IL SOLITO PADOVA

Rieccoci per l’ennesima volta qui. A parlare di un Padova che è sceso in campo con l’atteggiamento giusto sì, si è procurato tantissime palle gol certo, ha trovato sulla sua strada un portiere avversario in serata di prodezze come no, ma, alla fine della fiera, ha perso 2-0. 2-0, roba da non crederci, visto l’andamento del match! Se uno avesse spento il televisore al 32′ della ripresa, mai e poi mai si sarebbe aspettato di riaccenderlo al 94′ leggendo nella grafica una sconfitta così pesante e bugiarda.

Eppure è andata così e Dio solo sa quante volte è andata così: al 33′ l’unico errore della partita, ovvero l’errata valutazione di Legati sul rimbalzo della palla rinviata lunghissima da Seculin direttamente nell’area di Perin, ha condannato il Padova ad andare sotto su calcio di rigore e a rimanere in 10 per effetto dell’espulsione dello stesso Legati. I biancoscudati ci hanno provato a rimetterla in piedi ma Ciccio Ruopolo non è riuscito a tenere bassa la conclusione più nitida che gli è capitata nel finale e buonanotte ai suonatori!

Il Padova non meritava di perdere, anzi meritava di vincere. Ma se non ce l’ha fatta e se ne torna a casa con due pappine sul groppone forse, arrivati a questo punto, non è solo sfortuna. Possibile che gli avversari riescano sempre ad approfittare di un singolo nostro errore, infilzandoci come polletti allo spiedo, e noi non riusciamo mai ad essere cinici al punto giusto? Possibile che arriviamo davanti alla porta avversaria otto volte e non trasformiamo in gol nessuna di queste occasioni? Ci vuole più cattiveria, quella stessa cattiveria che ci ha messo la Juve Stabia cuocendoci a puntino sul più bello che ci eravamo illusi di portare a casa almeno il pari.

Contro il Pescara e nelle rimanenti sei partite che verranno dopo lo scontro diretto di venerdì prossimo all’Euganeo mi aspetto di vederla. Per consolidare finalmente questi playoff. Che sono assolutamente alla nostra portata sì ma dobbiamo dimostrare di meritarci.

NON SERVE IL SARCOFAGO, MA ORA SCENDIAMO DALL’ALTALENA!

Lo sapevo che il Padova era sciagurato e masochista nel non saper mai dare continuità alle cose buone ma anche cuore, onore e ardore nel sapersi rialzare sempre dopo una brutta caduta. Ancora una volta i biancoscudati hanno dimostrato che, quando sono sul pezzo e si mettono in testa di fare le cose fatte bene, non c’è Livorno o qualunque altro avversario che tengano. La settimana che ha seguito la sconfitta interna col Crotone è stata veramente di passione: i tifosi si sono scatenati come mai era successo fino ad oggi contro Dal Canto e le sue scelte e l’allenatore, il giorno prima della partita, è sbottato di brutto, parlando di ingiustificato clima di diffidenza e negatività intorno a lui e alla squadra. “Vinco a Brescia e mi chiedete se ho rinnovato il contratto, pareggio col Varese e sono da esonerare, vinco a Vicenza e sono un campione, perdo in casa col Crotone e mi volete mettere nel sarcofago. Io nel sarcofago non ci voglio proprio finire”, le sue parole al termine della rifinitura di Bresseo.

Per un attimo ho temuto che stesse perdendo la bussola, invece mi sbagliavo. Stava semplicemente preparando, a modo suo, l’ennesima riscossa. In cui è stato bravissimo senz’altro a ridare morale alla squadra dopo lo stop di sabato scorso ma soprattutto ad azzeccare il momento giusto per tornare all’antico: a quel 4-3-3 che è il vestito più comodo e su misura per questa squadra. Cutolo, da esterno puro, ha fatto il diavolo a quattro. Milanetto, partito col piede sbagliato, ha poi preso le contromisure del Livorno. Italiano, subentratogli nella ripresa, è stato preziosissimo nella fase di gestione della palla e del vantaggio. Per non parlare di Perin, giustamente confermato in porta, e di Bovo, semplicemente monumentale!

