Ritorno alla vittoria doveva essere e ritorno alla vittoria è stato. Non importa come, non importa se si è sofferto un po’ troppo nel finale, quando il Trento non solo ha accorciato ma ha anche sfiorato la mezza impresa andando vicino al pareggio con Simonti. Il Padova veniva dal pari contro il Seregno all’Euganeo che aveva lasciato l’amaro in bocca perché per la prima volta la squadra biancoscudata si era fatta rimontare e dalla sconfitta contro il Lecco ancora più difficile da digerire perché sotto di due gol il Padova l’aveva rimessa in piedi e se l’era poi lasciata sfuggire di mano. Era più che mai necessario tornare a fare i 3 punti e così è stato contro un Trento che si è dimostrato matricola davvero terribile. Certo poi il Padova dovrà in queste poche ore che lo separano dalla prima di due trasferte consecutive, quella di mercoledì a Sesto San Giovanni contro la Pro, guardarsi un po’ dentro e capire cosa è successo in quegli ultimi frangenti della sfida di domenica. Qual è stato lo stato d’animo che si è impadronito dei giocatori al punto da far loro rischiare di buttare via due punti. Probabilmente ad un certo punto è subentrata un po’ di paura di non riuscire a portarla a casa, poi la stanchezza, fisica e mentale, ha fatto il resto. Sarà Massimo Pavanel a provare a trovare le risposte confrontandosi in spogliatoio con la squadra. Di sicuro c’è da dire che non è facile essere il Padova e giocare sempre da Padova. Tutti si aspettano che la squadra asfalti l’avversario, che vinca facile, che sia prima in classifica a distanza di sicurezza dalle dirette inseguitrici. E invece non potrà sempre essere così: anzi, tutte le avversarie daranno filo da torcere ai biancoscudati, così come ha fatto il Trento, messo benissimo in campo da Carmine Parlato. L’allenatore ha inoltre a disposizione una rosa di altissima qualità, con la quale potrebbe schierare in campo due squadre in grado di essere prime in classifica nel girone A: non è sempre facile fare la scelta giusta. Nel mezzo si giocano tre posti elementi del calibro di Settembrini, Della Latta, Busellato e Saber, con capitan Ronaldo spostato sulla trequarti alle spalle della punta, davanti insieme a Ceravolo, vero punto fermo del reparto avanzato in questo momento, ci sono Santini, Bifulco, Nicastro, Chiricò, Jelenic e Terrani di fatto per due sole maglie. Creare l’impasto in grado di lievitare ogni volta nel modo giusto non sarà mai semplice, aldilà della scelta degli ingredienti che sono tutti di prima qualità. Quindi di volta in volta il tecnico dovrà saper valutare chi è in grado di dargli quel mezzo grammo in più in grado di fare la differenza sul risultato finale.
Sotto con la Pro Sesto, altra gara che sarà determinante per capire a che punto di amalgama è questo Padova e se sarà in grado di guardare tutte le altre dall’alto fino alla fine.
