PARLAMENTARI, IL GRANDE ALIBI

Al di là che la riduzione dei parlamentari sia una sciocchezza, sia sotto il profilo dei risparmi che della rappresentatività democratica, resta un provvedimento assolutamente popolare. Perché rappresenta il grande alibi di tutti noi italiani.

Consente cioè di credere e pensare che i soli farabutti, strapagati, carichi di privilegi e fanagottoni, siano i parlamentari. Mentre noi italiani siamo sobri, ligi ai doveri, privi di privilegi, sottoposti a rigorosi controlli di produttività, mai assenteisti a piacimento.

Per dirne una. Alla Camera e al Senato ci sono più funzionari che parlamentari; con privilegi e stipendi analoghi se non superiori, anche se privi della sovranità popolare. Riduciamo drasticamente anche il loro numero o no?

Per dirne un’altra. Alitalia ci costa molto più dell’intero parlamento: dieci miliardi il deficit ripianato negli ultimi anni. Una hostess mi raccontava che lei, come il resto del personale, (oltre ad essere pagati il doppio e lavorare la metà rispetto al personale Ryanair e Easyjet) possono far viaggiare gratis i figli. Vi risulta che questo privilegio valga anche per i figli dei parlamentari?

Lasciamo stare il numero spropositato di ferie, la mancanza di controlli sulla produttività e l’assenteismo, anche nel settore privato. Tutti gli ufficiali che, da colonnelli, sono andati in pensione con l’assegno da generali. I milioni di baby pensionati con poco o nulla di contributi versati.

Il vero problema è il sistema Paese. Giuseppe Mazzini andrebbe ricordato per quel volumetto che si intitola “I doveri dell’uomo” e recita: “Ogni diritto è la conseguenza di un dovere compiuto”. Mentre noi tutti l’obbligo dei doveri l’abbiamo rimosso, per fare spazio ai diritti a raffica e a prescindere

Ma per fortuna i 5 Stelle ci hanno offerto la possibilità di prendercela con quei farabutti dei parlamentari. E tutti gli altri partiti a seguire la vergognosa onda demagogica.

 

MEGLIO IL CONTANTE DELLE CARTE

 

Sarà una questione anagrafica, ma avere un po’ di banconote nel portafoglio mi fa sentire più tranquillo rispetto alle tesserine di plastica del bancomat e della carta di credito.

Senza aggiungere che un po’ di contante in casa è la garanzia, o la speranza concreta, che i ladri entrati a far razzia se lo mettano in tasca e se ne vadano contenti senza riempirti di botte.

Tassare l’uso del contante è assurdo, significa tassare una seconda volta il denaro, lo stipendio, sul quale hai già pagato le imposte.

Certo, in tanti altri Paesi sta diffondendosi sempre più l’uso delle carte di credito. Ma per un semplice motivo: è conveniente, non penalizzante come da noi. Esiste che, per fare un prelievo bancomat dal tuo conto corrente, di cui già paghi la gestione in banca, venga aggiunta anche una commissione?! Potendo converrebbe andare a prelevare direttamente allo sportello bancario.

Esempio londinese: gli autisti di Uber hanno la garanzie che, quando li chiami, hanno già pagato il percorso senza alcun onere per loro. Da noi tanti commercianti – a ragione – rifiutano i pagamenti con certe carte di credito perché sono per loro particolarmente onerose.

Per lo stesso motivo non c’è distributore di carburante che accetti pagamenti con la carta inferiori ad una certa cifra.

In nessun altro Paese europeo il servizio bancario costa quanto da noi. Il canone annuo delle carte di credito è salito del 76%; e sono in crescita anche le commissioni su pagamenti automatici e bonifici on line. Potessimo pagare tutto con i contanti ci guadagneremmo, così invece abbiamo solo costi aggiuntivi.

Ormai non c’è pagamento di stipendio a dipendente che non avvenga sul suo conto corrente. Quando avremmo l’interesse a tenere i soldi, non in banca, ma sotto il materasso come si usava nel bel tempo antico…

In ogni caso la strada da percorrere –almeno in teoria – è ovvia: nessun problema ad usare le carte, nessuna necessità di misure coercitive, se fossero un vantaggio; tanti problemi a farlo finchè per il cittadino sono una fregatura rispetto al contante.