Dunque, il sarcofago non serve! Il mister non è morto, anzi è vivissimo e lotta insieme a noi. Ora, però, bisogna scendere dall’altalena. Il tempo delle ricadute deve finire. La continuità deve caratterizzare le ultime otto giornate di campionato. Anche perché Varese e Brescia son sempre là dietro, pronte ad approfittarne. E anche la Sampdoria, che pur oggi ha perso all’ultimo respiro a Crotone, non è certo spacciata ancora. Mi auguro che, con una squadra più continua in campo, anche gli umori dell’ambiente acquistino un pizzico di equilibrio in più. Che fa solo bene!

Buona Pasqua a tutti, son sicura che lo sarà!

A TESTA BASSA FINO ALLA FINE

La truppa del “Dal Canto vattene” è tornata oggi a ruggire all’Euganeo, al termine della partita persa dal Padova, per proprie colpe gravi, contro il Crotone.

Capisco la delusione. E’ anche la mia. Capisco la rabbia. E’ anche la mia. Capisco chi dice che è ora di finirla con queste montagne russe e di trovare un po’ di continuità di rendimento. E’ anche il mio pensiero. Sono però dell’idea che cambiare allenatore adesso non servirebbe ad un tubo. Nove partite da qui alla fine sono poche, credo che nemmeno “Mandrake” riuscirebbe in quello in cui finora anche Dal Canto non è riuscito. La squadra che ha a disposizione è questa, coi suoi pregi e i suoi difetti. Bravissima a rimboccarsi le maniche quando è ora di rialzarsi da una brutta caduta, autodistruttiva come poche quando è ora di rimanere in equilibrio e non cadere un’altra volta. Senz’altro c’è un problema di mentalità e maturità, ma, arrivati a questo punto, non possiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca.

Continuiamo a credere ai playoff. Forse se oggi il Varese ha perso è il segnale che, nonostante il nostro essere sciagurati, il traguardo, in cui siamo ancora dentro, è assolutamente alla nostra portata. Io voglio continuare a sperare che, da qui alla fine, prevarrà più volte la tendenza di questo gruppo a non mollare mai piuttosto che la leggerezza nell’approccio che si è vista oggi. Alla fine tireremo le somme. E allora potremo anche dire che Dal Canto ha sbagliato qui e magari Foschi e la società hanno sbagliato lì. Non ora però. Per i processi è ancora presto.

E’ VERO… MA VUOI METTERE!

E’ vero: avevamo tantissimi punti di vantaggio sulla settima e un po’ alla volta li abbiamo persi per strada mancando di continuità nei risultati. Ora siamo costretti a non sbagliare più un colpo.

E’ vero: avevamo poco distacco dai primissimi posti e, ancora una volta a causa della mancanza di continuità (e pure per una decisione che ancora ci sta sullo stomaco del giudice sportivo in Padova-Toro!), abbiamo creato tra noi e il secondo piazzamento un divario difficile da colmare.

E’ vero: Dal Canto a volte fa dei cambi difficili da capire. Tipo quello di stasera di mettere dentro Drame per Marcolini.

Però…

Vuoi mettere la soddisfazione di battere il Vicenza a casa sua dopo 54 anni, dopo averlo già battuto in casa all’andata?

Vuoi mettere l’emozionissima di rivedere segnare il nostro amatissimo Davidone Succi?

Vuoi mettere un Padova che, quando è ora di guardarsi dritto negli occhi, non ha paura di mettere in campo tutto sè stesso e ce la fa sempre a vincere?

Vuoi mettere un mister che, nonostante sia al primo anno alla guida della prima squadra, non ha paura di dire a Cacia prego si accomodi in tribuna se ritiene che in quel momento gli sia più utile un altro giocatore lì davanti?

E allora godiamoci questa bellissima notte biancoscudata. E traiamo da questa vittoria la linfa per affrontare con questo spirito anche il Crotone sabato e poi il Livorno e poi la Juve Stabia e poi il Pescara. E così via. Di sicuro, non tutto è perduto. Anzi. Il traguardo è lì, a portata di mano!

