Il Verona finalmente ha un senso. Il pari di Udine sigilla una tendenza in atto, sconfitta di San Siro a parte: ora c’è una squadra e gli otto punti nelle ultime cinque partite lo certificano. Abbiamo trovato continuità e muovere (quasi) sempre la classifica in questa fase del campionato è il fattore più importante. Sbaglia chi storce il naso per il punto di Udine: serve eccome, ora meglio essere formiche piuttosto che cicale da effimeri e irripetibili exploit. Crea solidità, in attesa che oggi la chiusura del mercato ci consegni un uomo gol. Solo quello potrà trasformare l’acqua in vino, cioè i pareggi di ieri sera (nel finale hai messo sotto l’Udinese senza cavare un ragno dal buco…). in vittorie.
Bocchetti ha sfruttato a dovere la sosta dei mondiali, stabilendo un rapporto franco con il ds di ritorno Sogliano, che a sua volta ha sistemato lo spogliatoio. I calciatori fanno sempre la differenza: è servito perciò ritrovare mentalmente uomini chiave (Lazovic e Tameze), tirare fuori dal cassetto il desaparecido Djiuric e, in difesa, recuperare Magnani (ieri sera superbo), buon stopperone di serie A frenato in carriera da frequentii guai muscolari, e nelle scorse partite Dawidovicz, che è pur sempre un nazionale. Se con l’inamovibile Hien giocano loro e non un Gunter, evidentemente tutto cambia. Poi attenzione a Terracciano, a cui se non vogliamo rovinare la carriera va tolta l’etichetta di jolly tuttofare. Lui ha il passo, la tecnica e la profondità del tornante destro, non a caso a Udine con Duda nel secondo tempo ha cambiato volto al centrocampo.
Infine il capitolo mercato. Sogliano finora non ha sbagliato una mossa. Ilic era il più sacrificabile per fare cassa senza indebolirsi e infatti lo si è ceduto. E’ arrivato il nazionale slovacco Duda, veterano in Bundesliga, che, intendiamoci bene, è un colpaccio per la nostra modesta dimensione. Ngonge ha passo, tecnica e spunto sulla trequarti e, dopo Amrabat, conferma ciò che anni fa mi confidò l’ex ds Gibellini: Olanda e Belgio sono i mercati europei da cui pescare i giovani talenti.
Tuttavia (e torniamo sempre lì) serve come il pane il goleador, senza il quale sarà difficilissimo salvarsi. Se avessimo 30 partite da giocare potremmo restare anche così, basterebbe fare le formichine a vita, ma ne mancano 18 e almeno cinque vanno vinte, tenendo conto che altre cinque fisiologicamente le puoi perdere.
Ora il verbo è resistere: quindi perdere poco, restare a galla e rosicchiare nelle prossime 6-7 giornate un paio di punti alla quart’ultima. Tessere pazientemente la tela, senza ansie eccessive, pronti poi per la volata finale.