QUASI PROFETICO

Non so se semplicemente se lo sentisse che poteva andare così o se, in piena coscienza, stia facendo giocare la squadra per pareggiare, in attesa che almeno i giocatori chiave della nuova formazione raggiungano un discreto livello di forma fisica e conoscenza reciproca, per poter osare qualcosa di più in attacco. Certo è che Pierpaolo Bisoli, dicendo che la corsa alla salvezza biancoscudata poteva passare anche per 5 pareggi consecutivi (lui aveva detto testuale 5 0-0 di fila, ma insomma credo che il concetto sia il medesimo), è stato quasi profetico. Se non era sua intenzione che finisse proprio così, se l’è quantomeno tirata. Almeno fino a questo momento.

Che dire. Certo il terzo pari di fila, agguantato all’89’ da un determinato Capello, ha il sapore della sconfitta evitata. E se alla fine fosse arrivata, la sconfitta, staremmo qui già tutti a parlare di serie C sicura. Però la sensazione è quella che la squadra sia comunque in difficoltà. Quando contiene tutto sommato non soffre (il gol di Chiaretti è nato da un disimpegno errato individuale, non da un errore di concetto del reparto arretrato), ma non è quasi mai in grado di ripartire facendo male. Le azioni d’attacco (se così possiamo chiamarle) partono tutte dal lancio lungo dalle retrovie. Che nel 99% dei casi viene neutralizzato dalla capoccia del difensore centrale avversario alto di turno. I terminali offensivi fanno fatica a ricevere palla e il risultato è che Bonazzoli, tanto per citarne uno, è costretto ad andare a prendersi i palloni nella metà campo avversaria, non riuscendo poi ad essere mai pericoloso sotto porta perché parte da troppo lontano.

Se si guarda la classifica è ovvio che il margine per salvarsi c’è ancora tutto. E’ ovvio che Bisoli può avere ragione quando dice che se tra qualche settimana arriveranno due-tre vittoria di fila questi pareggi potranno all’improvviso tornare utili per risalire la classifica: è normale che lui tenga questo tenore nelle dichiarazioni, che cerchi di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e citi tutti i precedenti in cui altre società, ultime in classifica fino a marzo, poi si sono salvate nelle ultime giornate. E’ il normale gioco delle parti. Ma ad oggi la situazione resta preoccupante. E, in cuor suo, anche Bisoli lo sa.

UN ALTRO BRODINO

Il punto che fa morale. Il pareggio della continuità. Un altro passo avanti in classifica. Un risultato che permetterà ai biancoscudati di lavorare con serenità nella settimana che precederà lo scontro diretto contro il Foggia.

Tutte queste affermazioni sono valide. In effetti non si è perso (e per Bisoli, dopo il suo ritorno in panchina, fanno tre pareggi, una vittoria e una sconfitta al 93′ su rigore) e un piccolo passo avanti si è fatto anche oggi. Magari, come sottolinea l’allenatore del Padova da settimane, lo apprezzeremo di più tra un po’ quando (forse) riusciremo a inanellare una serie di vittorie e allora questi punticini assumeranno all’improvviso un’importanza maggiore.

Per ora però purtroppo c’è che i biancoscudati non sono riusciti a vincere neanche oggi, pur avendo disputato un buonissimo primo tempo, con un rigore negato e altre buone occasioni cui va aggiunto il pregevole colpo di tacco di Bonazzoli nella ripresa. Si deve osare di più? Certo. Si deve. Perché in effetti oggi i punti di distanza tra Padova e Cremonese in classifica non si sono visti, sintomo che il Padova si è rinforzato e ha aumentato la propria qualità, ma il Biancoscudo resta ultimo in classifica.

Bisoli, tempo fa, aveva detto che la continuità poteva passare anche per cinque 0-0 a consecutivi. Ecco, i primi due sono arrivati contro Salernitana e Cremonese. Facciamo in modo però che la profezia non si avveri e che già col Foggia arrivi un risultato pieno. Altrimenti hai voglia a tenere alti l’umore e la voglia di crederci…

UN BRODINO PER IL MALATO

Brodino e mela cotta. Ha il sapore delle pietanze che si portano al malato direttamente a letto il pareggio ottenuto oggi contro la Salernitana. Il terzo 0-0 in casa della gestione Bisoli (gli altri due contro Spezia e Cittadella). L’allenatore biancoscudato si è detto felicissimo di questo pari, guardando al bicchiere mezzo pieno, per il fatto che non si è preso gol e si è riusciti in qualche modo a muovere la classifica, ma la preoccupazione nel tifoso non può che salire. Sale perché è vero che con la media che sta tenendo il Padova attualmente (da quando è tornato Bisoli una vittoria, due pareggi e una sola sconfitta) la salvezza normalmente non è un problema, ma è altrettanto innegabile che siamo ultimi e questi piccoli passi al momento non bastano per togliersi dalla zona bollente.

