BASTA SCUSE

Dopo il pari di Imola ci siamo un po’ tutti sforzati di vedere il bicchiere mezzo pieno. Di dire che in fondo l’Imolese aveva fatto un solo tiro in porta, castigando i biancoscudati ben oltre i loro demeriti. Che non è facile giocare nel girone di ritorno contro certe squadre perché si mettono con 10 uomini dietro la linea della palla e ti risulta difficilissimo, quasi impossibile, trovare spazi per infilarti e andare a fare gol.

Sì, è vero, quando si passa il giro di boa e comincia la seconda parte della stagione, nessuno ti regala più niente. Anzi. Fai il triplo della fatica proprio contro le realtà di medio-bassa classifica che tirano fuori una componente agonistica aggiuntiva, ti si attaccano alle caviglie e ti impediscono di esprimerti secondo le tue qualità, che sono di gran lunga superiori. Ma non può questo diventare l’alibi del Padova. Sempre tirando in ballo l’Imolese, è riuscita a strappare in due partite, tra andata e ritorno, 4 punti agli uomini di Mandorlini, ma l’altro ieri, dopo appunto aver conquistato il pari contro i padovani, ha preso 3 reti dalla Virtus Verona, facendosene rifilare due dopo aver pareggiato.

Questo significa che torniamo sempre al solito discorso, ovvero che si tratta di un problema di atteggiamento. Il Padova, che di occasioni ne crea e non si può dire certo che abbia subito il gioco di Imolese e Fano, non riesce a mettere in campo fino in fondo la mentalità di chi vuole vincere il campionato. “E’ un problema di consapevolezza”, ha detto Gasbarro a fine gara oggi e sono d’accordo con lui.

Sì, certo, la sfortuna (l’infortunio di Paponi con Nicastro fuori causa dalla gara contro il Modena del 23 dicembre e dunque in tribuna) e gli episodi (l’errore del portiere Vannucchi, il gol annullato a Della Latta e l’espulsione di Santini) sono stati protagonisti anche contro il Fano e purtroppo hanno contribuito non poco a far pendere la bilancia verso il secondo pari deludente di fila. Ma una squadra che vuole vincere il campionato (e attenzione: sto usando la parola VUOLE, non DEVE, perché quella di arrivare primi è innanzitutto la volontà dei giocatori, prima che la pretesa dei tifosi) va oltre. Non si aggrappa a quello che non è girato per il verso giusto. Cerca piuttosto qualunque appiglio tecnico, tattico, caratteriale e nervoso per superare tutti gli ostacoli. Anche quelli più alti.

Penso che il direttore sportivo Sogliano abbia messo a disposizione dell’allenatore una rosa completa e molto competitiva in tutti i reparti. A maggior ragione se domani, come sembra, arriverà Cissè dal Cittadella. Lo stesso Mandorlini, alla vigilia della sfida col Fano, ha detto di essere felice delle operazioni compiute perché hanno aggiunto qualità ed esperienza. E tiriamole fuori allora questa qualità e questa esperienza. Contro il Modena, contro il Perugia e contro il Sudtirol, ma anche contro il Fano e l’Imolese. Non si possono più lasciare per strada punti così pesanti.

IL PADOVA TORNA “ADOLESCENTE”

La vittoria contro la Sambenedettese in trasferta, ottenuta con capacità di gestire e mentalità, mi (ci) ha spinto a considerare il Padova finalmente maturo. Concreto. Consapevole. Adulto. Sembrava che il gruppo avesse superato gli ostacoli più difficili, che, anche grazie ai due colpi di mercato messi a segno qui a gennaio, avesse assunto una sua piena logica. Fosse diventato indiscutibilmente squadra.

Purtroppo il pareggio contro l’Imolese (che, ha ragione Della Latta, ha proprio il sapore della sconfitta) fa tornare, almeno momentaneamente, la squadra di Mandorlini ad essere un po’ “adolescente”. Il talento c’è, la voglia c’è, l’impegno c’è, i valori ci sono (e oggi si è vista nettamente la differenza della qualità della rosa tra i biancoscudati e la squadra emiliana) ma a livello caratteriale manca ancora qualcosa: la cattiveria sottoporta, la forza di chiudere le partite quando ne hai l’occasione e la continuità per esempio, ma anche la capacità di non farsi prendere dall’ansia e dalla frenesia quando l’avversario, sull’unico tiro in porta, riesce a pareggiare. Il Padova aveva tutto il tempo per rimettere il naso avanti, ma ad un certo punto non ha più giocato come sa fare, non è più stato il vero Padova.