E’ SEMPRE LA PARTITA DELLA VITA
La sconfitta di Lecco, la prima dopo sette giornate di un campionato in cui il Padova è ancora capolista da solo, porta con sé un grande insegnamento che la squadra di Pavanel deve fare suo immediatamente: contro i biancoscudati tutti gli avversari, in qualunque posizione in classifica, faranno la partita della vita, esultando come avessero portato a casa la Coppa dei Campioni al fischio finale se avranno vinto. Capiterà altre volte che si perda nell’arco di una stagione in cui le partite sono 38, ma Ronaldo e compagni dovranno cercare di non commettere più l’errore di sbagliare l’approccio alla gara come è successo appunto a Lecco. Non è stata leggerezza la loro o, peggio ancora, superbia, perché l’allenatore durante la settimana li aveva istruiti a dovere sulle insidie che nascondeva questa trasferta, sulle caratteristiche del campo (sintetico), sul “calore” del pubblico e dell’ambiente in generale. Purtroppo però sono stati errori evitabilissimi del Padova a far fare al Lecco il doppio balzo in avanti nel primo tempo: non può succedere che, subito dopo aver fatto fallo appena fuori dalla tua area di rigore, non ti metti davanti al pallone per impedire all’avversario di battere immediatamente la punizione da una posizione così vantaggiosa. Così come non può essere che un giocatore esperto come Ronaldo sbagli un passaggio in orizzontale a centrocampo dando il la all’azione che porta al 2-0 (in dubbio fuorigioco). Distrazioni così costano care e il Lecco ha infatti subito presentato un conto salato. Peraltro, una volta raggiunto il 2-2, una squadra che vuole vincere il campionato fa di tutto per portarsi a casa il punto così difficilmente conquistato e non prende il terzo gol, neanche in 10 contro 11. Sono tutti aspetti sui quali Pavanel sa che deve lavorare e sicuramente già domenica prossima contro il Trento la rabbia per aver perso la gara del “Rigamonti Ceppi” si trasformerà in prestazione per tornare a fare i tre punti all’Euganeo, dove l’ultima volta col Seregno è uscita la X. L’importante è recuperare subito lo spirito delle prime sei giornate e la consapevolezza che, se da un lato bisogna ancora crescere, lavorare e limare i difetti, dall’altro la squadra è forte, anzi fortissima. E deve dimostrarlo ogni volta che scende in campo senza risparmiarsi.
DNA GUERRIERO
Non c’è più dubbio alcuno. Tre indizi fanno una prova. Tre vittorie in rimonta (sulle 6 totali) consegnano a questa prima parte del campionato di serie C un Padova battagliero, mai arrendevole, sempre pronto a rimettere in piedi il risultato, anche nelle situazioni meno favorevoli e più difficili. E’ successo con la Pergolettese, è successo con la Pro Patria, è successo con il Fiorenzuola. Non si tratta più di un episodio isolato (vedi sfida interna contro il Mantova dello scorso campionato) ma di una caratteristica entrata ormai a far parte del dna guerriero di questo Padova, vecchio e nuovo allo stesso tempo. Di questo gruppo rimasto in gran parte quello dell’anno scorso ma arricchito con gli innesti giusti, proprio sotto il profilo della mentalità.
Ceravolo è il bomber che mancava. Donnarumma è una garanzia tra i pali. Valentini e Monaco formano una coppia di centrali a mo’ di “gemelli diversi” ma proprio perché hanno aspetto e qualità differenti si stanno integrando alla grande lì dietro, chiudendo ogni spazio. Kirwan, corsa e freschezza al servizio della squadra, è un motorino inesauribile, Busellato ha temperamento da vendere, Terrani quando viene chiamato in causa fa più che il suo. Senza dimenticare la vecchia guardia ovvero Santini, finalmente fuori dal tunnel della sofferenza per le 10 giornate passate a guardare i compagni dagli spalti, Ronaldo, autentico punto di riferimento ed esempio sia in campo che in spogliatoio, ma anche Biasci, Chiricò e Bifulco che, seppure non in primissima linea in questo momento, stanno dando il loro apporto. Padova, what else? Verrebbe da chiedersi in questo momento.
Sicuramente l’allenatore Pavanel sa che ci sono ancora tanti aspetti sui quali lavorare, che ci sono ancora difetti da limare, che, come ha detto Ceravolo, sarebbe meglio non andare sotto per poi dover rimontare. Ma questo Padova ha dna guerriero. Non si arrende. E’ già tanto, considerando che dal punto di vista dell’umore la squadra è partita dal punto più basso. Per arrivare alle stelle ci vorrà ancora tempo, ma almeno ora lo sguardo è rivolto verso l’alto e i piedi si sono staccati da terra.
