LA “STELLA” CHE BRILLERA’ SEMPRE

Sono le 7.31 del 13 ottobre 2014. Sono in piedi da mezz’ora e sto preparando mio figlio Donato per portarlo al nido. Si illumina il telefono. Il messaggio è di Stefano Edel. “Furio Stella è morto poco dopo le 2 all’ospedale di Monselice. Sono distrutto”. Mi siedo. Mi manca il respiro. Non riesco nemmeno a piangere, a buttare fuori il dolore. Mi rimane tutto dentro, incastrato tra il cuore che batte come un tamburo bastonato e la bocca dello stomaco irrimediabilmente chiusa. Sapevo che non mancava molto a quel momento, sapevo che il male che ti portavi dentro non saresti riuscito a sconfiggerlo nonostante una forza d’animo che pochissimi hanno, ma cosa vuoi che ti dica Furio: non si è mai pronti al distacco senza ritorno. Mai.

Mi siedo sul divano. Guardo verso l’alto. E ti vedo, Furio. Vedo i tuoi occhi azzurri e il tuo sorriso appena accennato. Poi ti sento sghignazzare. Probabilmente stavi raccontando a Dio qualcosa della tua vita. Una vita piena, intensa, mai banale, che sei riuscito a trasferire in tutta la sua originalità nel mestiere di giornalista, che ti apparteneva come a pochi di noi. Noi che abbiamo cercato di imparare da te ma non potevamo raggiungere le tue vette, pur provando a seguire il tuo esempio. Vogliamo parlare delle vignette che disegnavi? Ironiche quanto gli articoli che scrivevi. Una volta me ne mandasti una. Stavo intervistando Antonio Di Nardo e di me si vedevano solo gli stivaloni che erano lunghi quanto Di Nardo stesso. Era senza parole. Non servivano. Faceva ridere così.

E le tue interviste? A te non fregava nulla del canovaccio tipico del calciatore: “abbiamo giocato con il coltello tra i denti”, “dobbiamo dare il centodieci per cento”, “ci aspetta la partita della vita”. Se provavo a inserire in un mio articolo anche solo mezzo virgolettato del genere alzavi il telefono e mi dicevi: “Martina, con queste notizie io mi ci pulisco il c… Riscrivi il pezzo per favore e fai in modo che i nostri lettori possano rilassarsi cinque minuti nel leggerlo. Con queste banalità gli facciamo venire l’orchite”. Per te “la partita della vita” era provare ad andare oltre le frasi fatte senza alcun contenuto emotivo.

Già, le emozioni. Tu ne regalavi anche solo chiedendo a una persona come stava, mettendole la mano sulla spalla o abbracciandola. Figuriamoci quante se ne respiravano nei tuoi pezzi, quando andavi oltre l’uomo in mutande che rincorre una sfera rotante. Raccontando, mai banalmente, che giochi faceva da piccolo, quanti fratelli aveva, se aveva la morosa, se gli piaceva cucinare, se suonava uno strumento, se aveva un tatuaggio e il suo significato, in un’epoca in cui faceva notizia averne uno, non come adesso che fa notizia non averne, di tatuaggi.

E le tue pagelle? A volte brevi e spietate (La Grotteria in un Pro Patria-Padova: “sperduto nelle pampas bustocche. Voto 5”; Un attaccante di cui non ricordo il nome al termine di una partita vinta per pura fortuna negli ultimi minuti: “e dovremmo dargli 6 solo perché ha fatto un gol di schiena per grazia ricevuta? Pussa via. Voto 5”), altre volte quasi dissacranti (Thomas Fig che rientra in campo dopo un lungo infortunio: “Ah finalmente un po’ di Fig in campo: voto 6”, senza contare che Fig era entrato al posto di Seno…).

Se un calciatore ti piaceva perché ci vedevi un talento particolare (ricordo ad esempio il brasiliano Robert, primi anni 2000), te lo prendevi da parte e, come un papà, provavi a dargli qualche consiglio. Di cuore. Appoggiando la penna e il blocco degli appunti per entrare dentro di lui.