Non ne farei un dramma (per quanto la classifica sia sempre più equilibrata) perché può capitare una partita così, specialmente adesso che si è aperto il girone di ritorno e tutte giocheranno alla morte per evitare la fossa della retrocessione o dei playout. L’importante è però che il Padova rialzi la testa subito, dal punto di vista della prestazione e della mentalità. Oggi, a remare contro il Biancoscudo, ci son state anche le assenze dei tre ex positivi ma anche di Nicastro, che si è fatto male a una caviglia giusto l’altro ieri. La panchina era cortissima e non per tutti quelli che sono scesi in campo dal primo minuto la forma attuale è quella dei tempi migliori (penso soprattutto a Paponi appena rientrato dopo un lungo periodo: ci sta che la prima la giochi bene e la seconda invece possa accusare un po’ il calo fisico, ma c’è anche Biasci che deve recuperare dopo uno stop forzato di quasi un mese).

Domenica alle 17.30 contro il Fano è già ora di voltare pagina. Siamo di fronte ad una partita spartiacque. Lo fu all’andata, dopo che l’Imolese aveva sbancato all’Euganeo, a maggior ragione lo è adesso che stiamo entrando nel vivo della seconda parte di un campionato che il Padova vuole vincere con tutte le sue forze.

LA VITTORIA DELLA CONCRETEZZA

Sono le vittorie come quella conquistata oggi a San Benedetto del Tronto dal Padova che più di ogni altra consegnano ai tifosi l’idea, anzi la certezza, di avere a che fare con una squadra concreta, emotivamente forte, di grande sostanza.

Non era semplice brillare dopo 25 giorni passati a non disputare una partita ufficiale. Dopo aver provato sulla propria pelle per la prima volta l’esperienza del Covid, anche se fortunatamente con soli 3 giocatori. Dopo aver dovuto accettare il rinvio della prima sfida dell’anno il 10 gennaio perché era l’avversario (il Carpi) ad essersi ritrovato a fronteggiare una trentina di casi di contagio.

Invece il Padova oggi ce l’ha fatta. E ce l’ha fatta perché è riuscito a scendere in campo lasciandosi alle spalle questi pesi e sfoderando una prova di orgoglio e saggezza allo stesso tempo. Sono particolarmente contenta di aver visto segnare Jelenic perché era giusto che toccasse anche a lui dopo le tante prestazioni positive non coronate dal sigillo personale. Lì davanti è poi rientrato Paponi che sarà, ne sono certa, uno degli acquisti di gennaio più importanti, dopo un girone d’andata caratterizzato da un infortunio e da diversi acciacchi fisici ad esso collegati. E’ stato poi emozionante rivedere Rossettini in difesa: aveva lasciato Padova nel 2007 da ragazzino, andando a conquistarsi la meritata serie A (categoria in cui ha messo insieme qualcosa come 300 presenze, mica 5 o 6 di sfuggita…), ora è tornato da uomo maturo per diventare un altro elemento in campo che distribuisce qualità nelle giocate e tranquillità mentale quando ce n’è bisogno. E soprattutto è tornato per riportare da protagonista il Padova in B.

Non abbiamo visto all’opera ancora Biasci, ma basta guardare i gol che ha realizzato a Carpi fino a prima di venire a Padova per capire che lì davanti farà il diavolo a quattro quando si riapproprierà della giusta condizione. Mi è invece piaciuto nel finale Santini, capace, ancora una volta, di far reparto da solo e di tenere alta la squadra.

Sabato prossimo inizia il girone di ritorno. Contro quell’Imolese che all’inizio del campionato ha rifilato al Padova la prima delusione di stagione. Vediamo di farla andare giù, valà, che son sicura che ce l’abbiamo ancora tutti sulla bocca dello stomaco.

P.S.: la vittoria della Virtus Verona in quel di Modena dimostra una volta di più quanto il girone B di serie C sia quanto di più equilibrato e terribile sia mai stato concepito in terza serie!

P.S. 2: un grazie di cuore a tutti per il pensiero che avete avuto nei miei confronti per il lutto che ha colpito la mia famiglia a dicembre. Non sono riuscita a rispondervi singolarmente. Mando in questo post un abbraccio (virtuale) e un ringraziamento a tutti!

