IL CACCIAVITE DI ENRICO LETTA

In tanti anni l’unico programma di governo serio e realistico è stato quello di Enrico Letta che, divenuto premier, annunciò la “politica del cacciavite”.
Questa è la realtà del nostro Paese: un governo massimo può cercare di dare un aggiustatina, un mezzo giro di vite qua un altro là. Le riforme drastiche e rivoluzionarie puoi sognartele perché dominano gli interessi corporativi. E anzitutto perché un qualunque governo – altrochè i pieni poteri invocati da Salvini – si trova nel vuoto di poteri.
Nel trasferimento dei poteri; anzitutto a vantaggio della casta dei magistrati. Gli esempi si sprecano: l’ultima parola in materia di bocciatura o promozione non spetta ai docenti ma ai vari Tar; un sindaco (eletto direttamente dai cittadini, cioè espressione della sovranità popolare) può emettere una qualunque ordinanza, ma anche qui la decisione finale spetta ai vincitori di un concorso pubblico, cioè alle toghe del Tar; le politiche per l’immigrazione, comunque la si pensi, se far entrare o no una nave Ong, se sbarcare o meno i clandestini, la decidono i vari procuratori da Agrigento in giù.
Notizia di oggi: sta per arrivare la “legalizzazione per via giudiziaria del suicidio assistito”, dell’eutanasia; anche qui bypassando il potere legislativo di Camera e Senato.
Altro esempio. La vergogna di Alitalia, da decenni foraggiata col denaro pubblico – compagnia di bandiera solo per i suoi dipendenti che guadagnano di più e lavora meno dei dipendenti delle compagnie low cost costretti a stare sul mercato – continuera di sicuro.
Perché ci vorrebbe un governo col demolitore, mentre massimo può contare sul cacciavite, come giustamente e sinceramente ricordava Enrico Letta.

AGATHA CHRISTIE SCEGLI I MEDICI

Arriva la discontinuità col governo del cambiamento? In attesa di ridurre drasticamente i parlamentari aumentiamo i ministri? Siamo al “Poltrone e…si fa”?

Domande superflue perché – rispetto ai dati strutturali che da decenni affondano il nostro Paese – non c’è governo di un qualunque colore che possa cambiare le cose essenziali

Susanna Tamaro ha scritto al Corriere che è inutile frequentare una scuola che promuove tutti, perché non ti prepara al lavoro e alla vita dove ci sono selezione e merito. Quindi tanto vale tenere i ragazzi a casa. Ovvio, puro buon senso. Ma c’è stato un solo politico che abbia ripreso il drammatico appello della scrittrice? Nessuno. Che la scuola resti un agenzia per l’impiego degli insegnanti, e chi se ne fraga dell’educazione alla vita degli alunni…

Test per l’ammissione alla facoltà di medicina. Domande su Agatha Christie, Marinetti, Leonardo da Vinci e Jhon Kennedy. Mettiamo anche che sia cultura generale. Ma che c’entra con un test tecnico e scientifico per capire se puoi o no diventare un medico? Vuoi vedere che i nostri camici bianchi li sceglie Agatha Christie!

Tutto comincia decenni fa, con il Sessantotto e gli esami di gruppo. Un altro scrittore, Nanni Delbecchi, racconta al Fatto quotidiano che si presentarono con tre amici per fare l’esame di storia del cinema su un film di Pasolini. Non sanno nulla; ma alla fine il professore consegna loro i libretti e dice. “Scrivete voi il voto, e io firmo” e loro scrivono Trenta.

Questa è la scuola con la quale l’Italia ha formato e forma la propria élite.

Ma adesso arriva il governo del cambiamento che rovescerà il tutto come un calzino! Più facile credere alla Madonna di Medjugorje…

NUOVO GOVERNO DESTINATO A DURARE

Quelli di centrodestra (e non solo) si chiedono scandalizzati: com’è possibile che per la quarta volta il Pd vada al governo senza aver vinto le elezioni politiche?!

