DEVASTANTI (IN TUTTI I SENSI)

Ottava vittoria. Vetta riconquistata. 5 gol fatti. Bel gioco. A guardare bene questa fredda domenica di fine novembre gli aspetti positivi in casa Padova sono davvero tanti. Sarà anche prematuro dire che questo gruppo è in grado di ammazzare il campionato, ma è indubbio che la marcia che sta tenendo è quella della grande squadra. Di una realtà coi numeri, costruita per fare cose importanti.

C’è però un però: l’unica cosa che questa vittoria, splendida per molti versi, non è riuscita a scacciare in maniera definitiva sono infatti i fantasmi visti a Perugia e a Salò. A tratti anche contro la Vis Pesaro in effetti si sono viste disattenzioni evitabili, che sono costate gol presi altrettanto evitabili. Anche stavolta la mentalità da macchina schiacciasassi (che ha portato il Padova sul 3-0 dopo appena 21 minuti) è andata a corrente alternata, vivendo alcuni abbassamenti di tensione che devono continuare a far riflettere e contro i quali si deve seriamente lavorare affinché non accadano più.

Pur partendo di gran carriera a sottolineare i tanti e reali aspetti positivi del successo odierno, anche l’allenatore Mandorlini ha ammesso che sì qualcosa si è perso ultimamente nella fase difensiva e che è proprio lì che il lavoro, che è stato sempre intenso in questi primi mesi di campionato, deve farsi ancora più mirato e deciso. Il tutto, ovviamente, senza fare drammi, visto che siamo di fronte ad una squadra che è tornata prima in classifica e che conserva il miglior attacco con ben 26 reti segnate (il Sudtirol ne ha 21, ben 5 in meno).

Chiudo con una menzione speciale a Nicastro, salito, coi suoi 7 gol segnati, sul trono dei bomber biancoscudati (oggi seconda doppietta personale) e con due menzioni altrettanto sentite per Ronaldo e Saber. Il capitano è stato superlativo, anche e anzi soprattutto mentalmente, Saber è uno di quelli, non l’ho mai nascosto, che, se sta bene, secondo me deve giocare sempre.

 

HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA

Al fischio finale di FeralpiSalò-Padova ho fatto fatica a trovare le parole giuste per commentare e comprendere la sconfitta per 3-1 rimediata sulle rive del lago di Garda. Mi sono sentita come un pugile suonato, incapace di riprendermi dai tre “pugni” sferrati con decisione dalla squadra di Pavanel ai biancoscudati.

Son sincera: di pancia la prima cosa che mi è venuta in mente (e che ho detto in diretta tv) è stato che la modalità del k.o. di Salò è stata molto simile a quella che ha portato due settimane fa alla sconfitta di Perugia. In entrambe le situazioni infatti, una volta sotto, siamo stati incapaci di mettere in campo una reazione degna di tal nome. Con la differenza però che a Salò in vantaggio ci siamo andati noi, facendoci riprendere subito dopo e superare qualche minuto più tardi.

Ad illuminarmi (più delle dichiarazioni dell’allenatore che ho visto in grossa difficoltà) le parole pronunciate da Simone Della Latta, anche oggi, come sempre, straordinario e non solo per il quinto gol in campionato. L’analisi che ha fatto della sconfitta e del Padova in generale è stata impeccabile. Da ascoltare e riascoltare più volte per capire da dove riprendere in mano il filo del discorso per non perderlo più.

Della Latta ha detto chiaro e tondo che “qualcosa manca” a questa squadra. E che, alla luce della battuta d’arresto di oggi, “Perugia non è stata solo un episodio” perché “è evidente che qualche lacuna c’è”. Ha poi aggiunto che il Padova in questo momento “non è in grado di ammazzare il campionato” e che invece dovrà “soffrire insieme ad altre realtà per giocarsela fino in fondo” perché in questo momento non è ancora riuscito a “spiccare il volo”.

