Lo sapevamo fin dall’inizio. Fin dal primo giorno di ritiro. Sì lo sapevamo che i tempi duri ci sarebbero stati. Che le avversarie che castigano sarebbero arrivate. Che qualche tunnel da attraversare prima di rivedere la luce si sarebbe posto dinanzi al cammino del Padova. Solo che, dopo le 6 vittorie nelle prime 6 giornate, ammirati dal poker di Legnago, dal 2-0 in scioltezza contro la Triestina all’Euganeo e dalle rimonte contro Pergolettese, Pro Patria e Fiorenzuola, ci eravamo, diciamo così, un po’ alleggeriti dal pensiero.
Ovviamente ci ha pensato il campionato a farci tornare coi piedi per terra e le prestazioni tutt’altro che impeccabili del Padova contro Pro Sesto prima, col pari preso scioccamente a una manciata di secondi dalla fine della partita, e Feralpi poi, con una sconfitta incredibile. Dopo un inizio spettacolare, insomma, è arrivata la prima crisi stagionale.
Come in ogni crisi, l’unico errore che a mio avviso non va fatto è quello di voler per forza trovare subito uno o più colpevoli o, peggio ancora, un capro espiatorio o un nemico da abbattere. La situazione che sta vivendo la squadra non è piacevole, certo, ma non si può già puntare il dito contro questo o quel giocatore o, peggio ancora, contro l’allenatore. Massimo Pavanel in questo momento è in difficoltà e si vede: a Salò ha messo in campo nel primo tempo una squadra senza i suoi principali punti di riferimento, ha spostato di nuovo a centrocampo Ronaldo dopo aver detto più volte che sulla trequarti esprimeva meglio il suo grandissimo potenziale, ha cambiato molto anche in difesa laddove fino a questo momento non aveva toccato quasi nulla al netto di assenze e squalifiche di qualche singolo elemento. Nella ripresa poi la sua squadra non è riuscita mai a essere determinante negli ultimi metri nonostante un assalto in 11 contro 10 praticamente costante. Che si fa in questi casi? Vien da chiedersi. Ebbene in questi casi ci si siede tutti insieme, ci si guarda negli occhi, ci si confronta serenamente e si deve cercare di recuperare lucidità. La lucidità che è stata tolta al Padova dai risultati che non sono più arrivati e dall’ambiente che alle prime avvisaglie negative si è agitato, memore di quanto successo l’anno scorso in campionato e ai playoff.
E’ ora che il Padova deve dimostrare di non essere forte solo sulla carta. Ma di esserlo anche dentro. Di essere consapevole che le avversarie faranno di tutto per metterlo in difficoltà ma che lui può batterle tutte, se solo non perde la testa e recupera appunto la lucidità. Il primo a fare questa operazione dovrà peraltro essere proprio Pavanel: a Salò era giustamente affranto, abbattuto, ha faticato a trovare le parole per spiegare la prestazione. Ora passato il primo comprensibile momento di scoramento deve riprendere il toro per le corna con decisioni e scelte che siano chiare e coerenti. Come lo sono state nelle prime giornate di campionato.
