CANDREVA RISORGE COL BEL GESTO

Il calciatore Antonio Candreva è uno dei vari bidoni comprati dalla (mia) Inter: strapagato, con ingaggio principesco, ha deluso le aspettative passando quasi tutta la stagione in panchina; non ha un futuro neroazzurro e da dubitare che abbia mercato, cioè una squadra disposta ad acquistarlo. Finito nell’oblio.

Ma lui, Candreva, ha saputo risorgere grazie al bel gesto elogiato con enorme risalto da tutti i media.

Saputo che a Minerbe c’è una bimba straniera alla quale i genitori non pagano la mensa scolastica e che, quindi, invece del pasto completo garantito a chi paga, si trova a mangiare solo una scatoletta di tonno con i cracker, Candreva si è fatto avanti e ha dichiarato al mondo: “Ghe pensi mi!”.

Lo stesso Massimo Gramellini, commentando l’accaduto sulla prima pagina del Corriere, ha osservato che al di là di tutto “la bimba costretta a una dieta di cracker si porterà dietro l’umiliazione per sempre”.

Mi sono ricordato dei miei compagni più poveri delle elementari, cui la scuola garantiva un bicchiere di latte, mentre noi avevamo la colazione da casa. Che si siano portati dietro l’umiliazione e la discriminazione per tutta la vita?…

Ma torniamo al bel gesto di Candreva. Quanto gli costa? La mensa scolastica si aggira sui 5 euro al giorno, togliamo i festivi e calcoliamo circa 100 euro al mese. Lui ha un ingaggio lordo di 5,6 milioni, netto di 3 milioni garantito fino a 2021 a prescindere che giochi o no. Quindi questa straordinaria generosità gli costa, non dico come i tatuaggi di cui è ricoperto, ma nemmeno come il ciuffo che gli fa il parrucchiere ogni settimana.

Pur non guadagnando lontanamente come Candreva, 100 euro al mese potrei permettermeli anch’io. Diventerei un giornalista famoso per la straordinaria generosità e sensibilità? Forse. In ogni caso non lo farei mai per non comportarmi da farabutto che si fa bello utilizzando i disagi altrui.

Anche perché la vecchia regola della carità recita “non sappia la tua mano destra quello che fa la sinistra”, vale a dire che devi farla in silenzio assoluto; senza vantartene. Mentre Candreva, prima ancora di sborsare un euro, ha annunciato al mondo di essere pronto a farsi carico del costo della mensa della bimba di Minerbe. Applausi scroscianti.

Uno così un Paese serio, altro che coprirlo di elogi: lo denuncerebbe per sfruttamento di minore. Mentre il nostro Paese di pagliacci…

CAMON: MAFIA NEGLI ATENEI

La denuncia sui metodi mafiosi per ottenere la cattedra nelle università arriva da un personaggio tutt’altro che sconosciuto: Ferdinando Camon, il famoso scrittore padovano che firma anche editoriali in diversi quotidiani.

Intervistato da la Verità, Camon conferma quanto aveva già scritto in un suo libro. Cioè la sua personale esperienza su “l’assegnazione pilotata delle cattedre verso mogli, compagne e parenti”. Fa nomi e cognomi, si riferisce in particolare agli atenei di Padova e Bologna per quanto accaduto in passato. E nulla sembra cambiato dal momento che la notizia di concorsi taroccati (tanto per dire a Giurisprudenza) è di stretta attualità.

Non che le università siano un’eccezione. La scommessa è trovarne uno di concorso pubblico corretto, cioè basato su merito e requisiti dei partecipanti…

E, quando nemmeno si finge di fare concorsi regolari, è peggio ancora. Nel senso che si procede direttamente con nomine che nulla hanno a che fare con il merito. Come in magistratura dove i procuratori vengono nominati dal Consiglio superiore della magistratura. (E pare che l’unico criterio sia la spartizione tra le correnti della loro associazione nazionale).

Tornando agli atenei, Ferdinando Camon ha ragione a parlare di mafia, perché denuncia e racconta come questa assegnazione pilotate delle cattedre sia stata “coperta e insabbiata” non ostante i suoi tentativi di denunciarla. Coperta da rettori e presidi di facoltà che sono dunque omertosi come i picciotti.

