Mi limito, con grande gioia, a scrivere tre parole: giustizia è fatta. I tre punti tornano alla squadra che li aveva con merito conquistati sul campo. Il Padova appunto.
AVANTI CON DAL CANTO
Sono stata oggi a Dueville di persona per seguire la vicenda del confronto voluto da Cestaro con allenatore, staff e giocatori dopo la pesantissima sconfitta di ieri sera col Pescara (potete vedere, se lo desiderate, il servizio in apertura delle tre edizioni del tg cronaca di Telenuovo di stasera, alle 19.10, alle 20.30 e alle 23.30).
Ho visto i giocatori arrivare in macchina, entrare in Unicomm, uscire e ripartire dopo un’ora. Ho visto un gruppo di ultras chiedere udienza, riceverla e andarsene dopo mezz’ora, dopo aver detto alla squadra: noi ci saremo sempre, ora dipende da voi.
Ho visto Dal Canto insieme a Cestaro, Foschi, Baraldi, Sottovia e il figlio di Cestaro provare a ripartire tutti insieme. Dopo un confronto in cui senz’altro ognuno avrà detto le sue ragioni con forza.
Cestaro ha deciso che Dal Canto merita ancora fiducia, ma ha precisato che “la fiducia non è eterna” e che “sei giornate passano in un amen”. Quindi è ovvio che il patron si aspetta una pronta reazione a Grosseto sabato. Se ci sarà, si andrà avanti. Se non ci sarà, allora sì che saranno dolori.
Bisogna dunque ripartire da qui, da questa trasferta. Dalla reazione che questo gruppo ha sempre espresso nei momenti di difficoltà. Ora, però, o sarà troppo tardi.
SENZA PAROLE
Ho perso le parole. So che in molti ora non vedete l’ora di ribadirmi che Dal Canto andava cacciato prima, che è un incapace, che è mesi che non abbiamo più un gioco etc etc etc.
Accetterò tutte le vostre critiche e i vostri appunti, come è giusto che sia. Però io mi sento di dire che Dal Canto o non Dal Canto, modulo o non modulo, Pescara o non Pescara, quello di stasera non è stato il vero Padova. Una incredibile paura di non so cosa ci ha fatto scendere in campo come degli zombie: a Castellammare di Stabia abbiamo perso, è vero, ma con gli stessi uomini che c’erano in campo stasera abbiamo lottato fino all’ultimo minuto, soccombendo per un calcio di rigore e un tiro al 94′. Procurandoci nel resto della gara ben 8 palle gol.
Non può essere solo colpa di Dal Canto se stasera è finita così. Forse non è che il mister non sa guidare la Ferrari è che questa non è una Ferrari.
La notte porterà consiglio e domani Cestaro deciderà come andare avanti. Se ancora con Dal Canto o senza. Appuntamento a domani allora. Ovviamente su Telenuovo, per tutte le novità.
CIAO PIERMARIO
In molti in queste ore mi avete chiesto di scrivere un post dedicato a Piermario Morosini. Vi chiedo scusa se non l’ho fatto prima, ma davvero non riuscivo a trovare le parole. Avevo troppa paura di cadere nella retorica, di dire cose scontate. E di certo Piermario era troppo speciale per meritarsi le solite frasi di circostanza.
Sì, senza dubbio Piermario era un ragazzo speciale. E quando è arrivato a Padova, a gennaio del 2010, insieme a Giacomo Bonaventura, per aiutare i suoi nuovi compagni a dirigersi verso il porto della salvezza, lo abbiamo capito subito tutti. Sarei ipocrita se dicessi di averlo conosciuto a fondo, perché si è fermato qui solo 6 mesi, ma, sapendo la storia drammatica della sua famiglia, mi ha sempre colpito la serenità del suo volto, in ogni circostanza, in ogni partita, in ogni intervista. Della serie: “I problemi veri sono altri e io ne so qualcosa, inutile perdersi d’animo per cose che sono risolvibili”. Sì, lui che ha perso mamma e papà nel giro di due anni quando era a malapena un adolescente e ha poi perso anche un fratello, sapeva benissimo distinguere le cose per cui valeva la pena prendersela davvero da quelle che invece non meritavano lamentele ma solo un po’ di impegno in più per essere brillantemente risolte. E in questo credo possa essere da esempio per tutti.