LE FRAGILITA’ DEL PADOVA
Avvio un po’ leggero. Il primo gol preso alla maledetta. La reazione veemente. La rimonta. Il sorpasso. Il rigore della possibile tranquillità sbagliato. La beffa finale. Tutto in 95′. Un campionario di episodi così ampio (e sfortunato) di solito si spalma in più partite, al Padova invece a Sesto San Giovanni è caduto addosso per intero in un unico match, con una pesantezza da mettere alla prova, a durissima prova, per la prima volta dall’inizio della stagione, la stima smisurata dell’ambiente nei confronti della squadra. Il primo ad alzare la mano e a dire: sì, abbiamo buttato via due punti e sbagliato tanto, troppo, è stato l’allenatore Massimo Pavanel, visibilmente provato a fine gara. Anche i tifosi, però, sono in questo momento toccati nel profondo dalle fragilità di una squadra che nelle prime giornate sembrava una corazzata inarrestabile e dalle certezze incrollabili. Il problema non è il pareggio in sé, che magari a fine anno potrebbe pure fare la differenza in positivo se questo punto sarà determinante per arrivare primi davanti a tutti gli altri, ma la dinamica assurda con cui è arrivato. Una squadra esperta e di qualità come il Padova non può permettersi di inanellare nella stessa gara una serie così lunga di cavolate. Non può prendere un gol come quello di Gattoni nel primo tempo, in cui due giocatori non chiudono sul cross e a centro area uno dei due centrali e il terzino sinistro fanno le belle statuine. Non può ribaltare il risultato a suo favore con determinazione, lasciando perfino per strada altre palle gol importanti, e poi farsi sfuggire l’occasione di chiudere la gara su calcio di rigore. Non può amministrare con fatica il 2-1 fino a una manciata di minuti dalla fine e poi incassare il 2-2 così. Facendosi infilare da un giocatore che arriva a tirare dopo aver ricevuto palla dal lancio lungo del suo portiere, superando senza affanno due biancoscudati e con Donnarumma in porta praticamente immobile. Troppi i difetti sfoderati tutti insieme in una trasferta che voleva dire molto dal punto di vista della continuità di risultati dopo il ritorno alla vittoria contro il Trento.
Il Sudtirol, la vera grande antagonista di questo campionato, non aspetta. Ha vinto contro il Piacenza 2-0 e si è portata a meno due dalla vetta con una partita ancora da recuperare, quella sospesa per impraticabilità di campo contro il Legnago. Il primato del Padova vacilla ed è arrivato il momento di difenderlo con le unghie e con i denti, di tenerselo stretto, a qualunque costo. Se il Padova fa il Padova il porto sarà sempre al sicuro. Ma occorre intervenire subito per apporre i correttivi che servono, per tornare ad esprimersi ai livelli che si addicono a una squadra che vuole vincere il campionato. Ora però. Subito. Perché poi non sia troppo tardi.
VITTORIA COL BRIVIDO
Ritorno alla vittoria doveva essere e ritorno alla vittoria è stato. Non importa come, non importa se si è sofferto un po’ troppo nel finale, quando il Trento non solo ha accorciato ma ha anche sfiorato la mezza impresa andando vicino al pareggio con Simonti. Il Padova veniva dal pari contro il Seregno all’Euganeo che aveva lasciato l’amaro in bocca perché per la prima volta la squadra biancoscudata si era fatta rimontare e dalla sconfitta contro il Lecco ancora più difficile da digerire perché sotto di due gol il Padova l’aveva rimessa in piedi e se l’era poi lasciata sfuggire di mano. Era più che mai necessario tornare a fare i 3 punti e così è stato contro un Trento che si è dimostrato matricola davvero terribile. Certo poi il Padova dovrà in queste poche ore che lo separano dalla prima di due trasferte consecutive, quella di mercoledì a Sesto San Giovanni contro la Pro, guardarsi un po’ dentro e capire cosa è successo in quegli ultimi frangenti della sfida di domenica. Qual è stato lo stato d’animo che si è impadronito dei giocatori al punto da far loro rischiare di buttare via due punti. Probabilmente ad un certo punto è subentrata un po’ di paura di non riuscire a portarla a casa, poi la stanchezza, fisica e mentale, ha fatto il resto. Sarà Massimo Pavanel a provare a trovare le risposte confrontandosi in spogliatoio con la squadra. Di sicuro c’è da dire che non è facile essere il Padova e giocare sempre da Padova. Tutti si aspettano che la squadra asfalti l’avversario, che vinca facile, che sia prima in classifica a distanza di sicurezza dalle dirette inseguitrici. E invece non potrà sempre essere così: anzi, tutte le avversarie daranno filo da torcere ai biancoscudati, così come ha fatto il Trento, messo benissimo in campo da Carmine Parlato. L’allenatore ha inoltre a disposizione una rosa di altissima qualità, con la quale potrebbe schierare in campo due squadre in grado di essere prime in classifica nel girone A: non è sempre facile fare la scelta giusta. Nel mezzo si giocano tre posti elementi del calibro di Settembrini, Della Latta, Busellato e Saber, con capitan Ronaldo spostato sulla trequarti alle spalle della punta, davanti insieme a Ceravolo, vero punto fermo del reparto avanzato in questo momento, ci sono Santini, Bifulco, Nicastro, Chiricò, Jelenic e Terrani di fatto per due sole maglie. Creare l’impasto in grado di lievitare ogni volta nel modo giusto non sarà mai semplice, aldilà della scelta degli ingredienti che sono tutti di prima qualità. Quindi di volta in volta il tecnico dovrà saper valutare chi è in grado di dargli quel mezzo grammo in più in grado di fare la differenza sul risultato finale.