Esiste però pure una netta differenza: nella mafia, e nelle organizzazioni criminali in genere, non fai carriera perché sei parente del boss; la fai solo per merito, per merito e capacità criminali ovviamente. Il che spiega la loro tragica efficienza che porta alla penetrazione mafiosa anche al Nord, anche nel nostro Veneto…

Nelle università invece, grazie alle assegnazioni familistica delle cattedre, è garantito solo lo stipendio dei docenti; mentre proliferano i corsi di laurea del tutto inutili ad entrare nel mondo del lavoro per i poveri studenti che li frequentano.

Qui, negli atenei, regna l’inefficienza sotto copertura; nelle mafie l’efficienza criminale.

CONVIVERE COI LUPI (E COI DELINQUENTI)

Nessun dubbio che questo è il governo del cambiamento. Il governo Gentiloni nel 2017 aveva infatti varato il piano per gli “abbattimenti controllati dei lupi”. Ma col cambiamento, grazie al ministro dell’ambiente Sergio Costa, è stato sostituito dal nuovo “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia”. Basta abbatterlo, bisogna impegnarsi a conservarlo

Piano così sintetizzato: esclusa la riapertura della caccia, rimangono tutte le altre misure per permettere la convivenza tra lupi e bestiame.

Non che al bestiame pacifico, bovini e ovini, manchino i lupi feroci con i quali convivere: secondo le stime sono triplicati nelle regioni dell’arco alpino, negli Appennini siamo sopra i 1.500 esemplari. Nel nostro Veneto sono particolarmente diffusi in Lessinia e sull’Altopiano d’Asiago; e hanno cominciato a scendere in pianura.

Sulla convivenza pacifica il bestiame, sbranato dai lupi, ovviamente non può esprimersi. Lo fanno gli allevatori infuriati; solo perché non colgono lo spirito civile e “animalitario” (non più umanitario) del cambiamento.

Sergio Costa è un militare, ministro indipendente dei 5 Stelle, storicamente legato a verdi e ambientalisti. Diciamo che sulla convivenza il ministro è un po’ timido. Perché non estendere le misure dagli animali agli umani? Forse che cittadini e delinquenti non possono convivere senza bisogno della folle spesa per carceri e polizia penitenziaria? Basta varare un piano di interventi adeguati…(D’altronde le “misure alternative al carcere” non vanno già nella direzione della convivenza tra condannati e cittadini incensurati?)

Purtroppo, o per fortuna di Costa, non conviviamo più coi manicomi. La magnifica e progressiva legge Basaglia n°180 li ha aboliti nel 1978. E da allora, come possiamo quotidianamente constatare, si convive senza problemi anche con i tanti pazzi che circolano liberamente nel territorio.

VIETATO DIFENDERE LA FAMIGLIA

Il can can che da settimane precede il convegno sulla famiglia, in programma questo fine settimana a Verona, mi pare così riassumibile: vietato difendere la famiglia.

Ovviamente i gay si possono e si devono difendere, come pure le unioni di fatto e la cosiddetta famiglia allargata. Ma la famiglia tradizionale invece no. Vietato, da reazionari, da retrogradi, da nostalgici del medioevo, provare a difenderla e a rivendicarne diritti e aspettative.

Il paradosso è che proprio i gay, che giustamente hanno rivendicato il diritto alle loro scelte, a non essere per questo criminalizzati né censurati, ora sono i primi a voler censurare i “familisti”, il loro diritto altrettanto legittimo a rivendicare ed esporre le proprie ragioni.

Sembra che la libertà di pensiero esista solo per il pensiero condiviso e politicamente corretto. Gli altri pensieri, le opinione contrarie, vanno messi al bando.