Conforta sapere che i nuovi arrivati si sono messi a completa disposizione. Che umanamente sono giocatori straordinari, che hanno voglia di soffrire fino all’ultimo. Che tecnicamente sono pure validi. Ma il tempo stringe e vincere (almeno in casa) è fondamentale per riuscire a risalire. Il tecnico dice che non si può avere tutto e subito. Che la fretta sarebbe la peggiore delle compagne di viaggio perché nella scalata dell’Everest può essere che un giorno c’è una bufera e rimani fermo lì ma può anche essere che il giorno dopo c’è il sole e magari guadagni più metri di quelli che avevi messo in preventivo di guadagnare, recuperando terreno.

Ma la cima è lontana. E bisogna raggiungerla. Costi quel che costi. E ora come ora è tanto dura coltivare l’ottimismo che Bisoli ostenta da quando è ritornato. Che dire: io mi auguro che abbia ragione lui il 12 maggio. Ma spero ancora di più che per esempio a Cremona la squadra dia altri segnali positivi. Magari andando in gol. Magari mostrando un po’ più di smalto e intraprendenza. “Tutto e subito” magari non va bene, ma neanche “domani o la settimana prossima” sono le parole che vogliamo sentirci ripetere.

PADOVA NUOVO, PROBLEMI VECCHI (PARTE SECONDA)

Gli psicologi la chiamano “coazione a ripetere”. Che altro non è che la tendenza innata e, aggiungo io, masochista, di ripetere sempre gli stessi comportamenti. Che nella maggior parte delle situazioni generano gli stessi problemi. E ti fanno portare a casa le stesse sconfitte.

Perugia, Crotone, Cosenza (con Foscarini), oggi Venezia. Incredibile come il Padova ami fare harakiri pochi minuti dopo il 90′. Quando basterebbe far sparire la palla qualche secondo in più per portare a casa un risultato preziosissimo. Quando sarebbe sufficiente tenerla un po’ di più senza sparacchiarla qua e là a caso. Quando bisognerebbe solo liberarsi di un po’ di paura, prendere per mano la squadra e fare cose semplici, ma efficaci.

E invece no. Il Padova si suicida ogni volta che sta rinascendo. Pazzesco davvero. Il bello (anzi il brutto) è che lo fa spesso e volentieri al termine di partite in cui ha faticato parecchio per rimetterla in piedi e il risultato positivo lo meriterebbe pure. Il che non fa che aumentare il rammarico e la difficoltà a ripartire.

Dura ricominciare anche questa volta. Proiettando la mente e il cuore alla prossima in casa contro la Salernitana. Ma tant’è è l’unica soluzione possibile visto che il mercato si è quasi concluso e la rivoluzione è stata fatta. La classifica dice che siamo tornati ultimi ma è talmente corta che ci offre per l’ennesima volta la possibilità di sperare che il campionato non finisca così male. Per cui testa bassa, pedalare e via. Magari smettendola di farci del male con le nostre stesse mani…

LA RIVOLUZIONE DI GENNAIO

Sette giocatori nuovi nella formazione iniziale. Otto acquisti in totale (con l’ottavo nuovo innesto, Lollo, in campo nella ripresa). E’ evidentemente “un altro Padova” quello che ha battuto il Verona 3-0. Un Padova che ha schierato in campo una difesa solida e tatticamente molto intelligente, un centrocampo di combattenti e un attacco con una punta che alla prima partita dopo un ritorno in biancoscudato un po’ tribolato ha illuminato gli occhi dei tifosi con una doppietta.

