GIOVANE ITALIA E COSE TURCHE

 

Come sempre c’è una certa differenza tra gli auspici, le speranze, e la realtà. Tra la fiducia e l’ottimismo che ha voluto dispensare il presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, puntando sulla coesione nazionale, su una “giovane Italia”, sui giovani che rilanceranno il Paese nel 2010.

Purtroppo la giovane Italia non è più in Italia, nel senso che sono oltre 100 mila all’anno ad andarsene dall’Italia, in massima parte giovani, come certifica l’Istat. Vanno all’estero dove vige il merito, ormai perfetto sconosciuto nel nostro Paese…Qui restano anzitutto quelli a caccia del posticino pubblico; e non è certo così che può ripartire l’economia e il Paese.

Forse uno sguardo Mattarella avrebbe poi dovuto rivolgerlo anche alla “cose turche” che stanno capitando in Libia. Un caos, quello libico, che si abbatterà anzitutto sull’Italia

Non serviva certo il voto del parlamento turco arrivato ieri, si sapeva da tempo che Erdogan aveva deciso di inviare le truppe a fianco di al Serraj, per assumere un ruolo cruciale nel Paese africano con due evidenti obiettivi: sostituirsi all’Eni nella gestione delle fonti energetiche libiche e gestire i flussi migratori. Già gestisce quelli dall’Asia con il corridoio balcanico, vuole gestire anche quelli africani che passano dal corridoio libico.

Al di là del fatto che sia governata da un regime autoritario e non democratico la Turchia è un grande Paese: ha un’economia che vola, una capacità di attrarre investimenti stranieri (Germania, Stati Uniti) che noi ce la sogniamo; conta oltre 82 milioni di abitanti ed ha una storia gloriosa, quella dell’Impero ottomano, che punta e ripetere tornando egemone nel bacino del Mediterraneo.

Noi abbiamo una politica interna i cui provvedimenti funzionano bene come…il Mose. E abbiamo completamente abbandonato la politica estera; siamo completamente assenti dalla crisi libica (pur avendo il ministro degli esteri più competente e preparato di tutti i tempi…). Come se ciò che sta accadendo in Libia non ci riguardasse, quando saremo invece i primi a subirne il devastante impatto.

Non vorrei che nel prossimo discorso di Capodanno la giovane Italia venisse esortata a convertirsi all’Islam e mettersi nelle mani di Allah…

SUICIDIO: AIUTO E CONTRASTO

 

Scontata l’assoluzione di Marco Cappato dall’accusa di aiuto al suicidio del dj Fabo. Sullo sfondo c’è un profondo cambiamento culturale del quale – piaccia o no – non si può che prendere atto.

Per secoli la vita non apparteneva all’individuo. Per i credenti apparteneva a Dio e lui solo poteva decidere. E per i laici apparteneva allo Stato che – tanto per dire – poteva anche decidere di mandarti a morire in guerra; e non esisteva obiezione di coscienza.

La nuova cultura, i nuovi valori oggi stabiliscono che ogni persona ha diritto di decidere della propria vita, cosa farne e quando e come porvi termine. La magistratura, la Corte costituzionale ha solo anticipato (come spesso avviene) la politica che ora dovrà prenderne atto, varando una nuova legge conseguente.

Si spiana la strada all’eutanasia? Certo. Ma anche questo è un dato di fatto: ho il pieno diritto a decidere della mia vita, non solo quando sto male affetto da una malattia incurabile; pure quando sto bene e posso comunque decidere se continuare a vivere o no. O deve deciderlo Dio o lo Stato?

Si può aiutare senza problemi il suicidio di chi lo richieda.

Se mai sorge una domanda contraria: abbiamo diritto di contrastare, di impedire il suicidio, di chi abbia liberamente scelto di togliersi la vita?

Oggi i siti celebrano un operaio dei trasporti pubblici milanesi che ha abbracciato una ragazza che stava gettandosi sotto il metrò, impedendole di togliersi la vita. Ma siamo sicuri che avesse il diritto di farlo, di impedire la sua libera scelta del suicidio? Va celebrato o va processato per ostacolo all’esercizio della sacrosanta libertà individuale?

Domandina intrigante in linea col progressivo suicidio della nostra civiltà.