 

GUARDIAMOCI SOLO DIETRO

Inutile negarlo: il Padova di stasera, mentalmente, ha risentito e pure parecchio della “scoppola” che gli è caduta tra capo e collo ieri pomeriggio poco prima dell’inizio dell’allenamento di rifinitura. Io le ho viste in diretta le facce dei giocatori e di Dal Canto quando su Bresseo è piombata la ferale notizia della sconfitta a tavolino contro il Torino. Erano incazzate, nervose, rabbiose, inviperite. Ma è evidente che non sono bastate ventiquattr’ore per smaltire quella rabbia e quel senso di ingiustizia. Certo, si sarebbe dovuto trasformare quella bruttissima sensazione in energia positiva, in ancora più voglia di vincere contro il Varese, ma il dato di fatto è che molti dei giocatori non ci sono riusciti.

Ragionando sempre per dati di fatto, è altrettanto evidente che il Padova fa fatica a chiudere le partite, anche quando ha saldamente in mano la situazione e c’ha pure un uomo in più in campo. La fortuna non ci dice bene (sarà mica un’azione da manuale del calcio quella che ha portato il Varese al pareggio, o no?), ma comunque riusciamo sempre a complicarci la vita anche su situazioni semplici, mancando il definitivo salto di qualità. Siamo una buona squadra, non un’ottima squadra, questa è la differenza che dobbiamo metterci in testa, giunti a tre quarti del campionato. Perché è bello sognare e pensare che, vincendo tutte e undici le ultime partite che mancano, si potrà arrivare secondi e salire in carrozza sul treno che porta alla serie A. Ma, se vogliamo essere realisti, fino ad oggi non abbiamo dimostrato di meritarlo appieno il treno privilegiato della promozione diretta. Certo, siamo da playoff, come del resto la società e l’allenatore si sono sempre affrettati a precisare ogni volta che si è tentato un volo più pindarico del solito, ma per ora nulla di più.

Smettiamo dunque di guardare avanti e cominciamo a guardarci solo dietro. Gli spareggi promozione non sono ancora al sicuro, dobbiamo portarceli noi nel porto della certezza. Se poi davvero la cavalcata di cui sopra si avvererà, sarà una bellissima e graditissima sorpresa. Ma la realtà dice che Sampdoria e Brescia non ci aspettano. E anzi, ci stanno proprio alle costole.

SCONFITTA A TAVOLINO, SENZA PAROLE

Eravamo a Bresseo. Avevamo appena finito di intervistare Alessandro Dal Canto ad un anno esatto dal suo insediamento sulla panchina del Padova al posto di Calori. Il mister era felice di aver vissuto un anno così intenso e ricco di emozioni e si stava preparando ad affrontare il Varese con tutto sé stesso. Come sempre. Poi la notizia, la peggiore delle docce fredde: stava rientrando in spogliatoio Dal Canto, lo abbiamo richiamato indietro. Ma appena ha sentito cosa avevamo da comunicargli si è fermato: “Fate parlare Rino per favore…”. Non aveva parole nemmeno lui di fronte alla sconfitta a tavolino per 0-3 contro il Torino sancita dal giudice sportivo. Di parole ne ho poche anche io. Le lascio a voi.

PENSO CHE…

… questo Padova, nonostante tutti gli alti e bassi, sia proprio una grande squadra.

… a volte il destino sia proprio beffardo, perché nessuno di noi avrebbe mai potuto nemmeno immaginare quest’estate, un incrocio tra Dal Canto e Calori più pericoloso e incredibile di quello di stasera. Ma meglio del destino può fare la volontà degli interpreti che, come ha fatto il Padova stasera, possono far sì che gli eventi pieghino in una direzione diversa, evitando che una storia si ripeta.

… Alessandro Dal Canto, Matias Cuffa e Francesco Ruopolo meritassero di trascorrere un signor compleanno, ricco di gioia e soddisfazione.

… Italiano in mezzo al campo faccia sempre la differenza, anche se due giorni prima l’hai mandato in tribuna.

… Succi sia sempre un piacere vederlo entrare in campo, perché, anche se tocca solo due palloni, ti dà la sensazione, reale, di uno che si spreme per il gruppo.

… Trevisan sia proprio un bravo difensore centrale. Alla faccia dei suoi primi due anni in biancoscudato!