Il suo pensiero è sembrato perfino troppo duro nei confronti di sè stesso e dei compagni. Nemmeno sull’oggettiva sfortuna legata al palo di Saber (che poteva valere il 2-2 e quindi risollevare almeno in parte le sorti del match) Della Latta è riuscito ad ammorbidirsi affermando che “se un episodio non ti viene a favore è perché ti manca qualcosa”.

Credo che, nonostante l’eccessiva intransigenza, Simone abbia ragione. Questa squadra sta mostrando purtroppo di avere qualche punto critico importante e la prima mancanza sta proprio in una personalità che dovrebbe essere elemento assodato di una rosa che ha certe qualità e una grande esperienza e che invece in alcune situazioni fa fatica ad emergere. Non può essere che a Perugia, dopo aver preso un solo gol, si crolli e se ne prendano altri due con tanto di rigore plateale provocato.  Non può succedere che a Salò, con le braccia ancora alzate per la gioia del vantaggio, si permetta all’avversario di andare a pareggiare nemmeno un giro di lancette dopo. Provocando poi anche in questo caso un rigore in una situazione francamente evitabile (per quanto l’intervento di Andelkovic sembri sul pallone).

La qualità della rosa quest’anno non è in discussione, in tutti i reparti. Il Padova è in grado di ammazzarlo davvero il campionato. Tre sconfitte sono già tante per una realtà che vuole arrivare davanti a tutte le altre ed è stata costruita per questo obiettivo. All’allenatore il compito di fare in modo che la personalità di questo gruppo diventi una costante e che lo stesso gruppo torni ad esprimersi come sa fare. Anche contro il Perugia, la Feralpi e tutte le altre dirette concorrenti che verranno.

LEZIONE IMPARATA (E ALLA SVELTA)

Il bello del Padova di quest’anno (e, va detto, del suo allenatore) è che non gli ci vogliono duecento partite per imparare la lezione di una sconfitta. Che non si incaponisce sui suoi errori spacciandoli per episodi negativi. Che non si intestardisce a voler ripercorrere una strada che ha portato ad una brutta figura per dimostrare chissà che cosa a sè stesso o ai tifosi.

A Perugia Andrea Mandorlini ha provato a schierare la formazione con un inedito 3-5-2 perché gli sembrava il modulo più adatto per contenere il Perugia, messo in campo in maniera esattamente speculare. E’ andata male. Non tanto per il 3-0 che alla fine è stato pure un risultato un po’ bugiardo, ma per il fatto che il Padova ha fatto fatica a creare occasioni e, una volta subito il vantaggio dei padroni di casa, non è stato più in grado di reagire accartocciandosi su sè stesso. Bene: contro il Matelica l’allenatore ci ha messo meno di un secondo a tornare all’antico e dunque al 4-3-3, restituendo ai giocatori le loro certezze e alla squadra il bel gioco al quale ci aveva abituato fino alla vittoria interna contro la Virtus Verona.

Risultato: è arrivato un rotondo 3-0 che ha, almeno per il momento, cancellato la battuta d’arresto di Perugia e restituito ai padovani il primato in solitaria. Non c’era miglior via per dimostrare che la lezione umbra era stata capita, metabolizzata e trasformata nella giusta rabbia per reagire e tornare al successo.

C’è però da aggiungere che il tanto vituperato 3-5-2 di Perugia oggi è stato “ripescato” a gara in corso e non è andata affatto male. Anzi. Con un vantaggio di due reti già in saccoccia, è stato utile a mettere lì il Matelica approfittando poi degli spazi lasciati dall’avversario per punirlo in contropiede (come è stato in occasione del terzo gol di Buglio). Quindi la lezione imparata è stata doppia: cioè in un sol colpo si è capito che un modulo diverso dal 4-3-3, che resta il migliore nel quale si esprimono i giocatori del Padova, è possibile. Ma magari a partita in corso e non dall’inizio. O magari con interpreti diversi rispetto a quelli dell’undici titolare (come è stato oggi quando Mandorlini si è visto costretto a mettere mano alla squadra pesantemente per gli infortuni a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro sia di Gasbarro che di Kresic e per la necessità di togliere qualche elemento per farlo rifiatare).