VIOLENTAVA IN ATTESA DELL’ASILO…

 

E’ diventato un caso nazionale quanto successo in un piccolo centro di accoglienza in un piccolo comune del padovano, a Tribano: un richiedente asilo nigeriano di 26 anni, arrivato nel nostro Paese da 4 mesi, attraverso la rete e riuscito a sedurre una ragazza della Repubblica Ceca di 22 anni convincendola, con una falsa promessa d’amore di matrimonio, a raggiungerlo nel centro di accoglienza.

Dopo di che l’ha segregata in una stanza, picchiata e violentata per ben 11 giorni. Senza che nessuno si accorgesse di nulla: né gli altri ospiti in attesa dell’asilo, né la cooperativa Edeco che dovrebbe gestire il centro di accoglienza e controllare cosa succede al suo interno.

Lei alla fine, tramite un cellulare, è riuscita mandare un messaggio di aiuto su Whatsapp e sono intervenute le forze dell’ordine a liberarla.

Lui ora è accusato di sequestro di persona, violenza sessuale e anche rapina; perché ha pensato bene pure di rubarle le 50 mila corone (pari a 2 mila euro) che la ragazza si era portata dalla Repubblica Ceca.

Scrive un quotidiano locale. “Quello che si compie nella campagna di Tribano è il dramma di due solitudini. Lui che scappa dalla sua terra per cercare una prospettiva migliore in Europa…”. Ma certo: povero ragazzo africano – con i tempi così lunghi per ricevere una risposta alla richiesta d’asilo – qualcosa doveva pur fare! Magari sequestrare, violentare e rapinare una giovane donna; tanto per ingannare l’attesa!…

No. Il dramma della solitudine è uno solo, quello della ragazza ceca.

Il sindaco di Tribano, Massimo Cavazzana, è infuriato anzitutto con la coop che non ha effettuato nessun controllo sui suoi ospitati. Ed ha ragione.

Ma rendiamoci conto che certi criminali efferati non riescono a controllarli nemmeno le forze dell’ordine, figuriamoci un’associazione privata di “volontari”, spesso sottopagati dal vertice che incassa i contributi.

Il problema di fondo è ben più vasto del ruolo pur esecrabile delle coop: purtroppo non arrivano solo santerellini, vittime del dramma della solitudine o della miseria o della persecuzione. Con loro entrano anche fior fior di delinquenti; capire e separare i primi dai secondi; questi ultimi controllarli, prevenire i loro crimini efferati, è un’impresa impossibile.

Almeno diciamocelo: accoglienza impresa impossibile, in Italia come in tutti gli altri Paesi europei. Oppure possibile ma solo pagando il prezzo che è stato pagato (da ultimo) a Tribano.

QUEL GROSSO RAZZISTA…

 

Abbiamo un grosso problema: c’è un grosso razzista; è Fabio Grosso, allenatore del Brescia, che ha osato mandare a casa l’eroe dell’antirazzismo da stadio, Mario Balotelli, perché si allenava in maniera svogliata.

Questa la motivazione addetta da Grosso, ma è chiaro che c’entra il colore della pelle di Balotelli, non i suoi comportamenti sempre esemplari…

Perfino la Gazzetta – incarnazione del politicamente corretto contro il razzismo nel calcio – osa ricordare le ultime che ha combinato Balotelli: 2 mila euro al ragazzo che si è buttato in mare con lo scooter, sostituito in Genoa-Brescia scalcia la macchina fotografica di un fotografo, mostra il dito medio ai tifosi dell’Inter.

Mario Balotelli è stato cacciato da tutte le società calcistiche dove ha giocato. Per il colore della pelle o perché le società serie si liberalo di qualunque giocatore si comporti da cialtrone, anche se ha la pelle bianca? Solo quel bauco di Gravina, presidente della Fgci, ha detto che bisogna farlo giocare in nazionale a prescindere…Lo cacciamo o lo teniamo al vertice del nostro calcio?

La domanda vale a 360 gradi: dov’è il razzismo nei confronti dei tanti immigrati che lavorano (anche il sabato e la domenica, più degli italiani…) si sono integrati e non creano problemi? Se poi diciamo che vanno mandati a casa o in galera quelli che arrivano dall’Est a razziare, siamo razzisti? Altrettanto nei confronti degli africani che nelle nostre città gestiscono droga e prostituzione.

Se osiamo criticare quegli islamici che impediscono alle loro donne di uscire di casa e di esercitare la libertà, siamo islamofobi e razzisti o cerchiamo di difendere il poco che resta dei valori fondanti della nostra civiltà?

