ZAFFARONI PER RAFFORZARE BOCCHETTI

Due le strade che Sogliano aveva davanti per sistemare la gigantesca confusione che si era creata in casa del Verona. Proseguire con Bocchetti o cambiare tutto. Sogliano ha scelto la prima strada. Vuole dare fiducia al giovane allenatore prima di bruciarlo. Ficcadenti e Ballardini restano sullo sfondo. Opzioni possibili a gennaio se Bocchetti non dovesse fare risultati. Non ora. Bocchetti sarà messo nelle migliori condizioni di allenare. rafforzato dalla presenza di Sogliano nello spogliatoio. Un riferimento che era clamorosamente mancato dopo l’addio di D’Amico. Marroccu per indole e storia professionale non è quel tipo di direttore. Prima Cioffi e poi Bocchetti sono stati abbandonati a sé stessi, in preda a dubbi e ansie troppo grandi per la loro esigua esperienza, senza punti di riferimento.

La scelta di Zaffaroni, brava persona e ragazzo serio, rafforza Bocchetti. E’ il tentativo di “ripulire” l’aria e di dare dal punto di vista “formale” un allenatore al Verona. Dervishi, francamente era un “escamotage” esagerato, che l’associazione allenatori aveva giustamente stigmatizzato. Zaffaroni è stato scelto per l’equilibrio e la voglia di collaborare con Bocchetti.

Ma soprattutto sarà un compagno di viaggio per Sasà che ora non avrà più alibi. Con Sogliano e Zaffaroni al fianco, il giovane allenatore potrà dedicarsi con più lucidità al campo. I risultati saranno sovrani. Bocchetti sa perfettamente che non potrà più avere bonus dopo le sei sconfitte, alcune immeritate.

Meglio dirlo subito: per gli errori commessi, le scarse risorse, la squadra in caduta libera e apparentemente alla frutta, salvare questa stagione è paragonabile ad un miracolo. Sogliano ci proverà fino in fondo, lottatore pugnace e tenace come pochi. Anche con un mercato che si preannuncia pirotecnico pur con mezzi risicati. Da oggi in casa Verona non si scherza più. Potete stare certi.

SOGLIANO E FICCADENTI, DUE GRANDI INNAMORATI DEL VERONA UNITI PER UN’IMPRESA IMPOSSIBILE

Ogni volta che ho sentito Sean Sogliano in questi anni la cosa che più mi colpiva era la sua nostalgia per Verona. Come se si fosse spezzato un amore così grande e il dolore conseguente lo avesse profondamente penalizzato come uomo e come professionista.
Sean è tipo sentimentale e romantico. Un orso vecchio stampo che non si è mai fatto una ragione del perché avesse dovuto lasciare l’Hellas.
Di Verona ama tutto ma in primis i suoi tifosi. Quella passione che la gente dell’Hellas sa trasmettere alla squadra per Sogliano è un’irrinunciabile “benzina” che gli è mancata dove ha lavorato successivamente.
Ma non è la sola cosa: potrà sembrare strano ma gli è mancato anche Setti. Le frizioni, gli scontri durissimi sono stati limati e ammorbiditi dal passare del tempo e dei bei ricordi. Sean a Verona lavoró bene, in autonomia ma all’interno di un team che funzionó fino a quando qualcuno decise di sabotarlo.

Ora si può dire: Sogliano era in procinto di tornare dopo la debacle del Verona di Grosso, poco prima dell’arrivo di Aglietti e della gara spartiacque col Foggia. Anche allora un Setti alla disperazione si era rivolto al suo ex ds per riprendere il filo del discorso che si era tranciato di netto il 28 maggio 2015. Poi il Verona vinse quella gara e Setti non si fece più sentire.

Anche dopo l’addio di D’Amico ci fu un contatto. Ma anche in questo caso non se ne fece nulla. Non mi ha stupito rivederlo tornare e non credo alla minestra riscaldata. Perché il ciclo di Sean a Verona non era finito ma si era solo interrotto. È una storia aperta e ora c’è la possibilità di chiudere il cerchio costruendo un’impresa che ad ora pare impossibile: raggiungere la salvezza nell’anno in cui errori clamorosi e sfortuna si sono coniugati fino a ridurre una squadra quasi perfetta a una massa informe e senza più un futuro.

