando poi degli spazi lasciati dall’avversario per punirlo in contropiede (come è stato in occasione del terzo gol di Buglio). Quindi la lezione imparata è stata doppia: cioè in un sol colpo si è capito che un modulo diverso dal 4-3-3, che resta il migliore nel quale si esprimono i giocatori del Padova, è possibile. Ma magari a partita in corso e non dall’inizio. O magari con interpreti diversi rispetto a quelli dell’undici titolare (come è stato oggi quando Mandorlini si è visto costretto a mettere mano alla squadra pesantemente per gli infortuni a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro sia di Gasbarro che di Kresic e per la necessità di togliere qualche elemento per farlo rifiatare).

Il Padova (e Mandorlini) sono dunque stati bravi a voltare pagina in fretta e a riprendere il cammino di sempre. Con lucidità e tempestività. La serie C è impietosa: non ti dà il tempo di sbagliare due volte che sei già sotto. Imparare subito la lezione è stato importantissimo. Fondamentale per mettere un punto e andare a capo. Per ricominciare a volare e a vincere.

 

UNA LEZIONE DA IMPARARE

Siamo solo all’inizio del campionato. Mancano ancora tante partite. Una serata storta può capitare. Non facciamo drammi. Per fortuna abbiamo un’altra partita da giocare tra quattro giorni anziché tra sette: concentriamoci su quella. Voltiamo pagina.

Non c’è una di queste frasi che non sia stata pronunciata a fine gara dall’allenatore del Padova, Andrea Mandorlini, per cercare di spegnere la delusione di una sconfitta che, per carità, ci poteva anche stare nella tana della squadra più attrezzata del girone ma che, indubbiamente, ha fatto male. Molto male.

Siamo sinceri: lo 0-3 rimediato al “Curi” ha ferito profondamente il tifoso (e, ne siamo certi, anche Mandorlini, la squadra, Sogliano e la società tutta) soprattutto per la modalità attraverso la quale è maturato. Alla fine di una partita in cui il Padova, che pur, va detto, è rimasto primo in classifica, ha tenuto in mano le redini del gioco a lungo ma senza pungere. Tirando pochissimo in porta. Pensando soprattutto a contenere l’avversario e le sue folate e riuscendoci solo fino all’1-0 di Sgarbi.

Mandorlini dice che non è una questione di modulo, è una questione di interpretazione. Di sicuro non è per colpa del 3-5-2 se qualche errore individuale di troppo ha spianato la strada alla vittoria dei Grifoni, ma mi sento di dire che è proprio a causa di questo schieramento (fin qui inedito) che il Padova non è riuscito a esprimersi con la spregiudicatezza e i meccanismi oliati che hanno portato a quattro vittorie senza prendere gol nelle ultime quattro partite. Perché cambiare in modo così radicale nella partita più importante? Perché non andare sul sicuro visto che si giocava con una squadra che l’anno scorso è retrocessa inaspettatamente e ha mantenuto un’ossatura da serie B? Perché escludere il bellissimo Ronaldo visto contro la Virtus Verona dall’undici titolare? Ovvio che un singolo elemento da solo non ti fa vincere la partita, ma se è in un particolare momento di grazia, perché privarsene? Mandorlini ha risposto che riteneva quel modulo, speculare a quello del Perugia, il migliore per affrontare il big match, ma la storia della gara dice che l’obiettivo è stato raggiunto solo a metà e a discapito del gioco propositivo e fluido che il Padova aveva iniziato a proporre scalando la graduatoria fino al primato in solitaria di domenica scorsa.

Ai posteri, ovvero alle prossime giornate di campionato, l’ardua sentenza. Io mi limito a chiudere il post prendendo ispirazione da due dichiarazioni del difensore Pelagatti: “non è così drammatica come sembra” (vero) e “questa sconfitta ci deve servire da lezione” (altrettanto vero). Domenica col Matelica sarà già una prima importante prova della verità.

LA QUARTA SINFONIA DI FILA

Altra partita, altra vittoria. E fanno 4 sinfonie di fila. Senza prendere gol (e segnandone 2 come contro il Sudtirol e il Cesena).

Non c’è che dire: i numeri sono tutti dalla parte del Padova in questo momento. Un Padova che sta crescendo a vista d’occhio. Un Padova che, oltre a portare a casa i risultati e ad avere adesso il primato a +3 dalle dirette inseguitrici a quota 20 punti, è proprio bello da vedere.

Emozionante da morire il primo gol di Hallfredsson con la maglia biancoscudata (non segnava da maggio 2019, quando vestiva la maglia dell’Udinese), con tanto di assist intelligente di Jelenic e conclusione da cecchino infallibile a fil di palo dell’islandese.

Strepitoso il gol di Nicastro che è arrivato ad appoggiare la più comoda delle palle dentro la porta avversaria dopo una giocata da categoria superiore di Ronaldo (che ha messo a sedere due avversari) e dopo un inserimento al millimetro di Saber sul filo del fuorigioco. Non si tratta di gol casuali, di azioni come ce ne sono tante. Si tratta senz’altro del frutto del lavoro dell’allenatore Mandorlini in allenamento. Certi gol non nascono solo dall’estro di chi li riesce a realizzare, bisogna che il talento e la classe di ciascun elemento della squadra si combini con le caratteristiche di tutti gli altri.

Ecco il vero segreto del Padova di adesso. Ci sta riuscendo alla grande. Grazie a impegno e duro allenamento che vanno aldilà della qualità della rosa che indubbiamente c’è ed è elevata.

E CHE VETTA SIA (STAVOLTA IN SOLITARIA)

Stasera si è visto un bellissimo Padova. Un Padova che così spettacolare non è stato nemmeno nella prima parte della stagione scorsa in cui erano arrivati sei vittorie e un pareggio nelle prime sette giornate. E neppure nell’annata 2017-2018, quella con Bisoli in panchina, quella conclusa con la promozione in serie B con diverse giornate di anticipo.

Certo, c’è sempre il brividino, c’è sempre una sorta di piccolo contrappasso per il tifoso che anche stavolta, in quel di Cesena, vedendo le tante occasioni non concretizzate prima del vantaggio firmato da Ronaldo e del raddoppio made in Della Latta, ha temuto che potesse in qualche modo non finire bene come la squadra meritava che finisse.

E invece no. Troppo forte, troppo solido e troppo concreto questo gruppo che Mandorlini sta facendo crescere a vista d’occhio partita dopo partita. Tre vittorie consecutive nelle ultime tre giornate, tre vittorie in trasferta in tutto, primo posto, stavolta in solitaria, in classifica. Gli ingredienti continuano ad esserci tutti. Ora serve solo la parolina magica: continuità. Un diktat prima che una parolina magica.

Solo così la gioia di stasera potrà essere la gioia, moltiplicata per mille, della prossima primavera.