La riposta è semplice, semplice: perché hanno sempre goduto di un “loro” presidente della Repubblica: Da Scalfaro che liquida Berlusconi e spiana la strada a Prodi, a Napolitano, a Mattarella.

Mi pare evidente che c’è un’anomalia democratica nella cosiddetta seconda Repubblica: spesso i cittadini elettori hanno votato a maggioranza centrodestra, ma un Capo dello Stato di centrodestra non è mai andato a Quirinale…

Capo dello Stato i cui poteri non vanno assolutamente sottovalutati: ha lui la parola decisiva nelle crisi di governo, è lui che avvalla la scelta dei ministri; è presidente del Csm per cui – in teoria – potrebbe rivoltare come un calzino perfino il grande potere alternativo dei magistrati. Cosa che si guarda bene dal fare, (che ha il buonsenso di non fare). Che fine ha fatto, dove è mai finito il grande scandalo di Luca Palamara &c.? Che sia finito nel cestino sotto la scrivania di Mattarella?

Di fatto, più che una Repubblica parlamentare, siamo una Repubblica semi-presidenziale…Il che rende automatico anche capire quanto durerà il governo giallo-rosso.

Al di là di manfrine e finti scontri sui programmi, tutti annunciati, nessuno attuabile (come per qualsiasi nostro governo) durerà almeno due anni, cioè fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, che sarà ancora – di fatto se non di tessera – uomo scelto dal Pd. Il quale nel frattempo farà incetta, come sempre, con le nomine di alti funzionari e presidenti di enti

Partito cui vanno fatti i complimenti per la capacità di strategia politica, che gli altri schieramenti se la sognano…

 

DA TUTTI A CASA A NESSUNO A CASA

Ai 5 stelle, evidentemente, non basta il drastico taglio dei loro parlamentari che gli elettori – prima o poi – faranno. Dicono di volerli tagliare tutti di propria iniziativa. Come se il problema principale del nostro Paese non fosse il numero esorbitante di pensionati, la caccia furiosa al reddito di cittadinanza, ma gli stipendi di troppi parlamentari: pagliuzza rispetto alla trave del debito pubblico che anche loro continuano ad ignorare. Fatto sta che – oltre a Conte premier – l’hanno posto come condizione irrinunciabile per varare il, molto probabile a questo punto, governo col Pd.

Ma la questione fondamentale per loro è un’altra. Il movimento di Grillo nasce e dilaga con il vaffa, con “mandiamoli tutti a casa”. Si presenta cioè come alternativo a tutti i partiti, nessuno escluso.

Ovvio quindi che i grillini non potevano e non possono allearsi con nessuna forza politica, salvo negare la loro stessa ragion d’essere. La loro diversità genetica.

Mentre adesso di parla addirittura di una “alleanza politica” col Pd che, cioè, dal governo centrale dovrebbe trasferirsi anche alle regioni e ai comuni…

Quindi falcidiati lo sono stati dall’alleanza con la Lega e continuerebbero ad esserlo con l’alleanza col Pd. Anzi ancora di più, perché i piddini – ex comunisti ed ex democristiani – sono i veri professionisti della politica italiana, ben più dei leghisti…

Senza aggiungere che questi buzzurri di leghisti sono, a loro modo, populisti e alternativi. Mentre il Pd è il partito dell’establishment, del politicamente corretto, dei salotti bene e dei centri storici; cioè il più inviso ai tanti che votarono 5 Stelle per “mandarli tutti a casa”.

Alleanza che comunque i 5 stelle sono pronti ad accettare per un principale evidente obiettivo: non venire drasticamente ridimensionati nei consensi, e quindi nel numero dei propri parlamentari, dal voto anticipato. Altro che fingere di volere loro come condizione irrinunciabile la riduzione dei parlamentari…

 

IL CAPITANO SI E’ INCARTATO

Cacciatore di voti e stratega politico sono due mestieri, diciamo due attitudini professionali diverse. Quasi sempre l’una esclude l’altra.

Un conto è sapere ottenere il consenso dei cittadini elettori. L’ultimo maestro è Matteo Salvini, preceduto dall’altro Matteo e prima ancora dal Cavaliere.