Andelkovic e Cherubin hanno contribuito a rendere più sicuro Trevisan che, oltre a respingere tutto il respingibile, si è pure procurato due palle gol. Minelli ha parato un rigore. Longhi a sinistra non ha certo fatto rimpiangere Contessa, anzi è proprio da un suo cross che è nato il primo gol della giornata. Morganella, che nel primo tempo è stato impiegato un po’ meno rispetto al collega dell’altra fascia, ha poi esploso il destro del 3-0 della tranquillità. Calvano ha lottato come un leone su ogni palla, sbranando qualunque giocatore del Verona che gli si parasse davanti, Mbakogu, appunto, ha vissuto il suo secondo esordio con la maglia del Padova buttandola dentro due volte. Pulzetti è tornato in possesso del metronomo, dettando i tempi delle ripartenze. Bonazzoli è stato il solito Bonazzoli ovvero un ariete inesauribile che ha cercato di sfondare da ogni lato e in ogni momento: da categoria superiore l’assist per il 2-0 di Mbakogu. Meritava di inserire il suo nome tra i marcatori, ma sicuramente si rifarà presto.

Che aggiungere di più? Sì, era necessaria questa rivoluzione e i Bonetto bene hanno fatto a permettere a Zamuner di metterla in atto. Molti di questi giocatori nuovi rappresentavano una scommessa non perché fossero in dubbio le loro qualità ma perché venivano da un lungo periodo di inattività. Hanno dimostrato che la testa e il cuore fanno la differenza più di quanto si possa pensare e nel momento di difficoltà, quando la stanchezza ha iniziato a farsi sentire nelle gambe, si sono dati ancor di più una mano. Se la partita vista oggi sarà la prima di una lunga serie e i valori soprattutto umani visti oggi dureranno nel tempo, la salvezza arriverà.

Mi permetto una breve osservazione finale: credo che, a fine partita, al Verona, più dei tre gol, pesi portarsi a casa la lezione di umiltà del Padova. Puoi essere sulla carta più forte (e sicuramente il Verona lo è) ma se non lotti, se non arrivi prima sul pallone, se non combatti, se credi che tutto ti sia dovuto, puoi buscarle. E di brutto. Anche dal modesto Padova.

#SESALVEMO

Se il Padova disputerà non dico tutte ma quasi tutte le partite del girone di ritorno con l’intensità che ho visto nel primo tempo di oggi a Livorno e con la gestione delle energie che ho visto nel secondo tempo sempre di Livorno forse a maggio riusciremo almeno a prolungare l’agonia fino ai playout e a salvarci. L’intraprendenza di Marcandella, la qualità di Clemenza (mi domando ancora una volta perché in queste ultime giornate sia stato messo da parte. A precisa domanda Foscarini mi ha risposto che aveva bisogno di altre caratteristiche, ma quali caratteristiche possono essere migliori di quelle di uno che salta l’uomo e prova a tirare in porta?), la forza di volontà di Cappelletti, il ritrovato entusiasmo di capitan Pulzetti, le parate al momento giusto di Merelli, la lucidità di Trevisan sono tutti elementi che insieme alle 4-5 nitide palle gol create mi fanno davvero pensare che il Padova è qualcosa di più di quello che abbiamo visto all’opera ultimamente. Forse la qualità non è eccelsa ma ce n’è più di quel che molti di noi pensavano.

Il mercato, a questo punto, davvero può trasformarsi nell’ancora di salvezza che ci vuole per risollevare quel che resta da risollevare. “Chi non ci crede, fuori dai c….” hanno titolato gli ultras nel loro striscione di contestazione dopo Padova-Benevento. Ecco credo sì che sia arrivato il momento per chi non si sente più bene qui, per chi non ha voglia di sobbarcarsi la sofferenza che inevitabilmente ci sarà da qui alla fine, per chi pensa di non avere più molto da dare in questo contesto di alzare onestamente la mano e chiedere la cessione. Zamuner ha parlato di 10-11 giocatori in partenza, perché con una rosa di 31 elementi non si può andare avanti.

Credo ci sarà anche qualche partenza eccellente. Non mi stupirei se pure Contessa, che l’anno scorso ha fatto un gran campionato e ha contribuito alla risalita in serie B, facesse le valigie. Ci sta di commettere un errore in campo, per la troppa foga, per la troppa voglia di fare la cosa giusta, per l’incapacità di frenare la propria irruenza. Se Contessa avesse provocato il rigore dell’1-1 del Livorno per la necessità di fermare un avversario lanciato a rete da solo, per neutralizzare un grave pericolo reale, l’avremmo tutti già perdonato. Allargare il braccio su un cross a campanile nemmeno minimamente pericoloso in un momento in cui in area non c’è nessuno del Livorno che ti sta addosso credo sia il segnale che il giocatore non è più tranquillo mentalmente. Se Bisoli da qui alla ripresa del campionato riuscirà a rimetterlo in bolla saremo tutti contenti. Se invece così non sarà meglio salutarsi adesso conservando peraltro uno scrigno di bei ricordi.

