IL CONTE TRAVICELLO

L’antica favola greca (di Fedro o forse di Esopo) raccontava del Re Travicello: c’era disordine nello stagno e le rane chiedono a Zeus di mandare un re che metta ordine. Arriva un tuono che spaventa le rane, ma poi si accorgono che dal cielo è arrivato nello stagno solo un tronco che galleggia e basta senza poter far nulla.

Definizione di Wikipedia: “Re Travicello è un’espressione che si usa per indicare una persona che occupa una posizione importante o una carica ufficiale ma che non ha autorità o capacità sufficienti ad esercitare il potere”.

Ed ora siamo al Conte Travicello. Ascoltarlo ieri nel suo lungo “discorso alla nazione” faceva tenerezza. Tre quarti d’ora di chiacchiere inutili quando poteva sintetizzare in una sola frase: o Salvini e Di Maio la smettono di litigare, e mi lasciano fare il premier, oppure mi dimetto!

Giuseppe Conte ha voluto rivendicare anche la propria “indipendenza” senza capire che è una ulteriore debolezza. Indipendente dai partiti puoi esserlo se arrivi dalla Banca D’Italia (Lamberto Dini) o se sei considerato un grande economista stimato in tutta Europa (come lo era Mario Monti, a prescindere che lo fosse davvero…). Non se vieni dal nulla, se sei uno sconosciuto del tutto inesperto proiettato d’emblée a Palazzo Chigi.

Ma il punto vero è un altro. I programmi di Lega e 5 Stelle sono inconciliabili, come ha ribadito ieri il rilancio di Salvini: subito Tav, sblocca cantieri, flat tax, autonomia, riforma della giustizia. Tutti temi opposti al programma del Movimento che è contro le grandi opere, che vuole la decrescita felice, più assistenza non meno tasse, niente autonomia, riforma della giustizia che aumenti i poteri dei magistrati e non che li diminuisca come vorrebbe Salvini.

Forse, dico forse, una mediazione tra le due parti sarebbe riuscita a trovarla il “Divo” Giulio, Andreotti, quello che riuscì perfino a varare il “governo delle larghe intese” tra Dc e Pci. Ma pensare che possa riuscirsi il Conte Travicello è come credere che uno in carrozzella scali in Monte Bianco.

E adesso cosa accadrà? Facciamo come le rane e chiediamo aiuto a Zeus…

VOTO ON LINE SU DI MAIO E FRANCESCO

Grande attesa per il voto on line degli iscritti al Movimento 5 Stelle che dovranno conferare o meno la leadership di Luigi Di Maio dopo il molto deludente risultato elettorale.

Ma, più interessante ancora, sarebbe un voto on line che confemi o meno Papa Francesco al vertice della Chiesa cattolica.

I media infatti stanno evidenziando i grandi contrasti all’interno dei grillini. Per pudore invece oscurano i contrasti altrettanto diffusi tra la base e il vertice della Chiesa. Ma fino ad un certo punto.

Il Corriere, sia pure senza grande risalto (fondo pagina 12, senza richiamo in prima…), ha pubblicato l’intervista al cardinale Gerhard Muller il teologo tedesco già custode dell’ortodossia cattolica che si scaglia contro il “cerchio magico” di Bergoglio e dichiara:” La Chiesa sbaglia, con Salvini bisogna dialogare”.

Il sociologo Luca Ricolfi afferma: “La popolarità di Francesco è sopravvalutata. Per molti cittadini il Papa è più l’unico leader che è rimasto alla sinistra che non il capo della Chiesa cattolica”.

Sempre sul Corriere Galli della Loggia scrive: “IL rosario impudicamente agitato da Salvini senbra aver avuto sul voto cattolico (se ancora esiste) un richiamo più vasto degli ammonimenti di una Chiesa in caduta libera di credibilità per il silenzio sulle malefatte sessuali dei  suoi membri e per la sconsiderata richiesta di un’accoglienza senza limiti nei confronti degli immigrati”.

Tanto sconsiderata che nessun partito italiano la sposa, basti pensare alle politiche migratorie messe in atto dall’allora ministro Minniti…Quindi ultimo leader Francesco, non della sinistra, ma dell’estrema sinistra catto-comunista.

Interessante (?) il referendum su Di Maio. Ma ci starebbe tutto e sarebbe assai più pregnante un voto on line anche su Francesco; magari riservato ai pochi che certifichino l’iscrizione, cioè la presenza domenicale nelle chiese.

