DANTEDI’, UN INSULTO A DANTE

 

Il Dantedì è un vero e proprio insulto a Dante Alighieri. Lui, il fondatore da tutti riconosciuto della lingua italiana; e abbiamo celebrato i 700 anni dalla sua morte con un inglesismo dissimulato. Tanto valeva chiamarlo Danteday.

Mai come celebrando Dante avremmo dovuto ricordare quello che ha detto uno che l’inglese lo conosce davvero, non Di Maio né Renzi, ma Mario Draghi che ha esortato a smetterla con questi inglesismi, dal lockdown allo smart working a tanti altri. Inglesismi che non usano né i francesi ne gli spagnoli. Solo noi. E la ragione è evidente: la conferma che amiamo farci colonizzare, invadere, occupare militarmente. A proposito, quando celebriamo i tanti anni di occupazione militare da parte delle basi americane, dalla Ederle di Vicenza a tante altre nel territorio italiano?

Silenzio assordante. Quando la sinistra era la sinistra almeno lo diceva. Adesso nessuno – dalla Meloni a Mattarella, a Bersani  – nessuno che usi l’unico inglesismo appropriato: Yenkee go home! Tornatevene a casa, non siamo i pellerossa Sioux, le vostra squaw; siamo gli eredi di Dante Alighieri!

Il fondatore di quella lingua italiana che, oltre al resto, ha una sonorità stupenda. Un piacere ascoltare un toscano che parla. Mentre quando parlano inglese senti una sorta di squittio, sembra un dialogo tra topolini…E noi, gli eredi di Dante Alighieri, pronti ad usare sempre più una lingua da sorcetti…

L’origine di questa decadenza è evidente. In caduta libera la qualità dei nostri atenei  – ultima a evidenziarlo sul Corriere Milena Gabanelli – da cui consegue la caduta di qualità di tutta la nostra classe dirigente; fino ad arrivare ai tanti cittadini che, in sfregio a Dante Aligheri fondatore della lingua italiana, non esitano ad usare l’inglesismo da bravi rattini.

COVID IN MANO AGLI STATALI

 

Col Covid c’è un problema non da poco: la gestione è affidata agli statali.

Onore al merito, per carità, alla gran parte del personale sanitario (non proprio tutto) che sta lavorando egregiamente. Ma poi?

Come si spiega che qui in Veneto non riusciamo a gestire, non dico l’inoculazione, ma nemmeno le prenotazione e le disdette? Che sia perché, anche se si chiamano dipendenti della Regione Veneto, sono statali?

Luca Zaia dovrebbe aggiungere un numero al bollettino quotidiano, quello della percentuale di dipendenti veneti che praticano il cosiddetto smart working, cioè se ne stanno a casa senza nemmeno fingere di lavorare.

In Veneto – in posti strategici come gli uffici prenotazioni – mancano i dipendenti o mancano i dipendenti sul luogo di lavoro?

La Lombardia, la locomotiva d’Italia. Tutto efficiente – aziende industrie, iniziative  – tutto ciò che è gestito dai privati. Poi il peggiore caos nei vaccini, anche là gestiti dai dipendenti regionali. E così in Campania, il Trentino, ovunque.

Con gli statali abbiamo raggiunto l’unità d’Italia: dalle Alpi a Lampedusa (mediamente e con tutte le eccezioni) “i fa ‘na got”.

Poi, per carità, ci sono statali e statali: in Gran Bretagna praticano 27 vaccini al secondo, hanno immunizzato metà della popolazione, e ridotto i morti a 17 al giorno. C’è un’efficienza anglosassone che non appartiene ai Paesi mediterranei…

Ben venga il portale Poste italiane. Peccato che fuori da ogni ufficio postale vedi persone in coda, e fuori dai supermercati nessuna coda. Che sia perché i dipendenti Poste fanno lo smart working e le cassiere invece devono andare alle casse nei market?…

La mia, certamente, è una visione sbagliata e faziosa. Il discorso va rovesciato: che arrivino i vantaggi economici con l’autonomia; consentendo a Luca Zaia di ovviare alla cronica carenza di personale, assumendo il doppio di dipendenti nella nostra regione. E risolvere così ogni problema.

MANCAVA IL CAOS ASTRAZENECA

 

Non mancava altro che il caos generato dal blocco di Astrazeneca.

