CARLO NORDIO SU BATTISTI

Come spesso accade, l’osservazione più interessante su Cesare Battisti l’ha fatta l’ex magistrato Carlo Nordio sul Gazzettino.

Chi è il primo responsabile di 40 anni di latitanza del terrorista del Pac, Proletari armati per il comunismo, condannato all’ergastolo per 4 omicidi? Risposta sintetica: l’Unione europea.

Cioè un Europa che si è preoccupata solo di varare la moneta unica e non – per dirne una – anche una giustizia penale omogenea per tutti i Paesi dell’Unione. E così la Francia ha offerto – per ben 24 anni, dal 1981 al 2004 dopo la sua evasione dal carcere di Frosinone! – ha offerto asilo e assistenza a Battisti come se fosse un perseguitato.

Tanto per capirci come se noi avessimo offerto asilo e assistenza ai terroristi islamici autori della strage al Bataclan…

Per carità c’è stata anche una nostra “perversa cultura progressista” – Nordio la chiama così – che ha minimizzato se non giustificato la responsabilità dei terroristi. (Ricordate il “soccorso rosso” lanciato dal Nobel Dario Fo?). Ci sono stati i regimi del Sudamerica. Ma la cosa più clamorosa è ciò che ha fatto per Battisti un Paese civile e occidentale come la Francia.

Grazie appunto ad una Ue che non ha una giustizia comune, che non ha leggi tributarie comuni, che non ha una politica per l’immigrazione.

Un edificio – scrive sempre Nordio – “senza criterio, senza progetto e senza fondamenta”.

E qui la vicenda di Cesare Battisti si proietta sul voto europeo del Maggio prossimo. Perché – comunque la si pensi – anche chi crede e vuole più Europa deve essere consapevole che non puoi aggiungere piani ad un edificio senza fondamenta.

Qui o crolla l’Europa oppure deve essere ricostruita a partire dalle fondamenta. Che sono leggi condivise e non certo solo la moneta unica.

AUTODIFESA PRONTO CASSA

Difficile dimenticare la drammatica ricostruzione fatta dai due coniugi di Lanciano rapinati e pestati in casa dai banditi. Lui, in ospedale col volto tumefatto, ricordava che i banditi più volte gli dicevano “faremo a pezzi te e tua moglie se non ci dite dov’è la cassaforte”.

Vien da pensare qual è la prima autodifesa – non dal furto ma dal pestaggio – una cassaforte aperta e piena di contanti, l’autodifesa cash o pronto cassa.

Concordo con l’anziano medico. Inutile avere la pistola in casa per una questione di competenza: i criminali sanno usare le armi molto meglio di noi, specie se anziani. Pensare di usarle significa solo aumentare la possibilità di venire da loro ammazzati.

Possiamo credere che furti e rapine diminuiranno? No, per varie ragioni: oggi non si ruba più per fame, come una volta, ma per guadagno. Nel senso che guadagna molto più un rapinatore di un operaio o un impiegato. Lui, il criminale, guadagna di più, non paga le tasse e rischia poco nulla. Nel senso che pochi di loro vengono individuati e meno ancora puniti in modo adeguato.

Quindi i rapinatori dilagheranno nel nostro Paese, sapendo che continueranno a farla franca.

Ha senso autodifendersi con sistemi d’allarme e telecamere? Questo serve – eventualmente – ad individuare a posteriori i banditi. Non certo ad evitare il pestaggio.

Quindi torniamo al pronto cassa. Chi può permetterselo tenga in casa qualche migliaia di euro, pronto ad offrirli con un inchino ai rapinatori che irrompono nella sua abitazione: non sogniamoci di poter evitare i furti, speriamo di risparmiarci almeno la tortura delle botte e il lobo dell’orecchio mozzato.

ARRIVANO LE DOMENICHE “FASCISTE”

Le chiamano domeniche ecologiche o domeniche senza auto o anche mobility day. Ma forse sarebbe più corretto chiamarle domeniche “fasciste”. Perché lo scopo dichiarato dagli amministratori locali (di qualunque colore politico) che stanno promuovendole in tutti i capoluoghi veneti e quello di educare il popolo. Educarlo a usare i mezzi pubblici e non l’auto privata.

Proprio come il sabato fascista doveva servire ad educare il popolo; proprio come le tante manifestazioni di massa organizzate dai regimi comunisti dovevano servire ad educare il popolo…

I nostri amministratori infatti – ammesso che la priorità sia combattere l’inquinamento – sanno benissimo che il blocco delle auto nei capoluoghi non serve a nulla. Perché continuano a transitare nei comuni contermini, sulle autostrade e nelle tangenziali. Per un minimo risultato servirebbe bloccare traffico (e riscaldamento) nell’intera pianura Padana.