Furio caro, potrei andare avanti a scrivere per ore racconti su di te. E non passa giorno in cui il grande dolore per averti perso così presto non sia un po’ attenuato dalla consapevolezza che è stata un’immensa fortuna, umana e giornalistica, per me aver vissuto con te più di 10 anni di lavoro quotidiano. Chissà cosa avresti detto del Coronavirus. Vorrei tanto sapere come l’avresti affrontata questa pandemia. Che spiegazione ti saresti dato, nel tuo essere geniale.

Mi limito qui oggi (magari l’anno prossimo scriverò un altro pezzo) ad un ultimo lato umano. Quando seppi che un male di quelli che non perdonano aveva deciso di attaccarti ti telefonai. Era fine maggio del 2012. “Ciao Furio come stai?”. “Allora Marty – mi rispondesti – bene non sto. Quindi se mi chiami d’ora in poi deve essere o per darmi una buona notizia o per raccontarmi una barzelletta. Ma non chiedermi più come sto. Per quelli nelle mie condizioni sentirsi chiedere ‘come stai’ non è per nulla una gran cosa”. “Aspetto un bambino Furio. E’ un maschio. Si chiamerà Donato e nascerà a dicembre”. “Looooooo (diminutivo di Carlotta, sua moglie, ndr) avevo ragione io: la Marty aspetta un bambino. Che bello. Marty, sono felice con te”.

Non prendevi mai l’aereo, Furio. Le tantissime trasferte insieme le abbiamo fatte tutte a bordo della tua Honda civic grigia, girando principalmente Lombardia, Marche, Emilia Romagna e Toscana. Nell’anno in cui il Napoli era in serie C (2004-2005) pur di non volare hai preso il treno e hai viaggiato di notte. Ora però so che, da quel maledetto 13 ottobre 2014, stai volando in cielo in mezzo alle nuvole. Come il falco che sei sempre stato.

P.S.: avresti compiuto oggi 63 anni. Eri un Ariete. Segno forte, determinato. Un abbraccio infinito a tua moglie Carlotta e a tuo figlio Lenny che il 29 febbraio ti ha reso nonno del piccolo Anthony (che, non vorrei dire, ma ti somiglia un sacchissimo!). Un abbraccio affettuoso anche a Fabio e Carla.

IN ATTESA

Il tifoso biancoscudato, come ogni altro cittadino padovano in questo momento, si trova a vivere una situazione che è insieme di attesa (nella speranza che l’emergenza torni a trasformarsi al più presto in normalità) e di preoccupazione (per il propagarsi di questo famigerato Coronavirus). Il calcio Padova si sta allenando a porte chiuse, cercando di concentrarsi solo sul ritorno alla vittoria in campo quando si potrà di nuovo giocare. Ricordiamoci che la squadra viene da una sconfitta contro la Fermana in cui ha mostrato il peggio di sè: Mandorlini la sta tenendo sotto torchio con allenamenti in cui c’è davvero poca possibilità di distrarsi o alleggerire la giusta tensione agonistica, quando il campionato riprenderà l’approccio non potrà che essere quello giusto per non perdere ulteriori colpi e anzi riprendere a vincere.

Peraltro, visto che la preoccupazione per il Coronavirus è ovviamente entrata anche nello spogliatoio biancoscudato, ci ha pensato il medico sociale Antonio Paoli a parlare coi giocatori per dare le indicazioni di base su come evitare il più possibile il contagio e sull’atteggiamento da tenere in generale nella loro vita sportivo-lavorativa, contribuendo a far tornare un po’ di serenità da questo punto di vista nel loro stato d’animo.

Riepilogo qui, per semplicità, le date dei recuperi delle tre partite che non si sono giocate in questi giorni (chissà se anche per il Padova, come per il Cittadella in B, si procederà a giocare, quando si riprende, a porte chiuse: vi terremo ovviamente informati se ciò sarà).