Per capire qual è la deriva sarà interessante vedere se il presidente del Brescia, Massimo Cellino, caccerà Mario Balotelli o quel grosso razzista di Fabio Grosso. Cartina di tornasole.

 

BALOTELLI, VERONA E LA NAZIONALE

 

IL distinguo lo ha fatto lo stesso Mario Balotelli dichiarando (alle Iene) che i “tifosi dell’Hellas sono simpatici” e poi , ha aggiunto ci sono i “razzisti coglioni”. Non si è sognato di dire che tutti i veronesi sono razzisti, che Verona è una città razzista.

Vaglielo a spiegare ai giornaloni, Repubblica in testa che ha definito Verona una città, non solo razzista e fascista ma, addirittura nazista! Si può arrivare ad una tale faziosità a tanta disinformazione?

Il torto di Verona, agli occhi di Repubblica, è di essere una città da sempre politicamente più orientata a destra che a sinistra… Per il resto la sua storia, ma anche la sua collocazione geografica al confine con Lombardia e Trentino, la rendono una città aperta, accogliente; Molto più internazionale delle città e cittadine del Veneto profondo che sono più chiuse e provinciali.

Mettiamo, comunque, che i tifosi razzisti dell’Hellas siano 20, come accertato, o addirittura 200. Mi pare che a Palermo i mafiosi siano un tantino più numerosi; e che essere operatori della mafia sia un tantino più inquietante che essere, come li ha chiamati Balotelli, dei coglioni che fanno buhh. Eppure nessuno, meno che mai Repubblica, si è sognato di dire che tutta Palermo è mafia, che tutti i palermitani sono mafiosi. Anche perché da una vita eleggono sindaco Leoluca Orlando, simbolo dell’antimafia…

Ma c’è forse di peggio. Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, il vertice del calcio italiano, ha dichiarato che adesso bisogna subito richiamare Balotelli in nazionale. Maglia azzurra a vita. Cellino, il presidente del Brescia in cui gioca Balotelli, ha replicato che se mai in nazionale ci tornerà per i meriti dimostrati sul campo, non perché è diventato simbolo della lotta al razzismo. Puro buon senso.

Dicevo scherzando ai colleghi di Telenuovo: mandatemi venti messaggi razzisti sulle mie origini austriache, che così –da martire – rivendico il pieno diritto ad andare a dirigere il Tg1!…

Per cui resta una domanda finale: sono più coglioni i 20 tifosi dell’Hellas o il presidente della nostra Federcalcio?

ALLEANZA CONTRO NATURA

 

L’Umbria dimostra che l’alleanza Pd-5 Stelle non può reggere per il semplice motivo che è contro natura.

Poi anche Giuseppi ci ha messo del suo. Come fa ad andarci nell’ultimo giorno prima del silenzio elettorale ed esordire dicendo: “Non sono qui a fare campagna elettorale!”? D’accordo che il popolo è bue, ma ci sono dei limiti a quello che crede…Conte avrebbe dovuto dire la verità agli umbri: vi prego caldamente di votarci che altrimenti rischio di tornare a fare l’avvocato.

Alleanze contro natura. Lo era meno quella tra Lega e 5 Stelle che hanno una storia un po’comune. I leghisti infatti sono stati i naif di ieri: all’esordio poco preparati, molto fantasiosi (credevano all’indipendenza della Padania che è come credere alle scie chimiche…); poi si sono fatti, sono maturati con la lunga esperienza specie nei governi locali.

I grillini sono i naif di oggi; anche loro devono farsi, maturare. Storia comune nel senso che entrambi, Lega e 5 Stelle, nascono contro il sistema, in alternativa ai partiti tradizionali.

Mentre il Pd è il sistema (di potere e sottopotere), mai stato naif, è l’incarnazione del partito tradizionale; della grande tradizione politica sia democristiana che comunista.

A mio modo di vedere un pregio (un grande pregio). Ma non per chi proclamava “vaffa!, mandiamoli tutti a casa!” e per questo ha votato 5 Stelle.

Chiaro insomma che per l’elettorato grillino l’alleanza col Pd è contro natura. Tant’è che in Umbria la fuga dei voti è avvenuta anzitutto dal Movimento 5 Stelle.

I vincitori, cioè Salvini, hanno un altro problema: gli intoccabili.