BASSETTI IRROMPE NELL’URNA

Trovo inaudito che, a pochi giorni dal voto, il cardinal Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, abbia fatto irruzione nell’urna.

Il lungo e accorato appello del cardinale è stato così sintetizzato dal Fatto quotidiano: “Votate tutti tranne Salvini”.

Ovviamente non si tratta di essere d’accordo o meno, di giudicare bene o male il leader della Lega come un qualunque altro uomo politico; la cosa inaudita è che il massimo esponente della Chiesa italiana dica per chi non si deve votare. Siamo tornati al celebre slogan del ’48. “Nell’urna Dio vi vede, Stalin no”. Oggi, 71 anni dopo, Bassetti ci esorta a non votare per Matteo- Stalin-Salvini.

Mi sarei aspettato che tutti i partiti, tutti i media di una repubblica (teoricamente) laica, cioè fondata sulla separazione tra Chiesa e Stato, insorgessero di fronte a questa inaccettabile ingerenza nel voto e nella politica. Invece silenzio (quasi) assoluto.

E’ impensabile in qualunque Paese democratico che la Conferenza episcopale tedesca piuttosto che spagnola, non dico esorti a non votare per qualcuno, ma semplicemente si occupi delle elezioni e dia una qualunque indicazione agli elettori.

Accade solo nell’Italia ancilla del Vaticano.

La salvezza sarebbe un Pannella che promuovesse un referendum abrogativo dei Patti lateranensi. Dico sarebbe, perché naturalmente non succederà.

SE SALVINI USASSE UN MINORE…

Ovviamente è lecito impegnarsi in qualunque battaglia politica. Si può discutere, non il contenuto delle varie battaglie, ma le modalità con cui vengono condotte.

Quando Berlusconi era in auge c’era una forte opposizione, non solo alla sua politica di governo ma alimentata anche dalla “nipote di Mubarak” e dalle “cene eleganti” di Arcore. Per questo fu organizzata una grande giornata di protesta al PalaSharp di Milano.

Fin qui niente da dire. Se non che, ad un certo punto, salirono sul palco anche dei ragazzini ad inveire contro il Berlusca. Fu una scelta vergognosa perché si voleva dimostrare che il Cavaliere era un tale farabutto da aver indignato perfino le anime candide e pure dei fanciulli. Fanciulli che evidentemente erano stati plagiati dagli adulti; che se no avrebbero pensato a giocare alla playstation come tutti i loro coetanei, senza avere in mente Berlusconi.

Dal precedente veniamo a Salvini. Con la gioia o col dolore tutti riconoscono che il consenso crescente alla Lega è dovuto anzitutto alle sue battaglie sul fronte dell’immigrazione. Battaglie che lui conduce in prima persona sul palco e in tivvù.

Immaginiamo ora che Salvini pensi: per convincere gli indecisi ho bisogno di un’anima candida. E così si inventa un ragazzino, di nome Francesco come il Santo patrono d’Italia, possibilmente con un qualche handicap che così la gente si commuove di più, e lo manda a denunciare la vita impossibile nelle città “inquinate” dai clandestini, le donne che la sera non hanno coraggio di uscire nemmeno a buttare la spazzatura nei cassonetti, le classi infrequentabili per i troppi alunni stranieri.

Manda lui, il minore Francesco, sui palchi e in tivvù, a farsi intervistare dal Tg1 delle 20, ad incontrare la seconda carica dello Stato, e magari pure in udienza dall’omonimo Papa Bergoglio.

Cosa diremmo di Salvini? Ma che è un farabutto che sta usando un minore, per giunta con problemi di disabilità! Che non siamo tanto cretini da credere che sia lui, Francesco, il protagonista della battaglia e che non sia Matteo a manovrarlo dietro le quinte!

Ho detto “cretini” perché ieri Libero, in occasione della visita a Roma della ragazzina norvegese, ha fatto un titolo certo criticabile “Vieni avanti Gretina!”. Criticabile perché non ha rispetto per Greta e la sua sindrome di Asperger.

Ma il problema non è Greta Thunberg. Il problema è il Tg1, la Casellati, il nostro Senato, lo stesso Papa Francesco. Con tutto il dovuto rispetto alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma sono così cretini, o “gretini”, da credere che sia lei la grande protagonista e che non ci sia qualcuno che – vergognosamente – la manovra e la utilizza dietro alle quinte?

CANDREVA RISORGE COL BEL GESTO

Il calciatore Antonio Candreva è uno dei vari bidoni comprati dalla (mia) Inter: strapagato, con ingaggio principesco, ha deluso le aspettative passando quasi tutta la stagione in panchina; non ha un futuro neroazzurro e da dubitare che abbia mercato, cioè una squadra disposta ad acquistarlo. Finito nell’oblio.

