TANTO IMPEGNO, POCA CONCRETEZZA

Ribadisco anche in questo post il concetto che il Padova è ancora per molti aspetti una squadra in divenire, che può e anzi deve vivere un’importante evoluzione.

L’impegno non si discute: anche oggi sono state diverse le palle gol create dai biancoscudati, andati sotto dopo appena 60 secondi di partita con una doccia che definire gelata è poco. Una rete, quella di Bulevardi, che ci ha subito fatto venire in mente un altro gol preso in quel modo dal Padova nel lontano 2003, in occasione dell’andata della semifinale playoff contro l’Albinoleffe. A segnarlo fu Regonesi, in porta c’era Robertino Colombo. La palla prese una traiettoria strana e si abbassò sotto l’incrocio all’ultimo. Stavolta invece è rimbalzata davanti a Vannucchi e ha preso una velocità inaspettata, superandolo e insaccandosi a fil di palo.

Poco cambia. Alla fine il primo pensiero che abbiamo fatto è stato: meno male che stavolta non abbiamo perso. Già: sembra riduttivo accontentarsi del pareggio. Ma in realtà, per come si era messa, davvero ad un certo punto il pari pareva l’unica meta possibile. Fosse arrivato prima del 79′ il sigillo di Della Latta forse ci sarebbe stato il tempo per un capovolgimento del risultato sulle ali del ritrovato entusiasmo. Ma per ora, alla quinta di campionato, per quanto si stia al decimo posto in classifica con 8 punti, bisogna cogliere la parte buona del risultato. Cercando di guardare al bicchiere mezzo pieno.

Certo, come dicevo prima, le occasioni ci sono state. E il Padova, se non vuole viaggiare con i giri del motore troppo elevati e rischiare di fondere il motore, deve cambiare marcia. Deve concretizzare di più. Troppe le energie che si perdono negli ultimissimi metri per la troppa frenesia, per la voglia di tirare in porta troppo presto, per la mancanza di lucidità.

Si tratta di errori che alla lunga pesano, che vanificano un impegno che è davvero encomiabile. Errori che, uniti agli episodi sfortunati che anche oggi ci sono stati (il gol subìto con traiettoria particolare, l’infortunio di Jefferson dopo 10 minuti e il forfait di Hallfredsson a fine primo tempo), non fanno altro che minare l’autostima di una squadra che invece deve avere massima fiducia nei propri mezzi, che ci sono e sono oggettivamente notevoli.

PIANO PIANO SI CRESCE…

Il Padova è ancora un cantiere per certi aspetti aperto e il fatto di giocare una volta ogni tre giorni dall’inizio della stagione (per via della partita di Coppa antecedente la prima di campionato, della partita di Coppa successiva alla prima di campionato e del turno infrasettimanale di mercoledì scorso) non ha certo agevolato il lavoro di Andrea Mandorlini che si è ritrovato a vivere tutti i giorni l’allenamento come se fosse la rifinitura pre gara del sabato. Senza poter lasciar rifiatare chi ne aveva bisogno, senza poter lavorare con un po’ di calma all’amalgama di un gruppo rinnovato in molti reparti, senza poter respirare a fondo prima di ogni scelta per renderla la più giusta possibile.

Ma all’alba della quarta giornata, che ha segnato la seconda vittoria di fila per i biancoscudati (la prima in trasferta), si cominciano a vedere i progressi di un insieme di giocatori che stanno lentamente diventando squadra. Si cominciano a vedere le qualità di ciascun giocatore e davvero sono tante. Tantissime.

Sulla fascia sinistra Curcio e Bifulco sembra giochino insieme da 3 anni non da meno di una settimana. Vannucchi in porta finalmente oggi è stato chiamato a fare parate decisive e si è fatto trovare pronto. A centrocampo Della Latta e Saber portano l’acqua ma anche lo champagne se viene loro richiesto e davvero due baluardi che vedo difficilmente sostituibili. Lì davanti mostrano un pizzico di sofferenza sia Jefferson che Soleri ma il loro impegnarsi per la squadra in questo momento dà la possibilità ad altri di poter essere più incisivi di loro in zona gol, in attesa che rientri il bomber titolare Paponi.

