“Basta un poco di zucchero”…ma anche un minimo di senno e i risultati cambiano. Mettici Djiuric, Duda e il redivivo Ngonge, che con Verdi è l’uomo di maggiore qualità della rosa, e il Verona è già un’altra cosa. Aggiungici la rabbia e l’orgoglio di un Hellas che con l’Inter mercoledì aveva toccato il fondo ed ecco spiegato l’exploit di Lecce, che rimette il Verona con un piede e mezzo in serie A.
Ci sarebbe da discutere all’infinito del ping pong dialettico tra Bocchetti e Zaffaroni, due opposti in panchina. Un ping pong che in questi mesi si è tradotto in continui cambi di formazione, in repentine esclusioni di alcuni giocatori e improvvisi ripescaggi di altri. Un rapporto che – pur nella confusione – è stato comunque tenuto insieme dal rispetto reciproco, dal pacato minimalismo del tutor Zaffa che controbilancia l’esuberanza di Sasà e soprattutto dal carisma e la schiettezza di Sogliano, che Zaffa lo conosce bene e se lo è scelto come equilibratore, per tutelare lo stesso Bocchetti, che da solo aveva infilato sei sconfitte consecutive ma era blindato da un contratto quinquennale sottoscritto durante la gestione Marroccu.
Ci sarebbe da discutere, ancora più dopo una vittoria che ci consegna nuove certezze in chiave salvezza (chi scrive un mese fa non ci credeva più), sul grande paradosso che contraddistingue la gestione Setti. Fondata su plusvalenze e risparmio totale (molte entrate, poche uscite), zero progettualità, scelte tecniche modeste (vedi quest’anno il mercato, l’ingaggio di Marroccu e degli allenatori) e su continue scommesse con la sorte, eppure vicina a segnare il suo quinto campionato di serie A consecutivo e il nono in 12 stagioni. Il paradosso è che Setti, pur avendo torto (perché è biasimevole non investire il giusto rispetto agli introiti per creare una struttura sia sportiva che societaria di medie dimensioni), ha ragione. Della serie: spendo niente e guadagno molto. Se dovessimo ragionare con la logica del particulare di Guicciardini, diremmo che Setti ha vinto tutto.