Sotto con la Pro Sesto, altra gara che sarà determinante per capire a che punto di amalgama è questo Padova e se sarà in grado di guardare tutte le altre dall’alto fino alla fine.
E’ SEMPRE LA PARTITA DELLA VITA
La sconfitta di Lecco, la prima dopo sette giornate di un campionato in cui il Padova è ancora capolista da solo, porta con sé un grande insegnamento che la squadra di Pavanel deve fare suo immediatamente: contro i biancoscudati tutti gli avversari, in qualunque posizione in classifica, faranno la partita della vita, esultando come avessero portato a casa la Coppa dei Campioni al fischio finale se avranno vinto. Capiterà altre volte che si perda nell’arco di una stagione in cui le partite sono 38, ma Ronaldo e compagni dovranno cercare di non commettere più l’errore di sbagliare l’approccio alla gara come è successo appunto a Lecco. Non è stata leggerezza la loro o, peggio ancora, superbia, perché l’allenatore durante la settimana li aveva istruiti a dovere sulle insidie che nascondeva questa trasferta, sulle caratteristiche del campo (sintetico), sul “calore” del pubblico e dell’ambiente in generale. Purtroppo però sono stati errori evitabilissimi del Padova a far fare al Lecco il doppio balzo in avanti nel primo tempo: non può succedere che, subito dopo aver fatto fallo appena fuori dalla tua area di rigore, non ti metti davanti al pallone per impedire all’avversario di battere immediatamente la punizione da una posizione così vantaggiosa. Così come non può essere che un giocatore esperto come Ronaldo sbagli un passaggio in orizzontale a centrocampo dando il la all’azione che porta al 2-0 (in dubbio fuorigioco). Distrazioni così costano care e il Lecco ha infatti subito presentato un conto salato. Peraltro, una volta raggiunto il 2-2, una squadra che vuole vincere il campionato fa di tutto per portarsi a casa il punto così difficilmente conquistato e non prende il terzo gol, neanche in 10 contro 11. Sono tutti aspetti sui quali Pavanel sa che deve lavorare e sicuramente già domenica prossima contro il Trento la rabbia per aver perso la gara del “Rigamonti Ceppi” si trasformerà in prestazione per tornare a fare i tre punti all’Euganeo, dove l’ultima volta col Seregno è uscita la X. L’importante è recuperare subito lo spirito delle prime sei giornate e la consapevolezza che, se da un lato bisogna ancora crescere, lavorare e limare i difetti, dall’altro la squadra è forte, anzi fortissima. E deve dimostrarlo ogni volta che scende in campo senza risparmiarsi.
DNA GUERRIERO
Non c’è più dubbio alcuno. Tre indizi fanno una prova. Tre vittorie in rimonta (sulle 6 totali) consegnano a questa prima parte del campionato di serie C un Padova battagliero, mai arrendevole, sempre pronto a rimettere in piedi il risultato, anche nelle situazioni meno favorevoli e più difficili. E’ successo con la Pergolettese, è successo con la Pro Patria, è successo con il Fiorenzuola. Non si tratta più di un episodio isolato (vedi sfida interna contro il Mantova dello scorso campionato) ma di una caratteristica entrata ormai a far parte del dna guerriero di questo Padova, vecchio e nuovo allo stesso tempo. Di questo gruppo rimasto in gran parte quello dell’anno scorso ma arricchito con gli innesti giusti, proprio sotto il profilo della mentalità.