POKERISSIMO IN RIMONTA
Cinque vittorie in altrettante giornate di campionato. Ma c’è una notizia nella notizia che è ancora più importante del fatto che il Padova sia ancora imbattuto e che per la prima volta sia primo da solo nel girone A di serie C grazie al contemporaneo pari della Pro Vercelli contro il Trento di Carmine Parlato. E questa notizia è che i biancoscudati ce l’hanno fatta di rimonta ancora una volta. Dopo essersi persi Pierozzi in occasione del momentaneo vantaggio della Pro Patria, sono riusciti ad assorbire il colpo in tempi brevi e a reagire di gran carriera con i gol di Valentini e Monaco, senza dare alla Pro Patria il tempo di organizzare una controffensiva. Non è la prima volta che succede: già con la Pergolettese alla rete iniziale di Guiu Villanova, il Padova aveva risposto con Della Latta e Biasci. Questo significa che ribaltare a proprio favore una situazione sfavorevole è divenuta una caratteristica entrata nel dna di questa squadra, insieme a tanti altri pregi che un po’ alla volta l’allenatore sta tirando fuori, sia tecnicamente che psicologicamente.
Massimo Pavanel non ha sbagliato nulla fino a questo punto del cammino. E’ riuscito prima nell’impresa di tagliare il cordone ombelicale con la passata stagione e il suo sportivamente tragico epilogo e poi nel compito di creare un gruppo nuovo e motivato che in campo risponde alle sue indicazioni e sollecitazioni. La qualità che più sta usando è, per sua stessa ammissione, la coerenza che gli permette di mettere sullo stesso piano tutti gli elementi della rosa, tenendoli ugualmente sulla corda. Non esistono titolari irremovibili: non lo è stato Vannucchi che pur aveva cominciato molto bene in porta, non lo è stato uno degli elementi trainanti dell’ultima parte della passata stagione, Cosimo Chiricò che, contro Triestina e Pro Patria, è partito dalla panchina e a Busto è entrato riuscendo a imprimere subito l’accelerata e la qualità che servivano a ribaltare lo svantaggio.
Non deve essere facile gestire un gruppo in cui tutti sono allo stesso livello e quel livello è altissimo. Ma se Pavanel riuscirà a farlo fino alla fine del campionato avrà trovato la chiave per giungere al termine della corsa davanti a tutti.
L’ORCHESTRA E I SUOI SOLISTI
Non esiste un musicista, per quanto bravo, capace di suonare da solo una sinfonia. Ci vuole l’orchestra.
Non c’è esempio migliore in questo momento per descrivere cosa sta diventando il Padova da quando, quest’estate, si è ritrovato dopo l’amarezza e le lacrime di Alessandria e ha cominciato a lavorare per riprovarci, agli ordini di un nuovo allenatore. In queste prime quattro partite i complimenti nei confronti di Massimo Pavanel sono stati, giustamente, tantissimi perché ha saputo appoggiare con delicatezza e psicologia sopraffina la mano sulla spalla di questi ragazzi affranti e trasformare la loro rabbia in energia positiva, in voglia di rivalsa, in desiderio di dimostrare che il traguardo che già si meritava l’anno scorso è ancora lì, raggiungibile, se solo ci si spoglia dei brutti ricordi e ci si veste di impegno ed entusiasmo presenti. Ma un plauso va fatto anche ai protagonisti sul campo, perché non era semplice liberarsi mentalmente dal “giogo” della mancata promozione, non era semplice ricominciare dopo l’estenuante e lunghissima rincorsa della passata stagione. Ronaldo, Della Latta, Saber, Vannucchi hanno proprio cambiato “cera”, hanno un’espressione meno contratta e più distesa, più vincente. E questa trasformazione nel gruppo storico ha di fatto aperto le porte all’inserimento dei nuovi arrivati che già si sentono parte di un progetto importante e già sono stati messi nella condizione di esprimersi al meglio.