Ma loro spiegano, appunto, che intanto si ottiene il risultato di educare i cittadini all’uso dei mezzi pubblici.

Peccato che nei Paesi civili e democratici i cittadini si educhino, non con i divieti, ma con gli interventi concreti. Londinesi, berlinesi, parigini non usano quasi più l’auto, non grazie ai divieti educativi, ma perché dispongono di un trasporto pubblico moderno ed efficiente.

Noi abbiamo uno storico ritardo negli interventi (la prima linea metropolitana a Milano fu realizzato un secolo più tardi rispetto alle capitali europee) e – soprattutto – come sempre avviene nel pubblico, i servizi non sono a beneficio dell’utente ma del dipendente. Nella fattispecie degli autisti che godono di orari e privilegi tali da garantire l’inefficienza del trasporto pubblico, a Roma e non solo.

La solita Italia delle corporazioni che se ne frega dei cittadini e delle loro aspettative.

Se l’Anpi servisse a qualcosa dovrebbe combattere contro la vera, pesantissima, eredità fascista che sono le corporazioni e gli ordini professionali; residuato degli anni Trenta che impedisce la modernizzazione del nostro Paese. Invece i partigiani d’Italia hanno in mente il cane poliziotto che si chiama “Decima Mas” o il gruppetto di nostalgici che hanno fatto il saluto fascista ad un funerale in Sardegna…

Se l’inquinamento fosse la priorità, dicevo. Perché dove c’è la natura incontaminata si muore di fame (vedi le carestie della Cina preindustriale); mentre l’inquinamento garantisce attività produttive, commercio e benessere (oltre alla più alta aspettativa di vita). Gli operai dell’Ilva – gente concreta e non fighetti ecologisti – non hanno avuto dubbi: al 95% hanno votato sì alla ripartenza dello stabilimento. Per lavorare, guadagnare e non finire morti di fame senza stipendio a tutela dell’ambiente…

DA ROMA LADRONA A VENEZIA LADRONA

La parola d’ordine dell’ormai antica Lega Nord di Umberto Bossi era “Roma ladrona!”: guerra alla capitale centralista coi suoi ministeri traboccanti di risorse e dipendenti. Partirono così le battaglie federaliste, con la variante indipendenza della Padania, che miravano a trasferire sul territorio risorse e poteri togliendoli alla Roma ladrona.

Oggi si parla di autonomia, del Veneto e della Lombardia, che il presidente Luca Zaia ha così sintetizzato: “prendere i soldi a chi li ha e portarli a chi non li ha”. Chi non li ha sono le regioni del Nord, penalizzate dal residuo fiscale (rapporto tra tasse versate a Roma e fondi nazionali restituiti); chi li ha sono le regioni del Sud favorite dal residuo fiscale, che ricevono invece molto più denaro di quanto ne versano alla fiscalità generale.

Ma c’è un piccolo problema: oggi la Lega si chiama solo così e non più Lega Nord; da partito territoriale è diventato partito nazionale che pesca consensi in tutta Italia. Ovunque le battaglie per l’autonomia sono state condotte e vinte solo da forti partiti territoriali; ai partiti nazionali non interessano, perché per loro sarebbero solo penalizzanti.

Oggi al governo abbiamo due partiti nazionali: Lega impegnata ad allargare i proprio consensi al Sud, i 5 Stelle che al Sud hanno il loro principale bacino elettorale. E’ pensabile che il governo giallo-verde conceda l’autonomia a Veneto e Lombardia, togliendo risorse al Sud per destinarle a due regioni di per se già considerate benestanti? Mi pare piuttosto improbabile. Penso che alla fine in Veneto arriverà un po’ di manfrina più che la vera autonomia.

Aggiungiamo che tutte le regioni autonome – dalla Sicilia al Trentino Alto Adige – al di là della diversa capacità di finalizzare le risorse, hanno tutte un numero spropositato di pubblici dipendenti in più rispetto alle regioni ordinarie.

Quindi la prima mossa della nostra regione, per attuare le 23 nuove competenze previste dall’autonomia, sarebbe quella di assumere nuovi dipendenti a raffica.

Quindi avremmo un nuovo centralismo regionale, con tante risorse, poteri e pubblici dipendenti in più a Venezia, cioè in regione. Quando invece la storia secolare del nostro Paese è quella dei municipi, non delle regioni ultime arrivate una cinquantina d’anni fa. Ci vorrebbe dunque un federalismo sì, ma municipale: con poteri e risorse ai comuni, ai sindaci che sono i primi, veri, interlocutori dei cittadini e dei loro problemi.