Chiudo qui, perché queste son le uniche cose che mi sento di dire. Spero che il destino gli abbia riservato una morte così prematura e triste solo per farlo incontrare di nuovo con i suoi genitori, lassù, dove, forse, esiste una spiegazione a tutto quello che qui fatichiamo a capire.
Ciao Piermario! E’ giusto che oggi il calcio si sia fermato per onorare la tua memoria. Ad maiora.
IL SOLITO PADOVA
Rieccoci per l’ennesima volta qui. A parlare di un Padova che è sceso in campo con l’atteggiamento giusto sì, si è procurato tantissime palle gol certo, ha trovato sulla sua strada un portiere avversario in serata di prodezze come no, ma, alla fine della fiera, ha perso 2-0. 2-0, roba da non crederci, visto l’andamento del match! Se uno avesse spento il televisore al 32′ della ripresa, mai e poi mai si sarebbe aspettato di riaccenderlo al 94′ leggendo nella grafica una sconfitta così pesante e bugiarda.
Eppure è andata così e Dio solo sa quante volte è andata così: al 33′ l’unico errore della partita, ovvero l’errata valutazione di Legati sul rimbalzo della palla rinviata lunghissima da Seculin direttamente nell’area di Perin, ha condannato il Padova ad andare sotto su calcio di rigore e a rimanere in 10 per effetto dell’espulsione dello stesso Legati. I biancoscudati ci hanno provato a rimetterla in piedi ma Ciccio Ruopolo non è riuscito a tenere bassa la conclusione più nitida che gli è capitata nel finale e buonanotte ai suonatori!
Il Padova non meritava di perdere, anzi meritava di vincere. Ma se non ce l’ha fatta e se ne torna a casa con due pappine sul groppone forse, arrivati a questo punto, non è solo sfortuna. Possibile che gli avversari riescano sempre ad approfittare di un singolo nostro errore, infilzandoci come polletti allo spiedo, e noi non riusciamo mai ad essere cinici al punto giusto? Possibile che arriviamo davanti alla porta avversaria otto volte e non trasformiamo in gol nessuna di queste occasioni? Ci vuole più cattiveria, quella stessa cattiveria che ci ha messo la Juve Stabia cuocendoci a puntino sul più bello che ci eravamo illusi di portare a casa almeno il pari.
Contro il Pescara e nelle rimanenti sei partite che verranno dopo lo scontro diretto di venerdì prossimo all’Euganeo mi aspetto di vederla. Per consolidare finalmente questi playoff. Che sono assolutamente alla nostra portata sì ma dobbiamo dimostrare di meritarci.
NON SERVE IL SARCOFAGO, MA ORA SCENDIAMO DALL’ALTALENA!
Lo sapevo che il Padova era sciagurato e masochista nel non saper mai dare continuità alle cose buone ma anche cuore, onore e ardore nel sapersi rialzare sempre dopo una brutta caduta. Ancora una volta i biancoscudati hanno dimostrato che, quando sono sul pezzo e si mettono in testa di fare le cose fatte bene, non c’è Livorno o qualunque altro avversario che tengano. La settimana che ha seguito la sconfitta interna col Crotone è stata veramente di passione: i tifosi si sono scatenati come mai era successo fino ad oggi contro Dal Canto e le sue scelte e l’allenatore, il giorno prima della partita, è sbottato di brutto, parlando di ingiustificato clima di diffidenza e negatività intorno a lui e alla squadra. “Vinco a Brescia e mi chiedete se ho rinnovato il contratto, pareggio col Varese e sono da esonerare, vinco a Vicenza e sono un campione, perdo in casa col Crotone e mi volete mettere nel sarcofago. Io nel sarcofago non ci voglio proprio finire”, le sue parole al termine della rifinitura di Bresseo.