 

RENZI E SALVINI, I DUE GEMELLI

Al di là del fatto che se le diano di santa ragione (o che fingano di farlo…), Renzi e Salvini sono due autentici gemelli: molti simili nell’ottenere successi strepitosi, anche nel compiere errori clamorosi, ma capaci comunque di risorgere. In sintesi: gli unici due politici di serie A.
Quando Bossi fu fatto fuori dagli “investimenti esteri” di Belsito, tutto lasciava credere che la Lega l’avrebbe presa in mano Maroni, che però era un ottimo amministratore – sia da ministro che da presidente lombardo – ma non un leader politico (tutt’altra cosa…).
Arriva quel ragazzotto di Matteo Salvini, trasforma la Lega da partito territoriale a partito nazionale, e la porta ad un successo impensabile già alle politiche del 2018 (scavalcando Fi del Berlusca); per non parlare delle Europee. Poi “scambia il Viminale per il Quirinale” (De Benedetti dixit) e fallisce clamorosamente l’obiettivo delle elezioni anticipate. Ma resta ed è vivo e vegeto e al top di consensi.
L’altro Matteo. Partiamo da un ragazzino che viene dal mondo cattolico e – quando il Pci era il Pci, e Firenze una roccaforte rossa – diventa prima presidente di provincia e poi sindaco. Un talento inaudito, vien da dire senza precedenti.
Poi stravince le primarie, trionfa alle Europee 2014 e fa l’errore catastrofico di scambiare il referendum sulla Costituzione col referendum su Matteo Renzi…
Ma anche lui risorge. Prima spinge Zingaretti a fare il governo coi 5 Stelle e subito dopo esce dal Pd diventando il dominus dello stesso governo Conte bis. Una capacità di strategia politico unica; prendiamo atto…
Cosa farà adesso con Italia Viva? E chi lo sa, vedremo. Chi avrebbe mai detto o pensato che l’altro Matteo potesse trasformare la Lega Nord in Lega Italia?.
L’unica cosa dimostrata dai fatti è che i due Matteo sono gemelli: gli unici politici di seria A. Gli altri di serie B, quando non da campionato dilettanti…

IL CACCIAVITE DI ENRICO LETTA

In tanti anni l’unico programma di governo serio e realistico è stato quello di Enrico Letta che, divenuto premier, annunciò la “politica del cacciavite”.
Questa è la realtà del nostro Paese: un governo massimo può cercare di dare un aggiustatina, un mezzo giro di vite qua un altro là. Le riforme drastiche e rivoluzionarie puoi sognartele perché dominano gli interessi corporativi. E anzitutto perché un qualunque governo – altrochè i pieni poteri invocati da Salvini – si trova nel vuoto di poteri.
Nel trasferimento dei poteri; anzitutto a vantaggio della casta dei magistrati. Gli esempi si sprecano: l’ultima parola in materia di bocciatura o promozione non spetta ai docenti ma ai vari Tar; un sindaco (eletto direttamente dai cittadini, cioè espressione della sovranità popolare) può emettere una qualunque ordinanza, ma anche qui la decisione finale spetta ai vincitori di un concorso pubblico, cioè alle toghe del Tar; le politiche per l’immigrazione, comunque la si pensi, se far entrare o no una nave Ong, se sbarcare o meno i clandestini, la decidono i vari procuratori da Agrigento in giù.
Notizia di oggi: sta per arrivare la “legalizzazione per via giudiziaria del suicidio assistito”, dell’eutanasia; anche qui bypassando il potere legislativo di Camera e Senato.
Altro esempio. La vergogna di Alitalia, da decenni foraggiata col denaro pubblico – compagnia di bandiera solo per i suoi dipendenti che guadagnano di più e lavora meno dei dipendenti delle compagnie low cost costretti a stare sul mercato – continuera di sicuro.
Perché ci vorrebbe un governo col demolitore, mentre massimo può contare sul cacciavite, come giustamente e sinceramente ricordava Enrico Letta.