Contessa a parte, voglio da oggi in poi fare mio l’hastag che ho letto in uno dei vostri commenti. #sesalvemo. Mi piace, lo sento anche mio. Perché ci credo. Ci credo fortemente.

TOTALE CONFUSIONE

Confusione in campo. Con giocatori che si impegnano sì (solo un tempo o poco più, come ormai consuetudine settimanale dall’inizio del campionato) ma non arrivano a tirare in porta. Non arrivano ad avere un guizzo importante, una giocata di classe o anche solo semplicemente un atto di coraggio. A volte basta provare a saltare l’uomo per creare la superiorità numerica. Si preferisce invece scaricare il pallone al poveretto più vicino giusto perché sia lui a (non) prendersi la responsabilità di fare qualcosa.

Confusione fuori dal campo. Durante e dopo la partita. Onestamente diverse scelte sulla formazione odierna e le dichiarazioni post gara di Foscarini mi hanno un po’ spiazzato. Perché epurare completamente Minesso e Clemenza? Perché inserire Marcandella a pochi minuti dalla fine quando può incidere poco o nulla sul risultato finale? Foscarini mi ha risposto che cerca alcune caratteristiche e che quindi se mette in campo alcuni giocatori invece che di altri è perché pensa che possano portare la squadra alla salvezza. Inoltre, dopo due sconfitte di fila forse puoi dire che “sei stato sfortunato”, che “meritavi di più”, che “ti sei impegnato”. Dopo 5 non c’è una scusante una che tenga. Capisco che il tecnico debba tenere su in qualche modo la baracca e che quindi non si possa permettere di buttare via tutto ma onestamente ritengo sia fuori luogo aggrapparsi a frasi fatte che mal si adattano a questa sconfitta.

Non so onestamente se domani mattina Foscarini sarà ancora l’allenatore del Padova: so solo che ho visto il presidente Bonetto distrutto da una parte e incazzato nero dall’altra. Di sicuro, sia che l’allenatore rimanga sia che gliene subentri un altro, il terzo dall’inizio, a gennaio ci sarà una sorta di piccola rivoluzione. Tante facce cambieranno. E per salvare la B ad ogni costo la proprietà metterà mano al portafoglio. Chissà forse nemmeno Zamuner in questo momento può dormire sonni tranquilli.

Tutti sono sotto accusa. Nessuno escluso.

SENZA PAROLE

Senza parole sono io. Senza parole sono i tifosi (anzi magari di parole ne hanno ma non sono certo di elogio nè tantomeno di ragionamento). Senza capacità di fare i fatti, senza carattere, senza attributi, senza mordente sono i giocatori del Padova in questo momento. Che siano stati commessi errori madornali nella costruzione della squadra la scorsa estate è evidente, che quasi tutti stiano comunque rendendo al di sotto delle proprie possibilità, bloccati dal terrore di fare qualche errore e di tornare a casa con l’ennesima sconfitta sul groppone (che puntualmente poi si verifica) è altrettanto innegabile.

Sinceramente non so trovare soluzione a questa situazione. Il mercato di gennaio è senz’altro un momento in cui sarà possibile apporre dei correttivi a questa rosa ma qui davvero bisognerebbe, allo stato attuale, cambiare almeno 6-7 giocatori. E accetteranno 6-7 giocatori di qualità di venire a fare la seconda parte del campionato a Padova, in una piazza ultima in classifica e quindi in odore di retrocessione? Mah, faccio fatica a crederci. Quindi in questo momento vedo nero, tanto nero. E Foscarini? Tanti supporters biancoscudati oggi chiedono a gran voce il ritorno di Bisoli. Dicono che Foscarini è uno da carota mentre con questa squadra serve il bastone. Ma che colpe ha Foscarini se non quella di provare a risollevare le sorti di un gruppo che non ha minimamente contribuito a creare?

