IL PIACERE

Il Verona viaggia. Di rado si è vista una neopromossa giocare con tale intelligenza e senso chirurgico del momento. Il Verona sa gestire la partita e affondare negli attimi decisivi. E’ quadrato, solido, organizzato, con molta qualità dietro (la novità di ieri è l’ottima prova delle riserve, su cui avevo dei dubbi) e a centrocampo. Il Verona  dispone di un vegliardo leader (Veloso) in mezzo a giovani veterani. Perché quando hai personalità e talento non conta l’età o l’esperienza. Sei predestinato e da predestinato mastichi concretezza fin dagli esordi. Vale per Kumbulla (speriamo non stia fuori molto), vale per Rrahmani e Amrabat, che sono al debutto solo in Italia ma vantano già un discreto curriculum internazionale.

Vale anche per Salcedo e qui permettetemi una piccola parentesi autoreferenziale: negli ultimi articoli ho insistito e mi sono esposto per lui. L’ho fatto dopo la sconfitta con il Sassuolo chiedendone a Juric l’utilizzo, mi sono ripetuto dopo l’insufficiente prestazione del ragazzo a Parma. Ma chi in estate mi parlava di Salcedo aveva gli occhi luccicanti (idem Pessina, notoriamente altro mio pupillo) e nella penuria offensiva che ha l’Hellas non si può prescindere da un talento innato come il suo. Che poi, intendiamoci, solo in Italia abbiamo un limite intellettuale sui giovani, ogni volta etichettati a prescindere “non pronti” o “da far crescere con calma” e balle varie.

Amenità. Luoghi comuni. Fortunatamente il nostro brillante allenatore non è condizionato dai cliché e soprattutto continua a smentire quello che pendeva pesantemente su di lui. “Talebano” gli dicevano. In realtà Juric sta dimostrando di essere bravo anche a mescolare le carte e a cercare sempre nuove soluzioni, pur nell’equilibrio di squadra.

15 punti in 11 partite sono un bottino di tutto rispetto. E se Salcedo si conferma non è detto – dato l’impianto di squadra che abbiamo – che ci si debba accontentare per forza di una risicata salvezza. Ma al di là della classifica c’è qualcosa in più. Il sentimento. E’ tornata la “febbre” da Verona. Ieri erano in 16 mila al Bentegodi con un tempo infame e non certo per una partita di cartello. E’ un piacere vedere il nostro Verona. Che bello. Alè.

 

 

LO STRANO EQUILIBRIO (GRANDI QUALITÀ, GRANDI DIFETTI)

Il Verona di Juric regge il suo equilibrio sulla dicotomia, quindi sugli estremi opposti: grandi qualità si uniscono a grandi difetti. Pertanto difficilmente potremo ambire a un campionato tranquillo, ma certamente non ci annoieremo mai. Questo ci dicono le prime dieci giornate di campionato, che convenzionalmente sono un po’ come i primi 100 giorni di un governo, servono a tracciare una linea e suggeriscono una prima valutazione.

Intanto l’adorabile Juric, suo malgrado, sta facendo giurisprudenza calcistica: si può vincere anche senza gol delle punte. Non credo sia mai successo (gli esperti di almanacchi mi confermeranno o smentiranno) che una squadra totalizzi 12 punti in 10 partite senza che un suo attaccante sia andato in rete. E qui torniamo al più grande difetto del Verona: la penuria di frontman, di una prima linea capace – come ha detto il tecnico di Spalato lunedì – di “concretizzare ciò che si crea”. E non parliamo solo di Stepinski (peraltro ieri a Parma encomiabile), ma proprio di una carestia nel reparto, sguarnito di prime e seconde punte da gol. “La moria delle vacche” l’avrebbe definita Totò.