AGATHA CHRISTIE SCEGLI I MEDICI

Arriva la discontinuità col governo del cambiamento? In attesa di ridurre drasticamente i parlamentari aumentiamo i ministri? Siamo al “Poltrone e…si fa”?

Domande superflue perché – rispetto ai dati strutturali che da decenni affondano il nostro Paese – non c’è governo di un qualunque colore che possa cambiare le cose essenziali

Susanna Tamaro ha scritto al Corriere che è inutile frequentare una scuola che promuove tutti, perché non ti prepara al lavoro e alla vita dove ci sono selezione e merito. Quindi tanto vale tenere i ragazzi a casa. Ovvio, puro buon senso. Ma c’è stato un solo politico che abbia ripreso il drammatico appello della scrittrice? Nessuno. Che la scuola resti un agenzia per l’impiego degli insegnanti, e chi se ne fraga dell’educazione alla vita degli alunni…

Test per l’ammissione alla facoltà di medicina. Domande su Agatha Christie, Marinetti, Leonardo da Vinci e Jhon Kennedy. Mettiamo anche che sia cultura generale. Ma che c’entra con un test tecnico e scientifico per capire se puoi o no diventare un medico? Vuoi vedere che i nostri camici bianchi li sceglie Agatha Christie!

Tutto comincia decenni fa, con il Sessantotto e gli esami di gruppo. Un altro scrittore, Nanni Delbecchi, racconta al Fatto quotidiano che si presentarono con tre amici per fare l’esame di storia del cinema su un film di Pasolini. Non sanno nulla; ma alla fine il professore consegna loro i libretti e dice. “Scrivete voi il voto, e io firmo” e loro scrivono Trenta.

Questa è la scuola con la quale l’Italia ha formato e forma la propria élite.

Ma adesso arriva il governo del cambiamento che rovescerà il tutto come un calzino! Più facile credere alla Madonna di Medjugorje…

NUOVO GOVERNO DESTINATO A DURARE

Quelli di centrodestra (e non solo) si chiedono scandalizzati: com’è possibile che per la quarta volta il Pd vada al governo senza aver vinto le elezioni politiche?!

La riposta è semplice, semplice: perché hanno sempre goduto di un “loro” presidente della Repubblica: Da Scalfaro che liquida Berlusconi e spiana la strada a Prodi, a Napolitano, a Mattarella.

Mi pare evidente che c’è un’anomalia democratica nella cosiddetta seconda Repubblica: spesso i cittadini elettori hanno votato a maggioranza centrodestra, ma un Capo dello Stato di centrodestra non è mai andato a Quirinale…

Capo dello Stato i cui poteri non vanno assolutamente sottovalutati: ha lui la parola decisiva nelle crisi di governo, è lui che avvalla la scelta dei ministri; è presidente del Csm per cui – in teoria – potrebbe rivoltare come un calzino perfino il grande potere alternativo dei magistrati. Cosa che si guarda bene dal fare, (che ha il buonsenso di non fare). Che fine ha fatto, dove è mai finito il grande scandalo di Luca Palamara &c.? Che sia finito nel cestino sotto la scrivania di Mattarella?

Di fatto, più che una Repubblica parlamentare, siamo una Repubblica semi-presidenziale…Il che rende automatico anche capire quanto durerà il governo giallo-rosso.

Al di là di manfrine e finti scontri sui programmi, tutti annunciati, nessuno attuabile (come per qualsiasi nostro governo) durerà almeno due anni, cioè fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, che sarà ancora – di fatto se non di tessera – uomo scelto dal Pd. Il quale nel frattempo farà incetta, come sempre, con le nomine di alti funzionari e presidenti di enti

Partito cui vanno fatti i complimenti per la capacità di strategia politica, che gli altri schieramenti se la sognano…

 

DA TUTTI A CASA A NESSUNO A CASA

Ai 5 stelle, evidentemente, non basta il drastico taglio dei loro parlamentari che gli elettori – prima o poi – faranno. Dicono di volerli tagliare tutti di propria iniziativa. Come se il problema principale del nostro Paese non fosse il numero esorbitante di pensionati, la caccia furiosa al reddito di cittadinanza, ma gli stipendi di troppi parlamentari: pagliuzza rispetto alla trave del debito pubblico che anche loro continuano ad ignorare. Fatto sta che – oltre a Conte premier – l’hanno posto come condizione irrinunciabile per varare il, molto probabile a questo punto, governo col Pd.

