“Daje”. E’ sempre stata un’espressione a me cara, al punto che qualche anno fa, visto che ne avevo fatto un hashtag del tutto personale unendoci la parola Padova, un tifoso mi aveva contattato per dirmi che voleva fondare un club proprio dandogli come nome “Daje Padova”. Il perché è presto spiegato: “Daje” è infatti contemporaneamente un incitamento ma anche l’espressione della consapevolezza di essere di fronte a un bel risultato. Quando voglio incoraggiare qualcuno a mettercela tutta per raggiungere un traguardo gli dico “daje”; di fronte al Padova che contro l’Arezzo ha vinto 2-0, pur con qualche difficoltà, conquistandosi un bel +5 dal Sudtirol alla vigilia dello scontro diretto, mi è venuto da dire ugualmente “daje”, perché questo successo mi ha regalato altre certezze granitiche su un Biancoscudo che non smette di crescere e fare bene.
L’Arezzo fanalino di coda si è presentato all’Euganeo motivato più di quanto abbia fatto la scorsa settimana il Carpi che dopo il primo gol si è sciolto come neve al sole. A testimonianza del fatto che la classifica deficitaria ancora non ha demolito le speranze di salvezza dei toscani. Non era semplice avere la meglio, così come non è stato facile domenica sbloccare solo al 30′ del secondo tempo la sfida di Legnago. In entrambe le occasioni il Padova non ha “strafatto” come contro Mantova e Carpi appunto ma ha mostrato di aver raggiunto maturità e capacità di gestione delle partite. Ci vogliono anche queste componenti per arrivare in fondo davanti a tutti. Non solo i punti e i gol. E sotto questo aspetto l’evoluzione della squadra di Mandorlini è stata perfino più importante della crescita sul piano del gioco. Mentalmente il Padova sta diventando una squadra forte: sarà questo elemento a fare la differenza insieme all’estro di Chiricò, ai gol di Firenze, al ritorno di Nicastro, alle punizioni di Ronaldo e all’esperienza in difesa di Rossettini. A cominciare proprio dallo scontro diretto di domenica in casa del Sudtirol.