… a questo punto sia certificato che il Padova ha un gran gruppo: non si spiegherebbe altrimenti la gran voglia di condividere la gioia di un gol da parte di tutti coloro che si siedono in panchina. Penso a Cutolo e a Marcolini, titolari irremovibili fino a un po’ di tempo fa che ora accettano di non essere della partita e non rinunciano ad essere felici per chi gioca. Penso a Schiavi che, in due delle ultime tre gare, è andato in tribuna e non ha fiatato. Reputo questi segnali molto importanti!

… concludendo, sia anche ora di conquistare un briciolo di continuità in più perché siamo ormai a tre quarti campionato e manca davvero solo quella! E allora meritiamoci l’appellativo di squadra continua facendo bene anche col Varese venerdì prossimo. Eccheccavolo…

 

 

BRESCIA E VARESE, VIETATO SBAGLIARE

Faccio fatica a trovare le parole per parlare della partita del Padova a Modena. Ho visto un primo tempo bellissimo da parte dei biancoscudati, era da tempo che in campo non si dava “del tu” al pallone con così tanta intesa e padronanza. Il gol ingiustamente annullato a Ruopolo (il tocco non è stato di braccio bensì di petto) era perfino passato in secondo piano di fronte alla bellezza dell’azione con cui il Padova si era portato in vantaggio. Vedere quel pazzo (inteso ovviamente in senso buono!) di Legati uscire, palla al piede, dalla sua area per poi andare, con coraggio e senza paura, a prendersi l’assist finale di Bentivoglio nell’area avversaria mi aveva fatto tornare con la mente alla meravigliosa primavera del 2011 che tante emozioni ci ha regalato, grazie alla rimonta che alla fine ha portato ai playoff.

Purtroppo ci hanno pensato i secondi quarantacinque minuti a riportare me e tutti i tifosi di nuovo sulla terra, riservandoci un atterraggio decisamente poco morbido. L’errore dell’arbitro Tozzi nell’assegnare il rigore al Modena è stato pesante e decisivo, perché ha in un sol colpo permesso ai “canarini” di pareggiare nel loro miglior momento e ha contemporaneamente ridato vita e importanza all’altro grave errore della terna arbitrale, quello sul gol non dato a Ruopolo nel primo tempo appunto (fossimo andati al riposo sullo 0-2 di certo non sarebbe finita così). Non mi posso però fermare qui nell’analisi della ripresa: perché è vero che l’arbitro è stato determinante ed è altrettanto vero che, seppur prendendo in mano il pallino del gioco, il Modena fino all’episodio del rigore non ha fatto un tiro in porta. Però è altrettanto innegabile che l’approccio del Padova, nella seconda parte della gara, non è stato all’altezza di quello sfoderato nel primo tempo. Troppo grande la porzione di campo regalata agli avversari che hanno avanzato il proprio baricentro e hanno iniziato ad attaccare a testa bassa. Ripeto: fino al rigore regalato dal direttore di gara, questo forcing modenese non aveva prodotto nitide palle gol, ma dare anche solo mentalmente ad un avversario bisognoso di punti la possibilità di pensare che ce la può fare, è deleterio, specie in un momento della stagione in cui i punti pesano per tutti.

Ecco che allora allo stadio “Braglia” si è schiantata irrimediabilmente la stagione del “mancano ancora tante partite alla fine pensiamo alla prossima” e del “sbagliare un tempo ogni tanto ci può stare”, anche se ciò non è successo solo per colpe del Padova. Contro Brescia e Varese, stando così le cose, non si potrà sbagliare. Altrimenti saranno dolori e pure lancinanti.

Di solito, quando non ha più a disposizione prove d’appello, il Padova non sbaglia. E voglio pensare che anche questa volta sarà così. Perché continuo a ritenere che l’impronta di Dal Canto in questi ragazzi ci sia. E che si manifesterà, innanzitutto a Brescia e contro il Varese, in due sfide da incorniciare e ricordare a lungo.

 

L’IMPRONTA DI DAL CANTO

Del Padova di quest’anno spesso si è detto che non si vedeva la mano dell’allenatore. Che la squadra era un insieme di singoli di qualità, capaci di fare la differenza solo in virtù dei loro colpi di classe e non perché c’erano un gioco e un’identità ben precisa alla base. Nell’ultimo periodo questa convinzione si è consolidata ancora di più, visto che in casa i biancoscudati non sono riusciti ad andare oltre due pareggi contro Verona ed Empoli e, in particolare in queste due partite, le occasioni da rete sono state poche e pure meno nitide del solito.