Sean dovrà rivoluzionare profondamente un gruppo che va ringraziato in eterno per ciò che ha dato ma che purtroppo ha dimostrato di non avere più nulla da dare. Ma dovrà al contempo cercare un allenatore che sia in grado di accompagnare il gruppo in questa trasformazione. E qui siamo giunti al problema principale, quello che purtroppo ha sempre penalizzato Sogliano negli ultimi anni.
Sean non ha mai indovinato la scelta del tecnico da quando è andato via da qui. È passato da vecchi amici come Sannino a Carpi, poi a Stellone, Colantuono, Grosso a Bari; prese Sullo a Padova e poi cercò di ricostruire l’accoppiata con Mandorlini senza la spinta di Verona in una piazza dura da scaldare. Errori che gli hanno impedito di vincere nonostante un lavoro sontuoso al mercato.

Non c’è dubbio che l’idea di un ritorno al Verona di un gladiatore come Massimo Ficcadenti sia geniale e che Sean in questo caso farebbe una scelta perfetta. Siamo al cospetto di un allenatore che ha lasciato a Verona il cuore, un altro con una storia “aperta”, costretto a lasciare l’Hellas dopo aver attivamente bloccato la “porcata” della fusione. Ficcadenti è diventato nel frattempo uno dei tecnici più stimati del Giappone dove ha vissuto nove anni, fino ad assorbire la cultura di un paese straordinario e dove il calcio ha raggiunto livelli altissimi, sconosciuti a noi europei. In questo momento Ficcadenti è in lizza per diventare ct della nazionale dopo i mondiali. Un posto prestigioso che potrebbe scaraventarlo in una dimensione diversa. Ma la “sirena” Verona è capace di cambiare anche questa incredibile prospettiva professionale che gli si sta presentando davanti.

Essendo sia Sogliano sia Ficcadenti due uomini di calcio, entrambi con l’onestà intellettuale a guidare la loro vita e i loro comportamenti, due caratteri forti e certo intransigenti, ma entrambi legatissimi all’Hellas pur in modi e tempi differenti, non ho nessuna difficoltà a credere che questa strana “accoppiata” possa essere quella giusta per salvare il nostro amato club gialloblù. E a quel punto potremmo persino dire che Setti non ha solo una sfacciatissima fortuna ma anche la capacità imprenditoriale di affidarsi ai collaboratori giusti. Quando vuole.

SETTI, MA ALLORA FU SOLO UNA SFACCIATISSIMA FORTUNA?

Trova Sogliano che s’incastra perfettamente con Mandorlini e poi gli fa fare plusvalenze milionarie e disfa tutto per ascoltare lo “Schettino” dei conti, quello che ad aprile col Verona ultimo se ne andò all’Inter. Poi prende Bigon che ne combina peggio di Bertoldo, è costretto a riparare da Fusco che lavora come un liquidatore, torna in serie A vincendo un rocambolesco derby col Vicenza e un miracoloso gol di Romulo, poi pianifica la retrocessione in B, arriva ultimo, Fusco se ne va ma lui si affida a Tony D’Amico, un carneade inesperto. I due prendono Grosso, il Verona annaspa, arriva Aglietti che con un colpo di reni agguanta in extremis la promozione in serie A, nel frattempo c’è un contratto da rispettare con Juric (già pronto ad allenare in B, come lui stesso ammise) e il Verona svolta.

Il generale Ivan imprime un passo diverso al Verona, comunicativo e organizzativo. D’Amico ne beve la conoscenza calcistica come una spugna fino a diventarne un alter ego. Il Verona costruito a zero diventa una bellissima rivelazione, Setti pare baciato da sapienza e fortuna. D’Amico e Juric permettono a Setti di diventare ricchissimo, macinano plusvalenze a iosa, si staccano dividendi e stipendi che nemmeno Agnelli, Setti è persino riabilitato davanti alla piazza. Addirittura quando va allo scontro con Juric sono in molti a parteggiare per il presidente, è lui ad averlo voluto dicono, Juric l’ingrato. E Setti vende, vende sempre, tutto il vendibile. Tanto poi ci sono Ivan e Tony a rifare la tela.