Campagna vaccinale rinviata a chissà quando, panico tra i cittadini, fuga dalle prenotazioni.

Blocco deciso anche da altri Paesi europei, Germania compresa. Magari c’è il sospetto di una ritorsione contro la bigpharma di Oxford che aveva disatteso l’impegno sul quantitativo di dosi da consegnare…

Di certo, come continua a dichiarare il prof. Giorgio Palù, presidente dell’agenzia nazionale del farmaco, non c’è alcuna relazione provata tra la somministrazione di questo vaccino e alcuni casi di morte. Mancano ancora i risultati delle autopsie. E, in ogni caso, si verificano ogni giorno in Italia 166 casi di trombosi (coagulo del sangue) a prescindere dalle vaccinazioni.

In Gran Bretagna Boris Johnson ha ricordato che su undici milioni di inglesi vaccinati con Astrazeneca non c’è stato nemmeno un decesso. Lo ha detto per assolvere la sua bigpharma?…

Giusto ricordare la moglie dell’insegnate di clarinetto, morto a Biella 14 ore dopo il vaccino, che ha dichiarato: “In cuor mio non me la sento di dire che colpa sia del vaccino. Bisogna continuare a crederci. Se io e mio marito non ci avessimo creduto, non lo avremmo fatto, ma da educatori era importante farlo”.

Concludo citando Giorgio Palù: “Nei bugiardini dei farmaci comunemente usati solo elencati una sfilza di effetti indesiderati molto superiori a quelli dei vaccini”.

“Vaccini – ci ricorda Palù – che sono i farmaci più sicuri, meno costosi e che ogni anno salvano 2,5 milioni di vite umane. Hanno reso all’umanità un grande servigio: aumentare l’aspettativa di vita dai primi del ‘900 ad oggi di quasi 30 anni”.

CI MANCA IL MINISTERO DELLE GALASSIE

 

Alla notizia che viene istituito il Ministero della Transazione ecologica, il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha ironicamente commentato: ci manca solo il Ministero delle Galassie; ed abbiamo già il tecnico perfetto per gestirlo, Giordano Bruno che è in attesa di ricevere l’incarico!…

In effetti con milioni di italiani senza lavoro e alla soglia delle povertà, diventa difficile credere che la priorità sia la tutela dell’ambiente.

Mario Draghi ha dimostrato di essere anche furbo: dato che i 5 stelle fanno più proclami che fatti, a parole li ha accontentati; guardandosi bene dell’affidare loro il nuovo ministero.

Non che il problema dell’ecologia non esista, ma è piuttosto complicato da affrontare. Anzitutto dove ci sono le fabbriche maledette che inquinano, c’è lavoro; mentre quando non ci sono si muore di carestia come nella Cina preindustriale di Mao, che potemmo definire il “Grande Timoniere della Transizione ecologica”…

Certo puoi usare i fondi europei per rilanciare economia facendo investimenti green. A esempio con gli eco incentivi per l’acquisto di auto elettriche. Peccato che Akyo Toyoda, il presidente della Toyota prima produttrice di auto elettriche, abbia affermato: “Più veicoli elettrici produciamo più aumentano le emissioni di anidride carbonica”!

Quindi le auto elettriche inquinano come, se non più, di quelle a benzina e gasolio. Un’affermazione fatta contro il proprio interesse, ma da autentico giapponese amante della verità. Notizia comparsa fugacemente sui siti e subito scomparsa, quando meritava il più approfondito dei dibattiti. Perché, se è come affermato da Toyoda, gli ecobonus per l’auto elettrica che tutti governi elargiscono servono ad aumentare l’inquinamento e non a ridurlo…

Tanto per aggiungerne una sul Global warming, credo che in questi giorni abbiamo constatato che le nostre case gelano, non che “La mia casa brucia” come scritto da Gretha nel suo celebre libro. Cicli e ricicli anche termici…

Altro esempio di ecobonus, quello per i pannelli solari che, ben che vadano, riscaldano l’acqua della doccia d’estate; e richiedono più energia elettrica per smaltirli alla fine di quanta ne abbiano prodotta in vita. Tant’è che finiti gli incentivi, finita la produzione e la corsa all’acquisto dei pannelli…

Non che non esista il problema della tutela dell’ambiente, ma è complicato. Do ragione a De Luca: tanto vale provare a governare anche le Galassie con un apposito ministero…

LA FINE DEI 5 STELLE

 

In attesa di vedere se il governo Draghi riuscirà a rimettere in carreggiata il Paese, la notizia è la fine dei 5 Stelle. Fine decretata dal voto su Rousseau. Dopo che tutti i vertici – a partire dal fondatore Grillo fino a Conte, Di Maio e Crimi, si erano espressi per il sì, ti aspettavi che il 100% degli iscritti alla piattaforma li seguissero. Invece oltre il 40% ha detto no.