L’altro difettuccio – a volte decisivo, altre fortunatamente latente – è la mancanza di un difensore che sia all’altezza di Kumbulla e Rrhamani, talmente forti da sopperire sovente (ma non sempre) alle lacune del terzo compagno. Qualcuno minimizzerà, io no, dato che la lotta per la salvezza sarà sul filo dell’equilibrio. Infine sugli esterni abbiamo due giocatori bravi, Lazovic e Faraoni, ma che per motivi diversi non garantiscono i giusti rifornimenti al colpo di testa di Stepinski. Faraoni perché, pur completo, non eccelle sempre nei cross, Lazovic (ieri gol meraviglioso) perché da destro che gioca a sinistra arriva poche volte sul fondo e mai con il suo piede.

Ma poi ci sono le qualità. Grandi qualità. La coppia di centrocampo Amrabat e Veloso è da zone alte della classifica. I due sono forti singolarmente e si completano. Ma in generale tutto il centrocampo è di ottima levatura, perché gli stessi Lazovic e Faraoni – pur nei difettucci richiamati sopra – sono giocatori da media serie A. Poi abbiamo due signori difensori che da queste parti non si vedevano da anni (dai tempi di Laursen e Apolloni), Rrhamani e Kumbulla, e un portiere di sicuro affidamento. A proposito di Silvestri, non si capisce perché due anni fa facesse la riserva di Nicolas. Lo scrivemmo allora, lo ribadiamo ora. Ma eravamo polemici, dicevano…

Last but not least, Ivan Juric. Non servono molte parole per lui: tatticamente è il miglior allenatore che abbiamo a Verona dai tempi di Ventura (quello vero e non l’ombra degli ultimi anni). L’Hellas è organizzato, ha un’identità e di conseguenza un’anima (se non sai cosa fare in campo anche la grinta scema).

Ho letto che il Verona meritava di più con il Sassuolo che a Parma. Non è vero, il calcio non è pugilato, non è statistica e non può essere letto con gli occhi della mera logica (che poi il Sassuolo anche nei numeri non ha demeritato). Il Verona a Parma, al di là dei singoli episodi, ha saputo leggere e gestire la partita, è stato concreto, non ha mai davvero sofferto. Molto arrosto e poco fumo, a differenza di altre volte. Questo serve per vincere, non “giocare bene” a fini più o meno estetici.

Mi auguro che, a prescindere dalla prova di Salcedo (merita tempo e fiducia), si prosegua nell’esperimento delle due punte. Il Verona le può reggere e ne trae beneficio anche Stepinski. Avanti, con fiducia.

FOTOGRAMMI DI UMANA FRUSTRAZIONE

E’ assorto, Juric, mentre distribuisce con cura il tabacco sulla cartina. I pensieri fluttuano come mine vaganti.  A caldo c’è un filo di rassegnazione. “Se avete consigli per risolvere il problema del gol…” ha appena detto caustico e fatalista ai cronisti in sala stampa. E’ altrove, Juric, mentre appoggia il filtrino e rulla la sigaretta. Su quello scranno cattedratico della sala stampa del Bentegodi il tecnico di Spalato c’è solo seduto fisicamente. Lo sguardo è chiuso in se stesso, in quegli attimi c’è una cortina di ferro tra lui e il resto del mondo. Pressa la sigaretta, Juric, si alza e se ne va.

Fotogrammi di umana frustrazione, ieri sera nei sotterranei dello stadio. Juric è persona vera e ci riconsegna il calcio che piace a noi anche fuori dal campo. Juric è sanguigno e a volte colorito, senza mai però scadere nell’arroganza o nella maleducazione (troppo brillante e intelligente). Mentre tutti gli allenatori appena finito il rito (piuttosto stanco) delle conferenze stampa si alzano e se ne vanno neanche fossero  studentelli in attesa della campanella, Juric no, Juric se ne resta lì, isolato tra i cronisti a riordinare i pensieri. Armato solo di tabacco, cartina e filtrino.

A Napoli l’allenatore era stato duro con i suoi attaccanti. E ieri quello titolare, Stepinski, lo ha pure bocciato con la panchina (altra bocciato Gunter, come ho già scritto l’anello debole della difesa, sostituito in corsa per manifesta difficoltà). Ma nel post partita di ieri Juric è passato dalla rabbia del San Paolo alla quasi rassegnazione (“se avete consigli per risolvere il problema del gol…).