Juric chiede di più, chiede un salto di qualità, è utopico e visionario. Setti gli sbatte in faccia i conti, non accetta, non vuole alzare l’asticella, i due si dividono. Tocca a D’Amico fare Juric, ma prima c’è l’errore Di Francesco subito riparato dal dietro front e dall’arrivo di Tudor, amico di Ivan, già contattato in estate. Ne esce una stagione epica. Ma le crepe emergono ad aprile. Tony chiede qualche investimento e più autonomia rispetto alla “donna dei conti”, Simona Gioè che nel frattempo ha sempre più potere e prende sempre più decisioni. D’Amico in questo clima e con l’Atalanta che lo corteggia, se ne va, Tudor lo segue. In tre anni Setti perde tutte le sue galline dalle uova d’oro, compreso Anselmi il saggio ufficio stampa che riesce a equilibrare tutte queste forti personalità. C’è ancora una volta aria di ridimensionamento, che in pochi mesi estivi diventa un imbarazzante smantellamento. Forse stufo di essere tirato per la giacchetta o forse desideroso di dimostrare di essere il più importante nel Verona, Setti prende un ds “aziendalista” come Marroccu (con il bene placet di Gioè), i due scelgono Cioffi (se il padre di certe scelte, vedi Juric, è certo, di altre come Cioffi è incerto…), vendono, svendono, smantellano, cambiano rotta.

Il resto è cronaca: Cioffi è triturato da una società che non lo accompagna, vittima dello stesso errore che ha già “fulminato” Di Francesco. Proseguire con il gioco alla Juric, senza averne sensibilità e capacità. Squadra a Bocchetti, risultato che non cambia. Il Verona fa schifo, è un disastro, dieci sconfitte consecutive. Il tutto in meno di sei mesi.

Setti esce così in conferenza stampa e pare un coniglio bagnato. Non sa, è confuso, crede di aver fatto tutto bene. Non si è ancora accorto dopo tutti questi anni che le persone fanno la differenza. Che Bigon non è Sogliano, che Marroccu non è D’Amico, che Cioffi non è Juric. E’ stato solo fortunato in passato? Un dubbio che oggi ha più certezze. Ma ora Setti può ancora incredibilmente rimediare. E dimostrare a tutti che in quei Verona-meraviglia c’era anche un po’ della sua bravura.

IL VERONA NON SI MERITA QUESTO SCEMPIO. NONOSTANTE UN PRESIDENTE “FANTASMA”

Siamo scarsi. Siamo ultimi. Abbiamo un presidente che non investe e che in questa stagione ha sbagliato praticamente tutto. Non serve assolutamente che ci pensino gli arbitri ad affondarci. Nonostante tutto quello che ripetiamo dall’inizio della stagione ci piacerebbe che il Verona retrocedesse per de-meriti propri e non perchè lo ha deciso qualcuno. Mi pare evidente che ormai l’Hellas sia stato individuato come il vaso di coccio da rompere a piacimento. Solo gli imbelli di via Olanda non se ne stanno accorgendo. Non è un complotto. Semplicemente il Verona è debole. Debole dal punto di vista politico, debole nell’immagine, con un proprietario che drena risorse al mondo del calcio invece di metterne. Ma questo non significa che sia giusto lo scempio a cui puntualmente assistiamo domenica dopo domenica, giornata dopo giornata. Di Bello con il Var Nasca ne hanno combinata un’altra, condita dalle solite supercazzole regolamentari che sostengono con le parole ciò che le immagini mostrano chiaramente. Interpretazioni che ovviamente saranno smentite puntualmente non appena un rigore come quelli che stasera spettavano al Verona saranno assegnati ad una delle Grandi del nostro piccolo calcio. Siamo della generazione che ha visto Wurtz e non ci stupiamo sicuramente se un Di Bello nega due rigori al Verona. Sappiamo bene come lo schifo possa raggiungere di volta in volta profondità prima sconosciute. Eppure con fanciullesca innocenza ogni volta ci approcciamo con la speranza che il gioco sia pulito, che si possa solamente parlare di calcio, che non ci sia un arbitro a demolire una prestazione di cuore e gamba come quella del Verona di stasera. 

