Ci sono medici eroi, non c’è dubbio. Penso anzitutto a quei giovani camici bianchi che – in piena emergenza – fanno le guardie mediche di notte in provincia, da soli in ambulatori dove entra di tutto…
Ma non ci sono solo eroi. Racconto cosa mi è successo.
Vivendo e abitando vicino a Vò Euganeo, dove mi recavo quotidianamente, mi hanno consigliato di stare in autoisolamento un paio di settimane per evitare di contagiare amici e colleghi.
Tutto bene, non ho avuto sintomi; ma, per ulteriore prudenza, prima di tornare al lavoro ho pensato di fare il tampone sabato 7 Marzo. Mi hanno spiegato che era possibile al reparto di Malattie infettive del Policlinico di Padova, la più grande e celebrata struttura ospedaliera del Veneto.
Dei cartelli spiegavano che nel fine settimana –sabato e domenica – potevi farlo, non al reparto, ma nell’ambulatorio adiacente dove sono andato trovando 20-25 persone in attesa.
Pensavo di dover aspettare un’oretta. Ma dopo 3 ore e mezza – dalle 11 e 15 alle 14 e 45 – erano stati fatti solo sette tamponi. Come mai? Perché, assieme ad un gruppo di infermiere, era operativo un solo medico che doveva correre dall’ambulatorio anche su al reparto dove continuavano ad arrivare malati critici. In quelle ore morì anche uno dei ricoverati.
Di fatto in piena emergenza coronavirus, nel reparto del più prestigioso ospedale veneto, era di turno un solo medico durante il fine settimana.
Quindi mi domando se, al di là dei medici eroi che certamente ci sono, non ci siano anche quelli che – per convincerli a lavorare nel week end – dovresti mandare i carabinieri a prenderli…