Arzignano-Padova sarà disputata mercoledì 11 marzo

Ravenna-Padova sarà disputata mercoledì 18 marzo

Padova-Triestina sarà disputata martedì 14 aprile

 

CHE RAMMARICO…

Il Padova oggi a Cesena è andato per alcuni tratti della partita in difficoltà come mai l’avevo visto nelle prime partite con Mandorlini in panchina.

C’era da aspettarsi che potesse succedere una cosa del genere e per diverse ragioni: 1) L’allenatore ha cambiato in modo radicale il modulo di gioco, passando dal 3-5-2 al 4-3-3. Bisognerà lavorare settimane e settimane prima che la squadra giri davvero come si deve e lo faccia per tutti e 90 i minuti; 2) i giocatori stanno facendo un forte richiamo della preparazione atletica: è normale che le gambe possano non essere sempre al massimo della brillantezza; 3) al mercato di gennaio sono arrivati diversi elementi nuovi, gettati subito nella mischia. Questi fino a pochi giorni fa militavano in tutt’altra realtà. Ci vuole del tempo perché si abituino a questa e si amalgamino col resto del gruppo. I cambiamenti sono stati tanti, soprattutto in attacco.

Fatta la doverosa premessa però mi sento di dire che i due punti che lasciamo al “Manuzzi” hanno il triste sapore dell’occasione persa. Soprattutto alla luce degli altri risultati della giornata. Nonostante le problematiche vissute dai biancoscudati infatti, Buglio era riuscito a realizzare il gol del vantaggio. Con un sinistro dei suoi. Pulito. Potente. E ha segnato al 78′, mica al 5′ del primo tempo. Bastava davvero un niente per congelare il pallone e portare a casa un successo incredibile. Invece è arrivato il pareggio a una manciata di minuti dal termine.

Peccato davvero. Speriamo di non doverli rimpiangere troppo questi due punti. La caduta della Reggiana col Carpi e il secondo pari di fila del Vicenza ci insegnano che il campionato è tutt’altro che già scritto…

UN’ARIA DIVERSA

Credo che lo scherzo che Mandorlini padre ha fatto a Mandorlini figlio nel finale di partita, in occasione del rigore che ha poi portato a fissare il risultato sul 4-0 per il Padova, sia l’emblema di come l’aria si sia fatta più leggera dalle parti della Guizza e di conseguenza anche in campo la domenica. “Ho detto a Matteo di tirare il rigore, ma non ha capito che scherzavo – ha raccontato l’allenatore biancoscudato alla fine della partita odierna all’Euganeo – quando l’ho visto andare verso il dischetto ho dovuto urlargli: ‘Ma dove vai?’ e richiamarlo indietro”.

Un episodio banale, avvenuto a vittoria già acquisita, ma che la dice lunga appunto sui grandi cambiamenti portati in pochi giorni dal nuovo mister. Soprattutto in termini di tranquillità ambientale. La leggerezza, però, riguarda solo il clima nel quale la squadra finalmente si ritrova a lavorare. Non riguarda minimamente la metodologia di lavoro di Mandorlini che invece, per sua stessa ammissione, sta mettendo sotto torchio i giocatori soprattutto per riportarli ad un buon livello di brillantezza fisica. Un lavoro evidentemente finalizzato ad una durata più lunga visto che il primo posto è ormai sfumato e si dovranno giocare gli “eterni” playoff della serie C.

Il Padova ha fatto piccoli ma significativi passi avanti. Deve adattarsi ad un nuovo modulo. Deve dare il modo ai nuovi arrivati di trovare la loro dimensione nel gruppo. A piccoli passi guardiamo dunque con fiducia alla prossima gara a Cesena. E poi a quella successiva con la Fermana. Senza voli pindarici. Con la consapevolezza, però, che la strada è tornata ad essere quella giusta.

