Mi ricordo perfettamente quando Saverio Guette nel 1995 mi fece vedere in anteprima il nuovo logo del Verona. Lo presi in mano e mi piacque subito. Saverio, uomo di intelligenza finissima e di grande cultura, che era milanese, ma nel tempo era diventato più veronese di noi veronesi, aveva dato un senso a tutto. Aveva recuperato l’ovale che era stato il primo logo del Verona, quello con la sola scritta Hellas (mi si accappona la pelle quando oggi qualche ragazzetto su instagram critica l’ovale…), una scelta precisa che era dettata a quel tempo dalla necessità di legare il nome Hellas a quello della società, nome che si era perso dopo l’acquisizione nel 1991 del fallito Hellas Verona AC dal Verona fc 1991. Saverio aveva persino creato undici linee gialloblù (contatele) che rappresentavano gli undici calciatori del Verona che scendevano in campo. Alberto Mazzi, assieme all’avvocato Dario Donella aveva lavorato moltissimo per riportare la denominazione Hellas e quel logo aveva lo scopo di celebrare quel nome riconquistato (sebbene più di un giurista sia ancora oggi propenso a ritenere che la denominazione Hellas appartenga ancora al vecchio Hellas Verona AC, società “in bonis”, oppure ad un’altra società iscritta regolarmente ai campionati Figc con la denominazione Hellas Verona, ma questa è un’altra questione…).
Poi Saverio ci aveva inserito un piccolo baffo tricolore a ricordo perenne della più grande impresa di una squadra provinciale. Un segno della storia che oggi nel nuovo logo di Setti si è perso.
Mi chiedo: c’era davvero bisogno di cambiare il logo del Verona, non era sufficientemente bello e rappresentativo quello del 1995? Gli uomini del marketing moderno e spregiudicato che notoriamente non godono della mia simpatia fanno sapere sulla brochure di presentazione del nuovo marchio che “il restyling ha come intento quello di semplificare e attualizzare il brand Hellas: due soli colori, il giallo e blu e infinite possibilità di utilizzo in monocromia sulla base dello sfondo e della superficie sulla quale andrà utilizzato e posizionato”. In pratica, per farla breve, si sono ritagliati i due mastini che Chiampan si era inventato nel 1984 in modo da poterli appiccicare più facilmente ovunque ci sia indizio di un business. Non c’è nemmeno da spendere tanti soldi per farli a colori. Sono i tempi, bellezza. Senza sapore e senza odore. Come un sintomo del Covid19.