E tutti a dire e a scrivere di una Lazio lanciatissima verso lo scudetto, di una Lazio che dopo aver giocato la partita con il Verona sarebbe volata al secondo posto, come se fosse stata una mera formalità conquistare i tre punti con i gialloblù. I classici conti senza l’oste. L’oste sarebbe Ivan Juric che all’Olimpico ha costruito un altro capolavoro e che ha presentato il conto a Simone Inzaghi e alla sua bellissima Lazio. Un conto che poteva essere salatissimo per i Lotito boys se Borini avesse incrociato di più il suo tiro a conclusione dell’ennesima ripartenza chirurgica.
La verità è che il Verona non finisce più di stupire. Questa squadra sembra infinita. Mai un calo, mai un momento in cui possa dare l’impressione di non esserci con le gambe e con la testa. A fare una rapida carrellata delle gare giocate fino ad oggi credo che abbiamo concesso e sbagliato solo il primo tempo con il Torino. Quarantacinque minuti ampiamente riabilitati da quella ripresa con remuntada che è poi diventata uno dei ricordi più dolci della stagione. Questa forza mentale, che deriva dal grande lavoro in campo da parte del nostro allenatore, è frutto dell’alchimia che si è creata nello spogliatoio. Insomma, abbiamo un gruppo. Un grande gruppo. E quando succede, è come assistere allo spettacolo di un tramonto, è come vedere la nascita di un bambino.
Una serie incredibile di coincidenze hanno portato alla fortunata costruzione di questo Verona che sarebbe bello fermare nel tempo e cristallizzare per sempre in quell’abbraccio finale dell’Olimpico, in cui il generale da Spalato esultava consapevole di vedere finalmente in campo la creatura per cui ha tanto studiato e sofferto in precedenza.
Ora è chiarissimo che siamo davanti ad un miracolo sportivo. Che sabato sera potrebbe rivelarsi nella sua enorme bellezza nel tempio del pallone denominato Marcantonio Bentegodi, dalle parti della fatal Verona. Fossimo in Sarri non dormiremmo sonni tranquilli…