Ceravolo è il bomber che mancava. Donnarumma è una garanzia tra i pali. Valentini e Monaco formano una coppia di centrali a mo’ di “gemelli diversi” ma proprio perché hanno aspetto e qualità differenti si stanno integrando alla grande lì dietro, chiudendo ogni spazio. Kirwan, corsa e freschezza al servizio della squadra, è un motorino inesauribile, Busellato ha temperamento da vendere, Terrani quando viene chiamato in causa fa più che il suo. Senza dimenticare la vecchia guardia ovvero Santini, finalmente fuori dal tunnel della sofferenza per le 10 giornate passate a guardare i compagni dagli spalti, Ronaldo, autentico punto di riferimento ed esempio sia in campo che in spogliatoio, ma anche Biasci, Chiricò e Bifulco che, seppure non in primissima linea in questo momento, stanno dando il loro apporto. Padova, what else? Verrebbe da chiedersi in questo momento.
Sicuramente l’allenatore Pavanel sa che ci sono ancora tanti aspetti sui quali lavorare, che ci sono ancora difetti da limare, che, come ha detto Ceravolo, sarebbe meglio non andare sotto per poi dover rimontare. Ma questo Padova ha dna guerriero. Non si arrende. E’ già tanto, considerando che dal punto di vista dell’umore la squadra è partita dal punto più basso. Per arrivare alle stelle ci vorrà ancora tempo, ma almeno ora lo sguardo è rivolto verso l’alto e i piedi si sono staccati da terra.
POKERISSIMO IN RIMONTA
Cinque vittorie in altrettante giornate di campionato. Ma c’è una notizia nella notizia che è ancora più importante del fatto che il Padova sia ancora imbattuto e che per la prima volta sia primo da solo nel girone A di serie C grazie al contemporaneo pari della Pro Vercelli contro il Trento di Carmine Parlato. E questa notizia è che i biancoscudati ce l’hanno fatta di rimonta ancora una volta. Dopo essersi persi Pierozzi in occasione del momentaneo vantaggio della Pro Patria, sono riusciti ad assorbire il colpo in tempi brevi e a reagire di gran carriera con i gol di Valentini e Monaco, senza dare alla Pro Patria il tempo di organizzare una controffensiva. Non è la prima volta che succede: già con la Pergolettese alla rete iniziale di Guiu Villanova, il Padova aveva risposto con Della Latta e Biasci. Questo significa che ribaltare a proprio favore una situazione sfavorevole è divenuta una caratteristica entrata nel dna di questa squadra, insieme a tanti altri pregi che un po’ alla volta l’allenatore sta tirando fuori, sia tecnicamente che psicologicamente.
Massimo Pavanel non ha sbagliato nulla fino a questo punto del cammino. E’ riuscito prima nell’impresa di tagliare il cordone ombelicale con la passata stagione e il suo sportivamente tragico epilogo e poi nel compito di creare un gruppo nuovo e motivato che in campo risponde alle sue indicazioni e sollecitazioni. La qualità che più sta usando è, per sua stessa ammissione, la coerenza che gli permette di mettere sullo stesso piano tutti gli elementi della rosa, tenendoli ugualmente sulla corda. Non esistono titolari irremovibili: non lo è stato Vannucchi che pur aveva cominciato molto bene in porta, non lo è stato uno degli elementi trainanti dell’ultima parte della passata stagione, Cosimo Chiricò che, contro Triestina e Pro Patria, è partito dalla panchina e a Busto è entrato riuscendo a imprimere subito l’accelerata e la qualità che servivano a ribaltare lo svantaggio.
Non deve essere facile gestire un gruppo in cui tutti sono allo stesso livello e quel livello è altissimo. Ma se Pavanel riuscirà a farlo fino alla fine del campionato avrà trovato la chiave per giungere al termine della corsa davanti a tutti.