Oggi, mercoledì, è stata approvata definitivamente la nuova legge sulla legittima difesa. E’ lecito criticarla? Certo: magari perchè sposta il problema, come se la difesa dei cittadini non spettasse allo Stato senza ricorrere al surrogato dell’autodifesa affidata ai cittadini stessi…

E la legge sull’aborto si può criticare anche quella? Guai al cielo! La 194 è sacra e metterla in discussione è una bestemmia! Si può almeno sottolineare la vergogna che – con tutti gli anticoncezionali disponibili a tutti – spesso si ricorra all’aborto come anticoncezionale a posteriori?…

Chi difende la famiglia vuole tornare al medioevo. Solo, indietro di così poco? O la famiglia è il pilastro millenario nella storia dell’umanità. Nel senso che da sempre c’è stata anche la poligamia (dai che cerchiamo di promuoverla e introdurla anche da noi, o deve essere un privilegio solo di certi Paesi islamici?) ma la monogamia è sempre prevalsa.

Non è che devi condividere tesi, toni, argomenti del Popolo della famiglia. Ma dobbiamo – dovremmo – rivendicare il diritto di tutti ad esprimere il loro pensiero. Proprio a partire dai pensieri che ci sono più sgraditi. Questa è democrazia. Il contrario è regime; è fascismo o comunismo o islamismo (scegliete voi).

SALVINI RE D’ITALIA

Come cantava tanti anni fa Enzo Jannacci: “Ho visto un Re!”. E credo che dovrebbe vederlo chiunque non neghi una realtà per quanto possa risultargli spiacevole: Matteo Salvini è il Re d’Italia. Anzi, il primo Re d’Italia. Perché nessun leader politico prima di lui era mai riuscito a riunificare il Paese con il consenso, con il voto.

Se ci pensate ha dell’incredibile che la Lega – che fino a ieri si chiamava Lega Nord e irrideva ai terroni – oggi con lui alla guida prenda più del 19% del voto dei terroni della Basilicata; ad un pelo da diventare il primo partito dato che il tracollo dei 5 Stelle si è fermato appena sopra il 20%. Dovunque si voti la Lega di Salvini sbanca.

Lui, da politico scafato, punta sul Pd e dice: “7 a 0!”. Certo il Pd in Basilicata tutto è fuorchè risorto; ma la debacle ripetuta e al momento irreversibile è quella dei grillini. Tant’è che è subito scoppiata la rivolta al loro interno.

Degli alleati di governo Salvini non parla, perché gli andrebbe alla grande continuare con loro e proseguire così di successo in successo. Ma i primi che hanno interesse a mollare questo governo giallo-verde sono proprio i 5 Stelle se non vogliono precipitare nel baratro dell’inconsistenza elettorale.

Paradosso della politica. Chi invece tifa perché questo governo non cada è il Pd, che così può puntare (e sperare) di monopolizzare il voto di tutta l’opposizione. Mentre, se i 5 Stelle mollassero il governo e passassero all’apposizione, il Pd si ritroverebbe con un temibile concorrente. Elementare Watson.

Ultima notazione. Non è chiaro che senso abbia continuare a parlare di centrodestra. Quando anche la Basilicata conferma che Forza Italia e Fratelli d’Italia sono massimo un ruotino di scorta della Papamobile del nuovo Re d’Italia.

FOLLIA DESTINATA A RIPETERSI

Definirla una follia, definire un pazzo l’autista senegalese che voleva bruciare il pullman con ragazzini e professori a bordo, vuol dire tutto e niente.

Senza dimenticare che, fosse andato in porto quanto da lui programmato, sarebbe stata la strage più atroce compiuta dal terrorismo islamico. Possiamo definire pazzo chiunque compia anche un semplice omicidio. La follia, l’aggressività, è insita in ciascuno di noi. Si tratta di capire cosa la innesca e se siamo capaci di controllarla.

Il fanatismo ideologico, politico e religioso è una miccia micidiale che esclude il disinnesco da parte di ne sia posseduto. Lui, massacrando i ragazzini, voleva vendicare i morti in mare attribuiti a Salvini e Di Maio.