Ma lui, Candreva, ha saputo risorgere grazie al bel gesto elogiato con enorme risalto da tutti i media.

Saputo che a Minerbe c’è una bimba straniera alla quale i genitori non pagano la mensa scolastica e che, quindi, invece del pasto completo garantito a chi paga, si trova a mangiare solo una scatoletta di tonno con i cracker, Candreva si è fatto avanti e ha dichiarato al mondo: “Ghe pensi mi!”.

Lo stesso Massimo Gramellini, commentando l’accaduto sulla prima pagina del Corriere, ha osservato che al di là di tutto “la bimba costretta a una dieta di cracker si porterà dietro l’umiliazione per sempre”.

Mi sono ricordato dei miei compagni più poveri delle elementari, cui la scuola garantiva un bicchiere di latte, mentre noi avevamo la colazione da casa. Che si siano portati dietro l’umiliazione e la discriminazione per tutta la vita?…

Ma torniamo al bel gesto di Candreva. Quanto gli costa? La mensa scolastica si aggira sui 5 euro al giorno, togliamo i festivi e calcoliamo circa 100 euro al mese. Lui ha un ingaggio lordo di 5,6 milioni, netto di 3 milioni garantito fino a 2021 a prescindere che giochi o no. Quindi questa straordinaria generosità gli costa, non dico come i tatuaggi di cui è ricoperto, ma nemmeno come il ciuffo che gli fa il parrucchiere ogni settimana.

Pur non guadagnando lontanamente come Candreva, 100 euro al mese potrei permettermeli anch’io. Diventerei un giornalista famoso per la straordinaria generosità e sensibilità? Forse. In ogni caso non lo farei mai per non comportarmi da farabutto che si fa bello utilizzando i disagi altrui.

Anche perché la vecchia regola della carità recita “non sappia la tua mano destra quello che fa la sinistra”, vale a dire che devi farla in silenzio assoluto; senza vantartene. Mentre Candreva, prima ancora di sborsare un euro, ha annunciato al mondo di essere pronto a farsi carico del costo della mensa della bimba di Minerbe. Applausi scroscianti.

Uno così un Paese serio, altro che coprirlo di elogi: lo denuncerebbe per sfruttamento di minore. Mentre il nostro Paese di pagliacci…

CAMON: MAFIA NEGLI ATENEI

La denuncia sui metodi mafiosi per ottenere la cattedra nelle università arriva da un personaggio tutt’altro che sconosciuto: Ferdinando Camon, il famoso scrittore padovano che firma anche editoriali in diversi quotidiani.

Intervistato da la Verità, Camon conferma quanto aveva già scritto in un suo libro. Cioè la sua personale esperienza su “l’assegnazione pilotata delle cattedre verso mogli, compagne e parenti”. Fa nomi e cognomi, si riferisce in particolare agli atenei di Padova e Bologna per quanto accaduto in passato. E nulla sembra cambiato dal momento che la notizia di concorsi taroccati (tanto per dire a Giurisprudenza) è di stretta attualità.

Non che le università siano un’eccezione. La scommessa è trovarne uno di concorso pubblico corretto, cioè basato su merito e requisiti dei partecipanti…

E, quando nemmeno si finge di fare concorsi regolari, è peggio ancora. Nel senso che si procede direttamente con nomine che nulla hanno a che fare con il merito. Come in magistratura dove i procuratori vengono nominati dal Consiglio superiore della magistratura. (E pare che l’unico criterio sia la spartizione tra le correnti della loro associazione nazionale).

Tornando agli atenei, Ferdinando Camon ha ragione a parlare di mafia, perché denuncia e racconta come questa assegnazione pilotate delle cattedre sia stata “coperta e insabbiata” non ostante i suoi tentativi di denunciarla. Coperta da rettori e presidi di facoltà che sono dunque omertosi come i picciotti.

Esiste però pure una netta differenza: nella mafia, e nelle organizzazioni criminali in genere, non fai carriera perché sei parente del boss; la fai solo per merito, per merito e capacità criminali ovviamente. Il che spiega la loro tragica efficienza che porta alla penetrazione mafiosa anche al Nord, anche nel nostro Veneto…

Nelle università invece, grazie alle assegnazioni familistica delle cattedre, è garantito solo lo stipendio dei docenti; mentre proliferano i corsi di laurea del tutto inutili ad entrare nel mondo del lavoro per i poveri studenti che li frequentano.