Il Verona è corto: in difesa e a centrocampo (Veloso è insostituibile). Il Verona è spuntato, in attacco. Nell’ultimo post scrivevo che nell’equilibrio poi la differenza la fa la qualità dei singoli in ogni reparto. E’ successo con il Napoli (ed era scontato), si è ripetuto con il Sassuolo. Occasioni da entrambe le parti, con una differenza: loro hanno segnato, noi no.

Hai voglia di dire che giochiamo bene. Quello succederà più o meno sempre perché Juric ha dato organizzazione, idee e identità. E hai qualche giocatore di qualità che il gioco ti aiuta a crearlo (Veloso, Amrabat, Faraoni, a tratti Lazovic, e da dietro con i loro lanci e inserimenti Rrhamani e Kumbulla). Ma nel calcio non basta. La differenza la fanno i dettagli, cioè la qualità assoluta. E noi in fase offensiva ne siamo carenti. Ci mancano le punte (prima e seconda) ma anche mezz’ali che abbiano confidenza con la porta.

Che fare dunque? Juric provi a inserire stabilmente Salcedo. Sarà ancora acerbo, ma in questa penuria è l’attaccante tecnicamente più valido. E gli affianchi Stepinski, che con un compagno vicino qualcosa in più può dare. Ripartiamo da qui.

 

SENZA PESO

Francamente c’è pure poca voglia di parlare di calcio. Della partita. Del problema del gol. Quello che ieri è successo fuori dal San Paolo, con i tifosi del Verona lasciati fuori per tutto il primo tempo. è grave. Un’ingiustizia del forte contro il debole, questo è quello che irrita di più.  E siccome non voglio nemmeno pensare che si sia trattato di un dispetto di qualcuno, riemerge prepotentemente il tema dell’incapacità in alcuni stadi italiani di poter garantire la sicurezza e l’ordine pubblico in maniera costruttiva e non punitiva. Ha senso giocare a calcio se non riesci a gestire il flusso di 600 persone? Ha senso aprire gli stadi se addirittura spesso vieti le trasferte? No e allora, a questo punto, chiudiamo tutto.

C’è poi il dato politico-mediatico, la conferma scoraggiante di come generalmente Verona conti davvero poco o nulla. Possiamo stare qui ore a parlarci tra noi, a lamentarci e a protestare. Servirebbe a poco, non uscirebbe dalla provincia. Purtroppo la vicenda, a livello nazionale già passata in sordina, non avrà grande eco. In questo calcio borghese, infiocchettato dal mantra nichilista “business is business” fare un torto ai tifosi (e in particolare a quelli del Verona) non è degno di notizia. Diciamocela tutta: a chi volete che gli freghi?

E poi permettetemi: a mio avviso contiamo poco anche a livello di club. Attendiamo ovviamente le mosse di Maurizio Setti, ma non so obiettivamente quale peso possa mettere nel Palazzo sportivo per riuscire concretamente a farsi sentire.

Sulla partita: purtroppo siamo alle solite, se non segni poi paghi, soprattutto con le squadre più forti. In generale abbiamo due grossi limiti: Stepinski e Gunter. Un centravanti e un difensore. Due ruoli chiave che nell’equilibrio tattico-agonistico di una partita poi fanno la differenza (in negativo). Ritornando nello specifico alla fase offensiva c’è anche un altro problema di cui si parla meno: abbondiamo di mezzali ma non abbiamo seconde punte a parte Tutino. E’ un problema.