In caso contrario con l’autonomia del Veneto, voluta da Zaia e dai tanti che hanno votato il referendum, rischieremmo di passare solo da Roma ladrona a…Venezia ladrona.

CHE GOVERNINO I MAGISTRATI

Tanto vale metterci l’associazione nazionali magistrati alla guida del Paese, che così risparmiamo la spesa per elezioni del tutto inutili.

Comunque si giudichi la politica dell’immigrazione messa in atto da Salvini – anche nefanda e disumana – dovrebbe essere chiaro – se esistesse la separazione tra i poteri – che la scelta spetta al governo interprete della sovranità popolare. Non al procuratore di Agrigento né ad un qualunque vincitore di concorso pubblico in magistratura.

Ma questa regola elementare della democrazia è archiviata fin dai tempi di tangentopoli quando lo storico procuratore capo di Milano, Saverio Borrelli, si disse pronto a sacrificarsi e ricevere dall’allora presidente Scalfaro l’incarico di formare un governo di salute pubblica…

Salvini è accusato di sequestro di persona per aver cercato di impedire lo sbarco incontrollato dei migranti dalla Diciotti. Che l’esimio procuratore Luigi Patronaggio si allarghi e denunci per sequestro di persona anche gli Stati Uniti che, per decenni, hanno tenuto in quarantena i migranti italiani per appurare il loro stato di salute e il diritto ad entrare o meno nel proprio territorio nazionale.

Oggi non c’è cittadino che non concordi sul fatto che i controlli vadano fatti, e possano entrare nel nostro Paese solo i profughi veri; non i clandestini come propugnano le elite e l’establishment nostrani. Mai prima d’ora, grazie a Salvini, si era rilevato una frattura così completa tra popolo, comune sentire, ed establishment.

Tornando ai magistrati, con inchieste, più o meno discutibili ne dicam farlocche, hanno fatto cadere prima Berlusconi e poi Matteo Renzi. Manderanno a casa anche Salvini? Nel qual caso la soluzione e quella da cui siamo partiti: si assumano loro, le toghe, la responsabilità di governare il nostro Paese. Che noi cittadini siamo stanchi di andare alle urne per niente.

ASIA MINORE, LA NAVE SCUOLA

Nella vicenda di Asia minore, come la chiama oggi Il Tempo nel titolo di prima pagina, c’è un commento scontato: chi di coscia ferisce, di coscia perisce, come scrive Libero. Siamo sempre a Pietro Nenni: “a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”. Lei la prima povera vittima che denunciò il molestatore Weistein, si scopre ora molestatrice e carnefice sessuale del Bennet diciasettenne.

Scontato, inevitabile. Meno scontato sarebbe invece cominciare a distinguere. Nessun dubbio a condannare la pedofilia e lo stupro. Ma vogliamo andarci cauti con queste molestie, questa violenza sessuale che distruggerebbero la vita, segnerebbero per sempre l’esistenza anche di persone adulte e (più o meno) consenzienti?

Lo scrive perfino Massimo Gramellini sul Corriere che tutti noi a 17 anni saremmo stati ben felici per l’aggressione di una “nave scuola” di 37 anni come Asia Argento che ci introducesse ai rituali del sesso più sfrenato…Altro che trauma.

Quindi se è ridicolo credere che Asia minore sia stata traumatizzata e segnata a vita da Weistein, altrattanto ridicolo è che lo abbia dichiarato contro di lei questo Jimmy Bennet arrivando ad incassare un risarcimento di ben 380 mila dollari. (Ma quando mai la vile pecunia serve a cancellare un trauma così profondo e feroce?…)

Si arriva dunque al mercato delle presunte molestie da monetizzare. Ci si arriva grazie ad un sistema dei media che prende per oro colato e divulga una qualsiasi accusa di violenza sessuale senza che prima ci sia – non dico una sentenza di condanna – ma nemmeno una minima verifica di quanto accaduto sul serio tra coppie etero o omo di varie età.

SATANA E’ TORNATO! SI CHIAMA SALVINI

L’ultimo Papa ad evocare il Diavolo, Satana, non come figura simbolica, ma come presenza fisica del Maligno che induce al male, fu Paolo VI. Poi Satana è come desaparecido, perché la Chiesa ha svuotato l’inferno (se anche c’è è, appunto, vuoto) in quanto i peccato vengono sempre perdonati dalla bontà del Signore.