E’ stato Salvatore Bocchetti, nella sua miglior conferenza stampa (spontanea, senza fronzoli, con il giusto pathos e la rabbia che emergeva nel vibrare della voce) a difendere il Verona e i suoi tifosi. 

Sarebbe stato bello che fosse stato il nostro presidente, l’uomo che rappresenta il nostro club, a comparire pubblicamente a difendere il suo/nostro interesse, ma più in generale a difendere il nostro orgoglio, la nostra sportività e la nostra dignità sportiva e perchè no? anche una città che nel calcio italiano ha una tacca storica come lo scudetto. Ma forse questo è chiedere troppo. Del resto, non è retorica ma Dna. Siamo sempre soli contro tutti. Da tanti anni.

ECCO, LA MUSICA E’ FINITA, GLI AMICI SE NE VANNO, CHE INUTILE SERATA…

A Monza è finito un ciclo. Un meraviglioso, bellissimo ciclo, iniziato con quel genio di Ivan Juric, proseguito con Igor Tudor, con notaio Tony D’Amico. Quel Verona non c’è più. Demolito dal mercato, dal ridimensionamento societario, dall’incapacità evidente del ds Marroccu. E’ finito un gruppo di lavoro straordinario, che bisognerà sempre ringraziare, ma che ora va velocemente sostituito prima che lo spettro della serie B, diventi una certezza.

Un gruppo che ha bruciato già due tecnici ricercando ossessivamente un metodo d’allenamento e di gioco che semplicemente non esiste più. Dice Marroccu che questo gioco il Verona ce l’ha nel suo Dna. Era vero prima che lui sbarcasse a Verona: peccato però che grazie alla sua opera tre quarti di quel Verona è stato svenduto, soprattutto nelle figure con maggiore qualità e chi è arrivato non ha doti e caratteristiche per poter fare quel calcio. E quindi oggi il Verona è un “mostro” bicefalo in cui alcuni vecchi protagonisti sono logori e stanchi, mentre gli altri sono semplicemente inutili.

Cioffi ha provato una “rivoluzione” morbida, cercando di salvare “capra” (la sua panchina) e cavoli (i risultati). Non solo non è stato protetto, ma è stato messo sulla graticola prima ancora dalla società che dalla critica e dai tifosi. E’ stato esonerato dopo la sua miglior gara, quella di Salerno. Il cerino è passato nelle mani del poverò Sasà Bocchetti, il quale con la dolce incoscienza dei neofiti si è preso nelle sue generose mani una patata bollente da cui sarebbe sfuggito anche Mourinho. L’impresa è apparsa fin troppo ardua per gli attuali mezzi del giovane allenatore, il quale ha portato qualche concetto del calcio che fece grande il Verona, ma senza ottenere niente di più rispetto a Cioffi.

Non sfugga poi l’accanimento arbitrale, nella più completa assenza societaria, almeno pubblica. Non sappiamo se l’Hellas abbia adottato la strategia del basso profilo e se in privato abbia in realtà protestato. Certo che questo basso profilo, se esiste, non sta portando a nessun risultato. Ogni domenica ne vediamo di ogni colore. Non sappiamo cosa stiano aspettando Setti e Marroccu a farsi sentire visto che ormai vengono derisi da ogni compagine arbitrale venga a dirigere l’Hellas.

