DA ROMA LADRONA A VENEZIA LADRONA

La parola d’ordine dell’ormai antica Lega Nord di Umberto Bossi era “Roma ladrona!”: guerra alla capitale centralista coi suoi ministeri traboccanti di risorse e dipendenti. Partirono così le battaglie federaliste, con la variante indipendenza della Padania, che miravano a trasferire sul territorio risorse e poteri togliendoli alla Roma ladrona.

Oggi si parla di autonomia, del Veneto e della Lombardia, che il presidente Luca Zaia ha così sintetizzato: “prendere i soldi a chi li ha e portarli a chi non li ha”. Chi non li ha sono le regioni del Nord, penalizzate dal residuo fiscale (rapporto tra tasse versate a Roma e fondi nazionali restituiti); chi li ha sono le regioni del Sud favorite dal residuo fiscale, che ricevono invece molto più denaro di quanto ne versano alla fiscalità generale.

Ma c’è un piccolo problema: oggi la Lega si chiama solo così e non più Lega Nord; da partito territoriale è diventato partito nazionale che pesca consensi in tutta Italia. Ovunque le battaglie per l’autonomia sono state condotte e vinte solo da forti partiti territoriali; ai partiti nazionali non interessano, perché per loro sarebbero solo penalizzanti.

Oggi al governo abbiamo due partiti nazionali: Lega impegnata ad allargare i proprio consensi al Sud, i 5 Stelle che al Sud hanno il loro principale bacino elettorale. E’ pensabile che il governo giallo-verde conceda l’autonomia a Veneto e Lombardia, togliendo risorse al Sud per destinarle a due regioni di per se già considerate benestanti? Mi pare piuttosto improbabile. Penso che alla fine in Veneto arriverà un po’ di manfrina più che la vera autonomia.

Aggiungiamo che tutte le regioni autonome – dalla Sicilia al Trentino Alto Adige – al di là della diversa capacità di finalizzare le risorse, hanno tutte un numero spropositato di pubblici dipendenti in più rispetto alle regioni ordinarie.

Quindi la prima mossa della nostra regione, per attuare le 23 nuove competenze previste dall’autonomia, sarebbe quella di assumere nuovi dipendenti a raffica.

Quindi avremmo un nuovo centralismo regionale, con tante risorse, poteri e pubblici dipendenti in più a Venezia, cioè in regione. Quando invece la storia secolare del nostro Paese è quella dei municipi, non delle regioni ultime arrivate una cinquantina d’anni fa. Ci vorrebbe dunque un federalismo sì, ma municipale: con poteri e risorse ai comuni, ai sindaci che sono i primi, veri, interlocutori dei cittadini e dei loro problemi.

In caso contrario con l’autonomia del Veneto, voluta da Zaia e dai tanti che hanno votato il referendum, rischieremmo di passare solo da Roma ladrona a…Venezia ladrona.

CHE GOVERNINO I MAGISTRATI

Tanto vale metterci l’associazione nazionali magistrati alla guida del Paese, che così risparmiamo la spesa per elezioni del tutto inutili.

Comunque si giudichi la politica dell’immigrazione messa in atto da Salvini – anche nefanda e disumana – dovrebbe essere chiaro – se esistesse la separazione tra i poteri – che la scelta spetta al governo interprete della sovranità popolare. Non al procuratore di Agrigento né ad un qualunque vincitore di concorso pubblico in magistratura.

Ma questa regola elementare della democrazia è archiviata fin dai tempi di tangentopoli quando lo storico procuratore capo di Milano, Saverio Borrelli, si disse pronto a sacrificarsi e ricevere dall’allora presidente Scalfaro l’incarico di formare un governo di salute pubblica…

Salvini è accusato di sequestro di persona per aver cercato di impedire lo sbarco incontrollato dei migranti dalla Diciotti. Che l’esimio procuratore Luigi Patronaggio si allarghi e denunci per sequestro di persona anche gli Stati Uniti che, per decenni, hanno tenuto in quarantena i migranti italiani per appurare il loro stato di salute e il diritto ad entrare o meno nel proprio territorio nazionale.