Del tutto diverso è sapersi muovere nei bizantinismi della nostra politica. Qui tutti e tre non sono stati all’altezza. Si sono incartati. Prima Berlusconi convinto di poter sfidare il vero e unico potere forte del nostro Paese, quello dei magistrati; ha fatto la fine che ha fatto. Poi Renzi convinto di potersi intestare il referendum costituzionale; modo perfetto per scavarsi la tomba.

Oggi anche il Capitano si è incartato, convinto di lanciare la crisi di governo, di poterla gestire ed andare subito a elezioni anticipate incassando quel consenso che, da leader popolare, ha saputo ottenere.

Ma il risultato – a quanto pare – è un tantino diverso. Al momento, da perfetto cristiano, Salvini è artefice di una tripla resurrezione altrui: quella dei 5 Stelle che erano avviati verso l’estinzione; ha scoperto la tomba dov’era finito Renzi; ha ridato uno spazio politico perfino ai poveri resti degli azzurri del Cavaliere.

Più facile indovinare i numeri al Lotto che prevedere come andrà a finire. Però al momento è evidente che Matteo Salvini si è incartato; la politica politicante – elemento fondante dell’Italietta – non sembra mestiere a lui consono.

ZAIA, AUTONOMIA BY BY

 

Piaccia o anche no la politica è fatta di “do ut des”, di mediazione: se metti qualcosa su un piatto della bilancia non è che l’altro piatto rimane vuoto.

Fuor di metafora, il premier Conte ha messo sul piatto il sì Tav e non ha certo affondato i colpi sul Russiagate. Lo ha fatto convinto, non a torto, di evitare la crisi e garantire continuità al suo governo. Quale sarà a questo punto il “des” di Salvini, cosa metterà lui sull’altro piatto della bilancia? Pochi dubbi: il no all’autonomia di Veneto e Lombardia così come agognata da Zaia e Attilio Fontana.

Un colpo al cerchio, uno alla botte e avanti giallo-verdi (almeno per il momento).

Luca Zaia e Attilio Fontana non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire) che la loro grande battaglia autonomista era fin dall’inizio vintage. Perché Matteo Salvini aveva già archiviato la Lega partito del territorio, aveva già tolto Nord dal nome e dal simbolo…

Tanto per capirci. Se ti chiami Partito sardo d’azione, dici che vengono prima i sardegnoli. Ma, se diventi Partito d’azione e basta, i sardi sono come tutti gli altri italiani. Non ha più senso che li privilegi. Chiaro?

Ma la palla, anzi la pallona di cannone, adesso se la trovano in mano i due presidenti di Regione. Cosa farà, cosa dirà il nostro Luca Zaia? “Cari veneti, ho scherzato quando proclamavo autonomia o morte! Quando dicevo non firmerà mai una farsa!”

Farà e dirà così? Accetterà “l’autonomia light”, come l’ha giustamente chiamata il Fatto, cioè l’unica autonomietta oggi possibile? Oppure, in un sussulto di dignità, rassegnerà le dimissioni da presidente del Veneto e esorterà i veneti, leghisti e non, a ribellarsi contro la truffa autonomista ordita dal governo giallo-verde?

Staremo a vedere. Di certo c’è poco da invidiarlo per la rovente poltrona di Presidente del Veneto su cui siede ora dopo il do ut des tra Conte e Salvini…

DAI MIGRANTI AL RUSSIAGATE

Finchè il problema principale all’ordine del giorno sono stati i migranti – come accaduto per mesi, mesi e mesi – per Matteo Salvini era tutto grasso (elettorale) che cola.

Non solo per gli oggettivi risultati conseguiti dal ministro dell’Interno nel frenare l’immigrazione clandestina, ma anche per tutti i gentili sponsor che ha trovato lungo il cammino: da Carola a Luca Casarini, dalla gip di Agrigento ai parlamentari del Pd saliti sulla Sea Watch. Fondamentali per far balzare la Lega nei sondaggi addirittura al 40%. (Sondaggi che però non erano e non sono voto reale…)

Improvvisamente lo scenario è mutato: da dieci giorni domina la scena il continuo crescendo del Russiagate o Moscopoli che dir si voglia.