La prossima settimana finalmente si tornerà alla normalità e Mandorlini avrà, da mercoledì in poi (dopo i due giorni di riposo concessi ai biancoscudati), quattro giorni per poter mettere ancora più mano a questo Padova. Domenica prossima però alle 17.30 c’è da cercare di abbattere un Legnago (ammesso all’ultimo in C dopo la rinuncia del Campodarsego) tra le rivelazioni di questo inizio di stagione. A testimonianza del fatto che davvero in questa serie C non si può dare nulla ma davvero nulla per scontato.

LA REAZIONE

Pronti via: Mantova in vantaggio con una deviazione sfortunata di Andelkovic alle spalle di Vannucchi.

Palla nuovamente al centro: Padova che prende la traversa (con lo stesso Andelkovic) e manda Ronaldo due volte alla conclusione in porta dalla distanza costringendo il portiere avversario a difficili respinte.

Nel momento di maggiore pressing biancoscudato contropiede del Mantova: Rosso con lo scavetto non inquadra lo specchio della porta divorandosi un gol più facile da segnare che da sbagliare.

Risultato: c’è la reazione del Padova. Di quelle vere, autentiche, rabbiose, di nervi ma anche di cuore. Di quelle che ti fanno dire: basta così, ne abbiamo abbastanza, d’ora in avanti basta leggerezze, solo sostanza, ritmo, pressione sull’avversario, baricentro alto e tiri in porta.

Ecco come è nata la prima vittoria in campionato del Padova contro il Mantova, grazie appunto all’orgoglio tirato fuori subito dopo aver rischiato di affondare la barca e di finire nel mirino della critica più feroce. L’errore di Rosso si è trasformato nella riscossa di Ronaldo e compagni. Nella situazione che ha fatto svoltare la partita. E finalmente si è visto che questa squadra ha carattere, determinazione, forza, nervi, muscoli, gamba. Tutto quel che serve per essere protagonista fino in fondo.

Oltre al carattere, il Padova ha dimostrato di essersi rinforzato a dovere e con le giuste caratteristiche nel mercato concluso poche ore fa: Curcio, Saber e Bifulco gettati nella mischia dall’inizio (con Curcio arrivato a Padova in città in macchina da Salerno solo alle 19 di ieri sera) ne sono la dimostrazione più lampante. Senza dimenticare Della Latta, già una garanzia assoluta a centrocampo, e Paponi che saprà essere devastante lì davanti una volta rientrato dopo l’infortunio. E senza scordarsi nemmeno di chi c’era anche prima, ovvero Soleri (grande partita di sacrificio), capitan Ronaldo, sempre presente in fase di rifinitura ma anche in zona gol), Nicastro, Germano, Andelkovic e via via tutti gli altri.

E senza dimenticare che la partita, nel finale, ha perfino assunto i toni della piccola favola quando Matteo Mandorlini si è tolto la soddisfazione di segnare il 3-1, andando a gonfiare la rete per la prima volta sotto gli occhi (commossi) di papà Andrea in panchina. Il figlio giocatore che segna sotto gli occhi del padre allenatore. Con la fascia di capitano al braccio per giunta. Non facciamo fatica a credere che, come ha detto Andrea Mandorlini, oltre che per Padova e per i tifosi questa sia stata una serata indimenticabile anche per la sua famiglia.

LA CATTIVERIA E L’IGNORANZA

“Questa squadra è già pronta per la serie B”. Dopo la vittoria contro il Frosinone in Coppa Italia, ho sentito fare da più persone questa considerazione a proposito del Padova. Addetti ai lavori, tifosi, simpatizzanti, tecnici. In molti, nelle diverse categorie citate, lo hanno detto o perlomeno lo hanno pensato.