P.S.: mi dispiace sempre molto per Sullo e infatti in questo post scriptum voglio riconoscergli un grande merito. A Padova, visto l’esonero, non è riuscito a lasciare un segno in termini di risultati. Però ha avuto la grande intuizione di credere fin da subito nel difensore Matteo Lovato che, nella finestra di mercato appena chiusa, è stato ingaggiato addirittura dal Verona in serie A con un contratto fino al 2024. Questo lancio nell’iperspazio pallonaro è merito (anche) di Sullo che ha avuto il coraggio di farlo giocare praticamente sempre, anche quando in panchina si doveva sedere al suo posto un certo Nicolò Cherubin. Il capitano. Il veterano. Se il Padova ha potuto vendere Lovato, un grazie lo deve a Sogliano che quest’estate è andato a riprenderselo al Genoa ma anche a Salvatore Sullo che in questi mesi ha saputo valorizzarlo.

UN PASSO ALLA VOLTA…

E insomma dai, buona anche la seconda. Dopo la vittoria contro la Virtus Verona, l’ottimo pari in casa del Carpi.

Ottimo perché il Padova ha disputato un gran primo tempo portandosi meritatamente in vantaggio con Kresic, ma nella ripresa ha rischiato ben oltre il pareggio (altrettanto meritato) di Biasci.

Ora finalmente Andrea Mandorlini, che siede appunto da due giornate sulla panchina biancoscudata al posto dell’esonerato Sullo, avrà una settimana intera per lavorare in vista della sfida casalinga di domenica 2 febbraio contro la Vis Pesaro. E’ importante perché non solo il tecnico ravennate potrà conoscere meglio le caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione ma potrà anche contemporaneamente dare le indicazioni che servono al direttore sportivo per pescare sul mercato quegli elementi che mancano per interpretare alla grande il suo 4-3-3. Il calciomercato sta per chiudere, il tempo stringe, bisogna decidere in fretta chi dovrà andare via e chi acquistare.

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Da quando il Padova ha comunicato ufficialmente la decisione di esonerare Salvatore Sullo, sono andata a risentirmi più volte l’ultima conferenza stampa dell’allenatore napoletano. L’ho ascoltata e riascoltata. E mi son resa conto che, pur trattandosi della vigilia della sfida contro il Modena, quella in cui in teoria si giocava l’ultima chance di rimanere in sella alla guida tecnica della squadra, il tecnico ha parlato come se già sapesse che sarebbe stato esonerato. Ha parlato da allenatore già fuori dai giochi. Ha lasciato in quel frangente il suo “testamento calcistico” padovano, dicendo chiaramente che era venuto a Padova per un progetto di tre anni e che quel progetto ormai non esisteva più. E che, se la società aveva smesso di sostenerlo in un momento oggettivamente difficile perché riteneva che a questo punto del campionato doveva stare primo a pari punti col Vicenza, allora era giusto che venisse esonerato.

Stasera, vedendo la squadra scendere in campo agli ordini di Andrea Mandorlini con un atteggiamento fisico e mentale diametralmente opposto a quello delle ultime due gare, ne abbiamo avuta la riprova. La squadra non seguiva più l’allenatore o perlomeno non riusciva più a metterne in pratica i dettami. Perché? Un po’ per i motivi detti senza mezzi termini da Sullo: la società, ad un certo punto, lo ha lasciato andare senza tutelarlo più. Un po’ perché lui stesso si è evidentemente “incartato” nelle sue certezze creandosi una condizione che in queste ore mi è venuto di definire come troppo “Sullocentrica”. Lui è sempre stato convinto di essere nel giusto e non ha accettato di farsi guidare e consigliare da chi aveva il compito di farlo. Insomma ha sempre fatto di testa sua: finché gli è andata bene e i risultati gli hanno dato ragione è stato applaudito, quando sono arrivate le prime difficoltà e non si è spostato di un millimetro dalle sue posizioni il giocattolo gli si è progressivamente sbriciolato tra le mani.