Qui, negli atenei, regna l’inefficienza sotto copertura; nelle mafie l’efficienza criminale.

CONVIVERE COI LUPI (E COI DELINQUENTI)

Nessun dubbio che questo è il governo del cambiamento. Il governo Gentiloni nel 2017 aveva infatti varato il piano per gli “abbattimenti controllati dei lupi”. Ma col cambiamento, grazie al ministro dell’ambiente Sergio Costa, è stato sostituito dal nuovo “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia”. Basta abbatterlo, bisogna impegnarsi a conservarlo

Piano così sintetizzato: esclusa la riapertura della caccia, rimangono tutte le altre misure per permettere la convivenza tra lupi e bestiame.

Non che al bestiame pacifico, bovini e ovini, manchino i lupi feroci con i quali convivere: secondo le stime sono triplicati nelle regioni dell’arco alpino, negli Appennini siamo sopra i 1.500 esemplari. Nel nostro Veneto sono particolarmente diffusi in Lessinia e sull’Altopiano d’Asiago; e hanno cominciato a scendere in pianura.

Sulla convivenza pacifica il bestiame, sbranato dai lupi, ovviamente non può esprimersi. Lo fanno gli allevatori infuriati; solo perché non colgono lo spirito civile e “animalitario” (non più umanitario) del cambiamento.

Sergio Costa è un militare, ministro indipendente dei 5 Stelle, storicamente legato a verdi e ambientalisti. Diciamo che sulla convivenza il ministro è un po’ timido. Perché non estendere le misure dagli animali agli umani? Forse che cittadini e delinquenti non possono convivere senza bisogno della folle spesa per carceri e polizia penitenziaria? Basta varare un piano di interventi adeguati…(D’altronde le “misure alternative al carcere” non vanno già nella direzione della convivenza tra condannati e cittadini incensurati?)

Purtroppo, o per fortuna di Costa, non conviviamo più coi manicomi. La magnifica e progressiva legge Basaglia n°180 li ha aboliti nel 1978. E da allora, come possiamo quotidianamente constatare, si convive senza problemi anche con i tanti pazzi che circolano liberamente nel territorio.

VIETATO DIFENDERE LA FAMIGLIA

Il can can che da settimane precede il convegno sulla famiglia, in programma questo fine settimana a Verona, mi pare così riassumibile: vietato difendere la famiglia.

Ovviamente i gay si possono e si devono difendere, come pure le unioni di fatto e la cosiddetta famiglia allargata. Ma la famiglia tradizionale invece no. Vietato, da reazionari, da retrogradi, da nostalgici del medioevo, provare a difenderla e a rivendicarne diritti e aspettative.

Il paradosso è che proprio i gay, che giustamente hanno rivendicato il diritto alle loro scelte, a non essere per questo criminalizzati né censurati, ora sono i primi a voler censurare i “familisti”, il loro diritto altrettanto legittimo a rivendicare ed esporre le proprie ragioni.

Sembra che la libertà di pensiero esista solo per il pensiero condiviso e politicamente corretto. Gli altri pensieri, le opinione contrarie, vanno messi al bando.

Oggi, mercoledì, è stata approvata definitivamente la nuova legge sulla legittima difesa. E’ lecito criticarla? Certo: magari perchè sposta il problema, come se la difesa dei cittadini non spettasse allo Stato senza ricorrere al surrogato dell’autodifesa affidata ai cittadini stessi…

E la legge sull’aborto si può criticare anche quella? Guai al cielo! La 194 è sacra e metterla in discussione è una bestemmia! Si può almeno sottolineare la vergogna che – con tutti gli anticoncezionali disponibili a tutti – spesso si ricorra all’aborto come anticoncezionale a posteriori?…

Chi difende la famiglia vuole tornare al medioevo. Solo, indietro di così poco? O la famiglia è il pilastro millenario nella storia dell’umanità. Nel senso che da sempre c’è stata anche la poligamia (dai che cerchiamo di promuoverla e introdurla anche da noi, o deve essere un privilegio solo di certi Paesi islamici?) ma la monogamia è sempre prevalsa.

Non è che devi condividere tesi, toni, argomenti del Popolo della famiglia. Ma dobbiamo – dovremmo – rivendicare il diritto di tutti ad esprimere il loro pensiero. Proprio a partire dai pensieri che ci sono più sgraditi. Questa è democrazia. Il contrario è regime; è fascismo o comunismo o islamismo (scegliete voi).