Per un attimo ho temuto che stesse perdendo la bussola, invece mi sbagliavo. Stava semplicemente preparando, a modo suo, l’ennesima riscossa. In cui è stato bravissimo senz’altro a ridare morale alla squadra dopo lo stop di sabato scorso ma soprattutto ad azzeccare il momento giusto per tornare all’antico: a quel 4-3-3 che è il vestito più comodo e su misura per questa squadra. Cutolo, da esterno puro, ha fatto il diavolo a quattro. Milanetto, partito col piede sbagliato, ha poi preso le contromisure del Livorno. Italiano, subentratogli nella ripresa, è stato preziosissimo nella fase di gestione della palla e del vantaggio. Per non parlare di Perin, giustamente confermato in porta, e di Bovo, semplicemente monumentale!
Dunque, il sarcofago non serve! Il mister non è morto, anzi è vivissimo e lotta insieme a noi. Ora, però, bisogna scendere dall’altalena. Il tempo delle ricadute deve finire. La continuità deve caratterizzare le ultime otto giornate di campionato. Anche perché Varese e Brescia son sempre là dietro, pronte ad approfittarne. E anche la Sampdoria, che pur oggi ha perso all’ultimo respiro a Crotone, non è certo spacciata ancora. Mi auguro che, con una squadra più continua in campo, anche gli umori dell’ambiente acquistino un pizzico di equilibrio in più. Che fa solo bene!
Buona Pasqua a tutti, son sicura che lo sarà!
A TESTA BASSA FINO ALLA FINE
La truppa del “Dal Canto vattene” è tornata oggi a ruggire all’Euganeo, al termine della partita persa dal Padova, per proprie colpe gravi, contro il Crotone.
Capisco la delusione. E’ anche la mia. Capisco la rabbia. E’ anche la mia. Capisco chi dice che è ora di finirla con queste montagne russe e di trovare un po’ di continuità di rendimento. E’ anche il mio pensiero. Sono però dell’idea che cambiare allenatore adesso non servirebbe ad un tubo. Nove partite da qui alla fine sono poche, credo che nemmeno “Mandrake” riuscirebbe in quello in cui finora anche Dal Canto non è riuscito. La squadra che ha a disposizione è questa, coi suoi pregi e i suoi difetti. Bravissima a rimboccarsi le maniche quando è ora di rialzarsi da una brutta caduta, autodistruttiva come poche quando è ora di rimanere in equilibrio e non cadere un’altra volta. Senz’altro c’è un problema di mentalità e maturità, ma, arrivati a questo punto, non possiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca.
Continuiamo a credere ai playoff. Forse se oggi il Varese ha perso è il segnale che, nonostante il nostro essere sciagurati, il traguardo, in cui siamo ancora dentro, è assolutamente alla nostra portata. Io voglio continuare a sperare che, da qui alla fine, prevarrà più volte la tendenza di questo gruppo a non mollare mai piuttosto che la leggerezza nell’approccio che si è vista oggi. Alla fine tireremo le somme. E allora potremo anche dire che Dal Canto ha sbagliato qui e magari Foschi e la società hanno sbagliato lì. Non ora però. Per i processi è ancora presto.
E’ VERO… MA VUOI METTERE!
E’ vero: avevamo tantissimi punti di vantaggio sulla settima e un po’ alla volta li abbiamo persi per strada mancando di continuità nei risultati. Ora siamo costretti a non sbagliare più un colpo.
E’ vero: avevamo poco distacco dai primissimi posti e, ancora una volta a causa della mancanza di continuità (e pure per una decisione che ancora ci sta sullo stomaco del giudice sportivo in Padova-Toro!), abbiamo creato tra noi e il secondo piazzamento un divario difficile da colmare.
E’ vero: Dal Canto a volte fa dei cambi difficili da capire. Tipo quello di stasera di mettere dentro Drame per Marcolini.
Però…
Vuoi mettere la soddisfazione di battere il Vicenza a casa sua dopo 54 anni, dopo averlo già battuto in casa all’andata?