Ora che Mandorlini ha vinto la prima, però, i problemi non sono certo risolti. Sentivo che il mister avrebbe utilizzato il 4-3-3 proprio come fece 13 anni fa trasformando in questo modulo il 4-1-4-1 o 4-4-2 di Maurizio Pellegrino in pochissimi giorni (stavolta lo ha fatto in un giorno e mezzo addirittura!). Ma lì davanti, pur avendo mostrato un lodevole spirito di adattamento e sacrificio, Soleri e Nicastro non hanno proprio le caratteristiche per fare gli esterni nel tridente offensivo. Stasera che l’onda emozionale e motivazionale prevaleva giustamente su tutto il resto è andata bene. Ma non so se nel lungo periodo potranno rendere molto in un ruolo che per loro non è naturale, così come ritengo che Baraye sia troppo limitato se viene schierato come terzino sinistro nella difesa a 4.

Credo quindi che in questi ultimi giorni Sogliano dovrà apporre dei decisi correttivi agli obiettivi di mercato che si era dato: urgono rinforzi proprio mirati a rendere efficace il 4-3-3 di Mandorlini con gli uomini giusti al posto giusto. E bisogna anche bilanciare la rosa attuando alcune cessioni: mica possono convivere tutte queste punte centrali in uno schieramento in cui ne serve una sola…

ALTRO CAMPIONATO, STESSA STORIA

Bene. Anzi, male. Pensavamo che quest’anno il solito copione ci sarebbe stato risparmiato. Arrivati alla 13esima giornata (non alla terza o alla quarta, alla tredicesima!) ci eravamo illusi di aver definitivamente evitato il canovaccio della stagione-tipo del Padova, caratterizzata da una buona partenza, da alcuni scricchiolii intorno al mese di novembre, da una crisi vera e propria tra dicembre e gennaio e, purtroppo, dall’esonero dell’allenatore. E invece no: sul più bello che ci siamo ritrovati primi, dopo aver battuto l’attuale super capolista Vicenza a casa sua, mostrando orgoglio, attributi e carattere, ci siamo lentamente trasformati anche quest’anno in una squadra che ha paura della sua ombra. Che non sa più reagire. E soprattutto che non riesce più a seguire l’allenatore, per quanto quest’ultimo sia una persona tosta, mai banale, di una forza caratteriale (autentica) raramente vista da queste parti.

Stanotte, al massimo, domattina, si saprà la sorte che il destino pallonaro (o meglio la società biancoscudata) ha in serbo per Salvatore Sullo. Credo ormai, aldilà delle decisioni che verranno comunicate ufficialmente, che fin da ora possiamo togliere il punto di domanda al termine della frase in cui ci chiediamo se veramente la sua avventura è al capolinea. La sensazione è che lo sia, e che purtroppo tutti i tentativi fatti in queste ultime settimane per rianimare la situazione, prima di arrivare al gesto più drastico, non abbiano prodotto alcun risultato: il Padova visto a Fano e quello visto oggi contro il Modena non sono francamente riproponibili e lo sanno per primi sia Sullo che Sogliano.

Di sicuro c’è che io continuo a ritenere l’esonero di un tecnico a metà campionato un fallimento. Di sicuro c’è che praticamente ogni anno a Padova si arriva a questo punto. Di sicuro c’è che negli ultimi anni gli esoneri non hanno portato a grandi risultati. Penso all’anno scorso, a quando Bisoli venne sollevato dall’incarico e arrivò Foscarini. Quest’ultimo fece una vittoria ad Ascoli, si parlò subito di un mercato indirizzato a portare giocatori che potessero essere utili al suo modo di vedere il calcio, ma poi la scossa durò il breve lasco di una giornata, seguita da 5 sconfitte consecutive. L’ultimo ribaltone efficace fino in fondo di cui ho ricordo è quello del campionato 2010-2011, quando Dal Canto subentrò a Calori e sfiorammo addirittura la serie A. Oppure, due anni prima, quello che vide Sabatini esonerato e poi richiamato per portare a termine il suo lavoro (con la promozione in B a Busto Arsizio). Per il resto ho assistito a cambi in corsa che non hanno sortito questi grandi effetti.