Dopo aver visto la sfida contro l’AlbinoLeffe, invece, io personalmente ho rinforzato la mia di convinzione: ovvero che l’impronta di Dal Canto in questa squadra c’è, eccome se c’è. Non ci fosse, non potrebbe succedere che, ogni volta che l’acqua arriva ad altezza naso e si rischia di affogare, i giocatori tirano fuori la testa con coraggio e determinazione. Non ci fosse, non potrebbe succedere che, ogni volta che viene chiamato in causa uno che non gioca da un po’ di tempo, dà il centodieci per cento e fa la differenza (è successo con Portin nel derby contro il Verona, ad esempio, è successo ieri con Milanetto, rispolverato a sorpresa e determinante in tantissime giocate, non ultima quella del gol di Ruopolo). E poi Ruopolo appunto: questo ragazzo mercoledì sarà sentito a Roma dal procuratore federale nell’ambito del calcio scommesse, non sta certo vivendo il suo momento migliore mentalmente. Eppure Dal Canto, che lo conosce benissimo dentro e fuori dal campo, ha saputo toccare i punti giusti nella testa dell’attaccante per tirargli fuori il leone che c’è in lui e fargli fare ieri la miglior partita da quando è a Padova. Non dimenticherei infine Cacia: non l’avevo mai visto prima sacrificarsi per la squadra, rincorrendo fino a centrocampo il portatore di palla avversario per pressarlo e non farlo ragionare. Ora Daniele sta bene e di sicuro anche in lui è la cura Dal Canto che ha funzionato.

Ora però manca l’ultima parte dell’impronta, quella che finora Dal Canto non è riuscito a tracciare: la continuità. I tre punti con l’AlbinoLeffe devono essere solo l’inizio. Anche a Modena ne servono tre e a Brescia non si deve perdere. Dunque testa sul pezzo e pedalare. Ancora. Con questa mentalità.

GAMBE IN SPALLA!

Mancano 15 partite alla fine. Dunque, potenzialmente, ci sono 45 punti a disposizione. Per il Padova è giunta l’ora di lasciarsi alle spalle incertezze, mezzi passi falsi, parole dette, parole non dette, simpatie e antipatie. E’ giunta l’ora di ingranare la quarta per consolidare l’obiettivo che fin dall’inizio della stagione ha dichiarato di voler perseguire: i playoff. Il week end dei recuperi, appena andato in scena, mi ha convinto una volta di più che per i primi due posti i giochi non sono ancora chiusi (il Pescara è caduto per mano della Reggina, il Sassuolo non è riuscito ad andare oltre lo 0-0 contro l’Ascoli e, in generale, eccezion fatta per il Pescara che lì davanti ha i tre tenori, nessuno mette in pratica un gioco così spettacolare!) ma ora come ora è meglio non guardare chi ci sta davanti, bensì chi ci sta seguendo dietro. Squadre, tipo il Varese e soprattutto il Brescia, che fino a qualche settimana fa erano lontane e che ora invece si vedono minacciose all’orizzonte. Bisogna consolidare, dicevo. E per consolidare bisogna vincere. E non una partita. Bensì almeno due delle prossime tre. Contro l’AlbinoLeffe all’Euganeo il 3 marzo non dovranno esserci scuse: frasi del tipo “l’AlbinoLeffe si è chiuso a riccio”, “non ci hanno concesso il minimo spazio” e “era difficile far girare palla” non dovranno uscire da nessuna bocca biancoscudata. Lo stesso si dovrà fare il 6 marzo, data del recupero di Modena, anche se alla fine la società si è decisa a richiamare Cristiano Bergodi in panchina e dunque, per l’ennesima volta, ci troveremo di fronte un’avversaria rinfrancata e determinata. Il tutto per arrivare allo scontro diretto di Brescia del 10 marzo senza l’acqua alla gola di dover vincere per forza per evitare di perdere terreno. Chiediamo troppo? No, chiediamo il giusto. Il giusto per una squadra che punta agli spareggi promozione. E ha qualità perfino per ambire a qualcosa di più.