Ovviamente se n’è discusso anche mercoledì con gli ospiti a Prima serata. E Nicola Atalmi, esponente storico della sinistra-sinistra del Veneto, ha ricordato l’ovvio: cioè che la responsabilità dei morti in mare non è né di Salvini né di un qualunque nostro governo ma di quei farabutti criminali degli scafisti che stipano i migranti su imbarcazioni a naufragio garantito.

Ma quanti ce ne sono di nostri politici e di cosiddetti intellettuali alla Saviano che sostengono l’esatto contrario: ossia che sono i respingimenti e la mancata accoglienza a provocare i morti in mare.

Costoro la pensano come Ousseynou Sy e hanno dato un contributo indiscutibile a rendere “operativo” il suo fanatismo. In lui e in altri come lui: cani sciolti, estranei a qualunque organizzazione, apparentemente integrati e quasi normali (l’alcolismo e gli abusi sessuali non c’entrano col terrorismo) e dunque impossibili da prevenire. Quindi queste “follie” sono destinate a ripetersi.

Anche perché la società multietnica è un dato di fatto, indietro non si torna. Ma il fanatismo dilaga (ovviamente anche tra i bianchi “ariani”) e lo scontro culturale-religioso-ideologico – continuerà ad innescare omicidi e stragi tra chi è incapace di controllare la propria follia.

Dopo di che, come non sono tutti uguali gli occidentali, non lo sono nemmeno i migranti. Chi proviene dall’Europa dell’Est compie crimini anche orrendi – deruba, pesta e ammazza i nostri anziani – ma non è preda del fanatismo né religioso né politico, non compie attentati terroristici. L’esperienza dimostra che questo accade con chi è arrivato dal mondo islamico. Sia una prima, una seconda o anche un’ennesima generazione apparentemente ben integrata.

OPPIO DEI POPOLI DA LOURDES A GRETA

Quando Marx fece la celebre affermazione – “la religione è l’oppio dei popoli” –  avrebbe dovuto aggiungere che anche la fede laica, anche l’ideologia, è oppio per chi ci crede. Stessa drastica contrapposizione tra bene e male, tra Demonio e Salvatore.

Per Marx il demonio era il capitalismo, il salvatore era il proletariato. Oggi il demonio è il cambiamento climatico, il salvatore è l’ambiente tutelato.

Per diffondere l’oppio non bastano i profeti, ci vogliono anche i testimonial. Meglio se adolescenti, giovinette/i innocenti, puri, la cui buona fede non può essere messa in discussione.

Non a caso non fu un vescovo né un cardinale e nemmeno un prete ad avere l’apparizione della Madonna a Lourdes, ma una pastorella innocente Bernadette Soubirous. Come si può dubitare delle parole di quest’anima candida? La Madonna sicuramente è apparsa e le ha parlato. A lei come ai tre bimbi pastorelli di Fatima.

E come si può oggi dubitare delle parole di Greta Thumberg, anche lei innocente, candida e per giunta afflitta dalla sindrome di Asperger? Chiaro che ha avuto l’indiscutibile visione di un pianeta che sta per esplodere a causa dei cambiamenti climatici…Molto meglio lei come testimonial di un ambientalista o uno scienziato illustre…

(Naturalmente chi crede “vede”: a Medjugorje un sole del tutto particolare, nell’Urss il “paradiso del proletariato”, in Antartide lo scioglimento totale dei ghiacci e l’estinzione dei pinguini)

Ma queste pastorelle di Lourdes e Fatima assursero a fama mondiale, motu proprio, sorgendo e imponendosi da sole? O ci fu un’abile orchestrazione da parte della potenza religiosa, economica e divulgativa della Chiesa cattolica?

E così oggi Greta; lei sola dal nulla a emblema mondiale della lotta ai cambiamenti climatici? O che abbia anche lei sponsor potenti, ad esempio gli imprenditori dei nuovi prodotti cosiddetti ecologici contrapposti alle produzioni tradizionali e inquinanti?

