DEFERIMENTO NON SIGNIFICA CONDANNA

Non c’è pace in questo finale di stagione per il Padova. Prima l’uscita dai playoff e le ridottissime speranze di rientrare nei primi sei posti. Ora l’uragano dei deferimenti del calcioscommesse, che coinvolgono Vincenzo Italiano per un Padova-Grosseto giocato a marzo del 2010 e la società calcio Padova per responsabilità oggettiva, più Ruopolo e Vantaggiato ma per partite giocate quando vestivano la maglia di altri club.

Non è il clima ideale per giocarsi le residue possibilità di agganciare il sesto posto. Già il clima intorno alla squadra si era fatto pesante, per via della delusione calcistica dei tifosi che sta generando da giorni critiche su critiche verso l’allenatore Dal Canto e alcuni giocatori. Oggi al rammarico sportivo si è aggiunta l’amarezza di vedere il nome del Padova e del suo capitano tra i soggetti rinviati a giudizio davanti alla Commissione Disciplinare.

Di fronte a questa situazione, mi limito a dire due cose:

1) Non sarà facile, ma la squadra mai come adesso, Vincenzo Italiano in primis, deve essere brava a circondarsi di barriere fonoassorbenti e a pensare solo al Gubbio, alla Nocerina e all’Ascoli. Ne va dell’intera stagione che, di certo, fino a qualche settimana fa non era da buttare.

2) DEFERIMENTO non significa CONDANNA. Significa che Vincenzo Italiano è stato rinviato a giudizio davanti alla Commissione Disciplinare e quest’ultima dovrà emettere una sentenza. Occhio a non scatenare adesso la caccia alle streghe: nella primissima trance dell’inchiesta Last Bet sul calcio scommesse ho visto tantissimi nomi di giocatori, tirati in ballo da altri giocatori, che poi sono risultati completamente estranei ai fatti loro addebitati. Anche Vincenzo è stato tirato in ballo da un altro giocatore: spetterà al giudice ora verificare la fondatezza dell’accusa di quest’ultimo. In Italia facciamo sempre fin troppo presto a gettare addosso alle persone accuse infamanti per poi dire “ah scusa, mi ero sbagliato”. Impariamo a fermarci prima di rovinare la vita a qualcuno.

GRAZIE, BASTA COSI’

“Grazie, basta così”. Lo diceva sempre il grandissimo Corrado quando, da presentatore della “Corrida”, si ritrovava ad avere a che fare con un concorrente fischiatissimo dal pubblico e, da persona di rara eleganza quale era, fermava i fischi, le campane e i buu degli spettatori prima che diventassero eccessivi e lesivi della dignità del concorrente stesso.

Ecco credo che “smettere” oggi, in casa Padova, sia il verbo giusto. Ma non va riferito al pubblico bensì alla squadra. Che deve smetterla di alimentare la speranza che i playoff possano ancora arrivare. Sì certo, il Varese e la Sampdoria devono affrontarsi nello scontro diretto all’ultima giornata, il Varese ha pure da incontrare un Ascoli non ancora salvo matematicamente e un Verona assetato di punti per la serie A diretta, ma il problema qui non è più guardare le altre.

Il Varese può anche svenire, è il Padova che non sa più vincere, come testimoniano le 4 sconfitte nelle ultime 5 gare. Tutte sconfitte con tanti “se” e tanti “ma” (a Castellammare non si meritava di perdere, stasera ci stava almeno il pareggio, con il Sassuolo abbiamo preso due traverse) ma pur sempre sconfitte. Bisogna avere la forza di guardare in sé stessi: la sfortuna non può mai determinare le sorti di un intero campionato. Questi siamo e ai playoff non ci arriveremo mai di questo passo.

E’ un’amara constatazione la mia, ma a questo punto non si può continuare indefessamente a sperare in chissà che cosa. Vi do appuntamento a domani sera con “Biancoscudati channel”, dalle 21 alle 23.30 su Telenuovo, per capire insieme cosa non ha funzionato e continua a non funzionare. Cosa si è inceppato ad un certo punto in una stagione in cui avevamo saldamente in mano le redini del nostro destino.

Avremo tutta la notte per pensarci su.

OGGI TANTA SFORTUNA MA QUANTI PUNTI BUTTATI VIA…

Un palo, una traversa, qualche altra occasione nitida. Insomma, tutto quel che serve a comporre gli ingredienti di una possibile vittoria. “Possibile” appunto perché oggi invece il Padova, pur creando più del Sassuolo, si ritrova sul groppone l’ennesima sconfitta, la dodicesima dall’inizio della stagione.