L’ORCHESTRA E I SUOI SOLISTI
Non esiste un musicista, per quanto bravo, capace di suonare da solo una sinfonia. Ci vuole l’orchestra.
Non c’è esempio migliore in questo momento per descrivere cosa sta diventando il Padova da quando, quest’estate, si è ritrovato dopo l’amarezza e le lacrime di Alessandria e ha cominciato a lavorare per riprovarci, agli ordini di un nuovo allenatore. In queste prime quattro partite i complimenti nei confronti di Massimo Pavanel sono stati, giustamente, tantissimi perché ha saputo appoggiare con delicatezza e psicologia sopraffina la mano sulla spalla di questi ragazzi affranti e trasformare la loro rabbia in energia positiva, in voglia di rivalsa, in desiderio di dimostrare che il traguardo che già si meritava l’anno scorso è ancora lì, raggiungibile, se solo ci si spoglia dei brutti ricordi e ci si veste di impegno ed entusiasmo presenti. Ma un plauso va fatto anche ai protagonisti sul campo, perché non era semplice liberarsi mentalmente dal “giogo” della mancata promozione, non era semplice ricominciare dopo l’estenuante e lunghissima rincorsa della passata stagione. Ronaldo, Della Latta, Saber, Vannucchi hanno proprio cambiato “cera”, hanno un’espressione meno contratta e più distesa, più vincente. E questa trasformazione nel gruppo storico ha di fatto aperto le porte all’inserimento dei nuovi arrivati che già si sentono parte di un progetto importante e già sono stati messi nella condizione di esprimersi al meglio.
Ceravolo l’ha detto chiaro e tondo al termine della sfida vinta contro la Triestina 2-0, nel giorno del suo ritorno al gol dopo due anni difficili anche per lui alla Cremonese. Questo gruppo, che già evidentemente era sano l’anno scorso, è ancora più unito e coeso e permette a tutti di sentirsi importanti “solisti” in un’orchestra di elevata qualità. Non è un caso che le due reti del successo contro gli alabardati siano arrivate da un “nuovo” e da un “vecchio”, Ceravolo appunto e Ronaldo, perché ormai non c’è più distinzione alcuna all’interno della rosa del Padova tra chi c’era già e chi è appena arrivato e la sfida contro la Triestina, lo ha dimostrato pienamente. Chiricò, uno dei pezzi più pregiati della rosa, non ha giocato lasciando spazio ad altri interpreti con altri “strumenti musicali” e il concerto è stato ugualmente spettacolare, fermo restando che uno come Mino delizierà con le sue piacevoli note in tante altre partite. Dispiace per Nicastro che, infortunatosi lievemente contro il Legnago in Coppa, sembrava recuperato e invece all’Euganeo domenica è stato costretto ad uscire solo un minuto e mezzo dopo il suo ingresso in campo nella ripresa. Anche per Ciccio torneranno presto tempi migliori.
UNA RINASCITA IN TUTTI I SENSI
Iniziare il campionato con 3 vittorie di fila, 9 gol realizzati e 1 solo gol preso è roba da mandare in visibilio anche il tifoso più pessimista. E a Padova sappiamo che ce ne sono tanti cui basta un gol preso con mezza disattenzione o un pareggio contro una squadra sulla carta più debole per iniziare a mugugnare e a pronunciare la fatidica frase: “Ecco, siamo alle solite. E’ il solito Padova”.
Stavolta credo che si possa razionalmente ed emozionalmente iniziare a fidarsi di questa squadra. E non solo (anche se sono importanti) per i 3 successi nelle prime tre giornate ma per come sono arrivati: il primo a Meda di rabbia pura, il secondo con la Pergolettese di rimonta, il terzo a Legnago con la consapevolezza di essere tornati una squadra in grado di fare molto male. Una squadra che senz’altro qualche partita la perderà, che senz’altro incapperà in qualche giornata storta come può capitare a tutti, che senz’altro qualche volta uscirà dal campo senza portare a casa il risultato sperato ma che sarà sempre in grado di dare tutto e di meritarsi dunque gli applausi di chi è andato a vederla.