Non è del tutto sbagliata la considerazione, se si pensa che nel precampionato il Padova ha tenuto testa alla Lazio (per carità in amichevole ma era pur sempre la Lazio), ha battuto la Reggiana (neopromossa tra i cadetti) e ha addirittura espugnato il campo del Frosinone finalista playoff per la serie A solo poche settimane prima (per carità era Coppa Italia,  ma, anche qui, era pur sempre il Frosinone). Il vero problema è che in serie B bisogna prima arrivarci per potersi permettere il lusso di farvi bella figura con i propri giocatori di qualità. E il Padova è ancora lontano dal raggiungere un traguardo che non è per nulla scontato.

Oggi si è visto un gran primo tempo da parte dei biancoscudati che volevano riscattare a tutti i costi la sconfitta interna contro l’Imolese partendo forte. Ma nella ripresa si sono nuovamente evidenziati quelli che sono i problemi di una squadra rinnovata in tutti i reparti e che deve ancora trovare condizione e amalgama. E’ inoltre emerso ancora una volta che questo gruppo quando c’è da giocare gioca bene, quando ha spazi fa vedere bel calcio ma quando è ora di andare di spada ancora si ostina ad utilizzare solo il fioretto che, per quanto sia la sua arma migliore, non sempre è efficace.

Faccio dunque mie le parole di Carlo Pelagatti, unico protagonista della gara che si è presentato a microfoni e taccuini in sala stampa: “In questa categoria se vuoi vincere certe gare devi metterci cattiveria e un po’ di ignoranza”. Ecco, Padova, d’ora in avanti devi essere più cattivo e ignorante.

RIALZARSI SUBITO

Falsa partenza. Tutto potevamo aspettarci fuorché uno stop alla prima contro l’Imolese. Specie dopo che l’allenatore Mandorlini alla vigilia aveva detto, perentorio: “Dobbiamo vincere” aggiungendo un “siamo consapevoli della nostra forza”.

A poco serve guardarsi intorno, con la Triestina, altra super favorita del girone, sconfitta in casa con lo stesso punteggio del Padova dal Matelica.

Il Padova i giocatori di qualità li ha. Ma deve alzare il ritmo a centrocampo e soprattutto acquisire concretezza davanti. Non si può presentarsi davanti al portiere avversario tutte quelle volte e impensierirlo solo mezza. Non si può concedere tutti quei metri ad un avversario che parte palla al piede da dietro la linea di centrocampo e se ne va a segnare nell’unica vera occasione della partita per la sua squadra.

L’Imolese si è dimostrata squadra tosta e organizzata. Ma non può bastare questo per mettere in difficoltà il Padova che ora ha un solo imperativo davanti: rialzare la testa e pensare a rimediare a questa falsa partenza domenica prossima a Fano.

P.S.: probabilmente qualcosa sul mercato il diesse Sogliano farà ancora in quest’ultima settimana. Con un occhio di riguardo all’attacco che per un po’ rimarrà orfano di quel Paponi che si è infortunato dopo appena 23′ facendo subito capire quanto è importante la sua presenza per questo Padova. Tra l’altro, è pesata, e pure parecchio, pure l’assenza di Ronaldo. Qualche pallone di qualità in più nel cuore dell’area, ne siamo certi, oggi l’avrebbe messa…

NON E’… MA E’

Non è fine agosto, è fine settembre. Non è già più estate, è autunno. Non è calcio d’agosto, è già calcio di settembre, nonostante sia solo Coppa Italia.

Padova-Breno è stata e non è stata contemporaneamente più cose. E’ stata la prima gara ufficiale della nuova stagione dei biancoscudati, ricca di incognite legate alla gestione di una pandemia. Non è stata una gara cui i tifosi hanno potuto assistere (e vederla dagli spalti senza il pubblico mi ha provocato una sensazione davvero orribile: ha ragione chi dice che il calcio, senza supporters, non è calcio).