Ceravolo l’ha detto chiaro e tondo al termine della sfida vinta contro la Triestina 2-0, nel giorno del suo ritorno al gol dopo due anni difficili anche per lui alla Cremonese. Questo gruppo, che già evidentemente era sano l’anno scorso, è ancora più unito e coeso e permette a tutti di sentirsi importanti “solisti” in un’orchestra di elevata qualità. Non è un caso che le due reti del successo contro gli alabardati siano arrivate da un “nuovo” e da un “vecchio”, Ceravolo appunto e Ronaldo, perché ormai non c’è più distinzione alcuna all’interno della rosa del Padova tra chi c’era già e chi è appena arrivato e la sfida contro la Triestina, lo ha dimostrato pienamente. Chiricò, uno dei pezzi più pregiati della rosa, non ha giocato lasciando spazio ad altri interpreti con altri “strumenti musicali” e il concerto è stato ugualmente spettacolare, fermo restando che uno come Mino delizierà con le sue piacevoli note in tante altre partite. Dispiace per Nicastro che, infortunatosi lievemente contro il Legnago in Coppa, sembrava recuperato e invece all’Euganeo domenica è stato costretto ad uscire solo un minuto e mezzo dopo il suo ingresso in campo nella ripresa. Anche per Ciccio torneranno presto tempi migliori.
UNA RINASCITA IN TUTTI I SENSI
Iniziare il campionato con 3 vittorie di fila, 9 gol realizzati e 1 solo gol preso è roba da mandare in visibilio anche il tifoso più pessimista. E a Padova sappiamo che ce ne sono tanti cui basta un gol preso con mezza disattenzione o un pareggio contro una squadra sulla carta più debole per iniziare a mugugnare e a pronunciare la fatidica frase: “Ecco, siamo alle solite. E’ il solito Padova”.
Stavolta credo che si possa razionalmente ed emozionalmente iniziare a fidarsi di questa squadra. E non solo (anche se sono importanti) per i 3 successi nelle prime tre giornate ma per come sono arrivati: il primo a Meda di rabbia pura, il secondo con la Pergolettese di rimonta, il terzo a Legnago con la consapevolezza di essere tornati una squadra in grado di fare molto male. Una squadra che senz’altro qualche partita la perderà, che senz’altro incapperà in qualche giornata storta come può capitare a tutti, che senz’altro qualche volta uscirà dal campo senza portare a casa il risultato sperato ma che sarà sempre in grado di dare tutto e di meritarsi dunque gli applausi di chi è andato a vederla.
Tutti i protagonisti di questo avvio di stagione stanno facendo la loro parte alla grande. In primis l’allenatore Massimo Pavanel: il tecnico di Portogruaro ha mostrato una sensibilità pazzesca entrando in punta di piedi e con la massima umiltà in uno spogliatoio moralmente a terra, rigenerando uno per uno tutti quelli che, loro malgrado, si sono ritrovati in difficoltà nell’ultima parte della passata stagione, culminata con la finale persa ad Alessandria. Il primo cui Pavanel ha dato fiducia è stato il portiere Vannucchi, partito titolare, dopo che l’anno scorso era stato sostituito da Dini nel rush finale. Poi è toccato a Valentini, l’anno scorso finito in prestito al Vicenza a gennaio, e ora perno fondamentale della difesa, in seguito a Biasci, che è tornato a far prestazione e gol in una posizione del campo a lui congeniale. L’ultimo (per ora) a beneficiare della cura è stato Nicastro autore della doppietta di Legnago, ma sappiamo già che il prossimo a recuperare il sorriso dopo mesi durissimi per il rigore sbagliato in finale sarà Gasbarro che ha rivisto il campo nei minuti conclusivi della sfida del “Sandrini”e può tornare davvero ad essere un punto di riferimento lì dietro. E che dopo Gasbarro ci sarà Santini che finalmente può rientrare dopo 10 giornate di squalifica.
Oltre a restituire fiducia ai “vecchi”, Pavanel è stato bravo a far sentire immediatamente parte del progetto anche i “nuovi”. Ceravolo appena entrato ha fatto bene, Terrani idem, Settembrini e Busellato sono usciti a testa alta quando sono stati chiamati in causa, Kirwan è già andato a segno. Ecco dunque gli ingredienti di una rinascita in tutti i sensi che sta portando il Padova a diventare una squadra non solo di qualità come già era l’anno scorso ma anche forte, unita, consapevole. Saranno queste ultime caratteristiche a fare sì che l’epilogo, stavolta, sia quello giusto.