Quindi senza peccati non si va più all’inferno e non serve più chi brucia i peccatori nelle fiamme eterne. Satana by by

Invece all’improvviso Satana resuscita, assieme a quel latino che la Chiesa aveva sepolto col concilio Vaticano II. Resuscita impadronendosi del corpo di Matteo Salvini. Infatti l’ultimo numero di Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico distribuito in tutte le chiese, titola così la copertina: Vade retro Salvini. Liberiamoci del diavolo leghista che non accoglie i migranti.

(Non è escluso che nel prossimo numero il direttore di Famiglia Cristiana, Antonio Rizzolo, illustri anche l’esorcismo necessario a liberarci dal nuovo Demonio)

Ora, che la Chiesa critichi le politiche migratorie attuate da Salvini può starci. Ma che arrivi a paragonare a Satana un ministro della Repubblica, del nuovo governo frutto del voto dei cittadini, è qualcosa di semplicemente inaudito. Un’interferenza che annulla la separazione tra Stato e Chiesa. Perché le politiche, qualunque politica piaccia o no, le decide il governo; non il Vaticano né la Chiesa.

Come se Salvini si sognasse di dire che con Francesco è tornato Satana perché il Pontefice ha nominato vescovi e cardinali sgraditi al leader della Lega…

D’altra i primi ad insorgere contro la proposta di Salvini di affiggere il crocefisso nei luoghi pubblici non sono stati gli anticlericali; sono stati i vescovi e la Cei. Come se i vecchi compagni avessero deprecato il ricorso al simbolo della falce e martello…

Col che prendiamo atto che Satana è certamente tornato. Tornato a possedere il direttore di Famiglia Cristiana e i vertici della Chiesa italiana.

 

SALVINI NON HA AVVERSARI

Non durerà 30 anni, come ha dichiarato ieri a Pontida; magari solo 30 mesi. Ma non c’è dubbio che al momento Matteo Salvini sia il politico più amato dagli elettori italiani. Da chi lo ha già votato e dalla moltitudine che si appresta a farlo.

Un successo, un gradimento dovuto a vari motivi. Al fatto che a Pontida ha schierato in prima fila i leghisti veneti di Camposampiero accanto a quelli di Vibo Valenzia, per dimostrare che oggi la Lega è diventata nazionale, capace di unire l’Italia.

O magari perché ha capito che destra e sinistra non esistono più; e che l’Unione europea è alla frutta.

O perché ha messo al centro l’immigrazione. Quell’immigrazione che – ripetono a sinistra – è un problema inesistente. Scemi solo quelli che ci credono. Dunque scemi anche i tedeschi, dato che sull’immigrazione rischia di saltare perfino la Merkel…

Nessun politico oggi sa comunicare come lui. Ma mettiamo anche sul conto che Salvini non ha avversari. Mentre il più amato di ieri, cioè Renzi, di avversari ne aveva eccome: dallo stesso Salvini a Beppe Grillo.

Oggi l’avversario dovrebbe essere Roberto Saviano che, di fronte al successo delle quattro ragazze di colore nella staffetta 4X400, posta sul suo sito: “Il loro sorrisi sono la risposta all’Italia razzista di Pontida!”. Auguri: dai dei razzisti ai tanti che apprezzano la linea Salvini e di certo si pentiranno e cominceranno a voragli contro…

Dare del razzista ai Saviano sarebbe far loro un complimento. Sono solo fighetti, narcisiti, incapaci di parlare alla gente e capire la reale percezione dei problemi da parte dei cittadini.

Tornando agli avversari che Salvini non ha, Renzi lo hanno fatto fuori o se rotto le palle; Il Pd punta su Zingaretti che tanto vale lanciare il fratello, quel commissario Montalbano che lui sì piace a milioni di italiani. Berlusconi da tempo è non più pervenuto. I 5 Stelle, velo pietoso su Fico a parte, nella migliore delle ipotesi sono talenti in via di formazione.

Quindi al momento Matteo Salvini non ha competitor, ed anche per questo sta sbancando.

 

AFFARI D’ORO SUI MIGRANTI

E’ opinione diffusa che con l’accoglienza ai migranti si facciano affari d’oro. Un po’ come con i furbetti del cartellino: basta piazzare una telecamera davanti ad un qualunque ufficio pubblici e li becchi. Così basta un’indagine accurata su come utilizzano i fondi quelli che gestiscono i migranti, nei centri o con l’accoglienza diffusa, a becchi pure loro.