Ma la questione fondamentale per loro è un’altra. Il movimento di Grillo nasce e dilaga con il vaffa, con “mandiamoli tutti a casa”. Si presenta cioè come alternativo a tutti i partiti, nessuno escluso.

Ovvio quindi che i grillini non potevano e non possono allearsi con nessuna forza politica, salvo negare la loro stessa ragion d’essere. La loro diversità genetica.

Mentre adesso di parla addirittura di una “alleanza politica” col Pd che, cioè, dal governo centrale dovrebbe trasferirsi anche alle regioni e ai comuni…

Quindi falcidiati lo sono stati dall’alleanza con la Lega e continuerebbero ad esserlo con l’alleanza col Pd. Anzi ancora di più, perché i piddini – ex comunisti ed ex democristiani – sono i veri professionisti della politica italiana, ben più dei leghisti…

Senza aggiungere che questi buzzurri di leghisti sono, a loro modo, populisti e alternativi. Mentre il Pd è il partito dell’establishment, del politicamente corretto, dei salotti bene e dei centri storici; cioè il più inviso ai tanti che votarono 5 Stelle per “mandarli tutti a casa”.

Alleanza che comunque i 5 stelle sono pronti ad accettare per un principale evidente obiettivo: non venire drasticamente ridimensionati nei consensi, e quindi nel numero dei propri parlamentari, dal voto anticipato. Altro che fingere di volere loro come condizione irrinunciabile la riduzione dei parlamentari…

 

IL CAPITANO SI E’ INCARTATO

Cacciatore di voti e stratega politico sono due mestieri, diciamo due attitudini professionali diverse. Quasi sempre l’una esclude l’altra.

Un conto è sapere ottenere il consenso dei cittadini elettori. L’ultimo maestro è Matteo Salvini, preceduto dall’altro Matteo e prima ancora dal Cavaliere.

Del tutto diverso è sapersi muovere nei bizantinismi della nostra politica. Qui tutti e tre non sono stati all’altezza. Si sono incartati. Prima Berlusconi convinto di poter sfidare il vero e unico potere forte del nostro Paese, quello dei magistrati; ha fatto la fine che ha fatto. Poi Renzi convinto di potersi intestare il referendum costituzionale; modo perfetto per scavarsi la tomba.

Oggi anche il Capitano si è incartato, convinto di lanciare la crisi di governo, di poterla gestire ed andare subito a elezioni anticipate incassando quel consenso che, da leader popolare, ha saputo ottenere.

Ma il risultato – a quanto pare – è un tantino diverso. Al momento, da perfetto cristiano, Salvini è artefice di una tripla resurrezione altrui: quella dei 5 Stelle che erano avviati verso l’estinzione; ha scoperto la tomba dov’era finito Renzi; ha ridato uno spazio politico perfino ai poveri resti degli azzurri del Cavaliere.

Più facile indovinare i numeri al Lotto che prevedere come andrà a finire. Però al momento è evidente che Matteo Salvini si è incartato; la politica politicante – elemento fondante dell’Italietta – non sembra mestiere a lui consono.

ZAIA, AUTONOMIA BY BY

 

Piaccia o anche no la politica è fatta di “do ut des”, di mediazione: se metti qualcosa su un piatto della bilancia non è che l’altro piatto rimane vuoto.

Fuor di metafora, il premier Conte ha messo sul piatto il sì Tav e non ha certo affondato i colpi sul Russiagate. Lo ha fatto convinto, non a torto, di evitare la crisi e garantire continuità al suo governo. Quale sarà a questo punto il “des” di Salvini, cosa metterà lui sull’altro piatto della bilancia? Pochi dubbi: il no all’autonomia di Veneto e Lombardia così come agognata da Zaia e Attilio Fontana.

