CIAO BEPI

Ragazzi attenzione…”. I giocatori interrompono per un secondo i festeggiamenti per la promozione in Lega Pro, avvenuta pochi minuti prima sul campo di Legnago. Sono in spogliatoio e saltano, cantando cori di ogni tipo, ma di fronte all’invito del loro presidente si fermano. Lui, Bepi Bergamin, li guarda un attimo con fare serio. Poi sorride improvvisamente ed esclama: “Io sono ancora asciutto, cosa aspettate a buttarmi sotto la doccia?”.

Voglio ricordarti così, caro Bepi, in quell’indimenticabile 19 aprile del 2015. Voglio ricordare il tuo sguardo di gioia mentre i tuoi ragazzi ti trascinano sotto la doccia e ti bagnano dalla testa ai piedi al grido di “C’è solo un presidente” e “Portaci in Europa”. Avevi appena vinto il tuo campionato più bello. Avevi appena realizzato il tuo sogno, quello di riportare il tuo amato Biancoscudo tra i professionisti. Eri stato tu a raccoglierne le ceneri un anno prima, insieme a Roberto Bonetto, prendendolo per mano mentre si trovava sull’orlo del baratro per colpa della scellerata gestione Penocchio. Eri stato tu, un anno prima, a ridare speranza a un popolo, quello dei tifosi del Padova, che rischiava di trovarsi orfano della sua squadra del cuore. Un popolo deluso, ferito, pieno di rabbia. Un popolo che, grazie a te, ha potuto nuovamente sorridere, esultare, cantare, essere felice di seguire una squadra nella quale era tornato ad identificarsi. 

Eri acuto, Bepi. Genuino, vero, diretto, passionale. Io non so come tu ci riuscissi, ma avevi sempre la battuta pronta. E mai banale. Eri capace di stemperare le situazioni più difficili. Raramente lasciavi trasparire le tue vere emozioni ma si capiva dalla luce dei tuoi occhi quando una cosa, una persona o una situazione ti piacevano. E quel giorno a Legnago per la prima volta quello che provavi dentro si è visto in tutta la sua intensità anche fuori. Una felicità che finalmente hai deciso di condividere con tutti, dopo aver passato l’intero campionato a guardare le partite da un angolo della gradinata. Da solo. Quasi a non voler scaricare sugli altri la tensione che provavi. Fumando una sigaretta dietro l’altra. Non volevi nessuno vicino. Nel giorno in cui hai tagliato il traguardo invece hai voluto fare il bagno nell’amore della piazza che ti sei saputo conquistare essendo semplicemente te stesso, ovvero una persona meravigliosa.

Non ti sei perso una festa organizzata dai tifosi. Che fossero gli ultras o i supporters dei club. Chiunque organizzasse una cena a base di calcio Padova ti invitava e tu dicevi sempre di sì. Se avevi impegni di lavoro o altro ti presentavi comunque. Magari dopo cena per un caffè, una chiacchierata e una stretta di mano. Ma c’eri sempre. E i tifosi questo l’hanno sempre apprezzato tantissimo. In quasi tutte le occasioni ti sei presentato con la tua dolce metà. La Giovanna. “Sono costretto a portarmi dietro la moglie alle feste del Padova”, mi dicesti una volta. Sembravi serio e invece, un secondo dopo, capii subito che stavi scherzando. “So costretto se no ea me dise su de tutto!”, aggiungesti in dialetto, che era il tuo linguaggio preferito perché il più diretto. Sorridemmo tutti e tre. Io, te e anche la Giovanna che ovviamente era lì accanto a te e aveva sentito la battuta. Ti guardò con amore e fece solo finta di arrabbiarsi, aggiuntandosi la sciarpa biancoscudata che teneva sempre al collo anche lei. Ti prese sotto braccio e vi dirigeste assieme verso i tifosi che vi chiamavano a gran voce. Belli come il sole. 