Oggi non c’è cittadino che non concordi sul fatto che i controlli vadano fatti, e possano entrare nel nostro Paese solo i profughi veri; non i clandestini come propugnano le elite e l’establishment nostrani. Mai prima d’ora, grazie a Salvini, si era rilevato una frattura così completa tra popolo, comune sentire, ed establishment.

Tornando ai magistrati, con inchieste, più o meno discutibili ne dicam farlocche, hanno fatto cadere prima Berlusconi e poi Matteo Renzi. Manderanno a casa anche Salvini? Nel qual caso la soluzione e quella da cui siamo partiti: si assumano loro, le toghe, la responsabilità di governare il nostro Paese. Che noi cittadini siamo stanchi di andare alle urne per niente.

ASIA MINORE, LA NAVE SCUOLA

Nella vicenda di Asia minore, come la chiama oggi Il Tempo nel titolo di prima pagina, c’è un commento scontato: chi di coscia ferisce, di coscia perisce, come scrive Libero. Siamo sempre a Pietro Nenni: “a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura”. Lei la prima povera vittima che denunciò il molestatore Weistein, si scopre ora molestatrice e carnefice sessuale del Bennet diciasettenne.

Scontato, inevitabile. Meno scontato sarebbe invece cominciare a distinguere. Nessun dubbio a condannare la pedofilia e lo stupro. Ma vogliamo andarci cauti con queste molestie, questa violenza sessuale che distruggerebbero la vita, segnerebbero per sempre l’esistenza anche di persone adulte e (più o meno) consenzienti?

Lo scrive perfino Massimo Gramellini sul Corriere che tutti noi a 17 anni saremmo stati ben felici per l’aggressione di una “nave scuola” di 37 anni come Asia Argento che ci introducesse ai rituali del sesso più sfrenato…Altro che trauma.

Quindi se è ridicolo credere che Asia minore sia stata traumatizzata e segnata a vita da Weistein, altrattanto ridicolo è che lo abbia dichiarato contro di lei questo Jimmy Bennet arrivando ad incassare un risarcimento di ben 380 mila dollari. (Ma quando mai la vile pecunia serve a cancellare un trauma così profondo e feroce?…)

Si arriva dunque al mercato delle presunte molestie da monetizzare. Ci si arriva grazie ad un sistema dei media che prende per oro colato e divulga una qualsiasi accusa di violenza sessuale senza che prima ci sia – non dico una sentenza di condanna – ma nemmeno una minima verifica di quanto accaduto sul serio tra coppie etero o omo di varie età.

SATANA E’ TORNATO! SI CHIAMA SALVINI

L’ultimo Papa ad evocare il Diavolo, Satana, non come figura simbolica, ma come presenza fisica del Maligno che induce al male, fu Paolo VI. Poi Satana è come desaparecido, perché la Chiesa ha svuotato l’inferno (se anche c’è è, appunto, vuoto) in quanto i peccato vengono sempre perdonati dalla bontà del Signore.

Quindi senza peccati non si va più all’inferno e non serve più chi brucia i peccatori nelle fiamme eterne. Satana by by

Invece all’improvviso Satana resuscita, assieme a quel latino che la Chiesa aveva sepolto col concilio Vaticano II. Resuscita impadronendosi del corpo di Matteo Salvini. Infatti l’ultimo numero di Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico distribuito in tutte le chiese, titola così la copertina: Vade retro Salvini. Liberiamoci del diavolo leghista che non accoglie i migranti.

(Non è escluso che nel prossimo numero il direttore di Famiglia Cristiana, Antonio Rizzolo, illustri anche l’esorcismo necessario a liberarci dal nuovo Demonio)

Ora, che la Chiesa critichi le politiche migratorie attuate da Salvini può starci. Ma che arrivi a paragonare a Satana un ministro della Repubblica, del nuovo governo frutto del voto dei cittadini, è qualcosa di semplicemente inaudito. Un’interferenza che annulla la separazione tra Stato e Chiesa. Perché le politiche, qualunque politica piaccia o no, le decide il governo; non il Vaticano né la Chiesa.