UNA LOTTA PUNTO A PUNTO

 

Ci ha provato il Padova a chiudere l’anno (solare) in bellezza. Ci ha provato, sebbene contro il Modena si sia visto che lo smalto non è quello dei tempi migliori. Bastava un pareggio per salutare il 2020 da primi in classifica da soli con il Sudtirol a -1 e il Modena che rimaneva a -3 e invece il gol di Spagnoli ha disegnato l’attuale graduatoria con tre prime della classe a 33 punti.

Da una parte ha ragione Ronaldo quando dice che questa sconfitta (la quarta dopo quelle contro Imolese, Perugia e Feralpi) non deve far buttare all’aria tutto quello che di buono si è fatto, dall’altra ha ragione chi dice che questo stop insegna una volta di più, se ancora ce n’era bisogno, che questo girone B è davvero complicato e non sarà facile spuntarla alla fine. Sarà una lotta punto a punto e il Padova deve cominciare a farsi anche un po’ più cinico e concreto, anche a discapito della propria “bellezza”.

Concludiamo però il 2020 sul campo con la consapevolezza che la squadra sta lavorando bene e ha ancora margini per crescere. Che Nicastro, il bomber, era fuori. Che Paponi non è in forma. Che quando giochi contro una squadra che ha la miglior difesa perché è bravissima a chiudersi non è facile trovare spazi. E guardiamo anche stavolta il bicchiere pensando che sia mezzo pieno e non mezzo vuoto. A gennaio ci sarà il mercato e dunque la possibilità da parte di Sogliano di equilibrare dove c’è da equilibrare e di fornire alcune alternative in qualche ruolo. Il resto lo faranno l’allenatore e i giocatori sul campo.

 

Auguri di cuore a tutti voi!

 

UN SANTINI IN PARADISO

… ma soprattutto in campo!

Dedico questo post a Claudio Santini. Di cui già avevo parlato benissimo in occasione del suo ingresso insieme a Soleri nella parte finale di Ravenna-Padova. In quell’occasione, con la collaborazione dell’attaccante romano, aveva buttato in rete il 3-1 della tranquillità. Oggi ha fatto molto di più: col Padova in 10 per l’espulsione di Gasbarro è stato chiamato a dare il suo contributo in campo in un momento in cui c’era proprio bisogno di uno che spaccasse la partita. Mentalmente e tatticamente. E ci è riuscito alla grande segnando due gol (il secondo su un rigore da lui stesso procurato) e facendo espellere un avversario.

Ecco, Santini è l’esempio del lavoro che paga. Del sacrificio che esalta. Dell’atteggiamento che ti porta a vincere le partite. Della capacità di stare sul pezzo che ti fa rendere al massimo in campo anche se vieni chiamato in causa pochi minuti. Santini è il simbolo di un Padova che, grazie a questo stesso approccio, è riuscito oggi a riconquistarsi la vetta della classifica del girone B di serie C.

Nessuno in questo girone regala nulla. Men che meno il Gubbio che si è dimostrato avversario tosto, gagliardo. Ma se il Padova fa il Padova non ce n’è per nessuno. Le partite si vincono. I punti si portano a casa e la classifica non può che sorridere. Mercoledì contro il Modena l’ultima partita del 2020, poi ci si rivedrà a gennaio. Con un mercato che aprirà e un diesse Sogliano che dovrà capire se e in che modo la rosa va arricchita da una parte e sfoltita dall’altra.

Credo che Santini oggi abbia fatto intendere che da qui non si vuole schiodare, dimostrando di voler rimanere e di voler essere ancora protagonista. Vedremo chi rimarrà insieme a lui e chi invece prenderà il volo verso altri lidi.

L’IMPORTANZA DELLA GIUSTA MENTALITA’

D’accordo, c’è Francesco Nicastro che è già arrivato a 7 gol, consacrandosi bomber del momento dopo l’infortunio di Paponi alla prima di campionato: è indubbiamente lui ora il punto di riferimento nell’attacco biancoscudato, anche se a Ravenna non è riuscito a segnare.

Della Latta ha ormai finito di stupire per la sua prolificità sotto porta: anche al “Benelli” si è presentato puntuale all’appuntamento con il gol, di testa, alla sua maniera, cioè inserendosi al momento giusto come una faina e svettando sugli avversari con uno stacco imperioso. Fanno già 6 reti in totale, una garanzia davvero.

Saber fino a sabato era stato impeccabile in tutte le caratteristiche che lo rendono uno dei centrocampisti più forti della categoria, condendo le prestazioni oltre che con grinta e temperamento anche con una serie di assist e con un palo a Salò che gridava ancora vendetta: in terra romagnola il suo sigillo, di pregevole fattura, è una perla che si aggiunge ad una stagione fin qui strepitosa. Il giusto merito.