Magari stavolta non sarà così. Magari tornerà Andrea Mandorlini e sarà lui a completare un’opera lasciata a metà nell’ormai lontano campionato 2006-2007. Non lo so ancora. Ma di sicuro c’è che, se ogni anno si arriva a questo punto e la dinamica attraverso la quale si arriva a questo punto è sempre la stessa, bisogna iniziare a interrogarsi su cosa non va nella gestione complessiva della squadra. Non può sempre essere colpa dell’allenatore di turno: di Sullo perché inesperto, di Bisoli perché aveva un brutto carattere, di Foscarini perché non era l’uomo giusto al momento giusto e via dicendo.

Forse gli errori stanno altrove. Forse sono proprio nella stanza dei bottoni. Non metto in dubbio la serietà e la buonafede di chi prende le decisioni, ma forse, vedendo la squadra macinare punti e vittorie nelle prime 13 giornate, ci si è illusi troppo presto che i tre anni di progetto potessero diventare uno solo. Che la B fosse raggiungibile già alla fine di questo primo campionato del nuovo corso ( e allora mi spiego anche i colpi di mercato di gennaio finalizzati a portare a casa la promozione a breve). E questo evidentemente ha messo in difficoltà allenatore e giocatori.

Continuo a interrogarmi e difficilmente trovo risposte univoche e oggettivamente inattaccabili. Provo ad azzardare, analizzando la situazione, ma certezze incontrovertibili non ne ho nemmeno io. Non resta che attendere la decisione della società e vedere come, con ogni probabilità con un nuovo allenatore, la squadra riuscirà a proseguire nel suo cammino.

 

QUALITA’ NEL MERCATO. E IN CAMPO?

La sconfitta di Fano di oggi nella prima partita del Padova del 2020, rimediata contro la penultima in classifica che mai fino a questo punto del campionato aveva vinto nel suo stadio, ha ovviamente scatenato la contraerea dei tifosi comprensibilmente delusi e amareggiati.

In diversi, al fischio finale, hanno iniziato a chiedere la testa di Sullo. O perlomeno hanno consigliato vivamente e poco amichevolmente all’allenatore biancoscudato di darsi una “svegliata”.

Tutto giusto. Tutto legittimo. Ma sono dell’idea che anche i giocatori in campo una svegliata se la debbano dare. In serie C non ho visto alcuna squadra dimostrare nel girone d’andata un gioco spumeggiante e piacevole alla vista e al palato fine di chi va allo stadio e spera di vedere un grande calcio. Neanche il Padova lo fa. Ma non è su questo che, secondo me, si deve puntare, in questa categoria, per risollevarsi dal momentaccio e invertire la rotta: bisogna “semplicemente” diventare più concreti, più efficaci. Non si può tenere in mano il gioco per tre quarti della partita, creando superiorità numerica e pressando gli avversari alti di modo che nei pochi frangenti in cui hanno la palla non si avvicinino a Minelli e poi non riuscire a trasformare in gol e punti in classifica tutto questo dispendio di energie. Non è possibile che gli avversari entrino nella tua area due volte in novanta minuti e nella prima un difensore commetta un ingenuo fallo da rigore e nella seconda un uomo venga lasciato libero di colpire di testa in un’area avversaria affollata di uomini tuoi (seppur con l’attenuante che era stato da poco espulso Kresic).

Resto anche dell’idea che il mercato di riparazione fin qui portato avanti da Sogliano sia un mercato di qualità. Sì, lo scrivo ancora senza problemi o paura di essere attaccata: continuo a ritenere che Hallfredsson, Litteri e pure Nicastro (che ha firmato dopo che avevo già scritto il mio precedente post) siano “tanta roba” per la rosa del Padova. Nicastro oggi ha pure segnato. Litteri ci è andato vicino giocando uno scampolo di partita. Hallfredsson è stato tra i pochi a salvarsi. Certo, bisogna che la qualità del mercato si traduca in qualità in campo. E non solo grazie ai nuovi arrivi. Tutto il Padova deve darsi una registrata. Anche chi è dalla scorsa estate che lavora quotidianamente sul campo per cercare di portare in alto questa squadra. Dall’allenatore all’ultimo dei giocatori.

