Mi domando se non sia razzista, o quantomeno nord-leghista, anche La Repubblica che parla di un allarme Sud e spiega: “Le risorse del Pnrr destinate al Mezzogiorno sono inferiori al 40% annunciato. Nei territori burocrazie impreparate. A rischio i piani regionali per l’impiego dei fondi”.
Ovviamente non che manchino i burocrati al Sud, come sappiamo molti più che al Nord, ma assunti con puri criteri clientelari e nessuna verifica della loro preparazione. Risultato: i fondi ci sono ma il Mezzogiorno non è in grado di utilizzarli.
Si può dirlo e scriverlo o no? O è discriminatorio se non addirittura razzista? Una delle fesserie del politicamente corretto è appunto questa: le differenze non esistono e, se esistono, non è il caso di parlarne.
Risultato: se non prendi atto delle differenze e delle carenze, non sarai mai in grado nemmeno di tentare di porvi rimedio.
La questione è storica, affonda nei secoli e secoli del nostro Paese. Quando al Nord nasce l’Italia dei comuni, il ceto medio, gli artigiani, acquistano un ruolo sempre più importante nell’economia, e anche nel governo delle città. Mentre il Sud rimane fermo al medioevo, tutto in mano ai nobili e al clero; i cittadini servi della gleba.
Uno dei tanti fallimenti della cosiddetta Unità d’Italia è non essere riuscito in oltre un secolo e mezzo a porvi rimedio, a richiudere la forbice tra Nord e Sud.
E così oggi, ottobre del 2021, il Nord è in grado di utilizzare i fondi europei dei Pnrr; il Sud, che ne avrebbe ancor più bisogno, in gran parte no.
Nell’incapacità di porvi rimedio e lecito almeno dirlo e scriverlo, come ha fatto anche Repubblica, o è meglio spargere un pietoso velo di silenzio sui problemi cronici che siamo incapaci di risolvere?…