IL GRANDE BLUFF DI MATTEO SALVINI

Avete presente il commissario Montalbano che la sera “s’assitta” sulla verandina di casa sua a Vigata, mangia e beve whisky, ed è confuso; va a dormire, si sveglia, e trova il bandolo della matassa per le sue indagini…
Anch’io ieri sera ero confuso dopo la rinuncia di Conte, poi in piena notte mi son svegliato e credo (credo) di aver trovato il bandolo della matassa: quello di Matteo Salvini è stato un grande bluff, da autentico, collaudato giocatore al tavolo della politica; e i 5 Stelle ci son cascati come polli.
Nel senso che lui, Salvini, ha solo finto di voler fare il governo giallo-verde, sapendo che li avrebbe ulteriormente logorati, loro che già avevano trattato anche col diavolo (il Pd), per poi farli uscire con le ossa rotte e senza presidente del consiglio. Mentre lui, con la Lega, sempre più pimpanti…
Avesse voluto farlo sul serio il governo non doveva cambiare nulla del programma, poteva anche insistere sull’anti-euro, gli bastava mettere Giorgetti all’Economia al posto di Savona. Perché invece ha insistito su Savona? Perché aveva la certezza che Mattarella (non chiamiamolo il suo alleato, diciamo il suo strumento) Savona all’Economia non l’avrebbe mai nominato. E così saltava il banco. Proprio come voleva lui, Salvini.
Non a caso Di Maio, prima moderato e aperto al presidente della Repubblica (“i ministri spetta a lui nominarli”), improvvisamente chiede l’impeachment di Mattarella. Perché ha capito che ora rischia di saltare la sua leadership nei 5 Stelle. Mentre Salvini l’impeachment non si sogna di chiederlo contro il suo prezioso strumento…
La vera incompatibilità tra Lega e 5 Stelle non è solo tra Nord e Sud, ma anzitutto tra un partito con ventennale esperienza di governo (nazionale, in Lombardia, in Veneto, in città e province) che lo porta a sapere che, senza le risorse, non chiudi nemmeno le buche a Roma. Che le promesse roboanti puoi farle in campagna elettorale, ma poi ti calmi. Che non puoi ridurre le tasse e nel contempo far esplodere l’assistenzialismo con il reddito di cittadinanza…
Oggi Matteo Salvini può ambire a guidare lui un prossimo governo di centrodestra allargato, invece che fare, come avrebbe fatto, da ruota di scorta ad un governo 5 Stelle.
Perché non è vero che dal 4 marzo scorso nulla è cambiato, che è inutile tornare a votare ottenendo lo stesso risultato.
Questi 85 giorni hanno cambiato molte carte in tavola: Pd in pieno declino, 5 Stelle in crisi di consenso e credibilità, Lega in piena ulteriore ascesa. E’ dunque verosimile che quando si tornerà a votare – a Settembre, a Ottobre, vedremo – il risultato cambierà a tutto favore dell’autore del grande bluff al tavolo della politica italiana.