Comprensibile. Perché per chi ha votato e creduto nel movimento Mario Draghi rappresenta il peggio del peggio.

Vaffa, mandiamoli tutti a casa, siamo alternativi ai partiti, a questi politici tutti ladroni. Così nasce, dilaga e convince milioni di elettori il movimento 5 Stelle. Dopo di che arriva l’alleanza con la Lega e poi, peggio ancora quella col partito più storico di tutti, il Pd.

Non bastasse adesso i vertici chiedono alla base dei 5 Stelle di appoggiare il governo Draghi. L’uomo dell’establishment per eccellenza, dei poteri forti, di quelle banche che – sempre versione grillina – servono solo a truffare i cittadini onesti.

Esiste qualcuno di più indigesto per chi ha creduto nel verbo pentastellato di Mario Draghi? Non credo.

Anche se Draghi, per carità, a mio giudizio è il meglio possibile. Pur se dubito che nemmeno Sant’Antonio riuscirebbe a riformare un Paese che finanzia i monopattini, che pensa di combattere il tragico e storico problema dell’evasione fiscale con la lotteria degli scontrini…

Capisco che durante la sagra, un comune tanto per dire di Trebaseleghe, si inventi di mettere in piedi un giochino, la lotteria degli scontrini. Ma un Paese e i suoi governanti? Esiste un Paese europeo che abbia pensato di combattere l’evasione con questa grande trovata dei nostri governanti?

Non esiste. Ennesima conferma che siamo i pagliacci d’Europa. E la buona notizia per noi pagliacci è che ora almeno è moribondo il partito fondato dal comico…

AVER PAURA DEI PROPRI FIGLI

 

La pandemia ha prodotto qualcosa che mai (ma proprio mai) avremmo immaginato di dover vivere: aver paura dei propri figli.

Lo spiega in un articolo su Repubblica – con osservazioni inconfutabili – lo scrittore-sceneggiatore Francesco Piccolo.

Questo il quadro di partenza: il Covid infetta a tutte le età, anche i giovani; ma per loro non è un problema grave, nel senso che – di solo Covid – non è morto nessuno (i pochi ragazzi deceduti avevano altre patologie molto gravi). Ma il problema è che i giovani contagiano gli altri, i più anziani, quelli in età critica.

Piccolo, genitore di una certa età spiega che, quando suo figlio minore che ha sempre frequentato le medie inferiori a Roma, torna a casa lui ha paura: gli dice di lavarsi le mani, di non abbracciarlo perché teme appunto di essere contagiato.

Il che rovescia completamente il discorso sulle scuole: non si tratta di garantire la sicurezza in aula o sui bus, ma di capire cosa succede quando i ragazzi tornano a casa con genitori, appunto, di una certa età o addirittura a contatto con i nonni. Incontestabile – sottolinea Piccolo – che i contagi si diffondono anzitutto il famiglia.

Lo scrittore – paradossalmente – invoca un decreto in base al quale “tutti i giovani studenti dovrebbero vivere e studiare in una città sufficientemente lontana. Dovrebbero stare in un’altra regione e dovrebbero prendere la residenza, in modo che non possano tornare più, fino alla fine della pandemia, tornare a casa e infettare i loro genitori”.

Ovviamente soluzione impraticabile. Come lo è immaginare una sorta di muro di Berlino che divida in due il Paese: da una parte vivono tutti i giovani, dall’altra quelli con l’età a rischio morte da Covid.

Altra osservazione: Piccolo ha la figlia più grande che studia all’università di Bologna e non vuole assolutamente che torni a Roma a trovarlo. Perché, spiega, se anche la portasse a fare il tampone in farmacia e risultasse negativo, poi lei potrebbe infettarsi nel percorso dalla farmacia a casa e quindi contagiarlo.

E così viene chiarita definitivamente anche la funzione del tampone: certifica che sei in salute nel momento che lo fai, ma un minuto dopo tutto torna in ballo e puoi beccarti il contagio.