Come se Salvini si sognasse di dire che con Francesco è tornato Satana perché il Pontefice ha nominato vescovi e cardinali sgraditi al leader della Lega…

D’altra i primi ad insorgere contro la proposta di Salvini di affiggere il crocefisso nei luoghi pubblici non sono stati gli anticlericali; sono stati i vescovi e la Cei. Come se i vecchi compagni avessero deprecato il ricorso al simbolo della falce e martello…

Col che prendiamo atto che Satana è certamente tornato. Tornato a possedere il direttore di Famiglia Cristiana e i vertici della Chiesa italiana.

 

SALVINI NON HA AVVERSARI

Non durerà 30 anni, come ha dichiarato ieri a Pontida; magari solo 30 mesi. Ma non c’è dubbio che al momento Matteo Salvini sia il politico più amato dagli elettori italiani. Da chi lo ha già votato e dalla moltitudine che si appresta a farlo.

Un successo, un gradimento dovuto a vari motivi. Al fatto che a Pontida ha schierato in prima fila i leghisti veneti di Camposampiero accanto a quelli di Vibo Valenzia, per dimostrare che oggi la Lega è diventata nazionale, capace di unire l’Italia.

O magari perché ha capito che destra e sinistra non esistono più; e che l’Unione europea è alla frutta.

O perché ha messo al centro l’immigrazione. Quell’immigrazione che – ripetono a sinistra – è un problema inesistente. Scemi solo quelli che ci credono. Dunque scemi anche i tedeschi, dato che sull’immigrazione rischia di saltare perfino la Merkel…

Nessun politico oggi sa comunicare come lui. Ma mettiamo anche sul conto che Salvini non ha avversari. Mentre il più amato di ieri, cioè Renzi, di avversari ne aveva eccome: dallo stesso Salvini a Beppe Grillo.

Oggi l’avversario dovrebbe essere Roberto Saviano che, di fronte al successo delle quattro ragazze di colore nella staffetta 4X400, posta sul suo sito: “Il loro sorrisi sono la risposta all’Italia razzista di Pontida!”. Auguri: dai dei razzisti ai tanti che apprezzano la linea Salvini e di certo si pentiranno e cominceranno a voragli contro…

Dare del razzista ai Saviano sarebbe far loro un complimento. Sono solo fighetti, narcisiti, incapaci di parlare alla gente e capire la reale percezione dei problemi da parte dei cittadini.

Tornando agli avversari che Salvini non ha, Renzi lo hanno fatto fuori o se rotto le palle; Il Pd punta su Zingaretti che tanto vale lanciare il fratello, quel commissario Montalbano che lui sì piace a milioni di italiani. Berlusconi da tempo è non più pervenuto. I 5 Stelle, velo pietoso su Fico a parte, nella migliore delle ipotesi sono talenti in via di formazione.

Quindi al momento Matteo Salvini non ha competitor, ed anche per questo sta sbancando.

 

AFFARI D’ORO SUI MIGRANTI

E’ opinione diffusa che con l’accoglienza ai migranti si facciano affari d’oro. Un po’ come con i furbetti del cartellino: basta piazzare una telecamera davanti ad un qualunque ufficio pubblici e li becchi. Così basta un’indagine accurata su come utilizzano i fondi quelli che gestiscono i migranti, nei centri o con l’accoglienza diffusa, a becchi pure loro.

L’ultimo esempio arriva dalla zona a Sud di Latina, dove l’indagine sui alcuni centri di accoglienza si è conclusa con 6 arresti. Tra questi Luca Macaro, che utilizzava i fondi dati dalla prefettura in tre modi: primo, per garantirsi uno stipendio di 4 milioni di euro in due anni; secondo per elargire alla madre 300 mila euro per pulizie mai effettuate; terzo per pagare, sempre coi fondi pro migranti, anche i 2.550 euro del sontuoso banchetto per il battesimo del figlio.