Vuoi mettere l’emozionissima di rivedere segnare il nostro amatissimo Davidone Succi?
Vuoi mettere un Padova che, quando è ora di guardarsi dritto negli occhi, non ha paura di mettere in campo tutto sè stesso e ce la fa sempre a vincere?
Vuoi mettere un mister che, nonostante sia al primo anno alla guida della prima squadra, non ha paura di dire a Cacia prego si accomodi in tribuna se ritiene che in quel momento gli sia più utile un altro giocatore lì davanti?
E allora godiamoci questa bellissima notte biancoscudata. E traiamo da questa vittoria la linfa per affrontare con questo spirito anche il Crotone sabato e poi il Livorno e poi la Juve Stabia e poi il Pescara. E così via. Di sicuro, non tutto è perduto. Anzi. Il traguardo è lì, a portata di mano!
GUARDIAMOCI SOLO DIETRO
Inutile negarlo: il Padova di stasera, mentalmente, ha risentito e pure parecchio della “scoppola” che gli è caduta tra capo e collo ieri pomeriggio poco prima dell’inizio dell’allenamento di rifinitura. Io le ho viste in diretta le facce dei giocatori e di Dal Canto quando su Bresseo è piombata la ferale notizia della sconfitta a tavolino contro il Torino. Erano incazzate, nervose, rabbiose, inviperite. Ma è evidente che non sono bastate ventiquattr’ore per smaltire quella rabbia e quel senso di ingiustizia. Certo, si sarebbe dovuto trasformare quella bruttissima sensazione in energia positiva, in ancora più voglia di vincere contro il Varese, ma il dato di fatto è che molti dei giocatori non ci sono riusciti.
Ragionando sempre per dati di fatto, è altrettanto evidente che il Padova fa fatica a chiudere le partite, anche quando ha saldamente in mano la situazione e c’ha pure un uomo in più in campo. La fortuna non ci dice bene (sarà mica un’azione da manuale del calcio quella che ha portato il Varese al pareggio, o no?), ma comunque riusciamo sempre a complicarci la vita anche su situazioni semplici, mancando il definitivo salto di qualità. Siamo una buona squadra, non un’ottima squadra, questa è la differenza che dobbiamo metterci in testa, giunti a tre quarti del campionato. Perché è bello sognare e pensare che, vincendo tutte e undici le ultime partite che mancano, si potrà arrivare secondi e salire in carrozza sul treno che porta alla serie A. Ma, se vogliamo essere realisti, fino ad oggi non abbiamo dimostrato di meritarlo appieno il treno privilegiato della promozione diretta. Certo, siamo da playoff, come del resto la società e l’allenatore si sono sempre affrettati a precisare ogni volta che si è tentato un volo più pindarico del solito, ma per ora nulla di più.
Smettiamo dunque di guardare avanti e cominciamo a guardarci solo dietro. Gli spareggi promozione non sono ancora al sicuro, dobbiamo portarceli noi nel porto della certezza. Se poi davvero la cavalcata di cui sopra si avvererà, sarà una bellissima e graditissima sorpresa. Ma la realtà dice che Sampdoria e Brescia non ci aspettano. E anzi, ci stanno proprio alle costole.
SCONFITTA A TAVOLINO, SENZA PAROLE
Eravamo a Bresseo. Avevamo appena finito di intervistare Alessandro Dal Canto ad un anno esatto dal suo insediamento sulla panchina del Padova al posto di Calori. Il mister era felice di aver vissuto un anno così intenso e ricco di emozioni e si stava preparando ad affrontare il Varese con tutto sé stesso. Come sempre. Poi la notizia, la peggiore delle docce fredde: stava rientrando in spogliatoio Dal Canto, lo abbiamo richiamato indietro. Ma appena ha sentito cosa avevamo da comunicargli si è fermato: “Fate parlare Rino per favore…”. Non aveva parole nemmeno lui di fronte alla sconfitta a tavolino per 0-3 contro il Torino sancita dal giudice sportivo. Di parole ne ho poche anche io. Le lascio a voi.