Il Padova (e Mandorlini) sono dunque stati bravi a voltare pagina in fretta e a riprendere il cammino di sempre. Con lucidità e tempestività. La serie C è impietosa: non ti dà il tempo di sbagliare due volte che sei già sotto. Imparare subito la lezione è stato importantissimo. Fondamentale per mettere un punto e andare a capo. Per ricominciare a volare e a vincere.

 

UNA LEZIONE DA IMPARARE

Siamo solo all’inizio del campionato. Mancano ancora tante partite. Una serata storta può capitare. Non facciamo drammi. Per fortuna abbiamo un’altra partita da giocare tra quattro giorni anziché tra sette: concentriamoci su quella. Voltiamo pagina.

Non c’è una di queste frasi che non sia stata pronunciata a fine gara dall’allenatore del Padova, Andrea Mandorlini, per cercare di spegnere la delusione di una sconfitta che, per carità, ci poteva anche stare nella tana della squadra più attrezzata del girone ma che, indubbiamente, ha fatto male. Molto male.

Siamo sinceri: lo 0-3 rimediato al “Curi” ha ferito profondamente il tifoso (e, ne siamo certi, anche Mandorlini, la squadra, Sogliano e la società tutta) soprattutto per la modalità attraverso la quale è maturato. Alla fine di una partita in cui il Padova, che pur, va detto, è rimasto primo in classifica, ha tenuto in mano le redini del gioco a lungo ma senza pungere. Tirando pochissimo in porta. Pensando soprattutto a contenere l’avversario e le sue folate e riuscendoci solo fino all’1-0 di Sgarbi.

Mandorlini dice che non è una questione di modulo, è una questione di interpretazione. Di sicuro non è per colpa del 3-5-2 se qualche errore individuale di troppo ha spianato la strada alla vittoria dei Grifoni, ma mi sento di dire che è proprio a causa di questo schieramento (fin qui inedito) che il Padova non è riuscito a esprimersi con la spregiudicatezza e i meccanismi oliati che hanno portato a quattro vittorie senza prendere gol nelle ultime quattro partite. Perché cambiare in modo così radicale nella partita più importante? Perché non andare sul sicuro visto che si giocava con una squadra che l’anno scorso è retrocessa inaspettatamente e ha mantenuto un’ossatura da serie B? Perché escludere il bellissimo Ronaldo visto contro la Virtus Verona dall’undici titolare? Ovvio che un singolo elemento da solo non ti fa vincere la partita, ma se è in un particolare momento di grazia, perché privarsene? Mandorlini ha risposto che riteneva quel modulo, speculare a quello del Perugia, il migliore per affrontare il big match, ma la storia della gara dice che l’obiettivo è stato raggiunto solo a metà e a discapito del gioco propositivo e fluido che il Padova aveva iniziato a proporre scalando la graduatoria fino al primato in solitaria di domenica scorsa.

Ai posteri, ovvero alle prossime giornate di campionato, l’ardua sentenza. Io mi limito a chiudere il post prendendo ispirazione da due dichiarazioni del difensore Pelagatti: “non è così drammatica come sembra” (vero) e “questa sconfitta ci deve servire da lezione” (altrettanto vero). Domenica col Matelica sarà già una prima importante prova della verità.

LA QUARTA SINFONIA DI FILA

Altra partita, altra vittoria. E fanno 4 sinfonie di fila. Senza prendere gol (e segnandone 2 come contro il Sudtirol e il Cesena).

Non c’è che dire: i numeri sono tutti dalla parte del Padova in questo momento. Un Padova che sta crescendo a vista d’occhio. Un Padova che, oltre a portare a casa i risultati e ad avere adesso il primato a +3 dalle dirette inseguitrici a quota 20 punti, è proprio bello da vedere.

Emozionante da morire il primo gol di Hallfredsson con la maglia biancoscudata (non segnava da maggio 2019, quando vestiva la maglia dell’Udinese), con tanto di assist intelligente di Jelenic e conclusione da cecchino infallibile a fil di palo dell’islandese.