Un colpo al cerchio, uno alla botte e avanti giallo-verdi (almeno per il momento).

Luca Zaia e Attilio Fontana non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire) che la loro grande battaglia autonomista era fin dall’inizio vintage. Perché Matteo Salvini aveva già archiviato la Lega partito del territorio, aveva già tolto Nord dal nome e dal simbolo…

Tanto per capirci. Se ti chiami Partito sardo d’azione, dici che vengono prima i sardegnoli. Ma, se diventi Partito d’azione e basta, i sardi sono come tutti gli altri italiani. Non ha più senso che li privilegi. Chiaro?

Ma la palla, anzi la pallona di cannone, adesso se la trovano in mano i due presidenti di Regione. Cosa farà, cosa dirà il nostro Luca Zaia? “Cari veneti, ho scherzato quando proclamavo autonomia o morte! Quando dicevo non firmerà mai una farsa!”

Farà e dirà così? Accetterà “l’autonomia light”, come l’ha giustamente chiamata il Fatto, cioè l’unica autonomietta oggi possibile? Oppure, in un sussulto di dignità, rassegnerà le dimissioni da presidente del Veneto e esorterà i veneti, leghisti e non, a ribellarsi contro la truffa autonomista ordita dal governo giallo-verde?

Staremo a vedere. Di certo c’è poco da invidiarlo per la rovente poltrona di Presidente del Veneto su cui siede ora dopo il do ut des tra Conte e Salvini…

DAI MIGRANTI AL RUSSIAGATE

Finchè il problema principale all’ordine del giorno sono stati i migranti – come accaduto per mesi, mesi e mesi – per Matteo Salvini era tutto grasso (elettorale) che cola.

Non solo per gli oggettivi risultati conseguiti dal ministro dell’Interno nel frenare l’immigrazione clandestina, ma anche per tutti i gentili sponsor che ha trovato lungo il cammino: da Carola a Luca Casarini, dalla gip di Agrigento ai parlamentari del Pd saliti sulla Sea Watch. Fondamentali per far balzare la Lega nei sondaggi addirittura al 40%. (Sondaggi che però non erano e non sono voto reale…)

Improvvisamente lo scenario è mutato: da dieci giorni domina la scena il continuo crescendo del Russiagate o Moscopoli che dir si voglia.

I fatti, i risultati, contano relativamente. Come ha ben spiegato Domenico Cacopardo su Italia Oggi “le operazioni di acquisto di petrolio da parte dell’Eni sono sottoposte a una serie di rigidi controlli” e quindi non esiste che uno come Gianluca Savoini – senza averne il mandato – potesse trattare una qualunque fornitura.

Il che non toglie che un tramaccione come lui ci abbia provato mettendoci anche in ballo una tangente da pagare a qualcuno. Savoini, presidente della fantomatica associazione Lombardia- Russia (Ci mancava solo che l’ex sindaco di Rovigo Bergamin lanciasse l’associazione Polesine-Stati Uniti). Le associazione vere sono infatti tra Stati; quelle farlocche servono solo a darti un lasciapassare per poter andare, nella fattispecie, in Russia a cercar di combinare qualche affare…

In questo contesto la difesa di Matteo Salvini non può limitarsi a dire “Savoini non lo frequentavo, non lo ho inviato io in Russia”, anche perché sono state pubblicate decine di foto che li ritraggono assieme.

Aggiungiamo che, come sempre avviene in queste vicende, ci sono i servizi segreti (francesi) che tramano nell’ombra. C’è il problema della collocazione internazionale del nostro Paese (con gli Stati Uniti nostro alleato di sempre o con la Russia di Putin?). Tutte realtà che un politico scafato non può ignorare, se non a suo danno.

Ecco perché dopo l’ascesa trionfale dovuta ai migranti, per Salvini rischia di iniziare una discesa altrettanto brusca causata dal Russiagate.

Inevitabile – come hanno fatto tanti – pensare ai diamanti di Bossi; o a Savoini come al “mariuolo isolato”, il Mario Chiesa divenuto fatale per Bettino Craxi…