Oggi però voglio sottolineare ancora una volta quanto sia importante la mentalità di questa squadra che sta un po’ alla volta diventando quella di una realtà che vuole guardare tutti dall’alto fino alla fine del campionato. Il gol preso e la mancanza della giusta cattiveria in occasione dei tiri di Bifulco e Della Latta che potevano chiudere la partita ben prima del 94′ rappresentano aspetti ancora da limare e rivedere, ma la reazione dopo il pari dei ravennati e soprattutto l’ingresso in campo con la miglior concentrazione di chi è subentrato a partita in corso rappresentano vittorie nelle vittorie per Andrea Mandorlini. Solo così, ha detto anche l’allenatore, si può arrivare in fondo da vincenti. Solo questo, ha ribadito, è lo spirito giusto.

E i suoi ragazzi, ancora una volta, hanno risposto presente. Non lo hanno deluso. Ad esempio Hallfredsson, una volta entrato, si è messo davanti alla difesa a recuperar palloni e a impedire agli avversari di ripartire e ci è riuscito benissimo. Idem per Fazzi sulla fascia, nonché, lì davanti, per Soleri e Santini, protagonisti del 3-1 della tranquillità a una manciata di secondi dal fischio finale: Soleri è andato a rompere le scatole a dovere al difensore del Ravenna su una rimessa laterale, impossessandosi del pallone con personalità e servendo a Santini un assist d’oro, davanti alla porta, raccogliendo il quale il centravanti (che fin qui era stato protagonista solo con la bellissima rovesciata contro la Fiorentina in Coppa Italia) non ha sbagliato la mira. Tirando forte e angolato.

Non deve essere facile tenere tutti sulla corda e far sentire l’intero gruppo squadra ugualmente importante e magari qualcuno può non gradire la panchina. Così come la sostituzione se parte titolare. E’ normale: non fosse così sarebbe un brutto segnale. E invece questa è la strada giusta: pensare al Padova e ai risultati che può ottenere con le qualità di tutti. Che sono tante. Che sono quelle giuste per una squadra che ambisce al primato e al salto di categoria.

 

DEVASTANTI (IN TUTTI I SENSI)

Ottava vittoria. Vetta riconquistata. 5 gol fatti. Bel gioco. A guardare bene questa fredda domenica di fine novembre gli aspetti positivi in casa Padova sono davvero tanti. Sarà anche prematuro dire che questo gruppo è in grado di ammazzare il campionato, ma è indubbio che la marcia che sta tenendo è quella della grande squadra. Di una realtà coi numeri, costruita per fare cose importanti.

C’è però un però: l’unica cosa che questa vittoria, splendida per molti versi, non è riuscita a scacciare in maniera definitiva sono infatti i fantasmi visti a Perugia e a Salò. A tratti anche contro la Vis Pesaro in effetti si sono viste disattenzioni evitabili, che sono costate gol presi altrettanto evitabili. Anche stavolta la mentalità da macchina schiacciasassi (che ha portato il Padova sul 3-0 dopo appena 21 minuti) è andata a corrente alternata, vivendo alcuni abbassamenti di tensione che devono continuare a far riflettere e contro i quali si deve seriamente lavorare affinché non accadano più.

Pur partendo di gran carriera a sottolineare i tanti e reali aspetti positivi del successo odierno, anche l’allenatore Mandorlini ha ammesso che sì qualcosa si è perso ultimamente nella fase difensiva e che è proprio lì che il lavoro, che è stato sempre intenso in questi primi mesi di campionato, deve farsi ancora più mirato e deciso. Il tutto, ovviamente, senza fare drammi, visto che siamo di fronte ad una squadra che è tornata prima in classifica e che conserva il miglior attacco con ben 26 reti segnate (il Sudtirol ne ha 21, ben 5 in meno).

Chiudo con una menzione speciale a Nicastro, salito, coi suoi 7 gol segnati, sul trono dei bomber biancoscudati (oggi seconda doppietta personale) e con due menzioni altrettanto sentite per Ronaldo e Saber. Il capitano è stato superlativo, anche e anzi soprattutto mentalmente, Saber è uno di quelli, non l’ho mai nascosto, che, se sta bene, secondo me deve giocare sempre.

 

HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA

Al fischio finale di FeralpiSalò-Padova ho fatto fatica a trovare le parole giuste per commentare e comprendere la sconfitta per 3-1 rimediata sulle rive del lago di Garda. Mi sono sentita come un pugile suonato, incapace di riprendermi dai tre “pugni” sferrati con decisione dalla squadra di Pavanel ai biancoscudati.