Strepitoso il gol di Nicastro che è arrivato ad appoggiare la più comoda delle palle dentro la porta avversaria dopo una giocata da categoria superiore di Ronaldo (che ha messo a sedere due avversari) e dopo un inserimento al millimetro di Saber sul filo del fuorigioco. Non si tratta di gol casuali, di azioni come ce ne sono tante. Si tratta senz’altro del frutto del lavoro dell’allenatore Mandorlini in allenamento. Certi gol non nascono solo dall’estro di chi li riesce a realizzare, bisogna che il talento e la classe di ciascun elemento della squadra si combini con le caratteristiche di tutti gli altri.

Ecco il vero segreto del Padova di adesso. Ci sta riuscendo alla grande. Grazie a impegno e duro allenamento che vanno aldilà della qualità della rosa che indubbiamente c’è ed è elevata.

E CHE VETTA SIA (STAVOLTA IN SOLITARIA)

Stasera si è visto un bellissimo Padova. Un Padova che così spettacolare non è stato nemmeno nella prima parte della stagione scorsa in cui erano arrivati sei vittorie e un pareggio nelle prime sette giornate. E neppure nell’annata 2017-2018, quella con Bisoli in panchina, quella conclusa con la promozione in serie B con diverse giornate di anticipo.

Certo, c’è sempre il brividino, c’è sempre una sorta di piccolo contrappasso per il tifoso che anche stavolta, in quel di Cesena, vedendo le tante occasioni non concretizzate prima del vantaggio firmato da Ronaldo e del raddoppio made in Della Latta, ha temuto che potesse in qualche modo non finire bene come la squadra meritava che finisse.

E invece no. Troppo forte, troppo solido e troppo concreto questo gruppo che Mandorlini sta facendo crescere a vista d’occhio partita dopo partita. Tre vittorie consecutive nelle ultime tre giornate, tre vittorie in trasferta in tutto, primo posto, stavolta in solitaria, in classifica. Gli ingredienti continuano ad esserci tutti. Ora serve solo la parolina magica: continuità. Un diktat prima che una parolina magica.

Solo così la gioia di stasera potrà essere la gioia, moltiplicata per mille, della prossima primavera.

 

E CHE VETTA SIA!

E’ presto. Voliamo bassi. Essere primi adesso non ha importanza. Il campionato è ancora lungo.

Sì, certo, tutto giusto. Era normale che al termine della partita vinta col Sudtirol con tanto di aggancio in vetta alla classifica Mandorlini e tutti gli altri intorno a lui si travestissero da pompieri e spegnessero i facili entusiasmi per cercare di non lasciarsi troppo trasportare. Per mantenere un sano equilibrio.

Ma figuriamoci se vedere il Padova lassù poteva lasciare indifferenti i tifosi biancoscudati! Sono talmente abituati a soffrire (e noi con loro!) che quando succede qualcosa di straordinario la gioia è doppia. Tripla. Quadrupla. Quintupla. E non si può tenere dentro, si deve condividere, si deve gridare ai quattro venti, si deve buttare fuori con tutto l’impeto possibile.

Sono d’accordo, è prematuro qualunque discorso che vada aldilà della prestazione di oggi. Ma godiamoci una volta tanto questa vetta. Godiamoci una squadra che ha sfoderato un bellissimo calcio al cospetto di un avversario fin qui imbattuto e che non nasconde ambizioni di alta classifica. Godiamoci un gruppo che sta crescendo a vista d’occhio. E, perché no, godiamoci Nicastro punta centrale, un ruolo in cui, tra oggi e mercoledì scorso ad Arezzo, si è letteralmente scatenato segnando (3 gol in due partite), recuperando palloni, giocando di sponda per i compagni, mettendo pressione agli avversari. Lui ha sorriso quando gli ho chiesto se la sua strepitosa gara era un messaggio neanche tanto subliminale per Mandorlini, della serie: “Non ti sognare mai più di mettermi esterno, mettimi punta centrale che rendo meglio”, ma secondo me è andata proprio così (anche se il buon Francesco, in realtà, ha detto che da parte sua c’è la massima disponibilità a ricoprire qualunque ruolo lì davanti).