CONTE, IL POPOLO E LE ELITE

“Sarò l’avvocato difensore del popolo italiano”, ha promesso Giuseppe Conte. Difensore del popolo! Come Mussolini? Come il Che (pare che il cuore di Conte batta a sinistra)? C’è chi ha pensato anche a Robespierre.
E poi di tutto il popolo? O solo del popolo che suda e lavora? O anche del popolo degli assenteisti, dei falsi invalidi, degli evasori fiscali (Conte difensore di se stesso?), dei bamboccioni che né studiano né cercano un lavoro? Queste categorie vanno difese o prese a frustate?
E poi difeso il popolo da chi? Dalle nostre elite con le quali Salvini ha prefigurato il nuovo scontro sociale? Ma le nostre elite sono paro paro al popolo. Nel senso che dal loro scadimento deriva quello del popolo. Se un presidente del consiglio incaricato crede al metodo stamina, se un programma di governo apre ai no-vax, ci meravigliamo che una buona parte del popolo li segua?
Le elite autentiche e serie ci sono in Francia, grazie all’Ena fondata da De Gaulle nel 1945. L’Ecole nationale d’administration che da allora – cito Wikipedia – ha il compito “di creare una classe amministrativa unitaria tramite concorso unico, affermando quindi il principio meritocratico contro quello clientelare e/o di cooptazione…Gli allievi della scuola sono selezionati attraverso un concorso particolarmente rigoroso: ogni anno su tremila candidati solamente ottanta sono ammessi”.
Selezione rigorosissima e merito unico criterio di valutazione. Vi pare che avvenga così – tanto per citare alcune nostre elite – con i concorsi in magistratura o all’università o ai vertici della burocrazia? O che da noi prevalgano le clientele e la cooptazione?…
Quando penso alle 120 ore l’anno di insegnamento che per contratto è tenuto a svolgere un docente universitario, penso al celebre vigile di San Remo che in mutande faceva finta di timbrare il cartellino, e mi domando dove stia la differenza…
Associazioni di categoria, da Confindustria in giù, la cui prima ragione sociale è l’assistenzialismo di Stato e il finanziamento pubblico. Sindacati coi distacchi e i caf foraggiati dal denaro pubblico. Non è che da sempre campano grazie ad una sorta di reddito di cittadinanza?
Queste le nostre elite, la nostra classe dirigente abile anzitutto a taroccare i titoli accademici. Dove sta la differenza o il contrasto con buona parte del popolo (non dico tutto, perché per fortuna c’è anche chi lavora)?
Il realtà da noi elite e popolo sono compagni di merende nell’Italia dei furbetti.

SALVINI-DI MAIO, UNA SOLA CERTEZZA

Il governo Salvini-Di Maio che sta per nascere ha, al momento, una sola certezza: i due hanno dato il vaffa a Mattarella. Hanno fregato il presidente della Repubblica che voleva andare ad elezioni con un governo neutro, super partes, mentre le elezioni saranno loro due a gestirle. Questa è la certezza.
Gli sconfitti sono Mattarella e il Pd che era pronto ad appoggiare il governo del presidente. Il terzo vincitore è Silvio che, al di là della non fiducia o della “benevola astensione” ha avuto le sue garanzie: dal conflitto d’interesse (finito “in sonno”) al futuro di Mediaset…
Il resto è tutto da vedere. Quando si andrà al voto? Che farà il loro governo: rivolterà l’Italia come un calzino su immigrati, Fornero, tasse e reddito di cittadinanza o si limiterà ad una sorta di ordinaria amministrazione?
Posto che chiunque tenti di governare sul serio, cioè di attuare riforme radicali, deve fare i conti con il potere vero che è trasferito alle burocrazie e alle magistrature (compresa quella amministrativa, i tar), penso che Salvini e Di Maio prima di provarci abbiano interesse a rafforzarsi ulteriormente tornando cioè al voto.
Ma l’incognita vera è e resta l’Europa. Accetterà o no il governo dei cosiddetti populisti antisistema? Un Europa che, se lo decide, è il grado di aprire una crisi economica finanziaria devastante: con gli italiani ridotti a non poter nemmeno prelevare dai loro conti correnti come accadde ai greci.
Nel qual caso potrebbe perfino risorgere l’unico vero partito europeista italiano: il Pd.
Penso perciò che la prima mossa del governo Salvini-Di Maio sarà quella di cercare di rassicurare l’Unione europea…
Tutto comunque resta da vedere. Al momento la sola certezza è quella che dicevo: hanno fregato Mattarella e il Pd, le prossime elezioni, quando ci saranno, le gestirà il governo che sta per nascere.