SALVINI RE D’ITALIA

Come cantava tanti anni fa Enzo Jannacci: “Ho visto un Re!”. E credo che dovrebbe vederlo chiunque non neghi una realtà per quanto possa risultargli spiacevole: Matteo Salvini è il Re d’Italia. Anzi, il primo Re d’Italia. Perché nessun leader politico prima di lui era mai riuscito a riunificare il Paese con il consenso, con il voto.

Se ci pensate ha dell’incredibile che la Lega – che fino a ieri si chiamava Lega Nord e irrideva ai terroni – oggi con lui alla guida prenda più del 19% del voto dei terroni della Basilicata; ad un pelo da diventare il primo partito dato che il tracollo dei 5 Stelle si è fermato appena sopra il 20%. Dovunque si voti la Lega di Salvini sbanca.

Lui, da politico scafato, punta sul Pd e dice: “7 a 0!”. Certo il Pd in Basilicata tutto è fuorchè risorto; ma la debacle ripetuta e al momento irreversibile è quella dei grillini. Tant’è che è subito scoppiata la rivolta al loro interno.

Degli alleati di governo Salvini non parla, perché gli andrebbe alla grande continuare con loro e proseguire così di successo in successo. Ma i primi che hanno interesse a mollare questo governo giallo-verde sono proprio i 5 Stelle se non vogliono precipitare nel baratro dell’inconsistenza elettorale.

Paradosso della politica. Chi invece tifa perché questo governo non cada è il Pd, che così può puntare (e sperare) di monopolizzare il voto di tutta l’opposizione. Mentre, se i 5 Stelle mollassero il governo e passassero all’apposizione, il Pd si ritroverebbe con un temibile concorrente. Elementare Watson.

Ultima notazione. Non è chiaro che senso abbia continuare a parlare di centrodestra. Quando anche la Basilicata conferma che Forza Italia e Fratelli d’Italia sono massimo un ruotino di scorta della Papamobile del nuovo Re d’Italia.

FOLLIA DESTINATA A RIPETERSI

Definirla una follia, definire un pazzo l’autista senegalese che voleva bruciare il pullman con ragazzini e professori a bordo, vuol dire tutto e niente.

Senza dimenticare che, fosse andato in porto quanto da lui programmato, sarebbe stata la strage più atroce compiuta dal terrorismo islamico. Possiamo definire pazzo chiunque compia anche un semplice omicidio. La follia, l’aggressività, è insita in ciascuno di noi. Si tratta di capire cosa la innesca e se siamo capaci di controllarla.

Il fanatismo ideologico, politico e religioso è una miccia micidiale che esclude il disinnesco da parte di ne sia posseduto. Lui, massacrando i ragazzini, voleva vendicare i morti in mare attribuiti a Salvini e Di Maio.

Ovviamente se n’è discusso anche mercoledì con gli ospiti a Prima serata. E Nicola Atalmi, esponente storico della sinistra-sinistra del Veneto, ha ricordato l’ovvio: cioè che la responsabilità dei morti in mare non è né di Salvini né di un qualunque nostro governo ma di quei farabutti criminali degli scafisti che stipano i migranti su imbarcazioni a naufragio garantito.

Ma quanti ce ne sono di nostri politici e di cosiddetti intellettuali alla Saviano che sostengono l’esatto contrario: ossia che sono i respingimenti e la mancata accoglienza a provocare i morti in mare.

Costoro la pensano come Ousseynou Sy e hanno dato un contributo indiscutibile a rendere “operativo” il suo fanatismo. In lui e in altri come lui: cani sciolti, estranei a qualunque organizzazione, apparentemente integrati e quasi normali (l’alcolismo e gli abusi sessuali non c’entrano col terrorismo) e dunque impossibili da prevenire. Quindi queste “follie” sono destinate a ripetersi.

Anche perché la società multietnica è un dato di fatto, indietro non si torna. Ma il fanatismo dilaga (ovviamente anche tra i bianchi “ariani”) e lo scontro culturale-religioso-ideologico – continuerà ad innescare omicidi e stragi tra chi è incapace di controllare la propria follia.

Dopo di che, come non sono tutti uguali gli occidentali, non lo sono nemmeno i migranti. Chi proviene dall’Europa dell’Est compie crimini anche orrendi – deruba, pesta e ammazza i nostri anziani – ma non è preda del fanatismo né religioso né politico, non compie attentati terroristici. L’esperienza dimostra che questo accade con chi è arrivato dal mondo islamico. Sia una prima, una seconda o anche un’ennesima generazione apparentemente ben integrata.