La punta di un iceberg che, magari con picchi meno elevati, rischia di essere diffuso dovunque. Per un semplice motivo: le prefetture che elargiscono i fondi non hanno neanche lontanamente il personale che servirebbe per controllare quotidianamente come vengono impiega i fondi stessi; i famosi 35 euro al giorno.

E, senza controlli, sappiamo che la tentazione rende l’uomo ladro. Quindi tutti noi (o quasi) saremmo tentati di fare come Luca Macaro, cioè di metterci anzitutto i soldi in tasca.

L’altra faccia della stessa medaglia riguarda i migranti. Pura illusione quella di trovare nel nostro Paese migliori condizioni economiche di vita. Forse in altri Paesi, ma nel nostro no. Qui finiscono sfruttati a pochi euro l’ora in agricoltura o indotti ad attività criminali per guadagnare. Non che questo li giustifichi, ma è la realtà.

Conosco vari migranti arrivati dall’Est al crollo del comunismo. Nei loro Paesi erano ingegneri, professori, dirigenti; avevano un ruolo sociale gratificante. Qui sono ridotti a fare i muratori, le colf, le badanti. Nel rapporto tra stipendio, costo della vita e ruolo sociale, stavano meglio a casa loro. Ma sono stati costretti ad abbandonarla. Appena un Paese dell’Est si riprende, come la Polonia, di badanti polacche qui non ne trovi più una; le signore comprensibilmente sono tornate a casa.

Quindi non siamo affatto il Paese del Bengodi per i migranti economici che sperano di trovare migliori condizioni di vita. Gli affari d’oro li fa solo chi li gestisce, sia con l’accoglienza che dando un lavoro o un lavoretto. Loro sono solo lo strumento per guadagni illeciti di noi italiani.

DI MAIO AL DIGIUNO ELETTORALE

Luigi Di Maio rischia l’impopolarità, il digiuno elettorale, perché? Per un semplice motivo: invece che guardare in casa d’altri – cosa più facile e comoda – propone di guardare in casa nostra, dove la prassi invece impone di diventare ciechi. Lo ha fatto proponendo, in alternativa al censimento sui Rom voluto da Salvini, il censimento dei raccomandati in Rai e nella pubblica amministrazione in genere.
Apriti cielo. Significativo che i media abbiano censurato (o quasi) la sua proposta alternativa.
Non si tratta certo di negare che esistano tanti problemi con i nomadi, dai furti all’istruzione al furto che praticano sui loro figli. Ma dovremmo chiamare furto anche il furto dello stipendio praticato da centinaia di migliaia di nostri cittadini stanziali e però assenteisti nel pubblico impiego (e anche nel settore privato). Chiaro però che se un politico li chiama col vero nome – ladri – da loro non becca più nemmeno un voto…
Quanto alla Rai potremmo dire che il censimento è superfluo; dato che vien da pensare che non ce ne sia uno entrato senza la raccomandazione di questo o quel partito. In realtà le eccezioni non mancano, ma la prassi rimane questa, finché la Rai resta la televisione pubblica controllata dai partiti che via, via vincono le elezioni. (Prossima infornata i raccomandati da Lega e 5 Stelle…)
Quanto al resto delle assunzioni chi osa scoperchiare il vaso di Pandora dei concorsi pubblici? Ogni volta che alzi un pelino del coperchio (vedi concorsi universitari), scopri che il taroccamento è la norma, che il merito è un intruso quanto mai sgradito…
E questa, a ben guardare, è l’origine di tanti altri mali. Perché se un Paese non selezione la sua pubblica amministrane, la sua classe dirigente, in base al merito, come conseguenza hai: una burocrazia lenta e autoreferenziale, un’istruzione in caduta libera, una giustizia che funziona come funzione, etc. etc.
L’inefficienza regna sovrana. E quindi non sai nemmeno da che parte cominciare ad affrontare lo stesso (grave) problema dei nomadi.
Ma anche solo ricordarlo come ha fatto Luigi Di Maio (forse a sua insaputa) rischia di condannarti al ferreo digiuno elettorale. Meglio, molto meglio puntare il dito solo su migranti e Rom come sta facendo Salvini che infatti è…all’abbuffata elettorale!