Ciao Bepi, grazie per tutto quello che ci hai dato. E’ stato un onore per il Padova averti come presidente. Per me un piacere intervistarti e parlare con te di calcio e di vita. So per certo che l'”attaccamento alla maglia” che noi abbiamo potuto apprezzare nel pallone lo hai dimostrato anche in famiglia, al lavoro e con gli amici, mettendo sempre tutto quello che avevi. Non si spiegherebbe altrimenti questo oceano di messaggi che ti stanno arrivando da ogni parte della città e della provincia. Ci mancherai infinitamente.

Un abbraccio fortissimo a Giovanna, Marco e Maddalena.

PECCATO DAVVERO

E’ un po’ nel dna del Padova riuscire a compiere imprese titaniche quando tutti lo danno per morto e, al contrario, scivolare su una buccia di banana quando tutto sembra instradato verso la vittoria.

E’ successo tante volte alla squadra biancoscudata di asciugare lacrime copiose di tifosi ormai senza speranze. Nel 2009, ad esempio, ricordo che a poche giornate dalla fine del campionato che ci ha regalato la promozione in B ai playoff eravamo rassegnati a vivere un altro campionato in C. Tutto ebbe inizio con una vittoria in casa della Cremonese (gol di Varricchio) e da lì fu tutta un’escalation fino alla finalissima playoff di Busto Arsizio vinta 2-1.

Stasera purtroppo si è verificata la situazione contraria: sul più bello che il tifoso si è un attimo rilassato, pensando che il buonissimo primo tempo dei ragazzi di Mandorlini e l’espulsione all’inizio della ripresa di Fagioli, l’elemento fin lì più vivace e pericoloso del centrocampo della Juventus Under 23, fossero due situazioni di assoluto favore da sfruttare al meglio fino al fischio finale per portare a casa la vittoria e dunque il passaggio del turno, la squadra è crollata.

Non riesco ancora adesso a darmi una spiegazione dell’improvviso cambio di inerzia della partita. Il Padova stava conducendo il match senza discussioni. Nella prima frazione di gioco si era procurato almeno 3 palle gol nitide tra il colpo di testa di Kresic, il tiro da fuori di Ronaldo e la bordata in diagonale di Gabionetta respinta da Loria. Espulso Fagioli, però, invece di salire in cattedra definitivamente, si è fatto infilare due volte in pochi minuti in modo a dir poco ingenuo. La squadra più giovane e sulla carta più inesperta si è all’improvviso trasformata in un gruppo di giocatori scafati e bravi a gestire un risultato fino ad acquisirlo. Il Padova invece, preso dall’ansia, ha smesso di ragionare smettendo un po’ alla volta di aggredire e rendersi pericoloso.

Peccato davvero uscire in questo modo. Non che contro la Sambenedettese e la Feralpi si fossero visti i fuochi d’artificio. Ma potevano tranquillamente essere considerate due partite di rodaggio dopo la lunga sosta, necessarie soprattutto a mettere minuti sulle gambe e certezze nella mente. Nulla di tutto questo. Se ne riparlerà l’anno prossimo. Con Sogliano e Mandorlini sulla via della riconferma. Entrambi dovranno essere bravi a sfruttare tutto il tempo in più che avranno a disposizione rispetto alle altre concorrenti per costruire la squadra in modo da non fallire l’obiettivo che stasera è sfumato sul più bello che ci si cominciava a credere.

LA MAGIA DI RONALDO

Padova-Feralpi Salò. Sembrava una partita destinata a passare alla storia senza sussulti. Senza particolari momenti di gloria.

E invece oplà, Ronaldo, come mago Merlino, ha sfoderato al 24′ del secondo tempo la sua personalissima bacchetta magica e ha messo nella porta di De Lucia un gol stratosferico. Al termine di un’azione in cui si è capito fin dal momento in cui ha conquistato il pallone che quello stesso pallone lo voleva mettere in fondo al sacco.

Una rete che ha evidenziato una volta di più il talento puro di questo centrocampista brasiliano e ha permesso al Padova di accedere al terzo turno dei playoff. Dove il gioco si farà più duro e i duri (in questo caso i biancoscudati) dovranno cominciare a giocare. Non che queste prime due sfide secche contro squadre dello stesso girone siano state una passeggiata. Ma nell’immaginario del tifoso, visto che si giocava all’Euganeo e il Padova aveva a disposizione due risultati su tre, erano quasi un atto dovuto.