APPLAUSI A SERGIO MATTARELLA

Interrompendo il lungo silenzio Sergio Mattarella, al termine dell’ultimo giorno di consultazioni, ha fatto un discorso da applausi; per la chiarezza, la sintesi e la correttezza istituzionale.
Ha ricordato come fossero fallite tutte le trattative tra partiti per formare un governo – tra centrodestra e 5 stelle, tra 5 stelle e Pd, tra centrodestra e Pd – ha aggiunto che non si può tornare al voto col governo uscente Gentiloni, frutto di una maggioranza che non esiste più.
Quindi, ha spiegato, darò l’incarico per un governo super partes e di servizio. Dopo di che sarete voi, gli eletti dai cittadini, i parlamentari a decidere se farlo durare qualche mese per fare alcune cose o se tornare al voto al più presto. Punto.
Tra le urgenze, nei rapporti a scadenza con l’Unione europea, Mattarella prima ancora delle questioni economiche ha ricordato le nuove misure che l’Ue si appresta a varare sull’immigrazione.
Perché è inutile lamentarsi che l’Europa ci impone le sue scelte quando – mancati vincitori e perdenti del 4 Marzo – scelgono di non fare neppure un governo che quantomeno provi, non dico a battere i pugni, ma almeno a trattare con Bruxelles…
Dunque si tornerà alle urne – più probabile ad Ottobre che a Luglio – è sarà un autentico ballottaggio tra il centrodestra a guida Salvini e il Movimento 5 Stelle. Quello che la legge elettorale non prevede – doppio turno e ballottaggio – è arrivato nei fatti. A noi cittadini elettori la scelta: se dare la maggioranza a uno dei due poli e garantire la nascita di un governo, o se ribadire la paralisi del 4 Marzo.
Ma intanto mai abbiamo avuto prima un presidente della Repubblica che non abbia provato a tramaciare, che sia rimasto rigorosamente fedele al suo ruolo istituzionale e ai suoi poteri. Una vera sorpresa. Applausi a Sergio Mattarella.

CADE IL FICO, MA NON I 5 STELLE

All’indomani delle regionali del Friuli molti hanno preconizzato il declino inarrestabile dei 5 Stelle. Pesa, è ovvio, il Di Maio dei due forni, pronto a trattare sia col diavolo che con l’acqua santa pur di fare il premier. Conta il Roberto Fico con l’auto blu e la colf in nero. Scelte e comportamenti non particolarmente graditi a chi li ha votati.
Ma le regionali non sono le politiche. E, soprattutto, i 5 Stelle possono contare – come ha scritto Angelo Panebianco – sugli unici veri “poteri forti” del nostro Paese. L’editorialista del Corriere li chiama “i vertici delle magistrature e la dirigenza amministrativa, le tecnostrutture statali”.
Lasciamo perdere i burocrati e parliamo dei magistrati. Chi meglio di loro ha spianato la strada al voto pentastellato, al vaffà, al mandiamoli tutti a casa questi ladroni corrotti e incapaci dei politici? Lo hanno fatto, da mani pulite in poi, con indagini a tappeto – alcune fondate, tante altre dimostratesi farlocche – con un intento preciso: screditare l’intera classe politica e sostituirsi ad essa come detentori del potere.
Nessun altro Paese democratico ha magistrati sindaci di grandi città (Napoli), presidente di regione (Puglia) aspitanti ministri, non a caso in un governo 5 Stelle (Di Matteo); fino a realizzare il sogno dello storico procuratore capo di Milano, Saverio Borelli, che – per puro spirito di servizio e volontà di ripulire il Paese – era pronto a sacrificarsi ed accettare dal presidente Scalfaro l’incarico di formre un governo di salute pubblica.
A ben guardare i 5 Stelle non sono il partito né di Grillo né di Casaleggio ma delle toghe, le cui inchieste sempre appoggiano con incondizionato fervore. (Ed è questa la prima differenza tra loro e tutti gli altri partiti)
Dovrebbe bastare il buon senso ai cittadini per capire che è comunque meglio affidare il potere a politici anche di qualità discutibili ma comunque scelti da loro; sia pure con limiti (niente preferenze) e leggi elettorali imperfette, piuttosto che affidarlo, il potere, ai vincitori di concorso pubblico che nessuno può ne’ eleggere ne’ mandare a casa.
Dovrebbe. Ma così non è. E quindi il declino del consenso ai 5 Stelle non è affatto scontato; resta tutto da verificare nei tempi e nelle dimensioni il futuro del movimento sponsorizzato dalle toghe.