 

COSA È CAMBIATO

Non è uno scatto. Non è l’onda emotiva. Non è (solo) il momento atletico favorevole. Il Verona di Juric se fosse un ciclista sarebbe un passista. Quello che colpisce dei gialloblu è la regolarità e la solidità. La capacità di gestione dei 90 minuti. La maturità. Ieri solo in due circostanze si è rischiato di andare fuori giri, nella ripresa – leggi i due contropiedi della Sampdoria. Per una neopromossa, una facezia. Per il resto il Verona ha gestito il vantaggio con personalità, senza troppa smania di cercare il secondo gol (poi comunque arrivato) e perciò senza esporsi a sbandate. Non era affatto scontato, il rischio era farsi prendere troppo dall’euforia e dall’emotività (vista anche la conclamata superiorità rispetto alla Samp). Questo sì alle neopromosse, o comunque alle piccole, accade spesso.

Il Verona invece mentalmente è già grande. E questo è merito di Juric, come ovviamente l’impronta e l’organizzazione tattica data alla squadra. Il resto lo fanno quattro signori giocatori piazzati nei ruoli chiave: Amrabat e Veloso in mediana e Kumbulla (ormai una certezza) e Rrhamani in difesa. E di questi inserimenti va dato merito a Juric e al ds D’Amico.

Ma con la Sampdoria Juric ha smentito anche un’etichetta che si porta addosso da anni, quella di eccessiva ortodossia tattica. Juric il talebano, insomma. Non è così, perché ieri il tecnico di Spalato ha stupito tutti ridisegnando la fase offensiva della squadra, schierando due punte vere (Salcedo e Stepinski) e un trequartista (Pessina). Uno schema che ha determinati vantaggi. Alza la squadra e dà respiro al centrocampo – che deve correre meno per tenere corta la squadra nelle due fasi. Aiuta l’azione di Stepinski, che con un compagno vicino nasconde meglio i suoi limiti nel disimpegno della palla. Aumenta in generale la qualità offensiva del Verona, perché Salcedo pur giovanissimo ha le stimmate dell’attaccante di razza. Il rischio ovviamente è di poter pagare qualcosa in fase difensiva, ma sarà Juric a dover valutare se fare del 3-4-1-2 lo schema definitivo, oppure variare a seconda degli avversari.

Infine una nota a margine (ma neanche tanto). Al netto che Juric, a differenza di Pecchia, è un allenatore da serie A, non si può nemmeno paragonare il valore tecnico di questa rosa a quella del 2017-18. Saremo pure ultimi nel monte ingaggi (che poi io a certe classifiche credo relativamente),  ma siamo abbastanza nella norma per una serie A di fascia bassa. Due anni fa non era così, non avevamo giocatori di serie A neanche come fascia economica. Tradotto: Setti la scorsa estate ha fatto (ha potuto fare?) uno sforzo maggiore sul piano del budget. Pur nell’equilibrio e nel minimalismo, siamo lontani dalla spending rewiev di due anni fa.

IL VERO VERONA (NEL BENE E NEL MALE)

Udinese e Cagliari, per motivi diversi, ci hanno dato il segnale giusto e il senso reale della consistenza del Verona. Sia nel bene che nel male. Il bene è un insieme di tante cose che si traduce in un assunto: il Verona è squadra. Organizzazione, gioco e condizione atletica non ci difettano. E nemmeno la personalità. Basta vedere come abbiamo “gestito” la partita con l’Udinese e recuperato stasera una squadra di grande qualità come il Cagliari in casa sua cambiando faccia tra primo e secondo tempo. Il centrocampo del Verona, ribadisco, è da parte sinistra della classifica e uno con il piede di Veloso ci permette di essere pericolosi anche in ogni situazione di palla inattiva (da quanti anni non succedeva?).

Il dato negativo risiede in alcuni grosse lacune in due ruoli chiave: il centravanti e uno dei tre difensori (il gol del Cagliari di stasera è un mezzo pasticcio tra Silvestri e Dawidowiczs). Conseguenza? Per migliorare la fase difensiva (il Verona ha subito pochi gol) siamo costretti ad un assetto molto coperto in mezzo al campo, zona che abbonda di centrocampisti (lo sono pure Zaccagni e Verre schierati da trequartisti o seconde punte).