Ora che i ragazzi di Mandorlini si sono levati il primo peso dalla schiena è ora di guardare avanti. Come ha sottolineato l’allenatore di energie nervose se ne sono spese molte e i muscoli di alcuni non rispondono proprio presente, a causa della lunghissima sosta. Ci vorrà dunque tutta la forza mentale e caratteriale di cui ciascun elemento della rosa dispone. Per cercare di arrivare, passo dopo passo, in fondo al tortuoso percorso che porta alla B.

Un percorso che mi piace immaginare bello e intenso come la corsa che ha fatto Ronaldo verso i compagni e la panchina dopo aver realizzato, credo, uno dei gol più belli della sua carriera.

 

 

 

FUORI LA PRIMA. SOTTO CON LA SECONDA

La gioia per il pareggio contro la Sambenedettese durerà il tempo di un battito di ciglia.

E’ stata la partita che ha segnato la ripartenza dopo 4 mesi di assordante silenzio. Di stop assoluto. Portava con sè una carica di aspettative e curiosità senza precedenti.

E’ finita 0-0 e consente al Padova di passare al secondo turno contro la Feralpi (sfida che si giocherà domenica) ma appunto è già ora di guardare alla prossima sfida. Al prossimo bivio.

L’importante era non uscire subito di scena. Sarebbe stato un colpo davvero difficile da parare e da assorbire.

Il Padova ce l’ha fatta a rimanere in piedi e in corsa. E’ stata dura, davvero, buttare il cuore oltre l’ostacolo. Le gambe sono arrivate fino a dove son riuscite ad arrivare, la testa ha fatto davvero sforzi sovrumani. Lo 0-0 ha messo in evidenza diversi aspetti da rivedere (soprattutto in attacco) ma davvero stasera dove non è arrivata la gamba è arrivata la mentalità di una squadra che voleva il risultato per passare il turno e lo ha ottenuto. Con tutte le sue forze.

Ottima premessa per pensare che il cammino potrà proseguire ancora a lungo. Anche se domenica saranno diversi i cambi che Mandorlini dovrà operare per rimettere in campo una squadra ugualmente competitiva. Non è possibile davvero che chi si è spremuto fino all’osso stasera possa tirare fuori nuovamente da sè stesso tutta questa sostanza. La rosa è lunga, ci sarà ora più che mai davvero bisogno di tutti.

Se alla fine si arriverà da qualche parte, stavolta sarà davvero stato il gruppo a fare la differenza.

PADOVA AI PLAYOFF: SI RICOMINCIA!

8 giugno 2020. Giornata di decisioni, giornata di verdetti da parte del Consiglio Federale. La Lega Pro farà playoff e playout per stabilire chi sarà promosso, oltre a Vicenza, Reggina e Monza, e chi retrocederà insieme a Gozzano, Rimini e Rieti. Playoff che saranno più “asciutti” rispetto alla formula originale, con partite secche fino a semifinali e finali. Si giocherà dall’1 luglio al 22 dello stesso mese.

Vista la situazione assolutamente inedita, le lamentele per questa formula di completamento della serie C sono tante, così come però sono numerosi anche gli attestati di approvazione per una soluzione, quella di far disputare alle squadre aventi diritto almeno playoff e playout, che ha cercato di usare il più possibile il criterio del buon senso.

Il Padova, che la disputa dei playoff l’aveva chiesta per primo ancora a maggio, può dirsi soddisfatto che alla fine la Figc abbia confermato quella che era la sua linea.

Si ricomincia dunque. Senza pubblico e con un calcio che sarà diverso in tantissimi aspetti rispetto a quello cui siamo abituati per via delle necessarie norme di sicurezza da seguire. Ma si ricomincia. Dopo 3 mesi di stop assoluto, chi ama il calcio non può che considerare questa ripartenza una buona notizia. Pur con tutti i limiti che porta con sè.