Son sincera: di pancia la prima cosa che mi è venuta in mente (e che ho detto in diretta tv) è stato che la modalità del k.o. di Salò è stata molto simile a quella che ha portato due settimane fa alla sconfitta di Perugia. In entrambe le situazioni infatti, una volta sotto, siamo stati incapaci di mettere in campo una reazione degna di tal nome. Con la differenza però che a Salò in vantaggio ci siamo andati noi, facendoci riprendere subito dopo e superare qualche minuto più tardi.

Ad illuminarmi (più delle dichiarazioni dell’allenatore che ho visto in grossa difficoltà) le parole pronunciate da Simone Della Latta, anche oggi, come sempre, straordinario e non solo per il quinto gol in campionato. L’analisi che ha fatto della sconfitta e del Padova in generale è stata impeccabile. Da ascoltare e riascoltare più volte per capire da dove riprendere in mano il filo del discorso per non perderlo più.

Della Latta ha detto chiaro e tondo che “qualcosa manca” a questa squadra. E che, alla luce della battuta d’arresto di oggi, “Perugia non è stata solo un episodio” perché “è evidente che qualche lacuna c’è”. Ha poi aggiunto che il Padova in questo momento “non è in grado di ammazzare il campionato” e che invece dovrà “soffrire insieme ad altre realtà per giocarsela fino in fondo” perché in questo momento non è ancora riuscito a “spiccare il volo”.

Il suo pensiero è sembrato perfino troppo duro nei confronti di sè stesso e dei compagni. Nemmeno sull’oggettiva sfortuna legata al palo di Saber (che poteva valere il 2-2 e quindi risollevare almeno in parte le sorti del match) Della Latta è riuscito ad ammorbidirsi affermando che “se un episodio non ti viene a favore è perché ti manca qualcosa”.

Credo che, nonostante l’eccessiva intransigenza, Simone abbia ragione. Questa squadra sta mostrando purtroppo di avere qualche punto critico importante e la prima mancanza sta proprio in una personalità che dovrebbe essere elemento assodato di una rosa che ha certe qualità e una grande esperienza e che invece in alcune situazioni fa fatica ad emergere. Non può essere che a Perugia, dopo aver preso un solo gol, si crolli e se ne prendano altri due con tanto di rigore plateale provocato.  Non può succedere che a Salò, con le braccia ancora alzate per la gioia del vantaggio, si permetta all’avversario di andare a pareggiare nemmeno un giro di lancette dopo. Provocando poi anche in questo caso un rigore in una situazione francamente evitabile (per quanto l’intervento di Andelkovic sembri sul pallone).

La qualità della rosa quest’anno non è in discussione, in tutti i reparti. Il Padova è in grado di ammazzarlo davvero il campionato. Tre sconfitte sono già tante per una realtà che vuole arrivare davanti a tutte le altre ed è stata costruita per questo obiettivo. All’allenatore il compito di fare in modo che la personalità di questo gruppo diventi una costante e che lo stesso gruppo torni ad esprimersi come sa fare. Anche contro il Perugia, la Feralpi e tutte le altre dirette concorrenti che verranno.

LEZIONE IMPARATA (E ALLA SVELTA)

Il bello del Padova di quest’anno (e, va detto, del suo allenatore) è che non gli ci vogliono duecento partite per imparare la lezione di una sconfitta. Che non si incaponisce sui suoi errori spacciandoli per episodi negativi. Che non si intestardisce a voler ripercorrere una strada che ha portato ad una brutta figura per dimostrare chissà che cosa a sè stesso o ai tifosi.

A Perugia Andrea Mandorlini ha provato a schierare la formazione con un inedito 3-5-2 perché gli sembrava il modulo più adatto per contenere il Perugia, messo in campo in maniera esattamente speculare. E’ andata male. Non tanto per il 3-0 che alla fine è stato pure un risultato un po’ bugiardo, ma per il fatto che il Padova ha fatto fatica a creare occasioni e, una volta subito il vantaggio dei padroni di casa, non è stato più in grado di reagire accartocciandosi su sè stesso. Bene: contro il Matelica l’allenatore ci ha messo meno di un secondo a tornare all’antico e dunque al 4-3-3, restituendo ai giocatori le loro certezze e alla squadra il bel gioco al quale ci aveva abituato fino alla vittoria interna contro la Virtus Verona.