In attacco – scopriamo l’acqua calda – siamo spuntati. Questo costringe Juric a organizzare la fase offensiva con i centrocampisti, ma questo comporta due limiti: non arriviamo lucidi in fase di finalizzazione e per sostenere questo tipo di gioco serve sempre una grande condizione atletica. Durerà?

Detto questo, 6 punti in 6 partite sono in linea con gli obiettivi. Non credo molto alle frasi fatte racchiuse nel solito “meritavamo di più”. E non mi piace parlare di sfortuna. Il Verona ha quello che si merita per le qualità e i limiti espressi. E per come gira il calcio. Abbiamo un bravo allenatore, che fa calcio e parla di calcio (non eravamo abituati vero?). E un possibile jolly che può far saltare il banco tra la dignitosa sofferenza e la brillante felicità: Salcedo, non ancora 18enne, ma  il più forte giocatore offensivo che abbiamo.

IL PARADOSSO

C’è un paradosso nel calcio: è quando giochi bene che si notano i tuoi difetti. Ieri il Verona ha giocato (molto) bene a casa della Juve. Potremmo darci di gomito e limitarci a essere contenti, oppure – se preferite – rammaricarci  e recriminare. Preferisco cercare di capire dove sta andando il Verona. Juric ha dato alla squadra organizzazione tattica e dinamismo atletico. Cose normali che ci sembrano straordinarie dopo quattro anni a pane e acqua. Il resto lo fa una coppia di centrocampo che almeno 10-12 squadre non hanno: Amrabat e Veloso sono grandi giocatori. E Zaccagni, posizionato qualche metro più avanti, lo diventerà presto. Il centro di gravità permanente della squadra è lì e non è poco dato che stiamo parlando della zona nevralgica del campo.

Il Verona però è senza un centravanti all’altezza. Di Carmine ieri, rigore a parte, ha sbagliato tre opportunità che una punta più scaltra avrebbe sfruttato a dovere. Con un attaccante normalmente da serie A ieri avremmo almeno pareggiato. Direte che si sapeva. Si sapeva, ma intanto abbiamo un punto in meno.

Il Verona in difesa è maledettamente “corto”. Gunter sta faticando, non sarà nemmeno fortunato (leggi l’autogol), ma se continui a procurare rigori e a rappresentare l’anello debole dei tre dietro allora un problema c’è. E in panchina, dietro di lui, la situazione non è più rosea, anzi.

Il Verona deve diventare più fluido nel gioco sulle fasce laterali, non ancora sfruttate a dovere. Nel modulo di Juric questa è una componente fondamentale, eppure ancora dormiente. Mi aspetto di più.

Insomma, come collettivo puoi giocare bene finché vuoi (e il Verona, ripeto, ha un’ottima organizzazione), ma in serie A – in questa serie A – i dettagli possono essere letali.

Il Verona, già con l’Udinese, deve essere più concreto nella gestione di quelli che comunemente vengono derubricati a “episodi”, ma che in realtà sono situazioni di gioco vere e proprie. Giocare bene, essere organizzati, è una condizione necessaria ma non sufficiente. Avanti.

PENSIAMO POSITIVO (E NO VITTIMISMO)

Ora però non entriamo nel loop del vittimismo. Lamentarsi non serve a nulla, anzi può essere controproducente. Da sempre chi scrive trova discutibile “l’arbitrio” che si cela dietro all’uso del Var. Ieri ne abbiamo avuto una nuova conferma e il fenomeno non tocca solo il Verona. Non contesto e nemmeno trovo scandalose le decisioni in sé (ho visto di peggio, gli episodi incriminati sono discutibili ma non fuori dal mondo), quello che urta (e parecchio) è l’ormai bulimico ricorso alla tecnologia di arbitri privi di personalità e spogliati di responsabilità.