I fatti, i risultati, contano relativamente. Come ha ben spiegato Domenico Cacopardo su Italia Oggi “le operazioni di acquisto di petrolio da parte dell’Eni sono sottoposte a una serie di rigidi controlli” e quindi non esiste che uno come Gianluca Savoini – senza averne il mandato – potesse trattare una qualunque fornitura.

Il che non toglie che un tramaccione come lui ci abbia provato mettendoci anche in ballo una tangente da pagare a qualcuno. Savoini, presidente della fantomatica associazione Lombardia- Russia (Ci mancava solo che l’ex sindaco di Rovigo Bergamin lanciasse l’associazione Polesine-Stati Uniti). Le associazione vere sono infatti tra Stati; quelle farlocche servono solo a darti un lasciapassare per poter andare, nella fattispecie, in Russia a cercar di combinare qualche affare…

In questo contesto la difesa di Matteo Salvini non può limitarsi a dire “Savoini non lo frequentavo, non lo ho inviato io in Russia”, anche perché sono state pubblicate decine di foto che li ritraggono assieme.

Aggiungiamo che, come sempre avviene in queste vicende, ci sono i servizi segreti (francesi) che tramano nell’ombra. C’è il problema della collocazione internazionale del nostro Paese (con gli Stati Uniti nostro alleato di sempre o con la Russia di Putin?). Tutte realtà che un politico scafato non può ignorare, se non a suo danno.

Ecco perché dopo l’ascesa trionfale dovuta ai migranti, per Salvini rischia di iniziare una discesa altrettanto brusca causata dal Russiagate.

Inevitabile – come hanno fatto tanti – pensare ai diamanti di Bossi; o a Savoini come al “mariuolo isolato”, il Mario Chiesa divenuto fatale per Bettino Craxi…

DELUSI I TIFOSI DELLA BATOSTA UE

Porcaccia miseria l’Europa non ci stanga! Non arriva la batosta Ue annunciata da mesi, data per certa, decisiva per mandare finalmente a casa il governaccio giallo-verde e sostituirlo con bel Monti bis.

Niente fare. Perfino il presidente Mattarella – a denti stretti – ha dovuto ammettere che non ci sono le condizioni per la procedura d’infrazione. E così oggi è palpabile la delusione dei tanti tifosi della batosta che non è giunta.

Ovviamente nel pieno rispetto della democrazia, cosa si aspettavano i tifosi? Che non fossero gli elettori a decidere, ma che ci pensasse l’Europa a liberarci da questo governo di razzisti ed incapaci…(Governo che invece, ad un anno dall’insediamento, continua a godere di un consenso maggioritario tra i cittadini. Cosa mai successa prima…)

Insomma, i conti sono a posto o quasi, lo spread crolla, la borsa vola, l’occupazione è in netta ripresa e il nostro Paese continua, diciamo, a vivacchiare come sempre successo.

Non che ci siano, per l’andamento economico, meriti particolari di questo governo; come non ne ha avuti nessun governo precedente. Il merito è tutto nostro. Siamo un Paese di santi, poeti, navigatori e…imprenditori.

Questa la chiave: abbiamo piccoli, medi, grandi imprenditori straordinari. Capaci di innovare, inventare, conquistare i mercati stranieri senza alcun supporto da parte delle istituzioni (Pensiamo a come quelle tedesche fanno sistema per aiutare i loro imprenditori nell’export…)

Imprenditori che lavorano e producono non ostante le cosiddette “associazioni produttive” (produttive anzitutto nella caccia agli aiutini pubblici…); non ostante un fisco oppressivo, una burocrazia delirante, una giustizia civile che distribuisce anzitutto incertezze e non la certezza del diritto.

E’ grazie a loro che l’Italia la sfanga. Fosse anche possibile governare il nostro Paese, saremmo tra i primi al mondo per reddito pro capite.

GOVERNA “LA BANDA DEGLI ONESTI”

Governa “la banda degli onesti”, non solo con l’esecutivo giallo-verde: da sempre, è la caratteristica fondativa della nostra Repubblica.