Come se ne esce? Francamente c’è poco da fare, se non evitare altre cavolate che al danno aggiungerebbero anche la beffa. Sappiamo da fonti attendibili che Lopez sta volteggiando sull’Hellas, pronto ad entrare in scena dopo la gara con lo Spezia. Marroccu ha apparecchiato tutto e come sappiamo poco valgono le sue dichiarazioni che assicurano che Bocchetti fa ancora parte del progetto. Conoscendolo potrà magari raccontarci che si può far parte del progetto anche tornando ad allenare la Primavera, così come ci ha raccontato che Caprari era incedibile fino a quando lui ha chiesto di essere ceduto e Cioffi un predestinato che farà carriera. Non a Verona, ovviamente.

GRAZIE SETTI, MA ORA È ARRIVATO IL MOMENTO DI LASCIARE

La settima sconfitta è quella che brucia di più. Bocchetti è come quei volontari della Croce Rossa che non riescono a fermare l’emorragia. Ci ha provato, ci sta provando, ma il Verona è un paziente difficile. Non è colpa del simpatico Sasà. Ci mancherebbe. Siamo convinti che non fosse neanche colpa di quel brav’uomo di Cioffi. Allenatori così giovani ed inesperti si meriterebbero società forti, staff adeguati, un’organizzazione che li proteggesse, aiutasse e non li buttasse in pasto ad un campionato come la serie A, in cui vecchi volponi come Josè Mourinho gente così se la sgranocchia a colazione. Il Verona è una squadra debole in tutti i sensi. Debole in campo e debole fuori. Brutti segnali arrivano anche dal settore arbitrale che ha individuato nel Verona una società politicamente assente, vittima sacrificale perfetta. Per riemergere servirebbe una botta d’entusiasmo, un’inversione di tendenza. Tempo ce n’è. Arrivassero gli americani con una paccata di milioni a novembre si potrebbe ricreare uno spogliatoio più consono al gioco di Bocchetti. Ma credere che Setti possa iniettare del Verona soldi freschi è come credere che Gesù sia morto a causa del freddo. E’ più alta la possibilità che venga invece ceduto qualche altro giocatore, le ultime plusvalenze di questi anni. Non ci stupirebbe per niente se Tameze, Ilic e Lazovic giocassero con un’altra maglia a gennaio. E magari anche Doig, uno dei pochi nuovi che ha fatto vedere qualche dote. Non so se Setti se ne andrà tra poco. Ma francamente questo sembra il momento giusto. Il ridimensionamento tecnico di questa stagione ha sancito la sua incapacità di reggere il ritmo finanziario della serie A. Non ce la fa più. E’ costretto a fare scommesse estreme ad ogni stagione per garantirsi stipendi elevati e dividendi milionari. Non solo il Verona deve sostenersi con i propri ricavi, ma deve essere, legittimamente per carità, anche un ricco business per il suo proprietario. La sostanza è che l’Hellas è una macchina superiore alle sue possibilità. L’ambizione della piazza, la valenza della città, la tradizione sono come una Ferrari che ha bisogno di benzina per funzionare. E se non hai i soldi per la benzina, non puoi permetterti la Ferrari. Setti è stato bravissimo a reggere dieci anni ad alto livello, nessuno potrà mai dire il contrario. Ma nel suo agire ci sono state stagioni pessime, quasi ridicole, e una sensazione di non poter mai alzare il livello. Ora forse è arrivato anche lui al capolinea. Per aver riportato il Verona in A, per avercelo mantenuto, per averci fatto vivere grandi stagioni va ringraziato. Ma ora è arrivato il momento di cedere il testimone a qualcuno che possa tornare a ridare al Verona la capacità di sognare. Non sappiamo se questi acquirenti ci siano. Ma sicuramente un’eventuale trattativa sarebbe molto agevolata se Setti non chiedesse cifre fuori mercato e si accontentasse di una comunque ricchissima plusvalenza. L’ultima della sua gestione.