Risultato: è arrivato un rotondo 3-0 che ha, almeno per il momento, cancellato la battuta d’arresto di Perugia e restituito ai padovani il primato in solitaria. Non c’era miglior via per dimostrare che la lezione umbra era stata capita, metabolizzata e trasformata nella giusta rabbia per reagire e tornare al successo.

C’è però da aggiungere che il tanto vituperato 3-5-2 di Perugia oggi è stato “ripescato” a gara in corso e non è andata affatto male. Anzi. Con un vantaggio di due reti già in saccoccia, è stato utile a mettere lì il Matelica approfittando poi degli spazi lasciati dall’avversario per punirlo in contropiede (come è stato in occasione del terzo gol di Buglio). Quindi la lezione imparata è stata doppia: cioè in un sol colpo si è capito che un modulo diverso dal 4-3-3, che resta il migliore nel quale si esprimono i giocatori del Padova, è possibile. Ma magari a partita in corso e non dall’inizio. O magari con interpreti diversi rispetto a quelli dell’undici titolare (come è stato oggi quando Mandorlini si è visto costretto a mettere mano alla squadra pesantemente per gli infortuni a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro sia di Gasbarro che di Kresic e per la necessità di togliere qualche elemento per farlo rifiatare).

Il Padova (e Mandorlini) sono dunque stati bravi a voltare pagina in fretta e a riprendere il cammino di sempre. Con lucidità e tempestività. La serie C è impietosa: non ti dà il tempo di sbagliare due volte che sei già sotto. Imparare subito la lezione è stato importantissimo. Fondamentale per mettere un punto e andare a capo. Per ricominciare a volare e a vincere.

 

UNA LEZIONE DA IMPARARE

Siamo solo all’inizio del campionato. Mancano ancora tante partite. Una serata storta può capitare. Non facciamo drammi. Per fortuna abbiamo un’altra partita da giocare tra quattro giorni anziché tra sette: concentriamoci su quella. Voltiamo pagina.

Non c’è una di queste frasi che non sia stata pronunciata a fine gara dall’allenatore del Padova, Andrea Mandorlini, per cercare di spegnere la delusione di una sconfitta che, per carità, ci poteva anche stare nella tana della squadra più attrezzata del girone ma che, indubbiamente, ha fatto male. Molto male.

Siamo sinceri: lo 0-3 rimediato al “Curi” ha ferito profondamente il tifoso (e, ne siamo certi, anche Mandorlini, la squadra, Sogliano e la società tutta) soprattutto per la modalità attraverso la quale è maturato. Alla fine di una partita in cui il Padova, che pur, va detto, è rimasto primo in classifica, ha tenuto in mano le redini del gioco a lungo ma senza pungere. Tirando pochissimo in porta. Pensando soprattutto a contenere l’avversario e le sue folate e riuscendoci solo fino all’1-0 di Sgarbi.

Mandorlini dice che non è una questione di modulo, è una questione di interpretazione. Di sicuro non è per colpa del 3-5-2 se qualche errore individuale di troppo ha spianato la strada alla vittoria dei Grifoni, ma mi sento di dire che è proprio a causa di questo schieramento (fin qui inedito) che il Padova non è riuscito a esprimersi con la spregiudicatezza e i meccanismi oliati che hanno portato a quattro vittorie senza prendere gol nelle ultime quattro partite. Perché cambiare in modo così radicale nella partita più importante? Perché non andare sul sicuro visto che si giocava con una squadra che l’anno scorso è retrocessa inaspettatamente e ha mantenuto un’ossatura da serie B? Perché escludere il bellissimo Ronaldo visto contro la Virtus Verona dall’undici titolare? Ovvio che un singolo elemento da solo non ti fa vincere la partita, ma se è in un particolare momento di grazia, perché privarsene? Mandorlini ha risposto che riteneva quel modulo, speculare a quello del Perugia, il migliore per affrontare il big match, ma la storia della gara dice che l’obiettivo è stato raggiunto solo a metà e a discapito del gioco propositivo e fluido che il Padova aveva iniziato a proporre scalando la graduatoria fino al primato in solitaria di domenica scorsa.

Ai posteri, ovvero alle prossime giornate di campionato, l’ardua sentenza. Io mi limito a chiudere il post prendendo ispirazione da due dichiarazioni del difensore Pelagatti: “non è così drammatica come sembra” (vero) e “questa sconfitta ci deve servire da lezione” (altrettanto vero). Domenica col Matelica sarà già una prima importante prova della verità.