Mi sovviene John Fante nella prefazione del suo Chiedi alla polvere. Fante faceva le pulci alla società americana dell’epoca, a “un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere”, a “coloro ingannati dall’idea che felici fossero quelli che si affannavano”.
Ecco lasciando stare il sublime scrittore americano e tornando sulla terra, il concetto dell’affanno come demone mi è tornato in mente pensando a questo redivivo Verona che piano piano cerca di risalire la corrente. Bene ha detto ieri Zaffaroni spiegando che, per adesso, conta trovare certezze attraverso le prestazioni, sottintendendo che la smania di vittorie potrebbe essere psicologicamente pericolosa. È un po’ quello che scrivevo una settimana fa: ora è meglio essere formiche e non cicale, giocare (anche psicologicamente) con la consapevolezza di avere (ancora) due risultati su tre a disposizione. Il tempo non è tantissimo, ma nemmeno così stretto, permette di darsi uno spazio di un paio di mesi e una decina ancora di partite per recuperare il gap. Affannarsi a voler rimediare subito, condizionati subitaneamente dalla classifica, invece ci condurrebbe a più rischi. Tattici, cioè giocare all’arma bianca e così prestare il fianco all’imbucata. Psicologici: se tu aneli ansiosamente a un obiettivo, al primo inciampo entri per nemesi in un loop mentale negativo. Non possiamo permettercelo.
Quel che dice Allegri parlando di Juve, vale anche per noi: si deve ragionare su micro-obiettivi. Il Verona tra un mese ha lo scontro diretto proprio con la quart’ultima, lo Spezia, che viaggia a +4. Prima però abbiamo Salernitana e Fiorentina in casa e in mezzo la Roma all’Olimpico. Non disdegnerei 4 punti (una vittoria, un pari e una sconfitta) in questo trittico, ma ne basterebbero anche 3, che comunque ci permetterebbero probabilmente di rosicchiare almeno un altro punticino ai liguri. Dopo La Spezia, avremmo comunque altre 13 partite: una vita (calcisticamente) se ancora in vita (cioè in lotta salvezza).
Quel che serve, ora, è soprattutto la pazienza e l’attitudine a fare la corsa su se stessi e non sulla classifica. La squadra uscita dal mercato, con Duda e Ngonge, è più forte; il carisma di Sogliano ha poi rivitalizzato due ottimi giocatori come Lazovic (che da trequartista o ala di punta si allunga la carriera e torna nel suo ruolo degli inizi alla Stella Rossa) e Tameze, da cui non possiamo prescindere.
Non c’è l’attaccante, questo è vero (del resto i bomber costano…), ma una buona fase difensiva e le mezze punte forse potranno supplire. In tal senso fatemi spendere una parola su Lasagna: additarlo a capro espiatorio di tutto e tutti è la via più facile e populista ed è pure ingeneroso, del resto a Verona non siamo nuovi nella specialità (ricordo le critiche a Salvetti che fu il vero artefice della salvezza con Perotti). Lasagna ha più di 200 partite in A e ha giocato in nazionale: ha note difficoltà sotto porta e sovente sbaglia i tempi di giocata, ma dà profondità come pochi. Usiamolo e proteggiamolo per quel che sa (e può) dare, non attacchiamolo per quel non ha e mai avrà. La salvezza passa anche da questi dettagli.