Dice nulla che anche 007, nell’ultimo film che si sta girando, guidi un auto elettrica e non più a benzina né a gasolio? Ovviamente continuerà a sparare; ma saranno proiettili “senza olio di palma” e con l’indispensabile dose di oppio per obnubilare il popolo…

EXIT POLL ACCECATI DALLA FEDE

Gli exit poll non avevano dubbi: sarà un testa a testa, sul filo di lana fino alla fine, tra Solinas e Zedda! Sappiamo come è andata a finire: il candidato del centrodestra in Sardegna ha vinto con 15 punti percentuali di vantaggio, un distacco raramente così ampio alle elezioni regionali.

Come si spiega un flop tanto clamoroso degli exit pool: delle due l’una: o i sardi mentono (gli exit pool non sono sondaggi, ma intervista fatte a chi ha appena votato) oppure – assai più probabile – sono stati accecati dalla fede; dall’ideologia politica di appartenenza che spinge a scambiare i sogni con la realtà

La prendo alla lontana: un secolo fa mio padre era un giovane repubblicano; nato nella campagna veneta immersa nella povertà poteva permettersi una gita di un solo giorno all’anno. E dove andò? Naturalmente in Romagna, la terra dei suoi repubblicani.

Tanto tempo dopo mi raccontò: “ Siccome era la patria dei miei repubblicani, in Romagna le vacche mi sembravano più grasse e l’erba più verde!”…Una lezione che non ho mai dimenticato: l’ideologia ti rende cieco, ti spinge a trasfigurare la realtà.

Torniamo agli exit poll farlocchi. Li hanno fatti Rai 3 e La 7, cioè le due reti televisive nazionali molto schierate politicamente: odiano Salvini, detestano il centrodestra, amoreggiano (Mentana in particolare) con i 5 Stelle. Quindi – essendo impossibile credere al successo dei grillini – tifavano per una vittoria o almeno per una non sconfitta di Zedda. L’ideologia li ha resi ciechi.

Pensate che ieri sera Enrico Mentana è arrivato a diffondere un sondaggio che dava i 5 Stelle in leggera ripresa sul piano nazionale (appena precipitati com’erano nell’abisso sardo), con la Lega in calo e gli altri partiti statici. Direi che per immaginare oggi i 5 Stelle in riprese bisogna essere, non accecati dalla fede politica, ma da un autentico dogma ideologico.

Altra questione: in Veneto due ore dopo sappiamo chi ha vinto le elezioni regionali; in Sardegna 24 ore dopo non erano ancora arrivati i risultati definitivi. Ennesima conferma di una Paese che si muove a due velocità. E, se accade con lo spoglio, figuriamoci con tutto il resto…

Quindi inutile sostenere che l’autonomia di Veneto e Lombardia spaccherebbe il Paese. L’Unità d’Italia non c’è mai stata. Crederlo, far finta che esista, è solo l’ennesimo dogma ideologico.

TENEMOS POCOS HUEVOS

Tutti indignati, qui da noi, con quel “troglodita” (Repubblica dixit) di Diego Simeone che, dopo aver asfaltato la Juve col suo l’Atletico, ha mostrato gli attributi al pubblico dello stadio madrileno. Los huevos, come li chiamano gli spagnoli.

I quali, spagnoli, indignati non lo sono per niente; tant’è che El Pais – il quotidiano iberico più diffuso – ha titolato fiero: “Tenemos muchos huevos!”

Se vogliamo, più che scandalizzarci per il gestaccio volgare di Simeone, dovremmo forse riflettere su un problema per così dire collaterale: che noi italiani in genere, e non solo i giocatori della Juventus, “tenemos pocos huevos”…non facciamo quasi mai mostra di avere attributi.

Attributi indispensabili se vuoi difendere l’identità, la cultura e anche il ruolo internazionale del tuo Paese. Tanto per citare gli ultimi: Berlusconi, Monti, Renzi e Gentiloni nelle trattative con la Ue a Bruxelles hanno mostrato, non pocos, ma zero huevos…Quindi Conte è la norma, non certo l’eccezione.