Contemporaneamente a questa decisione, siamo tornati in pista con il nostro Tg Biancoscudato in coda al Tg Cronaca delle 19.30 sul canale 11 e delle 20.30 sul canale 117. E siamo ripartiti anche con la nostra trasmissione “Alè Padova” che sarà online, come è stato stasera per la settima puntata, sempre di lunedì alle 21 sulla pagina facebook del Tg Biancoscudato. Per tornare a farvi vivere il pallone dal di dentro. Con la passione che in questi mesi non è mai venuta meno, neanche per un secondo.

Appuntamento su Telenuovo dunque dal lunedì al sabato alle 19.50 sul canale 11 e alle 20.50 sul canale 11 per l’informazione sportiva quotidiana e sulla pagina facebook del Tg Biancoscudato il lunedì sera alle 21 con “Alè Padova”.

 

“E’ L’ORA DEL BALON”

Finalmente la domenica pomeriggio, all’ora del pallone, siamo tornati a parlare di calcio su Telenuovo. Erano due mesi che avevamo smesso di farlo per causa di forza maggiore.

“Non c’è più l’evento della partita, cosa vi raccontiamo?” Ci siamo detti. Ebbene ieri, utilizzando per la prima volta il canale facebook del Tg Biancoscudato, siamo riusciti a tornare a raccontarvi qualcosa. Qualcosa di importante per chi sente tanto, come me, come tutti noi, la mancanza del pallone. Abbiamo cercato di capire, insieme ai nostri ospiti, se e come si potrà ripartire. Abbiamo parlato di protocolli sanitari, di nuova idoneità sportiva per i calciatori, di allenamenti in sicurezza, di spogliatoi divisi, di presidi di protezione individuale, di stadi con pochi tifosi all’interno e ben distanziati, ma anche di tempi per un’eventuale ripresa del campionato. Metà giugno? Primi di luglio? Si finirà solo la serie A, visti gli interessi economici che porta con sè, oppure anche B e C?

C’è però anche la possibilità, tutt’altro che remota, che l’ultima partita vista sia proprio quella di due mesi fa, nel nostro caso Padova-Fermana. In questo caso verrà annullato completamente il campionato 2019-2020 oppure le promozioni verranno assegnate a tavolino, con blocco delle retrocessioni e dei ripescaggi?

Tutti temi interessanti, che hanno scatenato il dibattito, anche perché a cercare di rispondere alle domande e ai dubbi c’era, tra i vari ospiti, anche Alessandra Bianchi, amministratore delegato del calcio Padova. Una donna pratica, pragmatica, seria e competente. Una figura molto apprezzata dalla tifoseria proprio per la serietà e la credibilità con cui si pone anche in una situazione come quella che stiamo vivendo, fatta più di punti interrogativi che di certezze.

Visto il grande successo di ieri della prima puntata (in cui è stato un piacere davvero dialogare anche con l’assessore Bonavina ma anche con i tanti ex presenti, vedi Cunico, Thomassen e Bindi, e con il grande Gianluca Di Marzio) torneremo in diretta sulla pagina facebook del tg Biancoscudato anche domenica prossima. Dalle 15 alle 17. Vi aspettiamo per scaldare il dibattito ancora una volta, con tutti i temi caldi del momento. Sperando prima o poi di tornare ad avere delle certezze. Anche sul “balòn”, che come dice Arrigo Sacchi è “la prima cosa importante delle cose non importanti”.

LA “STELLA” CHE BRILLERA’ SEMPRE

Sono le 7.31 del 13 ottobre 2014. Sono in piedi da mezz’ora e sto preparando mio figlio Donato per portarlo al nido. Si illumina il telefono. Il messaggio è di Stefano Edel. “Furio Stella è morto poco dopo le 2 all’ospedale di Monselice. Sono distrutto”. Mi siedo. Mi manca il respiro. Non riesco nemmeno a piangere, a buttare fuori il dolore. Mi rimane tutto dentro, incastrato tra il cuore che batte come un tamburo bastonato e la bocca dello stomaco irrimediabilmente chiusa. Sapevo che non mancava molto a quel momento, sapevo che il male che ti portavi dentro non saresti riuscito a sconfiggerlo nonostante una forza d’animo che pochissimi hanno, ma cosa vuoi che ti dica Furio: non si è mai pronti al distacco senza ritorno. Mai.