PER RETROCEDERE QUEST’ANNO SERVE UN’IMPRESA

Ho appena finito di vedere l’Empoli con l’Atalanta. Ieri ho visto il Lecce con la Juventus. Ho visto spesso la Cremonese e lo Spezia. E ho visto, ovviamente il Verona. Il livello del campionato di serie A credo sia il peggiore di sempre. Soprattutto in basso. Le squadre sopra citate a cui aggiungiamo tranquillamente Sampdoria, Bologna e forse anche la Fiorentina nel calcio degli anni ’80 forse stazionerebbero in serie C. Ma forse. Il livello tecnico è così basso da pensare che solo dei matti possano investire milioni di euro in questo spettacolo. Il ritmo è da parrocchia, l’intensità dura venti minuti, gli arbitri italiani con l’aiuto del Var rendono il tutto un’oscenità.

Pensare che il Verona quest’anno possa retrocedere in mezzo ad una simile pochezza è veramente avvilente. Aver distrutto in pochi mesi un giocattolo meraviglioso e funzionante come quello degli ultimi tre anni, un delitto.

Per quanto derelitto questo Verona non può essere peggiore di queste squadre. Eppure il Verona è penultimo. Ha cambiato già un allenatore che aveva allenato per sei mesi in serie A e ne ha preso un altro che non ha mai allenato. Ci sono giocatori che ancora non sappiamo perchè siano arrivati qui e in quale contesto, il progetto tattico e tecnico disegnato da un fuoriclasse come Ivan Juric (a cui a questo punto bisognerebbe forse chiedere scusa per tutte le critiche che si sentiva dopo alcuni suoi sfoghi) è forse perduto per sempre.

Sono bastati pochi mesi e un patrimonio è stato depauperato in maniera autolesionista. Un comportamento che alimenta voci di cessione e altre di ridimensionamento pilotato, come successe nell’anno di Pecchia. Il tentativo inconscio da parte di molti tifosi di giustificare un simile livello di dilettantismo, pressapochismo, incapacità. Eppure non posso pensare, per quanto il pessimismo ormai prevalga in me, che Marroccu e Setti possano compiere una simile impresa al contrario. Ci sarebbe da vergognarsi in eterno.

CIOFFI O BOCCHETTI, IL RISULTATO NON CAMBIA. ED E’ DRAMMATICO

Era solo un’illusione pensare che i problemi del Verona fossero rappresentati da Cioffi. La verità che emerge da Sassuolo è molto più profonda e per certi versi drammatica: il Verona è un squadra fragile, scarsa in qualità e con due enormi problemi. Prende sempre gol e non ne segna. Una tempesta perfetta che se non sarà risolta porterà ad una sola conseguenza: la retrocessione. Alla sesta sconfitta consecutiva e dopo aver cambiato un allenatore, il Verona ha oggi pochi alibi. Bocchetti ha cercato di portare i concetti di Juric e Tudor ma si è trovato ad allenare una squadra in cui la qualità è drammaticamente calata e in cui ci sono interpreti che non sono adatti purtroppo a quel tipo di calcio. Non è colpa di nessuno se non di chi ha costruito una squadra improvvisando sul mercato, senza una chiara idea di dove andare a parare. E’ più che evidente che Henry e Hien non appartengono a questo calcio. Nessuno discute se siano o no buoni giocatori. Ma certamente non possono più giocare in un Verona che li respinge come se fossero organi trapiantati. Henry non riesce a legare il gioco, non si sa mai come servirlo, non pressa, sbaglia persino stop banali. Dovrebbe forse stare in mezzo all’area ad aspettare qualche cross, ma è chiaro che non è così che si sviluppa il gioco del Verona. Se ricordate il lavoro incredibile che faceva il Cholito Simeone e lo paragonate a quello di Henry, avrete trovato facilmente la radice del problema. Era Simeone che permetteva a Caprari e Barak di triangolare, che creava la profondità, che permetteva le sovrapposizioni. Anche quando non segnava, le sue gare erano sempre valutate benissimo tenendo conto del suo eccezionale lavoro “sporco”. Era probabilmente l’unico “incedibile” tra i tre dell’attacco. 