Tutti i protagonisti di questo avvio di stagione stanno facendo la loro parte alla grande. In primis l’allenatore Massimo Pavanel: il tecnico di Portogruaro ha mostrato una sensibilità pazzesca entrando in punta di piedi e con la massima umiltà in uno spogliatoio moralmente a terra, rigenerando uno per uno tutti quelli che, loro malgrado, si sono ritrovati in difficoltà nell’ultima parte della passata stagione, culminata con la finale persa ad Alessandria. Il primo cui Pavanel ha dato fiducia è stato il portiere Vannucchi, partito titolare, dopo che l’anno scorso era stato sostituito da Dini nel rush finale. Poi è toccato a Valentini, l’anno scorso finito in prestito al Vicenza a gennaio, e ora perno fondamentale della difesa, in seguito a Biasci, che è tornato a far prestazione e gol in una posizione del campo a lui congeniale. L’ultimo (per ora) a beneficiare della cura è stato Nicastro autore della doppietta di Legnago, ma sappiamo già che il prossimo a recuperare il sorriso dopo mesi durissimi per il rigore sbagliato in finale sarà Gasbarro che ha rivisto il campo nei minuti conclusivi della sfida del “Sandrini”e può tornare davvero ad essere un punto di riferimento lì dietro. E che dopo Gasbarro ci sarà Santini che finalmente può rientrare dopo 10 giornate di squalifica.
Oltre a restituire fiducia ai “vecchi”, Pavanel è stato bravo a far sentire immediatamente parte del progetto anche i “nuovi”. Ceravolo appena entrato ha fatto bene, Terrani idem, Settembrini e Busellato sono usciti a testa alta quando sono stati chiamati in causa, Kirwan è già andato a segno. Ecco dunque gli ingredienti di una rinascita in tutti i sensi che sta portando il Padova a diventare una squadra non solo di qualità come già era l’anno scorso ma anche forte, unita, consapevole. Saranno queste ultime caratteristiche a fare sì che l’epilogo, stavolta, sia quello giusto.
Intanto sotto con la sfida bis col Legnago in Coppa domani sera alle 20 all’Euganeo, occasione senz’altro ghiotta per rivedere in campo proprio Santini ma anche tra i pali il neo acquisto Antonio Donnarumma.
ALTRO FANTASMA SCACCIATO
Il Padova ha vinto 2-1 contro la Pergolettese. A leggere solo il risultato senza aver visto la partita, l’impressione è quella dell’atto “dovuto” e anzi che il risultato sia pure un po’ troppo tirato per i nomi delle due squadre in campo. Da una parte il fortissimo Padova, dall’altra una squadra ritornata tra i prof nel 2019, rappresentativa di un quartiere, Pergoletto, di un comune, Crema, della provincia di Cremona. Chi mai si sognerebbe di pensare che i biancoscudati possano non vincere e anche sul velluto una partita del genere?
E invece no. La serie C insegna, ancora una volta, che non c’è alcun risultato scontato. E che realtà dal nome poco altisonante sono perfettamente in grado di mettere in difficoltà quelle che gli addetti ai lavori chiamano “corazzate” o “piazze importanti”, così come ha fatto proprio la Pergolettese all’Euganeo portandosi in vantaggio e accarezzando per diversi minuti il sogno di fare lo sgambetto agli uomini di Pavanel, così come fece l’anno scorso l’Imolese all’esordio del campionato 2020-2021. La squadra di Lucchini è scesa in campo ordinata e compatta, dimostrando di conoscere molto bene i punti forti e i punti deboli del Padova, facendo assolutamente bella figura.
Dall’altra parte invece Ronaldo e compagni si sono ritrovati a doversi guardare negli occhi e a tirare fuori qualcosa in più, dal punto di vista soprattutto mentale. Si sono ritrovati a dover affrontare un altro dei fantasmi che ha caratterizzato la passata stagione ovvero l’incapacità di rimontare (se non in un’occasione, contro il Mantova all’andata) dopo essere andati sotto. Il fatto che siano riusciti a scacciarlo, grazie anche all’inserimento dei nuovi acquisti, dimostra che un altro passo fuori dalle difficoltà che hanno impedito alla squadra di andare in serie B è stato fatto.