Tante, troppe, 12 sconfitte per una squadra che ha ambizioni di alta classifica. E poi oggi ti puoi anche appellare alla sfortuna, ma quando ti guardi indietro e ti accorgi che hai dilapidato un vantaggio abnorme sulla settima in classifica, e per questo ti ritrovi ora fuori dai playoff, non sei onesto se non ti batti almeno un po’ il petto.

Sì, la sfortuna c’è, ma se gli episodi negativi si moltiplicano forse te li vai anche un po’ a cercare. La prestazione c’è, ma se non vinci pur avendo le occasioni vuol dire che ti manca qualcosa. E questo qualcosa ti manca nella mentalità, nella convinzione e nella determinazione.

Colpa di Dal Canto? Può darsi. Io penso però che i limiti non siano solo e tutti i suoi. Questo Padova ha tante buone individualità ma assemblate in questo modo forse non rappresentano quella Ferrari dipinta quest’estate. Quando poi, come oggi, tanti errori sono individuali (vedi l’espulsione di Portin e Trevisan) difficile dire che è colpa solo di Dal Canto. Mancano comunque 4 partite: a Torino non oso nemmeno immaginare come andremo, visto che siamo senza quattro difensori, poi però contro Gubbio, Nocerina e Ascoli ce la potremo ancora giocare alla grande per i playoff. Visto che, seppur discontinui e a tratti brutti da vedere, siamo comunque riusciti a mettere insieme 60 punti.

Bisogna però a questo punto che il Padova batta un colpo. Ora, subito. Ce la si può ancora fare. Ma bisogna darsi una colossale mossa.

 

LA TESTA DEL PADOVA, UN MISTERO… PER NULLA GAUDIOSO

E’ incredibile come il Padova riesca ad essere il primo e più importante nemico di se stesso. Gli restituiscono (giustamente) i 3 punti conquistati sul campo contro il Torino tolti dal giudice sportivo a tavolino, va a Grosseto e, alla fine del primo tempo, è in vantaggio di due gol, con in campo un Italiano perfetto direttore d’orchestra, un Cacia ai suoi eccelsi livelli e una squadra che, in tutti i suoi attori, gira proprio bene. Pensi che il più è fatto. Che la vittoria ce l’hai in tasca e, che con i 3 punti riavuti il giorno prima dalla Corte di Giustizia Federale, fanno 6 punti preziosi in due soli giorni per riaprire una strada sicura verso i playoff. E invece no. Sul più bello che l’impresa sembra compiuta, si torna nella sofferenza, nell’incertezza. In due minuti Sforzini fa 2 gol e cancella tutto il paradiso ritrovato.

Io veramente non so più che santi invocare per questo Padova. Perché ogni volta che c’è quasi, a livello di concentrazione e di testa si inceppa sempre qualcosa? E’ pazzesco, davvero. Inquietante. E chi più ne ha più ne metta. Quel che mi consola è che mancano 5 partite e le prossime 2, di queste 5, saranno contro Sassuolo e Torino, ovvero con due avversarie contro cui è impossibile abbassare la guardia anche solo per un secondo.

Però, se una squadra come il Padova punta non solo ad arrivare ai playoff ma anche a vincerli, certi crolli mentali e certi blackout non li deve più avere. Si deve mettere nella zucca che siamo agli sgoccioli, alle partite che contano, che ogni errore, adesso, si paga caro. Se non ci si mette a posto da questo punto di vista, sarà dura. Durissima.

GIUSTIZIA E’ FATTA

Mi limito, con grande gioia, a scrivere tre parole: giustizia è fatta. I tre punti tornano alla squadra che li aveva con merito conquistati sul campo. Il Padova appunto.

AVANTI CON DAL CANTO

Sono stata oggi a Dueville di persona per seguire la vicenda del confronto voluto da Cestaro con allenatore, staff e giocatori dopo la pesantissima sconfitta di ieri sera col Pescara (potete vedere, se lo desiderate, il servizio in apertura delle tre edizioni del tg cronaca di Telenuovo di stasera, alle 19.10, alle 20.30 e alle 23.30).