Hien è un giocatore dal motore potente ma non ha mai giocato a uomo. E’ un pesce fuor d’acqua, soprattutto come “braccetto”, ne sta combinando peggio di Bertoldo. La difesa del Verona era il tallone d’Achille anche della scorsa stagione. Le pessime performance dei difensori erano mascherate dai gol degli attaccanti. Era il primo reparto da rinforzare. E infatti Cioffi aveva indicato in Pablo Marì l’uomo giusto per cercare di alzare l’asticella. Qualcuno la scorsa settimana s’è illuso che potesse essere Magnani il nostro Beckenbauer.

Bocchetti non ha la bacchetta magica. Potrà diventare un ottimo allenatore, ma adesso si fa durissima anche per lui. Il suo imbarazzo, anche dialettico, è emerso forte nel dopo gara. Non è che sia diventato un grande allenatore solo perchè ha firmato un contratto di cinque anni. Come Cioffi, più di Cioffi, ha necessità di essere accompagnato e protetto dalla società. Deve avere accanto uno staff di valore, sulla scia che aveva indicato Juric con l’accompagnamento fondamentale di D’Amico. Non è finita finchè non è finita, questo è sicuro e celebrare ora funerali anticipati sarebbe un terribile autogol. Purtroppo però i precedenti di questa società, capace in pochi mesi, se non settimane, di dilapidare quanto di buono era stato costruito, non induce all’ottimismo.

COM’E’ DURA VIVERE IN SIMBIOSI

Stenderei un velo pietoso sugli eventi della scorsa settimana. Per ritrovare un simile grado di improvvisazione bisogna ritornare a tempi che parevano finiti per sempre. Vi ricordate i casini con Beppe Cannella-Colomba-Davide Pellegrini-Sarri-ancora Davide Pellegrini? Ecco pareva di essere tornati proprio lì con una magica macchina del tempo.

Esonerato Cioffi mancava un piano B, ma anche il C e il D erano stati smarriti. Abbiamo atteso quattro giorni per sapere il nome del nuovo allenatore mentre sul Verona aleggiavano corvacci di ogni risma. Marroccu ha risposto alle poche domande concesse dopo la presentazione di Bocchetti con “supercazzola” degna del Conte Mascetti (non il Ciccio, ma l’impareggiabile Tognazzi di Amici Miei), mentre Setti abbandonava frettolosamente la sala stampa prima che qualcuno avesse l’ardire di fargli un paio di domande.

Alla fine è arrivato Sasà Bocchetti, ovviamente secondo Marroccu “la prima scelta, fin dall’estate scorsa” quando lui l’avrebbe proposto a Setti come miglior alternativa al dopo Tudor. Peccato che al suo posto sia poi arrivato via Udinese Gabriele Cioffi, alias “il predestinato” (sic dixit Marroccu) bruciato in sole nove gare dalla stessa società che lo aveva scelto. 

Qualcosa nella comunicazione “simbiotica” tra presidente e ds non deve aver funzionato in quel momento e per la verità la “simbiosi” ha avuto qualche problema anche lunedì scorso quando girava per la sede il fidato Diego Lopez, uomo che Marroccu porta nel taschino come una pochette personale. Era lui il prestanome scelto per permettere a Bocchetti di allenare? Qui siamo nel campo delle variabili. Un po’ come la parola incedibile. Che vuol dire sì “incedibile” ma fino a quando un giocatore ti chiede di essere ceduto. E allora non sei più incedibile. Roba che a pensarci su un attimo ti viene il mal di testa con annesso senso di nausea.

Terminata questa meravigliosa farsa che Roberto Puliero avrebbe saputo raccontare con la straordinaria forza della sua satira, siamo arrivati dunque a Sasà Bocchetti. Che senza tutto quel circo sopra descritto, sarebbe stata una bella e coraggiosa idea da perseguire senza dubbio. Bocchetti rappresenta quella continuità che si cercava, un Tudor 2.0, erede di Gasp, Juric e appunto di Igor. Un ragazzo che ha visto come si fa e ha praticato spogliatoi importanti. E infatti gli effetti del suo lavoro si sono già visti contro il Milan. Il Verona si è ripreso quell’intensità da cui non si può prescindere e avrebbe meritato di non perdere questa gara, così come, non avrebbe meritato di perdere a Salerno, peraltro.