Intanto sotto con la sfida bis col Legnago in Coppa domani sera alle 20 all’Euganeo, occasione senz’altro ghiotta per rivedere in campo proprio Santini ma anche tra i pali il neo acquisto Antonio Donnarumma.
ALTRO FANTASMA SCACCIATO
Il Padova ha vinto 2-1 contro la Pergolettese. A leggere solo il risultato senza aver visto la partita, l’impressione è quella dell’atto “dovuto” e anzi che il risultato sia pure un po’ troppo tirato per i nomi delle due squadre in campo. Da una parte il fortissimo Padova, dall’altra una squadra ritornata tra i prof nel 2019, rappresentativa di un quartiere, Pergoletto, di un comune, Crema, della provincia di Cremona. Chi mai si sognerebbe di pensare che i biancoscudati possano non vincere e anche sul velluto una partita del genere?
E invece no. La serie C insegna, ancora una volta, che non c’è alcun risultato scontato. E che realtà dal nome poco altisonante sono perfettamente in grado di mettere in difficoltà quelle che gli addetti ai lavori chiamano “corazzate” o “piazze importanti”, così come ha fatto proprio la Pergolettese all’Euganeo portandosi in vantaggio e accarezzando per diversi minuti il sogno di fare lo sgambetto agli uomini di Pavanel, così come fece l’anno scorso l’Imolese all’esordio del campionato 2020-2021. La squadra di Lucchini è scesa in campo ordinata e compatta, dimostrando di conoscere molto bene i punti forti e i punti deboli del Padova, facendo assolutamente bella figura.
Dall’altra parte invece Ronaldo e compagni si sono ritrovati a doversi guardare negli occhi e a tirare fuori qualcosa in più, dal punto di vista soprattutto mentale. Si sono ritrovati a dover affrontare un altro dei fantasmi che ha caratterizzato la passata stagione ovvero l’incapacità di rimontare (se non in un’occasione, contro il Mantova all’andata) dopo essere andati sotto. Il fatto che siano riusciti a scacciarlo, grazie anche all’inserimento dei nuovi acquisti, dimostra che un altro passo fuori dalle difficoltà che hanno impedito alla squadra di andare in serie B è stato fatto.
Si tratta di un passo importante: essere riusciti a farlo alla seconda di campionato è fondamentale per piantare un’altra bandierina sul nuovo cammino e guardare avanti con più ottimismo. Ora il tifoso, se al Padova capiterà di andare sotto e di essere in sofferenza, non dovrà più pensare: “Ecco è il solito Padova”, bensì essere convinto che “Il Padova ha la forza tecnica e caratteriale per uscire dall’impasse in qualunque momento”. Si tratta di uno “scatto in avanti” fatto dalla squadra cui ora deve far seguito un altrettanto salto di mentalità della tifoseria.
LE SCORIE
Nei giorni immediatamente precedenti il debutto nel nuovo campionato, il neo allenatore del Padova Massimo Pavanel ha sottolineato più volte l’importanza di eliminare dalla testa dei giocatori “le scorie” lasciate dall’allucinante epilogo della passata stagione. Allucinante perché, a ripensarci, ancora adesso sembra impossibile che la squadra biancoscudata non ce l’abbia fatta, di fronte ad un Alessandria decisamente inferiore sul piano tecnico e sotto il profilo delle occasioni create nel doppio confronto della finale. Che Ronaldo e compagni non siano riusciti, nonostante il miglior attacco e la miglior difesa e soprattutto i 79 punti realizzati in stagione regolare, a chiudere i conti prima di arrivare all’ultimo rigore dell’ultima partita dei playoff. Ebbene, Pavanel ha avuto ragione da vendere quando ha deciso che lavorare dal punto di vista psicologico per lui sarebbe stato il primo obiettivo. Nella rivincita di Coppa Italia contro i piemontesi, ad agosto, è stato infatti evidente che quelle scorie rappresentavano l’ostacolo principale da abbattere, il terreno su cui lavorare. Non gli schemi di gioco, non il modulo, non la preparazione atletica. Questa squadra andava risollevata mentalmente, visto che i pochi nuovi innesti, tutti di qualità, si sono inseriti in un gruppo che è rimasto quello e che quindi porta ancora negli occhi e nel cuore la delusione, il senso di frustrazione, la sconfitta immeritata.