C’E’ CHI STA PEGGIO DEI FATTORINI

Con questo inglese dilagante non capivo chi mai avesse incontrato Luigi Di Maio come sua prima iniziativa da ministro del Lavoro: i riders? Vado su Wikipedia e vedo che vuol dire piloti, non d’aviazione ma di bici e motorini. Insomma sono i fattorini che effettuano le consegne a domicilio, di cibo anzitutto.
Tipico esempio di categoria, precaria, sfruttata e sottopagata! Ha proclamato il neo ministro. Sempre su Wikipedia informano che in Italia questi fattorini sono pagati in media 9.6 euro lordi all’ora. Molto di più, tanto per dire, di quelli che lavorano per le coop di tutti i colori.
Precari? Speriamo di sì: la tristezza sarebbe che dovessero farlo per tutta la vita. Gran parte di questi fattorini sono infatti nostri ragazzi volonterosi (ci sono anche questi) decisi a guadagnarsi qualcosa invece che farsi mantenere dai genitori. In attesa di completare gli studi e trovare un lavoro vero.
C’è chi sta molto peggio dei riders, chi è sfruttato in maniera inaudita e vergognosa: sono gli africani e gli indiani che lavorano i campi a Latina, a Rosarno a Gioia Tauro.
Non è che Di Maio doveva cominciare ad incontrare loro, i veri nuovi schiavi? Sarebbe saltato il governo giallo-verde? Non credo. Anche la Lega, se è giustamente impegnata ad impedire che entrino i galeotti nel nostro Paese, ha tutto l’interesse a difendere gli stranieri che lavorano in condizioni illegali e intollerabili per un Paese civile, nel silenzio totale di Stato e istituzioni.
Vittorio Feltri scrive che il malese Sacko Soumalia non è stato ucciso né perché sindacalista né perché negro, ma solo perché sorpreso a rubare delle lamiere. Non so, può essere, in ogni caso è stato ammazzato a fucilate. Ma la tragica vicenda di Sacko è comunque collaterale. Lo scandalo inaudito e intollerabile sono gli stranieri ridotti in schiavitù dai proprietari terrieri italiani. (E non solo al Sud).
Queste attività agricole se per reggersi sul mercato – dei pomodori, delle conserve – hanno bisogno di pagare quelli che lavorano due euro l’ora (quando va bene). Queste attività agricole vanno proibite, tassativamente vietate in un Paese ad economia avanzata e civile quale dovrebbe essere il nostro.
E a questo dovrebbe provvedere anzitutto il neo ministro di Lavoro e Sviluppo Economico. Altro che baloccarsi a 5 stelle con i fattorini.