Il problema è che ora le sconfitte sono cinque di fila e che in qualche maniera la classifica va corroborata. Aspettarsi una reazione così dopo l’esonero di Cioffi era lecito, ma ora anche per Sasà viene il difficile. Bisogna far finta di niente dopo una partita in cui la sfiga ci ha visto benissimo e fare una grande partita (e soprattutto punti) anche a Sassuolo. Da lì riparte il nostro campionato.

E IO VADO CONTROCORRENTE. SE IL VERONA E’ QUELLO DEL SECONDO TEMPO SI SALVA SENZA PROBLEMI

Sarebbe semplicissimo oggi sparare sulla croce rossa, ammazzare Cioffi, Marroccu, Setti. Sarebbe facile perché il risultato è sovrano e ha detto che il Verona ne ha perse quattro di fila, l’ultima con la Salernitana, quella gara che avevamo detto essere “l’ultima spiaggia” soprattutto per l’allenatore. Ma è un gioco che non mi piace e che non ci porta da nessuna parte.

Io mi sento di andare controcorrente. Se dopo Bari e Napoli ero seriamente preoccupato, e lo ero anche dopo Firenze, la gara con la Salernitana, pur atroce beffa, mi ha assolutamente confortato. Il Verona ha perso per colpa di Ghersini e della compagnia arbitrale che lo ha seriamente penalizzato dall’inizio alla fine, convalidando un gol viziato da un fallo, togliendo un rigore dopo intervento del Var, facendo finta di non vedere una vigliacca entrata di Candreva su Doig, dando sempre ragione alla Salernitana in quei falli da mezzo e mezzo e ancora sorvolando su un altro paio di falli di mano in area, forse ancora più gravi di quello per cui l’arbitro aveva senza dubbio alcuno dato il rigore. Mi fa rabbia che solo a Verona ci sia gente che si martella gli zebedei da sola negando persino queste evidenze. Gente che poi gioca a fare l’utile idiota, peraltro, al servizio dei peggiori sgherri che transitano dalle parti di via Olanda da cui spesso sono imbeccati per oscuri fini. Ma sorvoliamo.

Il Verona mi è molto piaciuto. Ma proprio tanto. Ha giocato mille volte meglio della Salernitana e quando Cioffi lo ha sistemato ulteriormente, ancora di più. Con Djuric, oggi a mio avviso molto più utile del “paracarro” Henry, la voglia e la forza di Sulemana (bravissimo), con Doig e Verdi (sta crescendo e ha qualità, tanta) l’Hellas avrebbe meritato i tre punti. Ha preso una traversa, un palo clamoroso, ha lottato, spinto e finalmente ha avuto anche una forma, un’identità. Alla fine ha sbaglito un solo pallone, quello del 2-1 di Dia, ma giocando così, come nel secondo tempo, il Verona si salverà.

Con Cioffi? Io dico che non c’è nessun mago in giro che possa fare meglio di lui. E se la squadra non lo ha abbandonato, come è parso evidente a Salerno, il Verona deve continuare con lui. Lasciamo stare per favore i paragoni con il passato. Non siamo nelle condizioni di Pecchia che aveva una squadra impresentabile nè di Grosso che parlava scollegato dalla realtà del campo e di ciò che tutti vedevamo.

Cioffi, inesperto sicuramente, è sempre stato presente e credo che nessuno possa imputare a lui il fatto che la società abbia pensato prima a cedere disperatamente tutti i migliori della scorsa stagione e poi ha raccattato su quello che passava il convento. Nella rete sono finiti ottimi giocatori (Doig) e delle misteriose scommesse che vanno aspettate e valutate. Setti ha venduto 40 gol e svariati assist, il succo del discorso è tutto qua. Ma il Verona che abbiamo visto a Salerno è vivo. E prima di fargli il funerale io aspetterei. Se poi pensate che il Verona non debba soffrire in serie A, avete sbagliato squadra.