Alla fine, però, conta davvero tanto averla vinta. Perché avevamo bisogno tutti di ricominciare con il piede giusto. Col sorriso. Col cuore più leggero. Vedendo pure dei bei gol. E Santini e Ronaldo ne hanno fatti due. Facendo sì che in bella luce ci siano finiti anche tutti i loro compagni.

Prima che la squadra scendesse in campo ho ricordato la vittoria contro il Rende grazie alla doppietta di Marcandella. Ma mi è anche venuta in mente la beffarda sconfitta del 2016 del Padova di Oscar Brevi contro il Seregno ai rigori. Sempre un avversario di serie D era, come stasera. Non c’è niente di scontato quando sei alla prima uscita e hai in squadra diverse novità.

Il successo è stato tutt’altro che scontato. E ha portato con sè la certezza che la società davvero si è impegnata per costruire una rosa di prim’ordine. Dovrà dimostrare di esserlo sul campo. Tentando di vincere anche la prossima. E quella dopo ancora. Il libro è ancora tutto da vivere. Ma la prima pagina scritta stasera fa venir voglia di continuare a leggere tutta la notte.

Domenica contro l’Imolese all’Euganeo, sciopero Aic permettendo, il secondo capitolo. Con l’assai più importante esordio in campionato.

CIAO BEPI

Ragazzi attenzione…”. I giocatori interrompono per un secondo i festeggiamenti per la promozione in Lega Pro, avvenuta pochi minuti prima sul campo di Legnago. Sono in spogliatoio e saltano, cantando cori di ogni tipo, ma di fronte all’invito del loro presidente si fermano. Lui, Bepi Bergamin, li guarda un attimo con fare serio. Poi sorride improvvisamente ed esclama: “Io sono ancora asciutto, cosa aspettate a buttarmi sotto la doccia?”.

Voglio ricordarti così, caro Bepi, in quell’indimenticabile 19 aprile del 2015. Voglio ricordare il tuo sguardo di gioia mentre i tuoi ragazzi ti trascinano sotto la doccia e ti bagnano dalla testa ai piedi al grido di “C’è solo un presidente” e “Portaci in Europa”. Avevi appena vinto il tuo campionato più bello. Avevi appena realizzato il tuo sogno, quello di riportare il tuo amato Biancoscudo tra i professionisti. Eri stato tu a raccoglierne le ceneri un anno prima, insieme a Roberto Bonetto, prendendolo per mano mentre si trovava sull’orlo del baratro per colpa della scellerata gestione Penocchio. Eri stato tu, un anno prima, a ridare speranza a un popolo, quello dei tifosi del Padova, che rischiava di trovarsi orfano della sua squadra del cuore. Un popolo deluso, ferito, pieno di rabbia. Un popolo che, grazie a te, ha potuto nuovamente sorridere, esultare, cantare, essere felice di seguire una squadra nella quale era tornato ad identificarsi. 

Eri acuto, Bepi. Genuino, vero, diretto, passionale. Io non so come tu ci riuscissi, ma avevi sempre la battuta pronta. E mai banale. Eri capace di stemperare le situazioni più difficili. Raramente lasciavi trasparire le tue vere emozioni ma si capiva dalla luce dei tuoi occhi quando una cosa, una persona o una situazione ti piacevano. E quel giorno a Legnago per la prima volta quello che provavi dentro si è visto in tutta la sua intensità anche fuori. Una felicità che finalmente hai deciso di condividere con tutti, dopo aver passato l’intero campionato a guardare le partite da un angolo della gradinata. Da solo. Quasi a non voler scaricare sugli altri la tensione che provavi. Fumando una sigaretta dietro l’altra. Non volevi nessuno vicino. Nel giorno in cui hai tagliato il traguardo invece hai voluto fare il bagno nell’amore della piazza che ti sei saputo conquistare essendo semplicemente te stesso, ovvero una persona meravigliosa.