Prendete il fallo di Stepinski: al 20′ e in quel contesto di gioco un arbitro deve assumersi l’onere della decisione valutando la dinamica in cui avviene l’intervento scorretto. Stepinski non vuole far male e non ha intenzione nemmeno di commettere fallo. Bastava il giallo. Ma è chiaro che se ricorri al Var – che fissa solo il fatto in sé decontestualizzandolo – la prospettiva cambia. Ma allora dovremmo chiederci: è ancora calcio? Il calcio è sport dinamico e di contatto, non è per definizione “oggettivo” o “scientifico”, insomma non è il tennis o la pallavolo che si prestano alla tecnologia o nei quali infatti la tecnologia funziona benissimo. Storia vecchia, direte, di cui si discute da un anno, dall’ingresso della “moviola in campo”. Sia chiaro, bene la tecnologia, ma se da strumento di aiuto diventa soggetto prevaricante allora si trasforma in tecnocrazia.

Ma dicevo, guai a piangere vittimismo. Juric intelligentemente non si è prestato, sa come funzionano certe cose. Il rischio involontario sarebbe dare alibi alla squadra, che sarebbe più debole se si sentisse perseguitata. Alla terza giornata e con 4 punti in classifica sarebbe ridicolo. Meglio ripartire dalle (tante) cose buone viste ieri sera e analizzare quello che ancora non va.

Mi è piaciuta la difesa: qui si sta confermando Rrhamani e imponendo Kumbulla, sempre più bravo. Gunter ancora non mi convince e l’ingenuità sul rigore non è un errore veniale. Difetti? Noto una certa lentezza, si soffre sulle infilate verticali. Juric – in attesa di avversari più dinamici del Milan –  deve metterci una toppa con la tattica. Mentre poco si può fare sull’altra carenza: siamo “corti”, non vedo alternative all’altezza dei titolari. Durante il mercato, mentre tutti parlavano della punta, scrivevo che serviva inserire almeno un altro difensore. Messaggio inascoltato.

Si conferma il centrocampo. Il reparto è ben assortito,  ci sono qualità, quantità e alternative. Attenzione a Pessina: questo che tu lo metta regista o sulla trequarti ha le movenze del grande giocatore. Lazovic a sinistra è sacrificato: aspettando Adjapong, Juric rifletta.

In attacco Stepinski, in quei venti minuti, ha confermato i limiti noti su quel pallone giocato male (cento tocchi fino a perdere il tempo) nei pressi dell’area. Deve ambientarsi e lavorare per migliorare i fondamentali.  Contro la Juve proporrei Di Carmine e non Tutino falso nove: il Verona deve abituarsi a giocare con un centravanti vero per trovare la sua fisionomia offensiva, oggi ancora carente.

Infine un plauso a Juric: la squadra è organizzata e ben disposta in campo e con una notevole condizione atletica (da anni non vedevo il Verona a questi ritmi). Il tecnico però deve incidere maggiormente sul gioco sulle fasce laterali e sulla fase offensiva in generale.

 

BRAVO JURIC, MA C’È ANCHE QUALITÀ

Ci dovremmo mordere la lingua dopo i (frettolosi) giudizi del post Coppa Italia. Il Verona conferma, anzi migliora, le note positive viste con il Bologna. La squadra ha un’ossatura forte nel centrocampo, dove Juric ha qualità e abbondanza. Veloso è un regista che finora aveva dimostrato il suo valore più nella nazionale portoghese che nel Genoa, ma il Verona sembra cucito su misura per lui. Amrabat sta confermando quando di buono ha fatto vedere in Belgio, non a caso è nazionale marocchino e ha presenze in Champions ed Europa League e all’ultimo mondiale russo. Veloso e Amrabat hanno tutto per diventare i leader di questa squadra. E se le alternative sono il ritrovato Henderson e Pessina capite che il valore della mediana è da salvezza tranquilla. In mezzo al campo l’asse D’Amico-Juric ha lavorato benissimo.

Sulla trequarti Zaccagni sta confermando quanto si pensava. Che potesse fare strada lo si era intuito già ai tempi di Mandorlini, oggi Zac è maturo e completo. Abbiamo in casa un grande giocatore, eredità ancora dell’ottimo lavoro di scouting di Sogliano, Gemmi e Calvetti.  Accanto a lui può esplodere Tutino, ma molto dipenderà dal centravanti che arriverà.