Saranno, come ci ricorda l’inno nazionale, i tanti secoli in cui fummo “calpesti e derisi” che ci hanno portato ad essere accoglienti, più accomodanti che combattenti. In larga misura (e con le dovute eccezioni) noi italiani siamo un popolo bio (degradabile), preoccupato anzitutto di mangiare biscottini “senza olio di palma”, di mettere la mascherina per difenderci dall’inquinamento, di fare jogging (non proprio un arte marziale). Emblematici anche i nostri calciatori: invece che impegnarsi a vivere da atleti, il loro primo pensiero da fighetti è l’ultima moda dell’acconciatura (ora stile Kim Jong-un), è che tatuaggio mettere nell’ultimo centimetro di pelle disponibile.

Siamo così anche a prescindere dai nostri regimi. Il Duce alla fine divenne il servitor cortese di Hitler, i governi repubblicani del dopo guerra ascari degli Stati Uniti, per poi finire in ginocchio da Frau Merkel. Quando ci ordinarono, contro i nostri interessi, di bombardare Gheddafi rispondemmo in coro “sì sior!”. Huevos nostrani non pervenuti.

Pensiamo anche al modo in cui affrontiamo le tante riforme radicali di cui avrebbe bisogno il nostro Paese: una marea di chiacchiere che alla fine si traducono in biscottini senza olio di palma che le tante corporazioni (prime responsabili della paralisi italiana) sgranocchiano con piacere.

Sarà significativo di quanto ci siano estranei gli attributi: appena uno tenta di mostrarli e – comunque lo si giudichi – è il caso di Matteo Salvini, subito viene definito “un troglodita” esattamente come Diego Simeone…

Perché noi invece siamo autentici gentlemen. Doveva ricordarsene Allegri: di fronte al collega allenatore che esibiva los huevos, lui doveva mettersi prono e col sederino al vento; da educato gentiluomo appunto.

SALVINI E I TANTI AIUTINI

Interista dalla nascita detesto la Juventus, la chiamo con disprezzo la “Rubentus”. Ma il tifo neroazzurro non mi rende cieco al punto di non vedere la realtà: Ronaldo è, incomparabilmente, il miglior calciatore che gioca nel campionato italiano.

Fatto l’esempio, proseguo. Non ho mai votato lega. Ma le mie idee politiche non mi impediscono di constatare che Matteo Salvini è il Ronaldo della politica italiana. Gli altri, al confronto, mi ricordano Montolivo (il centrocampista che, quando giocava nel Milan, faceva solo passaggetti laterali o all’indietro, mai un lancio per mandare gli attaccanti in porta).

Martina? Un Montolivo appunto, incapace di lanciare gli elettori al voto; Zingaretti? Tanto valeva candidare alle primarie suo fratello, il mitico commissario Montalbano. In Forza Italia, con Berlusconi pensionato, per anni ha imperversato Brunetta “l’energumeno tascabile” (D’Alema dixit), e adesso siamo a Tajani…Non parlo di Di Maio e Di Battista perché, come noto, è da vili uccidere uomini già morti.

Se c’era un dubbio su Salvini, Ronaldo della nostra politica, bastava ascoltarlo lunedì sera da Vespa: un linguaggio chiaro, diretto, comprensibile da tutti, per parlare di temi sentiti dai cittadini comuni. E poi una capacità democristiana di girare la torta e minimizzare i contrasti con i 5 Stelle (che pure sono tanti e insuperabili).

Il paradosso è che un campione come Ronaldo non ha bisogno di aiutini. Mentre a Salvini piovono dal cielo quotidianamente.

Quei “radical chic”, così li ha definiti il leader leghista, che a Sanremo hanno fatto vincere Mahmood cosa hanno ottenuto? Da bravi Tafazzi di portare ancora voti in più alla Lega. Esattamente come i pm, di Magistratura democratica, decisi a processare il ministro degli Interni. Solo aiutini non richiesti…

Quanto ai 5 Stelle è ovvio che Salvini non ha alcun interesse a interrompere il governo con loro. Perché il confronto è disarmante. A Ronaldo non dispiacerebbe di giocare la partita assieme a Montolivo: alla fine lui prenderebbe 9 in pagella, e l’ex milanista 3.

Elementare Watson. Elementare anche per gli elettori che guardano la partita politica e poi votano le pagelle a confronto nell’urna.