Ho visto i giocatori arrivare in macchina, entrare in Unicomm, uscire e ripartire dopo un’ora. Ho visto un gruppo di ultras chiedere udienza, riceverla e andarsene dopo mezz’ora, dopo aver detto alla squadra: noi ci saremo sempre, ora dipende da voi.

Ho visto Dal Canto insieme a Cestaro, Foschi, Baraldi, Sottovia e il figlio di Cestaro provare a ripartire tutti insieme. Dopo un confronto in cui senz’altro ognuno avrà detto le sue ragioni con forza.

Cestaro ha deciso che Dal Canto merita ancora fiducia, ma ha precisato che “la fiducia non è eterna” e che “sei giornate passano in un amen”. Quindi è ovvio che il patron si aspetta una pronta reazione a Grosseto sabato. Se ci sarà, si andrà avanti. Se non ci sarà, allora sì che saranno dolori.

Bisogna dunque ripartire da qui, da questa trasferta. Dalla reazione che questo gruppo ha sempre espresso nei momenti di difficoltà. Ora, però, o sarà troppo tardi.

SENZA PAROLE

Ho perso le parole. So che in molti ora non vedete l’ora di ribadirmi che Dal Canto andava cacciato prima, che è un incapace, che è mesi che non abbiamo più un gioco etc etc etc.

Accetterò tutte le vostre critiche e i vostri appunti, come è giusto che sia. Però io mi sento di dire che Dal Canto o non Dal Canto, modulo o non modulo, Pescara o non Pescara, quello di stasera non è stato il vero Padova. Una incredibile paura di non so cosa ci ha fatto scendere in campo come degli zombie: a Castellammare di Stabia abbiamo perso, è vero, ma con gli stessi uomini che c’erano in campo stasera abbiamo lottato fino all’ultimo minuto, soccombendo per un calcio di rigore e un tiro al 94′. Procurandoci nel resto della gara ben 8 palle gol.

Non può essere solo colpa di Dal Canto se stasera è finita così. Forse non è che il mister non sa guidare la Ferrari è che questa non è una Ferrari.

La notte porterà consiglio e domani Cestaro deciderà come andare avanti. Se ancora con Dal Canto o senza. Appuntamento a domani allora. Ovviamente su Telenuovo, per tutte le novità.

 

CIAO PIERMARIO

In molti in queste ore mi avete chiesto di scrivere un post dedicato a Piermario Morosini. Vi chiedo scusa se non l’ho fatto prima, ma davvero non riuscivo a trovare le parole. Avevo troppa paura di cadere nella retorica, di dire cose scontate. E di certo Piermario era troppo speciale per meritarsi le solite frasi di circostanza.

Sì, senza dubbio Piermario era un ragazzo speciale. E quando è arrivato a Padova, a gennaio del 2010, insieme a Giacomo Bonaventura, per aiutare i suoi nuovi compagni a dirigersi verso il porto della salvezza, lo abbiamo capito subito tutti. Sarei ipocrita se dicessi di averlo conosciuto a fondo, perché si è fermato qui solo 6 mesi, ma, sapendo la storia drammatica della sua famiglia, mi ha sempre colpito la serenità del suo volto, in ogni circostanza, in ogni partita, in ogni intervista. Della serie: “I problemi veri sono altri e io ne so qualcosa, inutile perdersi d’animo per cose che sono risolvibili”. Sì, lui che ha perso mamma e papà nel giro di due anni quando era a malapena un adolescente e ha poi perso anche un fratello, sapeva benissimo distinguere le cose per cui valeva la pena prendersela davvero da quelle che invece non meritavano lamentele ma solo un po’ di impegno in più per essere brillantemente risolte. E in questo credo possa essere da esempio per tutti.

Chiudo qui, perché queste son le uniche cose che mi sento di dire. Spero che il destino gli abbia riservato una morte così prematura e triste solo per farlo incontrare di nuovo con i suoi genitori, lassù, dove, forse, esiste una spiegazione a tutto quello che qui fatichiamo a capire.

Ciao Piermario! E’ giusto che oggi il calcio si sia fermato per onorare la tua memoria. Ad maiora.

IL SOLITO PADOVA

Rieccoci per l’ennesima volta qui. A parlare di un Padova che è sceso in campo con l’atteggiamento giusto sì, si è procurato tantissime palle gol certo, ha trovato sulla sua strada un portiere avversario in serata di prodezze come no, ma, alla fine della fiera, ha perso 2-0. 2-0, roba da non crederci, visto l’andamento del match! Se uno avesse spento il televisore al 32′ della ripresa, mai e poi mai si sarebbe aspettato di riaccenderlo al 94′ leggendo nella grafica una sconfitta così pesante e bugiarda.