Il leader della Lega ha infatti annunciato più volte una drastica riforma della giustizia, che tra i vari provvedimenti introduca la responsabilità anche per i magistrati come esiste per tutte le altre professioni.

Ma guai a toccare gli intoccabili: ti eliminano, non nell’urna, ma per via giudiziaria…

GERMANIA (E FRANCIA) E VERI SOVRANISTI

I talk show politici di Telenuovo sono sempre in diretta, perché riteniamo fondamentale – oltre agli ospiti in studio – le telefonate dei telespettatori; sentire le valutazioni e dialogare con loro.

L’altro giorno a Rosso & Nero, si parlava di Europa e delle sue carenze, di una vera Unione mai nata. Telefona una signora e dice: per forza, perché i veri sovranisti in Europa sono la Germania e la Francia!

Un’osservazione fondamentale che mai nessun giornalista, osservatore, opinionista di professione, aveva fatto. Tutti a dire che questi sovranisti – sempre da condannare – sono la Le Pen, quelli di Visegrad, il Salvini di “prima gli italiani”.

Se essere sovranisti significa voler fare anzitutto l’interesse del proprio Paese, chi più della Francia e più ancora della Germania non si è limitata a dire, ma ad operare nei fatti per venissero prima, perché fossero privilegiati, anzitutto i tedeschi? Basta pensare al provvedimento chiave, l’introduzione della moneta unica, l’Euro equiparato al Marco e penalizzante per tutte le altre valute europee.

Il sovranismo tedesco è il macigno che impedisce la nascita di una vera Unione europea che operi cioè a vantaggio di tutti gli Stati membri.

E qui viene in mente il grande Giulio Andreotti che – alla caduta del muro e alla riunificazione tedesca – ironizzava: amo talmente la Germania che avrei preferito ne restassero due…Perché proprio quella fu la morte dell’ideale dei padri fondatori: cioè la nascita di una Stato tanto potente da rendere vassalli tutti gli altri.

Una situazione oggi via più aggravata dalla Brexit, cioè dall’uscita dell’unico Stato che – sia pure con piede dentro e l’altro fuori – poteva contrastare lo strapotere tedesco.

Da qui in avanti la Germania sarà ancor più dominante nella Ue. Onore al merito di questa signora che, con la sua telefonata, ci ha aperto gli occhi e imparato a chiamare sovranista chi lo è nei fatti e non solo nei vani propositi.

PARLAMENTARI, IL GRANDE ALIBI

Al di là che la riduzione dei parlamentari sia una sciocchezza, sia sotto il profilo dei risparmi che della rappresentatività democratica, resta un provvedimento assolutamente popolare. Perché rappresenta il grande alibi di tutti noi italiani.

Consente cioè di credere e pensare che i soli farabutti, strapagati, carichi di privilegi e fanagottoni, siano i parlamentari. Mentre noi italiani siamo sobri, ligi ai doveri, privi di privilegi, sottoposti a rigorosi controlli di produttività, mai assenteisti a piacimento.

Per dirne una. Alla Camera e al Senato ci sono più funzionari che parlamentari; con privilegi e stipendi analoghi se non superiori, anche se privi della sovranità popolare. Riduciamo drasticamente anche il loro numero o no?

Per dirne un’altra. Alitalia ci costa molto più dell’intero parlamento: dieci miliardi il deficit ripianato negli ultimi anni. Una hostess mi raccontava che lei, come il resto del personale, (oltre ad essere pagati il doppio e lavorare la metà rispetto al personale Ryanair e Easyjet) possono far viaggiare gratis i figli. Vi risulta che questo privilegio valga anche per i figli dei parlamentari?

Lasciamo stare il numero spropositato di ferie, la mancanza di controlli sulla produttività e l’assenteismo, anche nel settore privato. Tutti gli ufficiali che, da colonnelli, sono andati in pensione con l’assegno da generali. I milioni di baby pensionati con poco o nulla di contributi versati.

Il vero problema è il sistema Paese. Giuseppe Mazzini andrebbe ricordato per quel volumetto che si intitola “I doveri dell’uomo” e recita: “Ogni diritto è la conseguenza di un dovere compiuto”. Mentre noi tutti l’obbligo dei doveri l’abbiamo rimosso, per fare spazio ai diritti a raffica e a prescindere

Ma per fortuna i 5 Stelle ci hanno offerto la possibilità di prendercela con quei farabutti dei parlamentari. E tutti gli altri partiti a seguire la vergognosa onda demagogica.