“La banda degli onesti” è uno splendido film del 1956 che sancì il successo della coppia Totò-Peppino De Filippi: tre amici entrano casualmente in possesso dei cliché e della carta filigrana dell’Istituto Poligrafico dello Stato e pensano di costruirsi un radioso futuro economico stampando banconote false nella cantina del loro condominio.

Angelo Panebianco sul Corriere ha evocato questo film osservando che i nostri governi hanno fatto e fanno la stessa cosa: continuano cioè ad accumulare debito pubblico – che è come stampare banconote false – puntando così a conquistare il consenso degli elettori.

Lo fecero nella Prima Repubblica con quell’autentico macigno sul sistema pensionistico che furono le baby pensioni (continuiamo a pagarne centinaia di migliaia); e la Fornero fu solo l’inevitabile tentativo di riparare al danno provocato dagli spacciatori di pensioni “false”, cioè senza contributi versati.

E poi arriviamo ai giorni nostri con gli 80 euro di Renzi fino a quota 100 della Lega e reddito di cittadinanza dei 5 Stelle.

Nel film i tre amici alla fine non osarono spenderne nemmeno una di banconota falsa. I nostri governi invece tirano dritto verso il baratro finanziario.

Tant’è che il vero motivo dello scontro con l’Ue, il cosiddetto sovranismo o nazionalismo alla Salvini, condivisi anche da Di Maio, ha un unico obiettivo: rifiutare i vincoli europei e poter continuare a fare debito, cioè a stampare banconote false per cercare di comprarsi il consenso degli elettori. (I quali, alla fine, di certo incassano ma non è detto che ripaghino nell’urna…)

IL CONTE TRAVICELLO

L’antica favola greca (di Fedro o forse di Esopo) raccontava del Re Travicello: c’era disordine nello stagno e le rane chiedono a Zeus di mandare un re che metta ordine. Arriva un tuono che spaventa le rane, ma poi si accorgono che dal cielo è arrivato nello stagno solo un tronco che galleggia e basta senza poter far nulla.

Definizione di Wikipedia: “Re Travicello è un’espressione che si usa per indicare una persona che occupa una posizione importante o una carica ufficiale ma che non ha autorità o capacità sufficienti ad esercitare il potere”.

Ed ora siamo al Conte Travicello. Ascoltarlo ieri nel suo lungo “discorso alla nazione” faceva tenerezza. Tre quarti d’ora di chiacchiere inutili quando poteva sintetizzare in una sola frase: o Salvini e Di Maio la smettono di litigare, e mi lasciano fare il premier, oppure mi dimetto!

Giuseppe Conte ha voluto rivendicare anche la propria “indipendenza” senza capire che è una ulteriore debolezza. Indipendente dai partiti puoi esserlo se arrivi dalla Banca D’Italia (Lamberto Dini) o se sei considerato un grande economista stimato in tutta Europa (come lo era Mario Monti, a prescindere che lo fosse davvero…). Non se vieni dal nulla, se sei uno sconosciuto del tutto inesperto proiettato d’emblée a Palazzo Chigi.

Ma il punto vero è un altro. I programmi di Lega e 5 Stelle sono inconciliabili, come ha ribadito ieri il rilancio di Salvini: subito Tav, sblocca cantieri, flat tax, autonomia, riforma della giustizia. Tutti temi opposti al programma del Movimento che è contro le grandi opere, che vuole la decrescita felice, più assistenza non meno tasse, niente autonomia, riforma della giustizia che aumenti i poteri dei magistrati e non che li diminuisca come vorrebbe Salvini.

Forse, dico forse, una mediazione tra le due parti sarebbe riuscita a trovarla il “Divo” Giulio, Andreotti, quello che riuscì perfino a varare il “governo delle larghe intese” tra Dc e Pci. Ma pensare che possa riuscirsi il Conte Travicello è come credere che uno in carrozzella scali in Monte Bianco.

E adesso cosa accadrà? Facciamo come le rane e chiediamo aiuto a Zeus…