Tante critiche, anche insulti, e richiesta di dimissioni per l’assessore regionale Elena Donazzan rea di aver intonato Faccetta Nera ospite alla trasmissione radiofonica la Zanzara.
Si dimentica una cosa elementare: un conto sono i fatti, le azioni, altra cosa il pensiero e le opinioni che devono sempre essere liberi.
Il reato contemplato è ricostituzione del partito fascista, inteso non come elogio del Ventennio, ma come azioni volte a riportare la dittatura fascista nel nostro Paese.
Chiara o no la differenza che vale su tutti i fronti? Posso cantare quanto voglio Bandiera Rossa e sostenere che il comunismo è il Paradiso del proletariato; ma non posso agire per cercare di instaurare la dittatura comunista in Italia.
Quanto al pensiero è appunto libero. Si può sostenere, come ripete Mattarella, che “il fascismo non ha fatto nulla di buono”. Ma si può anche avere un giudizio diverso.
Ad esempio il sabato fascista fu la prima opportunità di uscire di casa per le donne italiane di tutti i ceti sociali, in particolare quelli popolari, che prima i mariti tenevano relegate. Mio nonno paterno, tanto per dire, andava lui anche a fare la spesa; perché voleva che la moglie rimanesse sempre e comunque a casa…
Piccolo dettaglio storico. Negli ultimi anni quando il regime si inasprì varando le leggi razziali, fu proibito di cantare Faccetta Nera (rimase solo Giovinezza) perché si riteneva che avesse in qualche modo sdoganato le donne nere (facendole diventare romane, “Faccetta nera sarai romana…”), quando invece andavano solo eliminate come razza inferiore.
Aggiungo e concludo: quando il Duce si affacciò alla finestra annunciando “L’Italia ha finalmente il suo impero!”, la quasi totalità degli italiani era entusiasta di lui e del regime. O vogliamo scordarlo? Domanda: erano più baucchi gli italiani di allora o i tanti che oggi, stando ai sondaggi, sono entusiasti del governo Conte? A voi l’ardua sentenza…
Tornando alla Donazzan, giusto giudicarla per il suo operato di assessore regionale all’istruzione e al lavoro; ridicolo farlo per le sue – lecite anche se non condivisibili – nostalgie del Ventennio.