 

MEGLIO IL CONTANTE DELLE CARTE

 

Sarà una questione anagrafica, ma avere un po’ di banconote nel portafoglio mi fa sentire più tranquillo rispetto alle tesserine di plastica del bancomat e della carta di credito.

Senza aggiungere che un po’ di contante in casa è la garanzia, o la speranza concreta, che i ladri entrati a far razzia se lo mettano in tasca e se ne vadano contenti senza riempirti di botte.

Tassare l’uso del contante è assurdo, significa tassare una seconda volta il denaro, lo stipendio, sul quale hai già pagato le imposte.

Certo, in tanti altri Paesi sta diffondendosi sempre più l’uso delle carte di credito. Ma per un semplice motivo: è conveniente, non penalizzante come da noi. Esiste che, per fare un prelievo bancomat dal tuo conto corrente, di cui già paghi la gestione in banca, venga aggiunta anche una commissione?! Potendo converrebbe andare a prelevare direttamente allo sportello bancario.

Esempio londinese: gli autisti di Uber hanno la garanzie che, quando li chiami, hanno già pagato il percorso senza alcun onere per loro. Da noi tanti commercianti – a ragione – rifiutano i pagamenti con certe carte di credito perché sono per loro particolarmente onerose.

Per lo stesso motivo non c’è distributore di carburante che accetti pagamenti con la carta inferiori ad una certa cifra.

In nessun altro Paese europeo il servizio bancario costa quanto da noi. Il canone annuo delle carte di credito è salito del 76%; e sono in crescita anche le commissioni su pagamenti automatici e bonifici on line. Potessimo pagare tutto con i contanti ci guadagneremmo, così invece abbiamo solo costi aggiuntivi.

Ormai non c’è pagamento di stipendio a dipendente che non avvenga sul suo conto corrente. Quando avremmo l’interesse a tenere i soldi, non in banca, ma sotto il materasso come si usava nel bel tempo antico…

In ogni caso la strada da percorrere –almeno in teoria – è ovvia: nessun problema ad usare le carte, nessuna necessità di misure coercitive, se fossero un vantaggio; tanti problemi a farlo finchè per il cittadino sono una fregatura rispetto al contante.

 

RENZI E SALVINI, I DUE GEMELLI

Al di là del fatto che se le diano di santa ragione (o che fingano di farlo…), Renzi e Salvini sono due autentici gemelli: molti simili nell’ottenere successi strepitosi, anche nel compiere errori clamorosi, ma capaci comunque di risorgere. In sintesi: gli unici due politici di serie A.
Quando Bossi fu fatto fuori dagli “investimenti esteri” di Belsito, tutto lasciava credere che la Lega l’avrebbe presa in mano Maroni, che però era un ottimo amministratore – sia da ministro che da presidente lombardo – ma non un leader politico (tutt’altra cosa…).
Arriva quel ragazzotto di Matteo Salvini, trasforma la Lega da partito territoriale a partito nazionale, e la porta ad un successo impensabile già alle politiche del 2018 (scavalcando Fi del Berlusca); per non parlare delle Europee. Poi “scambia il Viminale per il Quirinale” (De Benedetti dixit) e fallisce clamorosamente l’obiettivo delle elezioni anticipate. Ma resta ed è vivo e vegeto e al top di consensi.
L’altro Matteo. Partiamo da un ragazzino che viene dal mondo cattolico e – quando il Pci era il Pci, e Firenze una roccaforte rossa – diventa prima presidente di provincia e poi sindaco. Un talento inaudito, vien da dire senza precedenti.
Poi stravince le primarie, trionfa alle Europee 2014 e fa l’errore catastrofico di scambiare il referendum sulla Costituzione col referendum su Matteo Renzi…
Ma anche lui risorge. Prima spinge Zingaretti a fare il governo coi 5 Stelle e subito dopo esce dal Pd diventando il dominus dello stesso governo Conte bis. Una capacità di strategia politico unica; prendiamo atto…
Cosa farà adesso con Italia Viva? E chi lo sa, vedremo. Chi avrebbe mai detto o pensato che l’altro Matteo potesse trasformare la Lega Nord in Lega Italia?.
L’unica cosa dimostrata dai fatti è che i due Matteo sono gemelli: gli unici politici di seria A. Gli altri di serie B, quando non da campionato dilettanti…