IL REDDITO DI CITTADINANZA C’E’ GIA’

I tanti che oggi si scandalizzano per il reddito di cittadinanza promesso e proposto dai 5 Stelle dovrebbero prendere atto che i grillini semplicemente si muovono sulla scia, in continuità con le misure di un welfare, certamente irresponsabile e deleterio per la crescita economica, ma che il nostro Paese sta adottando da almeno 50 anni
In occasione dell’incarico alla Casellati, che teoricamente poteva portare ad un presidente del consiglio veneto, siamo andati a vedere l’unico precedente: il vicentino Mariano Rumor per 5 volte premier dal 1968 al 1974. Passato alla storia, Rumor, per aver introdotto le baby pensioni. E cosa sono mai queste pensioni baby se non un reddito di cittadinanza ante litteram? Oggi sono ancora 500 mila coloro che percepiscono un assegno da prima del 1980. Costo: 9 miliardi di euro all’anno.
La cassa integrazione straordinaria in vigore per decenni cos’è stata e che effetti ha prodotto? Il rifiuto di tornare a lavorare e non usufruirne più era la norma. Secondo il Rapporto Eurispes 2016 l’83,3% dei cassintegrati integrava il reddito con lavoretti in nero: è o no anche questo un reddito di cittadinanza ante litteram?
Ultimo dei tanti esempi possibili (tralasciando i posti pubblici a vita senza alcun controllo né di presenza né di produttività) le pensioni di invalidità. Possibile che dal 2004 al 2016 il numero dei beneficiari sia passato da due a tre milioni? Con un costo lievitato da 8,5 a 15,4 miliardi di euro. Quanti sono i falsi invalidi che fruiscono del reddito di cittadinanza?
Vero ciò che tanto tempo fa diceva Leo Longanesi: “Una Repubblica fondata sul lavoro non sogna che il riposo”.
Ma vero anche che certi comportamenti dei cittadini derivano più spesso da perversi incentivi istituzionali – un welfare irresponsabile che affossa la cultura del lavoro – che da cattiveria o pigrizia.
D’altra parte parafrasando Milton Friedman: se pagate la gente per non lavorare e la tassate quando lavora, non stupitevi di creare disoccupazione.
Risultato finale: siamo il Paese Ocse con la crescita più bassa; tra il 1996 e il 2017 è stata solo del 6%. Perfino la Grecia tanto bistrattata ha fatto meglio col 16%.
(Ho citato ampi stralci dell’articolo di Carlo Stagnaro sul Foglio di giovedì 19 aprile)

MONDO CANE IERI, OGGI E DOMANI

Mondo cane è il titolo di uno splendido film documentario del 1962 di Jacopetti e Prosperi; un film pieno di scene amare perché dura e difficile era la vita allora per tante persone. Anche se nel raccontarla gli autori non lesinavano con l’ironia
Non ostante il titolo Jacopetti e Prosperi avevano omesso di parlare dei cani, dei loro problemi e delle torture che già allora venivano loro inflitte.
Nessuno si sognava, allora, di mettere sullo stesso piano animali e esseri umani, o addirittura di mettere al primo posto gli animali, i cani che allora erano cani da guardia non da compagnia né primo oggetto del nostro affetto e delle nostre attenzioni.
Il mondo cane di ieri.
Oggi il mondo è cambiato è diventato un mondo cane nel senso letterale del termine: dato che oggi i cani vengono prima degli umani. Basti vedere quanto accaduto in Trentino dove il pastore maremmano Miro, accusato di disturbare i vicini, è stato sottratto alla padrona e mandato in canile
Ma lei, la padrona ha lanciato l’hashtag “FreeMiro”, liberate Miro, e c’è stata un’autentica sollevazione popolare come nemmeno contro Weinstein e la violenza sulle donne: raccolte in un lampo oltre 250 mila firme; e il tribunale del riesame di Trento ha dovuto calare le braghe e liberare Miro da quell’autentico lager che, come noto, sono i canili.
Ora quanti anziani soli e abbandonati abbiamo nelle nostre città? Anziani che magari, come successo a Venezia, vengono ritrovati mummificati 7 anni dopo la morte?
E quante firme sono state raccolte per assistere e tutelare, oltre a Miro, i nostri anziani? Nemmeno una.
Quanti bambini abbiamo che vengono usati come strumenti di guerra dai loro genitori quando si separano; bambini che vengono straziati nei loro affetti più profondi; affetti, sensibilità – mi sia consentito dirlo – che non sono paragonabili a quelli di un cane o di un animale?
E quante firme, quante petizioni, sono state fatte per rinchiudere in canile questi sciagurati dei loro genitori? Nemmeno una.
Chi se ne frega degli anziani, dei bambini stuprati nei loro affetti!
L’importante è FreeMiro, liberare il pastore maremmano.