E così è stato. Nei due mesi di preparazione, al netto di tutto quello che va fatto durante una preparazione, il nuovo tecnico è stato bravissimo ad alleggerire. A ridare fiducia. A far capire ai vari Della Latta, Chiricò, Ronaldo e Biasci, che è andata così perché doveva andare così, che le responsabilità arrivano fino a un certo punto, che l’imponderabile a volte ci mette del suo oltre l’umana comprensione. Contro il Renate si è vista una squadra rigenerata, rinnovata non negli uomini in campo, che sono più o meno rimasti gli stessi, ma nello spirito. E’ il primo anno peraltro che i cambiamenti, dopo un fallimento (di risultato non di prestazioni) della passata stagione, non sono così radicali nella rosa. Il direttore Sogliano ha capito che cambiare il condottiero, affidandosi ad un abile allenatore ma anche ad una persona in grado di capire le fragilità del momento, era la mossa giusta, senza bisogno di rivoluzioni tra i protagonisti in campo.
La vittoria per 3-0 a Meda è stata bellissima da vedere. Non solo per la qualità dei gol (Chiricò si riconferma un fuoriclasse, Ronaldo il regista perfetto del centrocampo e Della Latta un centrocampista con un incredibile fiuto per la rete) ma per l’atteggiamento di una squadra che ha saputo rialzarsi in piedi e che, anche se continua a tratti a soffrire perché è impossibile cancellare un brutto ricordo in pochi mesi, si è rimessa in bolla e ha capito che può dare ancora tanto. Tantissimo. Anzi tutto. Laddove per tutto si intende proprio quel risultato finale, la promozione, l’unico elemento mancante di una stagione che sarebbe stata da incorniciare altro che da dimenticare.
NEL SEGNO DELLA CONTINUITA’
Il Padova riparte da una società forte, solida. Una proprietà che, dopo aver giustamente versato lacrime amare per un traguardo solo sfiorato per ben due volte all’interno della stessa stagione, ha ora deciso di rialzare la testa e di tenere comunque alta l’asticella degli investimenti per ritentare il salto di categoria l’anno prossimo.
Il Padova riparte da Joseph Oughourlian, Alessandra Bianchi e Daniele Boscolo Meneguolo. Il Padova riparte dal suo direttore sportivo, Sean Sogliano.
In queste ore i dirigenti hanno parlato di razionalizzazione dei costi: giusto, giustissimo, perché si viene da un anno e mezzo in cui a farla da padrona è stata una pandemia, con un protocollo sanitario strettissimo da seguire, gli stadi vuoti e gli sponsor sempre più in difficoltà. Ma in cuor suo il tifoso può stare certo che questa società non lascerà nulla di intentato nemmeno nel torneo che inizierà il prossimo 29 agosto per raggiungere finalmente la tanto sognata (e meritata) serie B.
Sono contenta che si vada avanti nel segno della continuità. Anche io ero per la riconferma di Sean Sogliano. Onesta e sincera, non per quella di Mandorlini. E così è andata.
Spero che siano tanti, aldilà dei contratti ancora in essere, i giocatori dell’anno scorso che accettino di rimanere. Non mi immagino un Padova senza Ronaldo, senza Della Latta, senza Saber. E mi auguro vivamente che ci siano i margini (seppur al momento stretti) per riportare qui anche Mino Chiricò. Non tanto e non solo per i 10 gol e le prestazioni superlative, quanto per l’abbraccio che gli ho visto dare a Ronaldo a Meda dopo il primo gol segnato al Renate nella prima dei playoff. Questo gruppo, aldilà degli alti e bassi, mi ha convinto. E smantellare tutto sarebbe un grave errore, a mio avviso.