Eppure è andata così e Dio solo sa quante volte è andata così: al 33′ l’unico errore della partita, ovvero l’errata valutazione di Legati sul rimbalzo della palla rinviata lunghissima da Seculin direttamente nell’area di Perin, ha condannato il Padova ad andare sotto su calcio di rigore e a rimanere in 10 per effetto dell’espulsione dello stesso Legati. I biancoscudati ci hanno provato a rimetterla in piedi ma Ciccio Ruopolo non è riuscito a tenere bassa la conclusione più nitida che gli è capitata nel finale e buonanotte ai suonatori!

Il Padova non meritava di perdere, anzi meritava di vincere. Ma se non ce l’ha fatta e se ne torna a casa con due pappine sul groppone forse, arrivati a questo punto, non è solo sfortuna. Possibile che gli avversari riescano sempre ad approfittare di un singolo nostro errore, infilzandoci come polletti allo spiedo, e noi non riusciamo mai ad essere cinici al punto giusto? Possibile che arriviamo davanti alla porta avversaria otto volte e non trasformiamo in gol nessuna di queste occasioni? Ci vuole più cattiveria, quella stessa cattiveria che ci ha messo la Juve Stabia cuocendoci a puntino sul più bello che ci eravamo illusi di portare a casa almeno il pari.

Contro il Pescara e nelle rimanenti sei partite che verranno dopo lo scontro diretto di venerdì prossimo all’Euganeo mi aspetto di vederla. Per consolidare finalmente questi playoff. Che sono assolutamente alla nostra portata sì ma dobbiamo dimostrare di meritarci.

NON SERVE IL SARCOFAGO, MA ORA SCENDIAMO DALL’ALTALENA!

Lo sapevo che il Padova era sciagurato e masochista nel non saper mai dare continuità alle cose buone ma anche cuore, onore e ardore nel sapersi rialzare sempre dopo una brutta caduta. Ancora una volta i biancoscudati hanno dimostrato che, quando sono sul pezzo e si mettono in testa di fare le cose fatte bene, non c’è Livorno o qualunque altro avversario che tengano. La settimana che ha seguito la sconfitta interna col Crotone è stata veramente di passione: i tifosi si sono scatenati come mai era successo fino ad oggi contro Dal Canto e le sue scelte e l’allenatore, il giorno prima della partita, è sbottato di brutto, parlando di ingiustificato clima di diffidenza e negatività intorno a lui e alla squadra. “Vinco a Brescia e mi chiedete se ho rinnovato il contratto, pareggio col Varese e sono da esonerare, vinco a Vicenza e sono un campione, perdo in casa col Crotone e mi volete mettere nel sarcofago. Io nel sarcofago non ci voglio proprio finire”, le sue parole al termine della rifinitura di Bresseo.

Per un attimo ho temuto che stesse perdendo la bussola, invece mi sbagliavo. Stava semplicemente preparando, a modo suo, l’ennesima riscossa. In cui è stato bravissimo senz’altro a ridare morale alla squadra dopo lo stop di sabato scorso ma soprattutto ad azzeccare il momento giusto per tornare all’antico: a quel 4-3-3 che è il vestito più comodo e su misura per questa squadra. Cutolo, da esterno puro, ha fatto il diavolo a quattro. Milanetto, partito col piede sbagliato, ha poi preso le contromisure del Livorno. Italiano, subentratogli nella ripresa, è stato preziosissimo nella fase di gestione della palla e del vantaggio. Per non parlare di Perin, giustamente confermato in porta, e di Bovo, semplicemente monumentale!

Dunque, il sarcofago non serve! Il mister non è morto, anzi è vivissimo e lotta insieme a noi. Ora, però, bisogna scendere dall’altalena. Il tempo delle ricadute deve finire. La continuità deve caratterizzare le ultime otto giornate di campionato. Anche perché Varese e Brescia son sempre là dietro, pronte ad approfittarne. E anche la Sampdoria, che pur oggi ha perso all’ultimo respiro a Crotone, non è certo spacciata ancora. Mi auguro che, con una squadra più continua in campo, anche gli umori dell’ambiente acquistino un pizzico di equilibrio in più. Che fa solo bene!

Buona Pasqua a tutti, son sicura che lo sarà!