Mi siedo sul divano. Guardo verso l’alto. E ti vedo, Furio. Vedo i tuoi occhi azzurri e il tuo sorriso appena accennato. Poi ti sento sghignazzare. Probabilmente stavi raccontando a Dio qualcosa della tua vita. Una vita piena, intensa, mai banale, che sei riuscito a trasferire in tutta la sua originalità nel mestiere di giornalista, che ti apparteneva come a pochi di noi. Noi che abbiamo cercato di imparare da te ma non potevamo raggiungere le tue vette, pur provando a seguire il tuo esempio. Vogliamo parlare delle vignette che disegnavi? Ironiche quanto gli articoli che scrivevi. Una volta me ne mandasti una. Stavo intervistando Antonio Di Nardo e di me si vedevano solo gli stivaloni che erano lunghi quanto Di Nardo stesso. Era senza parole. Non servivano. Faceva ridere così.

E le tue interviste? A te non fregava nulla del canovaccio tipico del calciatore: “abbiamo giocato con il coltello tra i denti”, “dobbiamo dare il centodieci per cento”, “ci aspetta la partita della vita”. Se provavo a inserire in un mio articolo anche solo mezzo virgolettato del genere alzavi il telefono e mi dicevi: “Martina, con queste notizie io mi ci pulisco il c… Riscrivi il pezzo per favore e fai in modo che i nostri lettori possano rilassarsi cinque minuti nel leggerlo. Con queste banalità gli facciamo venire l’orchite”. Per te “la partita della vita” era provare ad andare oltre le frasi fatte senza alcun contenuto emotivo.

Già, le emozioni. Tu ne regalavi anche solo chiedendo a una persona come stava, mettendole la mano sulla spalla o abbracciandola. Figuriamoci quante se ne respiravano nei tuoi pezzi, quando andavi oltre l’uomo in mutande che rincorre una sfera rotante. Raccontando, mai banalmente, che giochi faceva da piccolo, quanti fratelli aveva, se aveva la morosa, se gli piaceva cucinare, se suonava uno strumento, se aveva un tatuaggio e il suo significato, in un’epoca in cui faceva notizia averne uno, non come adesso che fa notizia non averne, di tatuaggi.

E le tue pagelle? A volte brevi e spietate (La Grotteria in un Pro Patria-Padova: “sperduto nelle pampas bustocche. Voto 5”; Un attaccante di cui non ricordo il nome al termine di una partita vinta per pura fortuna negli ultimi minuti: “e dovremmo dargli 6 solo perché ha fatto un gol di schiena per grazia ricevuta? Pussa via. Voto 5”), altre volte quasi dissacranti (Thomas Fig che rientra in campo dopo un lungo infortunio: “Ah finalmente un po’ di Fig in campo: voto 6”, senza contare che Fig era entrato al posto di Seno…).

Se un calciatore ti piaceva perché ci vedevi un talento particolare (ricordo ad esempio il brasiliano Robert, primi anni 2000), te lo prendevi da parte e, come un papà, provavi a dargli qualche consiglio. Di cuore. Appoggiando la penna e il blocco degli appunti per entrare dentro di lui.

Furio caro, potrei andare avanti a scrivere per ore racconti su di te. E non passa giorno in cui il grande dolore per averti perso così presto non sia un po’ attenuato dalla consapevolezza che è stata un’immensa fortuna, umana e giornalistica, per me aver vissuto con te più di 10 anni di lavoro quotidiano. Chissà cosa avresti detto del Coronavirus. Vorrei tanto sapere come l’avresti affrontata questa pandemia. Che spiegazione ti saresti dato, nel tuo essere geniale.