Non si dovrà tenere nessuno controvoglia, ma so per certo che, per ripartire, non c’è miglior benzina della rabbia trasformata in voglia di rivalsa, della delusione che diventa desiderio di riprovarci, della volontà di dimostrare di non essere quelli che ad Alessandria hanno pianto, sconfitti, ma quelli che in tante altre occasioni hanno festeggiato insieme una vittoria, ben sapendo di avere un conto in sospeso con un destino che prima o poi deve decidersi a mostrarci il pollice alzato.
Ecco, l’allenatore che verrà dovrà essere quello che cura queste ferite e le trasforma in nuove opportunità. Uno bravo sul campo, ma soprattutto nello spogliatoio, a guardare negli occhi questi ragazzi e ritrovarvi dentro il sacro fuoco della voglia di vincere. Di cancellare quel che è stato con un campionato che, partendo da zero, torni a regalare gioia e soddisfazione alla piazza così come a ciascuno di coloro che torneranno a scendere in campo con la maglia bianca e lo scudo cucito sul petto.
UN DESTINO CRUDELE, OLTRE OGNI DEMERITO
Il Padova inciampa sull’ultimo gradino della scalinata per la serie B. Costretto a fermarsi fuori dalla porta e a lasciar entrare l’Alessandria a causa di un errore al quinto rigore, quello decisivo. Andrea Gasbarro, che pur aveva fatto di tutto per rientrare in tempo utile dopo un infortunio, non ha inquadrato lo specchio della porta e su quel palo sfiorato si sono spenti, dopo lungo inseguire, i sogni del Padova. I sogni di Padova. Una città che, nonostante le restrizioni di una pandemia, ha fatto di tutto per tirare la volata alla sua squadra del cuore, per farle sentire tutto l’affetto, tutto l’appoggio in un campionato che si è rivelato lunghissimo ed estenuante. Un campionato che si poteva, anzi, si doveva vincere prima, quando i punti di vantaggio sulla diretta promossa Perugia erano 6 a 5 giornate dalla fine. Un campionato che poi ha offerto la possibilità dei playoff ai biancoscudati, spareggi che si sono rivelati però velenosi proprio in coda, all’ultimo atto, quando sembrava che il destino si fosse finalmente messo dalla parte padovana. Ad Alessandria ha potuto presenziare nella piccola curva ospiti solo un centinaio di tifosi che alla fine erano stremati quanto i giocatori: tante le lacrime versate, troppo grande la delusione per un obiettivo che è stato così vicino per ben due volte nella stessa stagione ma che è sfumato all’ultimo secondo.
“Ci rialzeremo, come sempre. Forza Padova, nei secoli”, mi ha detto un tifoso poco prima di lasciare la curva ospiti del Moccagatta. Non ho il minimo dubbio che sarà così. Ma la ferita sanguina ancora e ci vorrà del tempo per far sì che si rimargini. Quella che ha vissuto il Padova è stata una sconfitta sportiva, certo, ma non solo: tutta la città piange ora un traguardo mancato, che poteva portare entusiasmo e nuova linfa anche dal punto di vista del prestigio e dell’immagine di Padova. Sugli spalti del Moccagatta c’erano anche il sindaco Sergio Giordani e l’assessore allo sport Diego Bonavina, in trance agonistica per l’intera partita e alla fine amareggiati e delusi per la crudeltà del verdetto.
Impossibile anche per noi trattenere l’emozione e le lacrime dopo 44 puntate di “Alè Padova” trascorse a raccontare le imprese biancoscudate in ogni momento della giornata, in ogni orario e in ogni stadio, sperando nel giusto epilogo finale.
Le uniche parola di speranza sono uscite dalla bocca del capitano, Ronaldo. Chi rimarrà dovrà far tesoro di quello che è successo e ripartire proprio da questa rabbia, ha detto mentre l’Alessandria festeggiava la serie B e il Padova rimaneva immobile, incredulo, di fronte ad un pugno così forte in faccia da parte del dio del pallone. Non si sa chi e come ripartirà. Si sa solo che ad accompagnare l’inizio della nuova stagione ci sarà una curva a bordo campo cui ora i tifosi guardano come alla luce più intensa per illuminare forte il futuro cammino biancoscudato.