L’ultimo esempio arriva dalla zona a Sud di Latina, dove l’indagine sui alcuni centri di accoglienza si è conclusa con 6 arresti. Tra questi Luca Macaro, che utilizzava i fondi dati dalla prefettura in tre modi: primo, per garantirsi uno stipendio di 4 milioni di euro in due anni; secondo per elargire alla madre 300 mila euro per pulizie mai effettuate; terzo per pagare, sempre coi fondi pro migranti, anche i 2.550 euro del sontuoso banchetto per il battesimo del figlio.

La punta di un iceberg che, magari con picchi meno elevati, rischia di essere diffuso dovunque. Per un semplice motivo: le prefetture che elargiscono i fondi non hanno neanche lontanamente il personale che servirebbe per controllare quotidianamente come vengono impiega i fondi stessi; i famosi 35 euro al giorno.

E, senza controlli, sappiamo che la tentazione rende l’uomo ladro. Quindi tutti noi (o quasi) saremmo tentati di fare come Luca Macaro, cioè di metterci anzitutto i soldi in tasca.

L’altra faccia della stessa medaglia riguarda i migranti. Pura illusione quella di trovare nel nostro Paese migliori condizioni economiche di vita. Forse in altri Paesi, ma nel nostro no. Qui finiscono sfruttati a pochi euro l’ora in agricoltura o indotti ad attività criminali per guadagnare. Non che questo li giustifichi, ma è la realtà.

Conosco vari migranti arrivati dall’Est al crollo del comunismo. Nei loro Paesi erano ingegneri, professori, dirigenti; avevano un ruolo sociale gratificante. Qui sono ridotti a fare i muratori, le colf, le badanti. Nel rapporto tra stipendio, costo della vita e ruolo sociale, stavano meglio a casa loro. Ma sono stati costretti ad abbandonarla. Appena un Paese dell’Est si riprende, come la Polonia, di badanti polacche qui non ne trovi più una; le signore comprensibilmente sono tornate a casa.

Quindi non siamo affatto il Paese del Bengodi per i migranti economici che sperano di trovare migliori condizioni di vita. Gli affari d’oro li fa solo chi li gestisce, sia con l’accoglienza che dando un lavoro o un lavoretto. Loro sono solo lo strumento per guadagni illeciti di noi italiani.

DI MAIO AL DIGIUNO ELETTORALE

Luigi Di Maio rischia l’impopolarità, il digiuno elettorale, perché? Per un semplice motivo: invece che guardare in casa d’altri – cosa più facile e comoda – propone di guardare in casa nostra, dove la prassi invece impone di diventare ciechi. Lo ha fatto proponendo, in alternativa al censimento sui Rom voluto da Salvini, il censimento dei raccomandati in Rai e nella pubblica amministrazione in genere.
Apriti cielo. Significativo che i media abbiano censurato (o quasi) la sua proposta alternativa.
Non si tratta certo di negare che esistano tanti problemi con i nomadi, dai furti all’istruzione al furto che praticano sui loro figli. Ma dovremmo chiamare furto anche il furto dello stipendio praticato da centinaia di migliaia di nostri cittadini stanziali e però assenteisti nel pubblico impiego (e anche nel settore privato). Chiaro però che se un politico li chiama col vero nome – ladri – da loro non becca più nemmeno un voto…
Quanto alla Rai potremmo dire che il censimento è superfluo; dato che vien da pensare che non ce ne sia uno entrato senza la raccomandazione di questo o quel partito. In realtà le eccezioni non mancano, ma la prassi rimane questa, finché la Rai resta la televisione pubblica controllata dai partiti che via, via vincono le elezioni. (Prossima infornata i raccomandati da Lega e 5 Stelle…)
Quanto al resto delle assunzioni chi osa scoperchiare il vaso di Pandora dei concorsi pubblici? Ogni volta che alzi un pelino del coperchio (vedi concorsi universitari), scopri che il taroccamento è la norma, che il merito è un intruso quanto mai sgradito…
E questa, a ben guardare, è l’origine di tanti altri mali. Perché se un Paese non selezione la sua pubblica amministrane, la sua classe dirigente, in base al merito, come conseguenza hai: una burocrazia lenta e autoreferenziale, un’istruzione in caduta libera, una giustizia che funziona come funzione, etc. etc.
L’inefficienza regna sovrana. E quindi non sai nemmeno da che parte cominciare ad affrontare lo stesso (grave) problema dei nomadi.
Ma anche solo ricordarlo come ha fatto Luigi Di Maio (forse a sua insaputa) rischia di condannarti al ferreo digiuno elettorale. Meglio, molto meglio puntare il dito solo su migranti e Rom come sta facendo Salvini che infatti è…all’abbuffata elettorale!