Si tratta di un passo importante: essere riusciti a farlo alla seconda di campionato è fondamentale per piantare un’altra bandierina sul nuovo cammino e guardare avanti con più ottimismo. Ora il tifoso, se al Padova capiterà di andare sotto e di essere in sofferenza, non dovrà più pensare: “Ecco è il solito Padova”, bensì essere convinto che “Il Padova ha la forza tecnica e caratteriale per uscire dall’impasse in qualunque momento”. Si tratta di uno “scatto in avanti” fatto dalla squadra cui ora deve far seguito un altrettanto salto di mentalità della tifoseria.
LE SCORIE
Nei giorni immediatamente precedenti il debutto nel nuovo campionato, il neo allenatore del Padova Massimo Pavanel ha sottolineato più volte l’importanza di eliminare dalla testa dei giocatori “le scorie” lasciate dall’allucinante epilogo della passata stagione. Allucinante perché, a ripensarci, ancora adesso sembra impossibile che la squadra biancoscudata non ce l’abbia fatta, di fronte ad un Alessandria decisamente inferiore sul piano tecnico e sotto il profilo delle occasioni create nel doppio confronto della finale. Che Ronaldo e compagni non siano riusciti, nonostante il miglior attacco e la miglior difesa e soprattutto i 79 punti realizzati in stagione regolare, a chiudere i conti prima di arrivare all’ultimo rigore dell’ultima partita dei playoff. Ebbene, Pavanel ha avuto ragione da vendere quando ha deciso che lavorare dal punto di vista psicologico per lui sarebbe stato il primo obiettivo. Nella rivincita di Coppa Italia contro i piemontesi, ad agosto, è stato infatti evidente che quelle scorie rappresentavano l’ostacolo principale da abbattere, il terreno su cui lavorare. Non gli schemi di gioco, non il modulo, non la preparazione atletica. Questa squadra andava risollevata mentalmente, visto che i pochi nuovi innesti, tutti di qualità, si sono inseriti in un gruppo che è rimasto quello e che quindi porta ancora negli occhi e nel cuore la delusione, il senso di frustrazione, la sconfitta immeritata.
E così è stato. Nei due mesi di preparazione, al netto di tutto quello che va fatto durante una preparazione, il nuovo tecnico è stato bravissimo ad alleggerire. A ridare fiducia. A far capire ai vari Della Latta, Chiricò, Ronaldo e Biasci, che è andata così perché doveva andare così, che le responsabilità arrivano fino a un certo punto, che l’imponderabile a volte ci mette del suo oltre l’umana comprensione. Contro il Renate si è vista una squadra rigenerata, rinnovata non negli uomini in campo, che sono più o meno rimasti gli stessi, ma nello spirito. E’ il primo anno peraltro che i cambiamenti, dopo un fallimento (di risultato non di prestazioni) della passata stagione, non sono così radicali nella rosa. Il direttore Sogliano ha capito che cambiare il condottiero, affidandosi ad un abile allenatore ma anche ad una persona in grado di capire le fragilità del momento, era la mossa giusta, senza bisogno di rivoluzioni tra i protagonisti in campo.
La vittoria per 3-0 a Meda è stata bellissima da vedere. Non solo per la qualità dei gol (Chiricò si riconferma un fuoriclasse, Ronaldo il regista perfetto del centrocampo e Della Latta un centrocampista con un incredibile fiuto per la rete) ma per l’atteggiamento di una squadra che ha saputo rialzarsi in piedi e che, anche se continua a tratti a soffrire perché è impossibile cancellare un brutto ricordo in pochi mesi, si è rimessa in bolla e ha capito che può dare ancora tanto. Tantissimo. Anzi tutto. Laddove per tutto si intende proprio quel risultato finale, la promozione, l’unico elemento mancante di una stagione che sarebbe stata da incorniciare altro che da dimenticare.