LEGA NORD CON MINISTERO SUD

Fossi un militante della Lega Nord, uno che con convinzione la votata, che andava ogni anno a Pontida a sentire Umberto Bossi tuonare contro i terùn ( lui li chiamava così), contro quei meridionali che depredano il Nord con la Cassa del Mezzogiorno e le elargizioni di “Roma ladrona”, per cui bisogna assolutamente uscirne con l’indipendenza della Padania.
O fossi semplicemente uno della maggioranza dei veneti che l’Ottobre scorso votarono il referendum sull’autonomia per motivi analoghi, cioè per ottenere che i soldi restino nella mia virtuosa regione e non vadano a finire alle regioni meridionali irresponsabili e sprecone.
Fossi uno di questi, qualunque compromesso avrei potuto accettare da Matteo Salvini per varare il governo giallo-verde. Ma non che accettasse la nascita del Ministero per il Sud affidato alla grillina leccese Barbara Lezzi.
Nemesi perfetta. Il contrapasso più doloroso per la fu Lega Nord.
Minimo Salvini doveva pretendere in cambio il Ministero per il Nord. E poi quello per il Centro, senza dimenticare le Isole…
Che poi bastasse un ministero ad hoc per risolvere certi problemi assai complessi. Specie quando la matrice è anche culturale: o capisci che il lavoro nobilita l’uomo, mentre l’assistenzialismo lo degrada, o non c’è dicastero che possa convincerti
In Gran Bretagna Teresa May ha varato il ministero contro la solitudine. Vuoi vedere che improvvisamente gli anziani inglesi non sono più soli e abbandonati? Lo istituiamo che anche noi che così pure i nostri anziani non saranno più affidati alla badante o relegati in casa di riposo? I figli improvvisamente – grazie al dicastero – andranno a trovarli tutti i giorni e torneranno a farsene cura…
Il neo ministro della famiglia, Lorenzo Fontana, dice una cosa sacrosanta: “Senza nascite addio pil”. Certo solo i figli ti spingono a lavorare e produrre di più per garantire loro il futuro; senza figli ti limiti a garantire il tuo presente, a vivacchiare lavorando il meno possibile.
Ma anche qui la questione è culturale: o capisci che nulla quanto i figli riempie e da un significato alla tua vita, o non lo capisci. E certo non te lo fa comprendere un ministero ad hoc: come l’assistenzialismo ha fatto solo danni al Sud, così l’assistenzialismo famigliare non serve certo a rilanciare la natalità…
Ma intanto sentite condoglianze alla fu Lega Nord che ha accettato la nascita del Ministero per il Sud.

O MI FORMO O MI FERMO

La sintesi perfetta della sfida che oggi ha davanti chiunque lavori – da imprenditore, in proprio o da dipendente – non ci arriva dal ministero dell’Economia, dalla Normale di Pisa (per dire il top delle nostre università) né dalle articolesse di illustri economisti. No. Ci arriva da Susi e Cinzia.
Susi e Cinzia sono due sorelle socie di un centro estetico che ha festeggiato i 25 anni di attività e, in quell’occasione, hanno ribadito anche ai microfoni di Telenuovo quale sia la loro parola d’ordine: “O mi formo o mi fermo”. Sintesi perfetta della nuova realtà dell’economia e del mercato del lavoro: o innovo i prodotti, i servizi, la mia formazione professionale o mi fermo. E sono perduto.
Lo hanno capito due sorelle estetiste. Si sono permessi di non capirlo (con l’avvallo del Consiglio di Stato) i docenti del politecnico di Milano, rifiutando di “formarsi” alla lingua inglese con la quale tenere le lezioni.
Che sia perché le due estetiste lavorano nel privato, quotidianamente a confronto con il mercato dei servizi alla persona, mentre gli illustri cattedratici fingono di lavorare nella pubblica istruzione?
Direi di sì se penso che qualche mese fa, quando sono andato nel mio comune a rinnovare la carta d’identità, me l’hanno data ancora cartacea perché, mi hanno spiegato, non erano “formati” a rilasciare quella elettronica. Ed è così nella larga maggioranza dei comuni. Mentre, non dico le banche, ma non c’è negozio che non dia a tutti i suoi clienti la carta fedeltà elettronica…
Il privato vive nella realtà e quindi, se vuole festeggiare i 25 anni di attività in proprio o di lavoro dipendente, sa che deve formarsi. Vale anche e perfino nel (privilegiato) mondo dell’informazione dove giornalisti televisivi e della carta stampata hanno dovuto “formarsi” all’uso dei computer, per montare i servizi o per impaginare gli articoli. Non posso verificarlo, ma sono pronto a scommettere che in Rai invece ci sono ancora i tecnici addetti al montaggio dei servizi…
Perchè il pubblico, contrariamente al privato, vive nell’empireo dell’assistenzialismo e del posto fisso garantito a prescindere, il conto coi conti non lo fa mai, e quindi può tranquillamente stare fermo.