Francesco Piccolo ci delinea un quadro che mai, appunto, avremmo pensato di vivere. Potevamo aspettarci di tutto: la carestia, la perdita del lavoro, perfino un’altra guerra mondiale; ma mai e poi mai di arrivare ad aver paura dei propri figli. E invece è accaduto.

“Il nuovo groviglio – scrive lo scrittore – contorto e innaturale di sentimenti che ha creato il coronavirus: aver paura dei propri figli più che di ogni altro essere al mondo, sentirsi sicuri solo se i propri figli sono lontani…”

 

DONAZZAN E LIBERTA’ DI PENSIERO

 

Tante critiche, anche insulti, e richiesta di dimissioni per l’assessore regionale Elena Donazzan rea di aver intonato Faccetta Nera ospite alla trasmissione radiofonica la Zanzara.

Si dimentica una cosa elementare: un conto sono i fatti, le azioni, altra cosa il pensiero e le opinioni che devono sempre essere liberi.

Il reato contemplato è ricostituzione del partito fascista, inteso non come elogio del Ventennio, ma come azioni volte a riportare la dittatura fascista nel nostro Paese.

Chiara o no la differenza che vale su tutti i fronti? Posso cantare quanto voglio Bandiera Rossa e sostenere che il comunismo è il Paradiso del proletariato; ma non posso agire per cercare di instaurare la dittatura comunista in Italia.

Quanto al pensiero è appunto libero. Si può sostenere, come ripete Mattarella, che “il fascismo non ha fatto nulla di buono”. Ma si può anche avere un giudizio diverso.

Ad esempio il sabato fascista fu la prima opportunità di uscire di casa per le donne italiane di tutti i ceti sociali, in particolare quelli popolari, che prima i mariti tenevano relegate. Mio nonno paterno, tanto per dire, andava lui anche a fare la spesa; perché voleva che la moglie rimanesse sempre e comunque a casa…

Piccolo dettaglio storico. Negli ultimi anni quando il regime si inasprì varando le leggi razziali, fu proibito di cantare Faccetta Nera (rimase solo Giovinezza) perché si riteneva che avesse in qualche modo sdoganato le donne nere (facendole diventare romane, “Faccetta nera sarai romana…”), quando invece andavano solo eliminate come razza inferiore.

Aggiungo e concludo: quando il Duce si affacciò alla finestra annunciando “L’Italia ha finalmente il suo impero!”, la quasi totalità degli italiani era entusiasta di lui e del regime. O vogliamo scordarlo? Domanda: erano più baucchi gli italiani di allora o i tanti che oggi, stando ai sondaggi, sono entusiasti del governo Conte? A voi l’ardua sentenza…

Tornando alla Donazzan, giusto giudicarla per il suo operato di assessore regionale all’istruzione e al lavoro; ridicolo farlo per le sue – lecite anche se non condivisibili – nostalgie del Ventennio.

IL GOVERNO DEI RIMANDATI

Una volta gli studenti meno bravi, che non riuscivano ad essere promossi a giugno, venivano rimandati ad Ottobre. Ed ad Ottobre gli insegnanti decidevano se promuoverli o bocciarli.

Questo nostro è proprio in governo dei rimandati, non ad ottobre ad illo tempore. Rimandano tutto e sempre. Il resto d’Europa ha già deciso (la Merkel con un discorso durato 8 minuti…) le misure da adottare per le feste. Mentre il governo dei rimandati rimanda e litiga.

Qualunque sia la decisione gli operatori economici in particolare hanno diritto di conoscerla al più presto. Baristi e ristoratori per sapere se devono fare ordini di materie prime o bloccarli.

Non solo in Veneto ma in tutta Italia siamo riusciti a superare la Gran Bretagna e a diventare il Paese con più morti in assoluto. Che sia grazie ai continui rinvii, cosa dite?

Il Veneto, una regione rimasta gialla, è la più disastrata. Ma passarla al rosso non poteva deciderlo Zaia (che pure qualche misura più restrittiva l’ha varata) doveva farlo il governo dei rimandati. Che invece ha fatto l’esatto contrario: ha abbassato la fascia di tutte le altre regioni. Mancava solo che si mettessero di persona a diffondere i contagi…

Credo che il preside d’Italia, cioè il Presidente della Repubblica, avrebbe il dovere di rimandare alle urne il governo dei rimandati per vedere se i cittadini li promuovono o li bocciano. Vana speranza, ovviamente. Anche Mattarella rimanda…

Per quanto riguarda noi cittadini una frase da scolpire l’ha detta il chirurgo padovano Enrico Gringeri: “più che l’immunità di gregge serve la maturità di gregge.”.