Quindi quale sarà il mondo cane di domani? Quello in cui verranno raccolti milioni di firme per proibire lo spry contro le zanzare, perché è crudele e incivile sopprimere così questi poveri animaletti.
Tanto gli anziani saranno morti, i bambini estinti e i cani scorrazzeranno liberi per il pianeta.

NOMADI E PREGIUDIZI XENOFOBI

Succede che, ogni sera, il cielo diventi scuro; diciamo pure nero. Che rilevarlo sia un pregiudizio xenofobo o un semplice dato di realtà?…
Ieri, in occasione della giornata internazionale di Rom, Sinti e Caminanti, il presidente Mattarella ha invitato a “superare pregiudizi e xenofobie” nei confronti dei nomadi e favorire invece la “loro integrazione”.
Matteo Salvini ha replicato: ”Se molti di loro lavorassero di più e rubassero di meno, se molti di loro mandassero i figli a scuola invece di educarli al furto, sarebbe davvero una festa…”
Sarà mica un pregiudizio xenofobo prendere atto che tanti nomadi rubano, ragazzine incinta (e quindi non perseguibili) e bambini compresi? O vogliamo credere che campino ferrando i cavalli e battendo il ferro?
Che poi è facile parlare di integrazione. Ma come la mettiamo con il rispetto dovuto alle culture “diverse”?
Sempre ieri Mattarella ha rivolto il suo augurio “a tutte le persone che hanno radici nella cultura millenaria di questi popoli antichi”. Non c’è dubbio che sia millenaria l’abitudine allo spostamento dei Caminanti, che sono appunto nomadi. Ma, se rispettiamo questo loro diritto al nomadismo, manca il presupposto di base per far rispettare l’obbligo scolastico ai loro figli. A meno di non ipotizzare istituti scolastici itineranti, gestiti dall’Opera Nomadi…
Possiamo imporre loro di diventare stanziali o è un vulnus intollerabile alla loro millenaria cultura? E’ l’esempio, per certi versi più banale, di come sia impossibile l’integrazione se vogliamo rispettare la diversità
La lezione dei nomadi è secolare, quella degli islamici molto più recente ma per certi versi identica: è pura fuffa parlare di integrazione se non si è determinati ad imporre una eguale cultura. Cultura intesa come diritti, doveri, rispetto da parte di tutti delle leggi di un Paese. E chi non lo accetta non può che essere “discriminato”. Dopo di che ognuno può cucinarsi il piatto tipico e adorare (se lo vuole) la divinità più gradita.
Ultime considerazione sull’Opera Nomadi, un tempo assai di moda oggi desaparecida o quasi. Ho come il sospetto che il buonismo speculativo abbia trovato più proficuo occuparsi dei migranti che di Rom, Sinti e Caminanti…