In difesa, lo ammetto, mi sta stupendo Kumbulla, sui cui però rimango tutt’ora cauto. Non voglio ancora dare giudizi definitivi su di lui, ma due indizi (Bologna e Lecce) ci avvicinano alla prova. Accanto a lui sta emergendo prepotentemente Rrhamani, il kosovaro pare abbia ritrovato lo smalto di due stagioni fa alla Dinamo Zagabria. Con Amrabat è l’operazione migliore (anche come investimento) del mercato del Verona. Continuo a pensare che serve chiudere per un altro difensore, perché Bocchetti e Gunter possono essere utili ma va testata la loro condizione sull’intero campionato.

Oggi si conclude il mercato. Ovviamente torniamo sulla mancanza di un centravanti. Serve uno che segni almeno 10 gol e che faccia salire la squadra per valorizzare ancora di più le doti di Tutino. Se arriva il Verona sarà competitivo per la salvezza. Perché valgono due assunti: questa è la migliore squadra costruita negli ultimi quattro anni, tuttavia giochiamo nella serie A più forte dal post Calciopoli. Ancora troppo presto per dare un’adeguata lettura di questo campionato.

 

SPIRAGLI

Si apre un varco alla speranza. Il Verona contro il Bologna, tra mille difficoltà, oggettivi limiti ed evidenti sbavature, ha mostrato alcune cose buone. In primis il centrocampo, che ieri ha dato l’impressione di essere all’altezza della serie A. Partirei da qui. Il reparto cuore pulsante di ogni squadra nel Verona non sfigura: con Veloso, il redivivo Henderson e poi il guerresco Amrabat abbiamo il giusto mix di qualità e quantità. Se Veloso non sorprende e Amrabat ha confermato attitudini che gli addetti ai lavori conoscevano già (il Feyenoord due anni fa gli fece un quadriennale e il ragazzo segnò in Champions al Napoli), un pensiero lo spenderei per Henderson, di cui Sean Sogliano – che lo scovò in Scozia – in privato mi ha sempre parlato bene, anche e soprattutto nei giorni in cui lo scozzese al Verona con Grosso si era perso: “Guarda che questo qui è un grande giocatore” mi rassicurava Sean di fronte alle mie perplessità. E anche Claudio Calvetti un anno fa mi disse: “Henderson è già da serie A”. Potremmo aver ritrovato un giocatore.

L’altro dato positivo è come il Verona sia riuscito a girare mentalmente la partita. Sotto di un gol, con un uomo in meno e con Silvestri sugli scudi pareva essere una serata segnata. Invece il numero di Veloso e un maggiore ordine tattico nel secondo tempo hanno cambiato il volto del match. Sia chiaro, il Verona ha pensato quasi esclusivamente a difendersi, ma nella ripresa senza soffrire smodatamente. C’è da dire che molto ha contribuito l’indolenza di un Bologna astratto e sotto ritmo.

Prendiamoci il punto. Tuttavia – e questo è bene sottolinearlo a caratteri cubitali – non si pensi di essere a posto. L’Hellas visto ieri non ha un pacchetto difensivo adeguato: bene Rrahmani, l’unico a salvarsi lì dietro, ma Kumbulla è acerbo e Bocchetti ha evidenziato notevoli limiti atletici. Su Davidowicz mi fermo per carità di patria. Solo un appunto, non era sufficiente in B, figuriamoci in A. Servono due difensori di livello.

Infine il capitolo attacco. Ieri abbiamo giocato senza un centravanti. Niente di sorprendente, si sapeva. Chapeau a Tutino (seconda punta) per la sua generosità e per essersi sacrificato, ma è chiaro che tutti aspettano l’attaccante del salto di qualità. Due i nomi : Simeone o Babacar. Loro più i difensori. Altrimenti salvarsi sarà impresa improba.