Non ti sei perso una festa organizzata dai tifosi. Che fossero gli ultras o i supporters dei club. Chiunque organizzasse una cena a base di calcio Padova ti invitava e tu dicevi sempre di sì. Se avevi impegni di lavoro o altro ti presentavi comunque. Magari dopo cena per un caffè, una chiacchierata e una stretta di mano. Ma c’eri sempre. E i tifosi questo l’hanno sempre apprezzato tantissimo. In quasi tutte le occasioni ti sei presentato con la tua dolce metà. La Giovanna. “Sono costretto a portarmi dietro la moglie alle feste del Padova”, mi dicesti una volta. Sembravi serio e invece, un secondo dopo, capii subito che stavi scherzando. “So costretto se no ea me dise su de tutto!”, aggiungesti in dialetto, che era il tuo linguaggio preferito perché il più diretto. Sorridemmo tutti e tre. Io, te e anche la Giovanna che ovviamente era lì accanto a te e aveva sentito la battuta. Ti guardò con amore e fece solo finta di arrabbiarsi, aggiuntandosi la sciarpa biancoscudata che teneva sempre al collo anche lei. Ti prese sotto braccio e vi dirigeste assieme verso i tifosi che vi chiamavano a gran voce. Belli come il sole. 

Ciao Bepi, grazie per tutto quello che ci hai dato. E’ stato un onore per il Padova averti come presidente. Per me un piacere intervistarti e parlare con te di calcio e di vita. So per certo che l'”attaccamento alla maglia” che noi abbiamo potuto apprezzare nel pallone lo hai dimostrato anche in famiglia, al lavoro e con gli amici, mettendo sempre tutto quello che avevi. Non si spiegherebbe altrimenti questo oceano di messaggi che ti stanno arrivando da ogni parte della città e della provincia. Ci mancherai infinitamente.

Un abbraccio fortissimo a Giovanna, Marco e Maddalena.

PECCATO DAVVERO

E’ un po’ nel dna del Padova riuscire a compiere imprese titaniche quando tutti lo danno per morto e, al contrario, scivolare su una buccia di banana quando tutto sembra instradato verso la vittoria.

E’ successo tante volte alla squadra biancoscudata di asciugare lacrime copiose di tifosi ormai senza speranze. Nel 2009, ad esempio, ricordo che a poche giornate dalla fine del campionato che ci ha regalato la promozione in B ai playoff eravamo rassegnati a vivere un altro campionato in C. Tutto ebbe inizio con una vittoria in casa della Cremonese (gol di Varricchio) e da lì fu tutta un’escalation fino alla finalissima playoff di Busto Arsizio vinta 2-1.

Stasera purtroppo si è verificata la situazione contraria: sul più bello che il tifoso si è un attimo rilassato, pensando che il buonissimo primo tempo dei ragazzi di Mandorlini e l’espulsione all’inizio della ripresa di Fagioli, l’elemento fin lì più vivace e pericoloso del centrocampo della Juventus Under 23, fossero due situazioni di assoluto favore da sfruttare al meglio fino al fischio finale per portare a casa la vittoria e dunque il passaggio del turno, la squadra è crollata.

Non riesco ancora adesso a darmi una spiegazione dell’improvviso cambio di inerzia della partita. Il Padova stava conducendo il match senza discussioni. Nella prima frazione di gioco si era procurato almeno 3 palle gol nitide tra il colpo di testa di Kresic, il tiro da fuori di Ronaldo e la bordata in diagonale di Gabionetta respinta da Loria. Espulso Fagioli, però, invece di salire in cattedra definitivamente, si è fatto infilare due volte in pochi minuti in modo a dir poco ingenuo. La squadra più giovane e sulla carta più inesperta si è all’improvviso trasformata in un gruppo di giocatori scafati e bravi a gestire un risultato fino ad acquisirlo. Il Padova invece, preso dall’ansia, ha smesso di ragionare smettendo un po’ alla volta di aggredire e rendersi pericoloso.