Non è impossibile. E spero che si possa rialzare la testa senza bisogno di dover prendere decisioni drastiche che mi trovano contraria, sia per principio sia perché credo che il Padova e il suo allenatore attuale abbiano le carte in regola per evitare di affondare e risollevarsi insieme.

HALLFREDSSON E LITTERI: TANTA ROBA

I primi colpi del mercato di gennaio del calcio Padova sono stati messi a segno e il direttore sportivo Sean Sogliano ha già incassato i primi complimenti della piazza. Vestiranno la maglia biancoscudata da qui alla fine del campionato il centrocampista islandese Emil Hallfredsson e l’attaccante ex Cittadella, Venezia e Vicenza Gianluca Litteri. Non male come inizio. “Ghiaccio bollente” mi è sempre piaciuto tantissimo, fin dai tempi in cui l’ho visto dirigere l’orchestra nel centrocampo del Verona (e segnare un gol magnifico all’Euganeo da fuori area di sinistro in un derby poi finito 2-1 per il Padova ad ottobre del 2012). Litteri invece viene da un periodo in cui ha giocato poco e non ha segnato nemmeno un gol in B ma se a Padova riuscirà a tornare il bomber che ha fatto faville a Cittadella segnando 33 gol in tre anni allora l’attacco biancoscudato non potrà che giovarne.

Siamo solo all’inizio ma davvero ritengo questi primi due colpi di assoluta qualità e indicativi del fatto che il Padova crede ancora, da qui alla fine della stagione, di poter recuperare il distacco dalla prima in classifica e lottare per la promozione diretta. Conquistandola prima dei tre anni che la società si è prefissata come arco temporale per tornare in serie B.

A questi link i gol di Litteri con la maglia del Cittadella:

https://www.tgbiancoscudato.it/pages/867831/padova_calcio/copertina_gol_litteri_prima_parte.html

https://www.tgbiancoscudato.it/pages/867862/padova_calcio/copertina_gol_litteri_seconda_parte.html

LA NOSTRA POSIZIONE

E’ finito il girone d’andata. Il Padova è quarto in classifica, superato proprio stasera all’ultimo respiro dalla Reggiana. Mi chiedo e vi chiedo: questa posizione rispecchia i valori espressi fino a questo momento in campionato dalla formazione biancoscudata?

Io a questa domanda rispondo: “tutto sommato sì”. E’ vero che il Padova è partito con una striscia incredibile di vittorie, rendendosi protagonista di un avvio entusiasmante, è vero che stasera, ad esempio, la gara è stata pesantemente condizionata da due infortuni nei primi minuti, è vero che in certi campi dove si è perso si meritava quantomeno il pareggio, ma è altrettanto innegabile che nella seconda parte di questa prima parte della stagione i biancoscudati hanno avuto un calo. Poche volte nell’atteggiamento, in più di un’occasione però nel rendimento, nella capacità di creare occasioni pericolose, nell’incisività negli ultimi sedici metri.

Il Vicenza si è dimostrato un’autentica macchina schiacciasassi. Il Carpi non molla di un centimetro. La Reggiana, stasera, ha disputato un signor primo tempo, facendo poi correre a vuoto il Padova. Direi che la graduatoria è veritiera. Va da sè che all’imminente mercato di gennaio il direttore sportivo Sogliano qualcosa farà. Chi non è riuscito ad esprimersi su buoni livelli saluterà, qualche volto nuovo arriverà. Ma bisogna che anche il Padova si aiuti un po’ di più. Sì, della serie, “aiutati che il ciel ti aiuta”. Deve crescere ancora. Deve migliorare. Deve maturare. Deve portarsi all’altezza di chi in questo momento si sta comportando meglio. E questo indipendentemente dai cambiamenti nella rosa. Poi certo un po’ di qualità in aggiunta non potrà che fare bene.