Gli infortuni di Paponi prima e Jefferson poi avevano fatto temere che mancasse in quel ruolo un cambio all’altezza. Ci sbagliavamo tutti. Nicastro ce lo ha dimostrato.

 

 

CHE BOTTA DI AUTOSTIMA

Certo, i più critici diranno che questo Arezzo è davvero poca cosa. Che ha reso la vita facile ai biancoscudati. Che si tratta di una squadra che difficilmente riuscirà a riprendersi se, nel giorno dell’esordio del nuovo allenatore in panchina dopo l’esonero del precedente, non è riuscita a mettere in campo nemmeno la forza dei nervi, della voglia di rivalsa, del desiderio di rialzare la testa e di darsi una scossa.

Sicuramente c’è una parte di verità in tutto questo. Ed è vero che l’Arezzo è una squadra attualmente in caduta libera. Ma io dico non solo che, visti i nomi che ha in rosa (Cutolo e Pesenti li conosciamo bene, Cerci anche, poi ce ne sono altri di categoria) può tranquillamente riprendersi e sollevarsi dall’inferno in cui suo malgrado si ritrova a nuotare, ma anche che per il Padova non è stata assolutamente una passeggiata portare a casa un 5-0. E che quindi bisognerà fare tesoro di questa incredibile botta di autostima, continuando a macinare bel gioco e a sfoderare prestazioni di questa intensità.

A dispetto dell’apparente facilità, la partita di questa sera ha regalato alcune indicazioni non da poco. Ne cito qualcuna: 1) Nicastro è una punta centrale e non un esterno: stasera, schierato nel suo ruolo naturale, è stato devastante, non solo segnando ma distribuendo assist a go go; 2) Buglio ha qualità, e tanta. Ha disputato una gara su alti livelli e anche per lui il gol è stato la giusta ciliegina sulla torta; 3) se curi in maniera minuziosa la fase difensiva, come Mandorlini ha sempre fatto con le sue squadre, non importa se dietro hai Andelkovic, Pelagatti, Valentini, Kresic o Gasbarro e in che combinazione tra di loro: sarai solido e gli avversari faranno fatica a farti gol; 3) Curcio a sinistra è una sorta di manna dal cielo: in quel ruolo è uno dei migliori che abbia mai visto giocare in questa categoria, efficace ed elegante allo stesso tempo; 4) E’ veramente dura decidere chi lasciar fuori tra Ronaldo e Hallfredsson: stasera l’islandese non era a disposizione per l’infortunio alla caviglia rimediato contro il Legnago e Ronaldo ha disputato una delle migliori partite da quando veste questa maglia, con tanto di doppietta, ma davvero, pur avendo caratteristiche diverse, sono entrambi ugualmente importanti per il gioco del Padova; 5) Clonate Della Latta!

Mi fermo qui. Domenica contro il Sudtirol finalmente si parla di scontro al vertice per gli uomini di Mandorlini. Che stanno lentamente ma con costanza guadagnando la parte nobile della classifica.

TANTO IMPEGNO, POCA CONCRETEZZA

Ribadisco anche in questo post il concetto che il Padova è ancora per molti aspetti una squadra in divenire, che può e anzi deve vivere un’importante evoluzione.

L’impegno non si discute: anche oggi sono state diverse le palle gol create dai biancoscudati, andati sotto dopo appena 60 secondi di partita con una doccia che definire gelata è poco. Una rete, quella di Bulevardi, che ci ha subito fatto venire in mente un altro gol preso in quel modo dal Padova nel lontano 2003, in occasione dell’andata della semifinale playoff contro l’Albinoleffe. A segnarlo fu Regonesi, in porta c’era Robertino Colombo. La palla prese una traiettoria strana e si abbassò sotto l’incrocio all’ultimo. Stavolta invece è rimbalzata davanti a Vannucchi e ha preso una velocità inaspettata, superandolo e insaccandosi a fil di palo.