Peccato davvero uscire in questo modo. Non che contro la Sambenedettese e la Feralpi si fossero visti i fuochi d’artificio. Ma potevano tranquillamente essere considerate due partite di rodaggio dopo la lunga sosta, necessarie soprattutto a mettere minuti sulle gambe e certezze nella mente. Nulla di tutto questo. Se ne riparlerà l’anno prossimo. Con Sogliano e Mandorlini sulla via della riconferma. Entrambi dovranno essere bravi a sfruttare tutto il tempo in più che avranno a disposizione rispetto alle altre concorrenti per costruire la squadra in modo da non fallire l’obiettivo che stasera è sfumato sul più bello che ci si cominciava a credere.

LA MAGIA DI RONALDO

Padova-Feralpi Salò. Sembrava una partita destinata a passare alla storia senza sussulti. Senza particolari momenti di gloria.

E invece oplà, Ronaldo, come mago Merlino, ha sfoderato al 24′ del secondo tempo la sua personalissima bacchetta magica e ha messo nella porta di De Lucia un gol stratosferico. Al termine di un’azione in cui si è capito fin dal momento in cui ha conquistato il pallone che quello stesso pallone lo voleva mettere in fondo al sacco.

Una rete che ha evidenziato una volta di più il talento puro di questo centrocampista brasiliano e ha permesso al Padova di accedere al terzo turno dei playoff. Dove il gioco si farà più duro e i duri (in questo caso i biancoscudati) dovranno cominciare a giocare. Non che queste prime due sfide secche contro squadre dello stesso girone siano state una passeggiata. Ma nell’immaginario del tifoso, visto che si giocava all’Euganeo e il Padova aveva a disposizione due risultati su tre, erano quasi un atto dovuto.

Ora che i ragazzi di Mandorlini si sono levati il primo peso dalla schiena è ora di guardare avanti. Come ha sottolineato l’allenatore di energie nervose se ne sono spese molte e i muscoli di alcuni non rispondono proprio presente, a causa della lunghissima sosta. Ci vorrà dunque tutta la forza mentale e caratteriale di cui ciascun elemento della rosa dispone. Per cercare di arrivare, passo dopo passo, in fondo al tortuoso percorso che porta alla B.

Un percorso che mi piace immaginare bello e intenso come la corsa che ha fatto Ronaldo verso i compagni e la panchina dopo aver realizzato, credo, uno dei gol più belli della sua carriera.

 

 

 

FUORI LA PRIMA. SOTTO CON LA SECONDA

La gioia per il pareggio contro la Sambenedettese durerà il tempo di un battito di ciglia.

E’ stata la partita che ha segnato la ripartenza dopo 4 mesi di assordante silenzio. Di stop assoluto. Portava con sè una carica di aspettative e curiosità senza precedenti.

E’ finita 0-0 e consente al Padova di passare al secondo turno contro la Feralpi (sfida che si giocherà domenica) ma appunto è già ora di guardare alla prossima sfida. Al prossimo bivio.

L’importante era non uscire subito di scena. Sarebbe stato un colpo davvero difficile da parare e da assorbire.

Il Padova ce l’ha fatta a rimanere in piedi e in corsa. E’ stata dura, davvero, buttare il cuore oltre l’ostacolo. Le gambe sono arrivate fino a dove son riuscite ad arrivare, la testa ha fatto davvero sforzi sovrumani. Lo 0-0 ha messo in evidenza diversi aspetti da rivedere (soprattutto in attacco) ma davvero stasera dove non è arrivata la gamba è arrivata la mentalità di una squadra che voleva il risultato per passare il turno e lo ha ottenuto. Con tutte le sue forze.

Ottima premessa per pensare che il cammino potrà proseguire ancora a lungo. Anche se domenica saranno diversi i cambi che Mandorlini dovrà operare per rimettere in campo una squadra ugualmente competitiva. Non è possibile davvero che chi si è spremuto fino all’osso stasera possa tirare fuori nuovamente da sè stesso tutta questa sostanza. La rosa è lunga, ci sarà ora più che mai davvero bisogno di tutti.

Se alla fine si arriverà da qualche parte, stavolta sarà davvero stato il gruppo a fare la differenza.