Rimango basita di fronte alla prestazione del Padova a Lecce. Rimango esterrefatta di fronte al numero di giocatori (4 se non ho contato male) che hanno permesso che Armellino partisse dalla fascia destra a 40 metri dalla porta, si accentrasse e tirasse dal limite senza fare niente per fermarlo in occasione del 2-0 del Lecce. Dove andremo a finire con questo atteggiamento? Ho perfino paura a rispondere a questa domanda perché ho il terribile presentimento di essere perfettamente a conoscenza della risposta. E non la accetto. Non dopo tutta la fatica fatta nel 2014 per ripartire dalla serie D e tornare in B. Non accetto che possa finire così. Che il destino sia un ritorno in C.

Presidente Bonetto, può fare qualcosa per favore?

URGE CAMBIO DI ROTTA (E DI MENTALITA’)

Il copione che si ripete da un po’ di tempo a questa parte è sempre lo stesso. Ed è tristissimo davvero perché il tifoso del Padova si illude ogni volta che al vantaggio iniziale dei biancoscudati possa seguire un risultato positivo e invece va a finire sempre peggio. A Cosenza si è preso gol al 93′, col Palermo sono bastati due minuti a metà ripresa per vedere un 1-1 che sarebbe stato preziosissimo visto che si affrontava la capolista trasformarsi in un 1-3 senza storia.

E siamo così arrivati alla terza sconfitta di fila da quando sulla panchina siede Claudio Foscarini. Foscarini che, va detto con forza, è l’ultimo dei responsabili perché ha ereditato una squadra che non ha costruito e con diversi problemi da risolvere anche dal punto di vista dello spogliatoio.

Purtroppo la qualità (non dei singoli componenti della rosa ma della rosa nel suo complesso) è quella che è. L’assemblaggio non è stato vincente per nulla. A gennaio si cercherà di porre rimedio a questa cosa attraverso un mercato che inserisca esperienza soprattutto. Nel frattempo però i giocatori devono mettersi in testa che urge un cambio di rotta. E di mentalità. Quando in qualche modo si riesce a portarsi in vantaggio non si può gettare tutto alle ortiche ogni volta. Non si può ogni volta disputare un buon primo tempo e crollare nella ripresa. Non si può non mostrare la benché minima reazione di fronte alle difficoltà. Da qui a gennaio bisognerà pur ricominciare a fare punti e mancano ancora tre partite. Lecce, Benevento e Livorno non faranno sconti. Ma il Padova può senz’altro fare meglio di quel che ha fatto fino ad oggi cercando di non buttare via le cose buone che riesce a fare.

Il salto di qualità deve essere soprattutto mentale. Non si deve mollare. Mai. Questo atteggiamento servirà anche dopo il mercato di rafforzamento. Altrimenti sarà stato inutile pure quello.

 

ALLENATORE NUOVO, PROBLEMI VECCHI

3 partite con il nuovo allenatore ed ecco già evidenti i problemi di sempre. L’allenatore è nuovo e fa quel che può ma i problemi di questo Padova sono quelli vecchi. Quelli che partono da quest’estate, da quando cioè la rosa è stata costruita con un budget evidentemente troppo basso e puntando troppo sui giovani. Giovani che senz’altro tra qualche anno esploderanno perché le qualità le hanno ma ora rischiano di vivere un campionato infernale. Una stagione dall’epilogo davvero infelice, l’unico in grado di uccidere veramente una passione che già adesso sta stentando parecchio nonostante la riconquista della serie B.

A Cosenza si è rivisto il Padova che fa fatica a costruire, che non tira in porta, che negli ultimi sedici metri si vede poco e male, ma anche il Padova che, come era successo a Foggia e a Brescia, riesce ad andare in vantaggio e poi cala vertiginosamente alla distanza, sprecando tutto nei minuti finali. L’attenuante dell’ingiusta espulsione di Mazzocco c’è, ma è troppo poco per giustificare tutto quello cui (non) abbiamo assistito nel secondo tempo.

Erano queste ultime due le partite da vincere, contro Carpi e Cosenza, scontri diretti per non retrocedere. Se è andata così male con queste due come possiamo solo sperare di riuscire ad avere la meglio contro Palermo, Lecce e Benevento? La preoccupazione cresce inevitabilmente. E il mercato di gennaio davvero appare al momento l’unica luce in fondo ad un tunnel sempre più scuro.