Poco cambia. Alla fine il primo pensiero che abbiamo fatto è stato: meno male che stavolta non abbiamo perso. Già: sembra riduttivo accontentarsi del pareggio. Ma in realtà, per come si era messa, davvero ad un certo punto il pari pareva l’unica meta possibile. Fosse arrivato prima del 79′ il sigillo di Della Latta forse ci sarebbe stato il tempo per un capovolgimento del risultato sulle ali del ritrovato entusiasmo. Ma per ora, alla quinta di campionato, per quanto si stia al decimo posto in classifica con 8 punti, bisogna cogliere la parte buona del risultato. Cercando di guardare al bicchiere mezzo pieno.

Certo, come dicevo prima, le occasioni ci sono state. E il Padova, se non vuole viaggiare con i giri del motore troppo elevati e rischiare di fondere il motore, deve cambiare marcia. Deve concretizzare di più. Troppe le energie che si perdono negli ultimissimi metri per la troppa frenesia, per la voglia di tirare in porta troppo presto, per la mancanza di lucidità.

Si tratta di errori che alla lunga pesano, che vanificano un impegno che è davvero encomiabile. Errori che, uniti agli episodi sfortunati che anche oggi ci sono stati (il gol subìto con traiettoria particolare, l’infortunio di Jefferson dopo 10 minuti e il forfait di Hallfredsson a fine primo tempo), non fanno altro che minare l’autostima di una squadra che invece deve avere massima fiducia nei propri mezzi, che ci sono e sono oggettivamente notevoli.

PIANO PIANO SI CRESCE…

Il Padova è ancora un cantiere per certi aspetti aperto e il fatto di giocare una volta ogni tre giorni dall’inizio della stagione (per via della partita di Coppa antecedente la prima di campionato, della partita di Coppa successiva alla prima di campionato e del turno infrasettimanale di mercoledì scorso) non ha certo agevolato il lavoro di Andrea Mandorlini che si è ritrovato a vivere tutti i giorni l’allenamento come se fosse la rifinitura pre gara del sabato. Senza poter lasciar rifiatare chi ne aveva bisogno, senza poter lavorare con un po’ di calma all’amalgama di un gruppo rinnovato in molti reparti, senza poter respirare a fondo prima di ogni scelta per renderla la più giusta possibile.

Ma all’alba della quarta giornata, che ha segnato la seconda vittoria di fila per i biancoscudati (la prima in trasferta), si cominciano a vedere i progressi di un insieme di giocatori che stanno lentamente diventando squadra. Si cominciano a vedere le qualità di ciascun giocatore e davvero sono tante. Tantissime.

Sulla fascia sinistra Curcio e Bifulco sembra giochino insieme da 3 anni non da meno di una settimana. Vannucchi in porta finalmente oggi è stato chiamato a fare parate decisive e si è fatto trovare pronto. A centrocampo Della Latta e Saber portano l’acqua ma anche lo champagne se viene loro richiesto e davvero due baluardi che vedo difficilmente sostituibili. Lì davanti mostrano un pizzico di sofferenza sia Jefferson che Soleri ma il loro impegnarsi per la squadra in questo momento dà la possibilità ad altri di poter essere più incisivi di loro in zona gol, in attesa che rientri il bomber titolare Paponi.

La prossima settimana finalmente si tornerà alla normalità e Mandorlini avrà, da mercoledì in poi (dopo i due giorni di riposo concessi ai biancoscudati), quattro giorni per poter mettere ancora più mano a questo Padova. Domenica prossima però alle 17.30 c’è da cercare di abbattere un Legnago (ammesso all’ultimo in C dopo la rinuncia del Campodarsego) tra le rivelazioni di questo inizio di stagione. A testimonianza del fatto che davvero in questa serie C non si può dare nulla ma davvero nulla per scontato.