Mi limito qui oggi (magari l’anno prossimo scriverò un altro pezzo) ad un ultimo lato umano. Quando seppi che un male di quelli che non perdonano aveva deciso di attaccarti ti telefonai. Era fine maggio del 2012. “Ciao Furio come stai?”. “Allora Marty – mi rispondesti – bene non sto. Quindi se mi chiami d’ora in poi deve essere o per darmi una buona notizia o per raccontarmi una barzelletta. Ma non chiedermi più come sto. Per quelli nelle mie condizioni sentirsi chiedere ‘come stai’ non è per nulla una gran cosa”. “Aspetto un bambino Furio. E’ un maschio. Si chiamerà Donato e nascerà a dicembre”. “Looooooo (diminutivo di Carlotta, sua moglie, ndr) avevo ragione io: la Marty aspetta un bambino. Che bello. Marty, sono felice con te”.

Non prendevi mai l’aereo, Furio. Le tantissime trasferte insieme le abbiamo fatte tutte a bordo della tua Honda civic grigia, girando principalmente Lombardia, Marche, Emilia Romagna e Toscana. Nell’anno in cui il Napoli era in serie C (2004-2005) pur di non volare hai preso il treno e hai viaggiato di notte. Ora però so che, da quel maledetto 13 ottobre 2014, stai volando in cielo in mezzo alle nuvole. Come il falco che sei sempre stato.

P.S.: avresti compiuto oggi 63 anni. Eri un Ariete. Segno forte, determinato. Un abbraccio infinito a tua moglie Carlotta e a tuo figlio Lenny che il 29 febbraio ti ha reso nonno del piccolo Anthony (che, non vorrei dire, ma ti somiglia un sacchissimo!). Un abbraccio affettuoso anche a Fabio e Carla.

IN ATTESA

Il tifoso biancoscudato, come ogni altro cittadino padovano in questo momento, si trova a vivere una situazione che è insieme di attesa (nella speranza che l’emergenza torni a trasformarsi al più presto in normalità) e di preoccupazione (per il propagarsi di questo famigerato Coronavirus). Il calcio Padova si sta allenando a porte chiuse, cercando di concentrarsi solo sul ritorno alla vittoria in campo quando si potrà di nuovo giocare. Ricordiamoci che la squadra viene da una sconfitta contro la Fermana in cui ha mostrato il peggio di sè: Mandorlini la sta tenendo sotto torchio con allenamenti in cui c’è davvero poca possibilità di distrarsi o alleggerire la giusta tensione agonistica, quando il campionato riprenderà l’approccio non potrà che essere quello giusto per non perdere ulteriori colpi e anzi riprendere a vincere.

Peraltro, visto che la preoccupazione per il Coronavirus è ovviamente entrata anche nello spogliatoio biancoscudato, ci ha pensato il medico sociale Antonio Paoli a parlare coi giocatori per dare le indicazioni di base su come evitare il più possibile il contagio e sull’atteggiamento da tenere in generale nella loro vita sportivo-lavorativa, contribuendo a far tornare un po’ di serenità da questo punto di vista nel loro stato d’animo.

Riepilogo qui, per semplicità, le date dei recuperi delle tre partite che non si sono giocate in questi giorni (chissà se anche per il Padova, come per il Cittadella in B, si procederà a giocare, quando si riprende, a porte chiuse: vi terremo ovviamente informati se ciò sarà).

Arzignano-Padova sarà disputata mercoledì 11 marzo

Ravenna-Padova sarà disputata mercoledì 18 marzo

Padova-Triestina sarà disputata martedì 14 aprile

 

CHE RAMMARICO…

Il Padova oggi a Cesena è andato per alcuni tratti della partita in difficoltà come mai l’avevo visto nelle prime partite con Mandorlini in panchina.