Quella che ci manca, la maturità di gregge, e che nessun vaccino può garantirla a noi italiani.

IL DIRITTO ALLA CURA

Mai come in questo tragico frangente il primo, incontestabile, diritto è quello alla cura, ad essere curati; almeno ad avere la garanzia che ci provino.

Il Messaggero, quotidiano di Roma, fa un titolone critico in prima pagina sui “Positivi in fuga verso il Lazio”. Parla di “Oltre duecento pazienti in venti giorni arrivati dalla Campania: violata la zona rossa. La Asl di Latina: il caso segnalato all’autorità giudiziaria”.

Trovo il tutto vergognoso. Siccome sono in fascia rossa, e con i loro ospedali al collasso, i campani dovrebbero restare a crepare senza cure a casa loro? Ciascuno di noi al posto loro farebbe lo stesso: in fuga sperando di trovare chi ci curi; di trovare il rispetto per questo inalienabile diritto.

D’altronde è già successo nella prima ondata: diversi mantovani sono venuti a farsi curare in Veneto; e la regione non li ha respinti, i giornali veneti non sono insorti come il Messaggero.

Senza aggiungere che è così da sempre. Col disastro sanitario in tanta parte del Sud, una folla di meridionali venivano a farsi curare in Lombardia, in Emilia, in Veneto.

Ci sono regioni impegnate a garantire un servizio sanitario quantomeno decente. Altre che pensano anzitutto a trattare i voti con la ‘Ngrangheta per farsi eleggere consiglieri comunali (vedi notizia sugli arresti in Calabria).

Chi poteva permetterselo andava anche all’estero. Ad esempio negli Stati Uniti dove le terapie oncologiche (a pagamento) sono all’avanguardia da sempre.

Tornando alle nostre regioni, queste differenze sono comunque inaccettabili. Se e quando, passata la pandemia, proveremo a fare qualche riforma seria, la prima dovrebbe essere cancellare (o quantomeno ridurre) il divario sanitario. Oltre al diritto alla cura c’è infatti il diritto di ottenerlo dove vivi e lavori, senza essere costretti a diventare migranti per motivi di salute…

E’ UN GOVERNO O IL CIRCO BARNUM

 

Abbiamo un governo o a palazzo Chigi c’è il Circo Barnum che, fin da quando nacque nell’Ottocento, per le sue acrobazie fu definito “il più grande spettacolo del mondo”?

Propendo per la seconda definizione: acrobazie infinite e mai viste nel governo di un altro Paese

Mercoledì pomeriggio qui in Veneto erano tutti in ansia: non solo gli operatori economici, anche i semplici cittadini in attesa di capire se avrebbero potuto muoversi ancora oppure no se la regione veniva inserita in fascia arancione.

Giustamente il sindaco di Milano Sala diceva: qui un barista chiude alle 18 ma non sa se domani potrà riaprire…

Finalmente solo in serata Conte si è degnato di anticipare il Dpcm che entra in vigore, non giovedì, ma venerdì: il barista lombardo è un untore e non può lavorare, quello veneto fortunatamente è solo giallo e non rosso.

Si invoca l’unità nazionale per combattere tutti assieme l’epidemia. Ma poi il primo a spaccare il Paese con le tre fasce e il Governo Barnum!

Con criteri che nemmeno nei circhi. Fino a ieri una delle regioni più a rischio, anche per l’afflusso agli ospedali, era la Campania che però – probabilmente grazie a San Gennaro – si ritrova gialla come il Veneto. Una delle più tranquille, la Sicilia, improvvisamente il Barnum-Conte la classifica arancione.

Tutti a dire che siamo in emergenza, che servono provvedimenti immediati, e invece si rinvia tranquillamente fino a venerdì tra litigi e discussioni infinite di un mondo politico diviso, non in tre, ma in trecento fasce.

Il Circo Barnum, quello vero, aveva un direttore. Il nostro Governo Barnum no. Comunque godiamocelo che non abbiamo alternative.

I conti – dei danni e dei morti – a spettacolo finito.