FLICK O FLOCK CAMBIA POCO NULLA

L’unico che da giorni aveva previsto come sarebbe andata a finire (oltre a Lillo Aldegheri) è stato Giuliano Ferrara: ovvio, inevitabile risultato elettorale alla mano, la nascita del governo al bacio Salvini-Di Maio.
Fermo restando – aggiungeva Ferrara – che nessuno dei due può fare il premier, e quindi verrà scelta una figura istituzionale: Giovanni Maria Flick, e se non sarà lui sarà un altro. Flick o flock poco cambia.
Ma cambia poco o nulla anche col governo al bacio. Molti dipingono come una tragedia il governo dei populisti, degli euroscettici. Dimenticando che, anche quando facevamo parte della Nato, eravamo ” Natoscettici”: cioè facevamo accordi e affari anche con l’Unione Sovietica, portando la Fiat a Togliattigrad…Stavamo con Israele ma anche con i Paesi arabi; facemmo accordi perfino con i terroristi palestinesi garantendo loro il libero transito verso le olimpiadi di Monaco…
La nostra caratteristica è la capacità di stare su più staffe, di sfangarla comunque e sempre com’è nei cromosomi di noi italiani che – ricorda l’inno nazionale – “per secoli fummo calpesti e derisi”, cioè invasi da tutti gli invasori possibili; e quindi: viva la Francia, viva la Spagna purchè…
Cosà faranno i due del governo al bacio? Una gamba in Europa, un’altra con Putin, la terza con Trump. E si tira a campare, come sempre avvenuto.
D’altronde già i programmi vengono ridimensionati: la flat tax al 15% diventa “riduzione fiscale” (di qualche punticino), il reddito di cittadinanza ora è “aiuto al lavoro”…E maturano anche i soggetti politici: gli stessi grillini che un anno fa non vollero le olimpiadi a Roma adesso le vogliono a Torino. Stanno mutando proprio come i sindaci della Lega: i primi erano idealisti, pieni di progetti fantasiosi; ora sono dei neo democristiani impegnati a governare i loro comuni con senso della realtà. Consapevoli cioè che quattro cose si possono fare, e quaranta no.
Nessuna tragedia dunque. Il governo al bacio Salvini-Di Maio garantisce semplicemente un ricambio di classe dirigente (non della sua qualità). Fermo restando che presente e futuro di noi italioti resta scolpito nel Gattopardo: bisogna far finta che tutto cambi, perché tutto rimanga uguale.

IL PROBLEMA SIAMO NOI, NON I SOCIAL

Lo scandalo Facebook, di cui tanto si parla, è così sintetizzabile: violando la privacy hanno venduto dati personali e orientamenti degli utilizzatori dei social a chi ha confezionato un messaggio elettorale utile a far vincere un certo candidato o un certo partito. A cominciare da Donald Trump.
Piccolo precedente: i social piacevano tanto a Barak Obama, strumento di comunicazione moderno e progressista, che oltre a giovare a lui avrebbe fatto vincere anche Hillary. Non è andata così…e allora sono diventati strumento del demonio.
Il realtà sono solo un nuovo strumento, commerciale oltre che elettorale, come lo erano i manifesti. Precedente storico, prime elezioni politiche del 1948, il famoso manifesto: “Nell’urna Dio ti vede, Stalin no”. Il problema non era il manifesto o lo slogan. Il problema, allora come oggi, siamo noi: crederci o non crederci.
Vale per tutti gli altri strumenti usati nelle campagne elettorali: radio, televisioni, social. Se mai la differenza lo fa la capacità di usarli: Trump ha usato i social meglio della Clinton, Berlusca usava le tivvù molto meglio di Prodi.
Ma il problema primo restiamo noi. I social sono anzitutto il nostro strumento di esibizione (infantile) di massa: ci mettiamo tutti i nostri dati, i gusti e le abitudini, le foto anche hard; non resistiamo nemmeno alla tentazione di scrivere dove e quando andiamo in vacanza. Che così i ladri ci sguazzano a derubare abitazioni sapendole deserte. Colpa dei social o colpa nostra?
Quando noi esibiamo tutta la nostra privacy di che violazione della privacy stiamo a parlare? Mettiamo gratuitamente sul banco la mercanzia per poi stupirci se qualcuno (Facebook, Zuckerberg) la vende a fini commerciali o elettorali?
Il problema non sono mai gli strumenti, ma la nostra capacità o meno di usarli in un modo adeguato e che non sia autolesionista.