C’era da aspettarsi che potesse succedere una cosa del genere e per diverse ragioni: 1) L’allenatore ha cambiato in modo radicale il modulo di gioco, passando dal 3-5-2 al 4-3-3. Bisognerà lavorare settimane e settimane prima che la squadra giri davvero come si deve e lo faccia per tutti e 90 i minuti; 2) i giocatori stanno facendo un forte richiamo della preparazione atletica: è normale che le gambe possano non essere sempre al massimo della brillantezza; 3) al mercato di gennaio sono arrivati diversi elementi nuovi, gettati subito nella mischia. Questi fino a pochi giorni fa militavano in tutt’altra realtà. Ci vuole del tempo perché si abituino a questa e si amalgamino col resto del gruppo. I cambiamenti sono stati tanti, soprattutto in attacco.

Fatta la doverosa premessa però mi sento di dire che i due punti che lasciamo al “Manuzzi” hanno il triste sapore dell’occasione persa. Soprattutto alla luce degli altri risultati della giornata. Nonostante le problematiche vissute dai biancoscudati infatti, Buglio era riuscito a realizzare il gol del vantaggio. Con un sinistro dei suoi. Pulito. Potente. E ha segnato al 78′, mica al 5′ del primo tempo. Bastava davvero un niente per congelare il pallone e portare a casa un successo incredibile. Invece è arrivato il pareggio a una manciata di minuti dal termine.

Peccato davvero. Speriamo di non doverli rimpiangere troppo questi due punti. La caduta della Reggiana col Carpi e il secondo pari di fila del Vicenza ci insegnano che il campionato è tutt’altro che già scritto…

UN’ARIA DIVERSA

Credo che lo scherzo che Mandorlini padre ha fatto a Mandorlini figlio nel finale di partita, in occasione del rigore che ha poi portato a fissare il risultato sul 4-0 per il Padova, sia l’emblema di come l’aria si sia fatta più leggera dalle parti della Guizza e di conseguenza anche in campo la domenica. “Ho detto a Matteo di tirare il rigore, ma non ha capito che scherzavo – ha raccontato l’allenatore biancoscudato alla fine della partita odierna all’Euganeo – quando l’ho visto andare verso il dischetto ho dovuto urlargli: ‘Ma dove vai?’ e richiamarlo indietro”.

Un episodio banale, avvenuto a vittoria già acquisita, ma che la dice lunga appunto sui grandi cambiamenti portati in pochi giorni dal nuovo mister. Soprattutto in termini di tranquillità ambientale. La leggerezza, però, riguarda solo il clima nel quale la squadra finalmente si ritrova a lavorare. Non riguarda minimamente la metodologia di lavoro di Mandorlini che invece, per sua stessa ammissione, sta mettendo sotto torchio i giocatori soprattutto per riportarli ad un buon livello di brillantezza fisica. Un lavoro evidentemente finalizzato ad una durata più lunga visto che il primo posto è ormai sfumato e si dovranno giocare gli “eterni” playoff della serie C.

Il Padova ha fatto piccoli ma significativi passi avanti. Deve adattarsi ad un nuovo modulo. Deve dare il modo ai nuovi arrivati di trovare la loro dimensione nel gruppo. A piccoli passi guardiamo dunque con fiducia alla prossima gara a Cesena. E poi a quella successiva con la Fermana. Senza voli pindarici. Con la consapevolezza, però, che la strada è tornata ad essere quella giusta.

P.S.: mi dispiace sempre molto per Sullo e infatti in questo post scriptum voglio riconoscergli un grande merito. A Padova, visto l’esonero, non è riuscito a lasciare un segno in termini di risultati. Però ha avuto la grande intuizione di credere fin da subito nel difensore Matteo Lovato che, nella finestra di mercato appena chiusa, è stato ingaggiato addirittura dal Verona in serie A con un contratto fino al 2024. Questo lancio nell’iperspazio pallonaro è merito (anche) di Sullo che ha avuto il coraggio di farlo giocare praticamente sempre, anche quando in panchina si doveva sedere al suo posto un certo Nicolò Cherubin. Il capitano. Il veterano. Se il Padova ha potuto vendere Lovato, un grazie lo deve a Sogliano che quest’estate è andato a riprenderselo al Genoa ma anche a Salvatore Sullo che in questi mesi ha saputo valorizzarlo.